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1.3 LA COSTRUZIONE DEL PENSIERO STRATEGICO: GLI STUDI DI
DE GROOT E LA METAFORA DELLA VITA
La mente umana è universalmente apprezzata per la sua misteriosa ed
apparentemente infinta complessità. L’articolazione del pensiero strategico è
anch’essa assai laboriosa e numerosi studiosi stanno proseguendo le analisi
elaborate in passato sull’organo principale del sistema nervoso centrale che
gestisce le valutazioni e la presa di decisioni.
Tra gli anni 40 e 60 del secolo scorso, lo scacchista e psicologo olandese Adriaan
De Groot condusse degli interessanti esperimenti sulle menti dei giocatori di
scacchi, pubblicando la tesi “Pensiero e scelta negli scacchi”.
Lo studio fu condotto analizzando i processi mentali e i meccanismi cognitivi che
i giocatori di qualsiasi livello, dai principianti ai professionisti, adottano quando
si deve muovere un pezzo sulla scacchiera. De Groot presentava a coloro che si
prestavano allo studio delle posizioni scacchistiche e chiedeva loro di esprimere
oralmente il processo di elaborazione della strategia per arrivare ad effettuare
una mossa.
Sostituendo alcune terminologie, i risultati di questi test effettuati sugli scacchi
possono essere interpretati con assoluta pertinenza in chiave aziendale; nello
specifico, il giocatore principiante può essere definito come una risorsa junior
appena inserita e ancora da formare, mentre lo scacchista professionista può
essere assimilato al direttore d’azienda o manager esperto. In aggiunta, effettuare
una “mossa” equivale ovviamente al prendere una decisione, mentre la
“fotografia” di un dato momento della partita e della disposizione sulla scacchiera
dei pezzi non è altro che la situazione aziendale in una determinata circostanza.
De Groot suddivise il processo che si concretizza durante la presa di decisioni in
quattro fasi distinte:
1. Fase di orientamento
2. Fase di esplorazione
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3. Fase di investigazione
4. Fase di verifica o ricapitolativa
Durante il primo stadio, il soggetto valuta la posizione, procede con una
schematizzazione ideologica della situazione in cui deve operare e determina
un'idea molto generale di cosa fare successivamente. Nell’immagine seguente, a
titolo di esempio, è possibile vedere una rappresentazione tangibile ed
esplicativa di quanto appena descritto.
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De Groot scoprì che la maggioranza degli elementi ritenuti più fondamentali per
decidere quale mossa giocare si delineano durante i primi secondi di esposizione
ad una nuova posizione. La schematizzazione è utile per valutare la bontà o meno
della posizione in cui si deve operare, e questa valutazione è a sua volta
propedeutica ad un’elaborazione estremamente importante: la clusterizzazione.
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Figura presentata a pagina 17 del libro “Scacchi e strategie aziendali”.
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La “cluster analysis” è un processo statistico che consiste nell’estrapolare un certo
numero di gruppi composti da elementi che hanno caratteristiche comuni. Nel
caso proposto, per esempio, è possibile evidenziare il ventaglio di opzioni in base
ai pezzi che si ha a disposizione, ma anche alle loro capacità di movimento in
funzione delle loro caratteristiche e del contesto nel quale si localizzano.
Pensando all’ambito aziendale, questo procedimento è assolutamente
confrontabile con la valutazione dell’utilizzo delle proprie risorse.
Giunti al raggruppamento delle possibilità di scelta, subentra il secondo stadio,
detto di esplorazione, fase nella quale il soggetto analizza alcuni rami dell'albero
di gioco. Ogni gruppo precedentemente estratto dalla schematizzazione viene
esaminato e confrontato con le altre opzioni a disposizione. In questo punto
subentrano diversi fattori che incidono sulla qualità dell’analisi; a questo
proposito, per esempio, possono incidere l’esperienza del giocatore, la visuale
complessiva della situazione, il tempo limite in cui si può effettuare la mossa, la
complessità dell’elaborazione e la relativa stanchezza mentale, la possibile
imprevedibilità dell’avversario.
Nel terzo stadio, o fase investigativa, il soggetto sceglie la mossa probabilmente
migliore. È indubbiamente una fase delicata ma fondamentale, non ancora
risolutiva ma determinante per avvicinarsi alla decisione definitiva. È il momento
nella quale una delle opzioni prevale sulle altre in quanto ritenuta la più
opportuna.
Però, come detto, la terza fase non è ancora risolutiva in quanto subentra l’ultimo
stadio, la cosiddetta fase di verifica, periodo nel quale il soggetto conferma o
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meno che i risultati della fase investigativa siano corretti. A questo punto si
materializza l’agognata mossa: alea iacta est
17
.
Queste quattro fasi riassumono e semplificano un processo molto complicato,
ovvero il pensiero strategico, che sviluppandosi come descritto conduce
all’assunzione di una scelta.
Ciò che sorprende è come l'enorme complessità del processo decisionale appena
presentato sia gestito dalla mente umana con assoluta naturalezza e fluidità. A
conferma di questa “facilità”, negli esperimenti di De Groot non c'è nessun caso,
nemmeno tra i principianti più deboli, in cui il giocatore "perde il filo". Lo sviluppo
e l'evoluzione del problema procedono in maniera ordinata e sequenziale;
sembra pertanto che, indipendentemente dalla forza del giocatore, la struttura di
risoluzione di un problema complesso sia connaturata nella mente umana.
Ma un altro fattore molto interessante che si evince dagli studi dello scacchista
olandese è che, contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, i risultati
dimostrano chiaramente come i grandi campioni di scacchi si spingono ad un
livello di profondità dell'analisi simile a quello dei principianti: entrambi,
campioni e principianti, analizzano in media un totale di 40-50 nodi di un albero
di varianti prima di arrivare alla decisione di fare una mossa.
Ciò che fa la differenza sono le maggiori capacità dei campioni nel ricostruire una
posizione, derivanti dal repertorio di metodi di gioco sviluppati con l'esperienza
e con lo studio: il cosiddetto "arsenale del campione".
Il campione, infatti, comprende in pochi secondi quale strategia risulta più
appropriata per la situazione in cui opera e indirizza la fase investigativa in una
direzione operativa altamente specifica: in altre parole, riesce ad analizzare a
fondo le varianti più corrette, scartando subito quelle meno appropriate.
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Frase latina che significa “il dado è tratto”. Si ritiene che tale espressione venne pronunciata da
Giulio Cesare nel 49 a.C. quando attraversò il fiume Rubicone.
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Una conclusione che ho gradito molto dello studio di De Groot è che "campioni
non si nasce, si diventa". Siamo tutti dotati della stessa predisposizione e struttura
mentale per la risoluzione di problemi complessi. È necessario complementare
questa predisposizione con un vero e proprio “arsenale da campioni", che si può
costruire solo con anni di impegno, studio, tenacia e passione.
Ancora una volta è possibile traslare questa visione sul contesto aziendale. Per
diventare grandi manager è necessario seguire un percorso fatto di esperienze,
confronti, errori, idee, sconfitte, vittorie. Può capitare di ritenersi erroneamente
“arrivati”, ma in realtà l’assimilazione di insegnamenti migliorativi è costante nel
tempo.
Molti anni fa, non ricordo in che periodo della carriera scolastica, un insegnante
arrivò in classe con un barattolo vuoto. Inserì poi al suo interno delle pietre fino
all’orlo e ci chiese se lo stesso fosse pieno. Rispondemmo di sì, e così versò nel
contenitore dei sassolini. Ci ripropose la domanda, rispondemmo di nuovo
affermativamente, ed egli proseguì versando prima della sabbia e
successivamente dell’acqua.
Quell’esempio rappresentava la metafora della vita, dove è cruciale dare priorità
agli aspetti più importanti come la famiglia e l’amore e riempire gli spazi
rimanenti con il resto, e col tempo scoprì che si trattava di un dimostrazione
filosofica ampiamente adoperata nel campo.
Il modello, però, ritengo possa essere utilizzabile anche per descrivere il percorso
di formazione per tentare di diventare grandi manager. Nel tempo, assimilati nel
corso del cammino scolastico dei concetti base ma fondamentali, è tanto possibile
quanto importante tentare di riempire il bagaglio conoscitivo che ci si porta
appresso durante tutta la vita assorbendo nozioni ed esperienze.
Riempire completamente il metaforico barattolo, forse, non è possibile né dal
punto di vista fisico, né dal punto di vista “materiale”. È tuttavia decisivo cercare
di apprendere il più possibile dalle diverse circostanze che si affrontano: è
importante farlo per noi stessi e per imparare ad assumere le scelte migliori e
sbagliare sempre meno.
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Proprio a proposito degli errori, nel prossimo capitolo viene affrontato
l’approccio proattivo nei riguardi degli stessi.
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1.4 APPROFITTARE DEGLI ERRORI: GLI SCACCHI E LE
NEGOZIAZIONI
Nei molteplici corsi effettuati in questi anni di università, una costante nello
studio dei diversi modelli economici e matematici è stata l’ipotesi di razionalità
illimitata, elemento imprescindibile per poter elaborare delle teorie andando ad
escludere l’elemento aleatorio e soprattutto gli errori di valutazione. Ogni agente,
in questi scenari ipotetici, adotta le proprie decisioni nella maniera più efficace
ed efficiente possibile.
Tutto ciò, come detto, è indispensabile a livello teorico, ma è altresì in contrasto
con la realtà dei fatti. “Errare humanum est
18
”: errare è umano, tutti sono
consapevoli di questa legge della vita, e nessuno può esserne escluso.
Nel gioco degli scacchi ogni mossa può essere “pesata”, ossia le viene attribuito
una sorta di punteggio qualitativo in funzione della situazione in cui tale scelta è
venuta a materializzarsi e delle alternative che sarebbero potute essere applicate
al suo posto. In economia questo processo è affrontato nella Teoria dei Giochi
tramite l’utilizzo dei cosiddetti “alberi decisionali”.
18
La prima fonte cristiana che sta alla base di questa frase è ad opera di Sant'Agostino d'Ippona –
www.brocardi.it
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Utilizzati a supporto del processo decisionale, gli alberi di decisione sono dei
grafici esemplificativi che rappresentano il ventaglio di opzioni di una situazione
e le relative possibili conseguenze. Questi diagrammi sono creati per
rappresentare i giochi sequenziali, ovvero quelle situazioni in cui i giocatori non
muovono simultaneamente (ossia dove scelgono senza sapere cosa fa
l’avversario) bensì in sequenza (come, per esempio, nel gioco degli scacchi). I
payoff/esiti delle decisioni vengono inseriti alla fine dei rami dell’albero, e questo
diagramma è d’aiuto nei momenti in cui ci si trova ad un bivio.
Se giocando a scacchi o in economia è possibile pesare quantitativamente la
qualità delle scelte, nella vita reale di tutti i giorni non è sempre possibile valutare
la bontà o meno di una decisione rispetto alle alternative; tuttavia, è evidente
come la tempistica e la natura di certe manovre siano degli elementi
qualitativamente importanti sull’esito dei risultati finali che scaturiscono da
quelle stesse decisioni.
In un contesto quindi di irrazionalità o di razionalità limitata, si evince quanto
possano risultare importanti due punti: sbagliare il meno possibile e approfittare
degli errori altrui. Un detto inglese di Darwiniana memoria recita “You adapt or
die”, ti adatti o muori. Verissimo, bisogna adattarsi ai cambiamenti per
sopravvivere, ma in un contesto strategico può non essere sufficiente o
addirittura controproducente.
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In un contesto competitivo è infatti assolutamente rilevante concepire la realtà
nella quale si agisce, identificare le proprie intenzioni ed intuire quelle altrui, per
poi tentare di prevalere al fine di vincere. Negli scacchi e nel mondo economico
sarebbe fatale partire completamente allo sbaraglio: è necessaria un’iniziale fase
di studio, che col passare delle mosse si tramuta in una strategia possibilmente
offensiva.
Le interazioni strategiche non fanno differenza, ed un esempio calzante possono
essere le negoziazioni. Gli scacchi e le negoziazioni fanno entrambi riferimento
alla Teoria dei Giochi per una formalizzazione dei problemi sottostanti, ed alcuni
ricercatori hanno utilizzato la struttura logica del gioco degli scacchi per
sviluppare software ed algoritmi in grado di gestire negoziazioni automatiche e
di simularne le dinamiche per alcune particolari tipologie. Di seguito sono
riepilogate alcune ipotesi sulle quali si fonda il gioco degli scacchi, e tutti questi
principi sono posti alla base del funzionamento dei software simulativi:
- Come anticipato, gli scacchi sono un gioco sequenziale che può essere
rappresentato con un diagramma ad albero. Gli alberi decisionali non
possono essere utilizzati per rappresentare dinamiche negoziali di
simultaneità per le quali sono più idonee le rappresentazioni matriciali. La
tipologia di negoziazioni da simulare mediante gli scacchi è quindi
sequenziale: i due negoziatori propongono le loro offerte non
simultaneamente;
- gli scacchi sono un gioco ad informazione perfetta, in cui la struttura del
gioco e i payoff dei giocatori sono noti, ipotesi non sempre verificata nelle
negoziazioni reali;
- negli scacchi, se un giocatore fa una mossa sbagliata, l'altro ne ricava un
vantaggio. Ciò non è necessariamente vero in una negoziazione, dove un
errore dell'avversario può determinare un risultato peggiore per entrambi;
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- negli scacchi le mosse sono discrete (un pezzo muove di due o tre case)
mentre gli elementi di una negoziazione possono essere continui (ad
esempio il prezzo di vendita di una casa).
Fatte tutte queste considerazioni preliminari si può argomentare sui software
scacchistici, i quali sono stati utilizzati con successo per simulare le negoziazioni
di uno schema di contratto, organizzato in sezioni, ciascuna caratterizzata da
attributi con un range di minima e massima concessione, come ad esempio il
prezzo di compravendita di un oggetto con un minimo ed un massimo accettabile.
Nelle simulazioni, ciascuno dei negoziatori virtuali propone sequenzialmente
delle offerte quantitative su un sottoinsieme di parti definite nel contratto. Una
parte si considera chiusa (e non può più essere re-introdotta nella negoziazione)
quando l'offerta di un giocatore combacia con quella dell'avversario.
Un contratto vincolante viene siglato quando tutte le parti sono state chiuse. Ogni
giocatore ha la facoltà di dichiarare la negoziazione fallita in ogni momento,
equivalente al diritto di veto nelle negoziazioni partecipative (in questo aspetto
gli scacchi si differenziano, in quanto se un giocatore si ritira dalla partita è
dichiarato sconfitto).
I software procedono quindi con l’elaborazione dell'albero delle possibili mosse
negoziali valutando ciascun nodo del diagramma con una funzione di quotazione
statistica che prende in considerazione le incertezze sui payoff dell'avversario. La
negoziazione viene "giocata" fino ad arrivare alla chiusura di tutte le parti del
contratto e alla firma dello stesso.
Nonostante diverse migliorie che potrebbero essere introdotte negli algoritmi, il
contratto negoziato da questi software è considerato "in linea con le aspettative
umane", nel senso che un negoziatore in carne ed ossa otterrebbe dei risultati
molto simili.