Introduzione
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caratterizzano la globalizzazione, allo scopo di individuare le conseguenze
che essi hanno avuto, da un lato, sul rapporto tra società e Stato Nazione e,
dall’altro, sulla contemporanea omogeneizzazione e frammentazione delle
culture (Cap. 1).
Partendo dal presupposto che il concetto di comunicazione è di
centrale importanza nel tentativo di spiegare il processo di globalizzazione,
si cercherà di dare una definizione di “cultura”, inquadrandola attraverso le
sue funzioni e le sue caratteristiche (Cap. 2).
Successivamente si affronta il tema della comunicazione, processo di
natura relazionale e dinamica strettamente legato al concetto di “cultura”, in
quanto è solo attraverso la comunicazione che le culture entrano in
relazione. Sulla base di questa assunzione vengono messi in luce i diversi
modi in cui le forme culturali possono esser comunicate nel corso
dell’interazione tra interlocutori appartenenti a culture diverse. Infine, ci si
sofferma sulla possibilità di affrontare in modo produttivo la comunicazione
interculturale, facendo leva sui concetti di dialogo, coordinamento tra le
diverse forme culturali e gestione dei conflitti (Cap. 3).
Col quarto capitolo si entra nel cuore della presente ricerca, in
quanto verrà trattato il tema del management interculturale. Organizzazioni
e imprese vengono qui considerate come espressione di significati culturali,
e sociali. Si rende quindi necessario anche per esse un approccio dialogico
nella comunicazione tra culture diverse, che non neghi le differenze, ma le
valorizzi.
Il modo in cui le organizzazioni affrontano in concreto i rapporti
interculturali viene indagato nel quinto capitolo, attraverso l’analisi di dieci
interviste audioregistrate e successivamente trascritte, realizzate con export
managers di diverse aziende, tra cui nove italiane ed una norvegese.
Capitolo 1
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CAPITOLO 1
LA GLOBALIZZAZIONE
1.1 SIGNIFICATO GENERALE
La globalizzazione è un fenomeno ampio, multidimensionale e
sfuggente. Se ne vedono gli effetti in numerosi ambiti della vita quotidiana,
ma spesso gli elementi che ne hanno determinato l’origine e che continuano
ad alimentarla sono a tal punto radicati all’interno del mondo
contemporaneo, che quasi se ne dà per scontata l’esistenza. Tuttavia il ruolo
che tuttora hanno in questo processo è essenziale.
La tecnologia e le innovazioni ad essa connesse hanno determinato
miglioramenti tanto nei trasporti quanto nelle comunicazioni e questo ha
reso sempre più interrelate le diverse zone del mondo. Grazie all’evoluzione
dei mezzi di trasporto, innanzitutto, è divenuto possibile spostarsi in modo
sempre più economico ed in tempi brevi in gran parte del globo. I
miglioramenti nell’ambito delle tecnologie informatiche e della
comunicazione, tramite la creazione di strumenti relativamente semplici ed
accessibili ai più, hanno poi reso raggiungibili luoghi prima isolati o che
richiedevano collegamenti difficoltosi e dispendiosi. Tali tecnologie
costituiscono dunque la base su cui poggia la globalizzazione, ma va notato
che non sono le tecnologie in sé a fare da traino a questo processo, bensì il
loro livello di radicamento nel tessuto sociale e quindi l’utilizzo assiduo che
ne viene fatto in tutti i campi.
Gli effetti che il progresso tecnologico e la sua accessibilità hanno
avuto sui rapporti interpersonali, su quelli commerciali e d’affari, sulle
relazioni interstatali, nonché sulle decisioni governative sono evidenti.
Innanzitutto, è diventato più facile ed immediato comunicare con persone
Capitolo 1
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che risiedono in altri Paesi e notizie ed informazioni hanno iniziato a
circolare liberamente e in modo rapido. Inoltre, è sempre più difficile
escludere popolazioni o parte di esse dalla conoscenza di fatti di cronaca, di
tematiche d’attualità, o di decisioni politiche; né possono leaders e governi
ignorare la cosiddetta opinione pubblica, che altro non è se non la
conseguenza della diffusione di mezzi di comunicazione e, con essa, delle
possibilità di interazione tra persone anche lontane e di trasmissione delle
notizie in tempo reale. Nonostante sia vivace il dibattito su quanto la
globalizzazione favorisca la democratizzazione o invece alimenti le
disuguaglianze sociali, si può affermare che con i progressi tecnologici si
sono create quantomeno le premesse affinché la libertà attiva di
manifestazione del pensiero ed il diritto passivo dei cittadini di essere
informati trovino più concretamente possibilità di espressione
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.
Si è così creato un rapporto circolare: più le informazioni circolano
liberamente ed in tempo reale, meno esistono comunità isolate, più
aumentano i contatti con realtà, situazioni e persone diverse. Gli studiosi
concordano nell’affermare che i miglioramenti e la diffusione delle
tecnologie hanno garantito un’aumentata connettività (Nederveen Pieterse,
2005: 26) e che quindi le barriere spazio-temporali sono andate via via
riducendosi.
Gli effetti, molteplici ed interconnessi, che ciò ha prodotto
riguardano vari campi. Innanzitutto, si è assistito ad un’espansione dei
mercati economici e finanziari, alla diffusione del sistema capitalistico, ad
un crescente movimento di capitali e all’internazionalizzazione delle attività
commerciali e produttive. Le azioni e le sorti di individui, Paesi e
organizzazioni diverse sono ora legate tra loro.
L’aspetto economico della globalizzazione, a sua volta, è allo stesso
tempo causa ed effetto almeno di altri due fenomeni di grande rilevanza e
strettamente legati: da un lato l’indebolimento del rapporto tra società e
Stato-Nazione e l’internazionalizzazione di quest’ultimo (Beck, 1999) e,
dall’altro, l’intensificarsi delle relazioni tra culture e la diffusione dei valori
propri della società occidentale.
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La libertà di informazione è composta da questi due aspetti, come si legge nella sentenza n.
105/72 della Corte Costituzionale (Chimenti, 2000).
Capitolo 1
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Il primo di questi due fenomeni, che sarà trattato nel paragrafo 1.2,
ha origine attorno agli anni ’60. Se, infatti, dal XIX secolo fino alla prima
metà del Novecento la sovranità a livello politico ed economico apparteneva
ai vari Stati-Nazione, in seguito la forma principale di organizzazione
politica ed economica divenne di tipo sopranazionale. Questo ha comportato
un indebolimento dell’autorità statale non solo verso l’alto, essendosi
formate unioni internazionali e transnazionali ed essendosi affermata una
progressiva regionalizzazione del mondo, ma anche verso il basso, per la
presenza di spinte alla decentralizzazione decisionale.
È proprio a partire dagli anni ’60 che gli Stati iniziano un percorso
che li porterà ad entrare a far parte delle cosiddette società postindustriali. È
infatti il periodo del boom economico, della piena occupazione, dei grandi
passi avanti nelle tecnologie e nella scienza. Le difficoltà economiche e
sociali si fanno dunque sentire di meno, la società non si sente minacciata
nella sua integrità (Wiewiorka, 2001: 32) e dunque trovano più spazio
questioni di carattere ideologico, foriere di cambiamenti culturali.
Il secondo dei due fenomeni sopraccitati, ossia il rapporto tra la
globalizzazione e l’accresciuta interdipendenza tra culture precedentemente
separate, verrà trattato più ampiamente nel paragrafo 1.3 e rientra in un
dibattito molto ampio. Essendo la globalizzazione un processo
multidimensionale, vi è, a monte, una disputa tuttora viva su quale sia il suo
ambito primario di pertinenza. La si può infatti osservare da un punto di
vista economico, visione che spesso prevale nella percezione comune,
oppure dare rilievo ai suoi effetti sociali, guardare alla sua evoluzione
storica o valutarne gli esiti politici. Pertanto, ne esistono diverse definizioni.
Focalizzando l’attenzione sugli scopi della presente ricerca, si rende
necessario studiare ed interpretare la globalizzazione soprattutto da un punto
di vista culturale e comunicativo, senza peraltro astrarre questa prospettiva
dal suo contesto storico-economico.
A questo proposito, è interessante la definizione che ne dà Cotesta,
in quanto mette in risalto le interdipendenze che si creano con la
globalizzazione delineandola come “un processo mediante il quale società,
economie, culture, forme e stili di vita prima separati si inseriscono in una
prospettiva di interdipendenza” (in Baraldi, 2003: 87). Ciò avviene sia a
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livello oggettivo, sia a livello soggettivo, come rileva Nederveen Pieterse
(2005: 35) definendo la globalizzazione allo stesso tempo come “un
processo empirico e oggettivo di crescente connettività economica e
politica” e come “un fenomeno soggettivo che si sviluppa nelle coscienze
come consapevolezza collettiva dell’aumento delle interconnessioni a livello
mondiale”. La soggettività della percezione del fenomeno è un elemento
caratterizzante della società contemporanea: la consapevolezza della
riduzione della distanza spaziale e della differenza culturale è sintomo del
fatto che si è entrati in una fase della modernità che può definirsi
“riflessiva” e in cui lo “sguardo cosmopolita” deve sostituire lo “sguardo
nazionale” (Beck, 2005: 13-14).
Osservare la globalizzazione dal punto di vista culturale e
comunicativo significa analizzarne le caratteristiche alla luce della
diffusione dei valori propri della società occidentale e considerare i
significati interculturali che ciò ha determinato, ossia studiare il rapporto tra
globale e locale, evidenziandone contraddizioni e punti di forza, e
descrivere i modi in cui la differenza tra culture viene trattata nella
comunicazione.
Uno dei quesiti più grandi che la globalizzazione pone è se l’umanità
riuscirà a tradurre i recenti cambiamenti legati ai progressi nelle tecnologie
in un nuovo atteggiamento nei confronti delle differenze culturali
(Barnlund, 1997). La crescente vicinanza e l’erosione dei confini tra le
culture hanno reso le popolazioni più consapevoli non solo delle
somiglianze, ma anche delle differenze e ci si chiede se questa prossimità
intensificherà le divisioni o creerà invece una maggiore spinta alla
comprensione reciproca.
Capitolo 1
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1.2 LA SOCIETÀ E LO STATO-NAZIONE
Per capire la globalizzazione è necessario innanzitutto darle una
collocazione dal punto di vista temporale. Il dibattito sulla sua origine è però
ancora aperto, così come lo è quello sul suo significato dal punto di vista
culturale. Lo scopo di questo paragrafo è di dare una lettura della
globalizzazione da entrambi i punti di vista, soffermandosi dapprima sulla
sua cronologia e sul contesto storico che ne ha favorito l’espansione e,
successivamente, sulle conseguenze che essa ha avuto sugli Stati-Nazione
1.2.1 LA GLOBALIZZAZIONE E IL SUO CONTESTO STORICO
In virtù dell’accelerazione del processo di globalizzazione che si è
prodotta negli ultimi 30-40 anni, si può affermare che, benché il fenomeno
in sé abbia radici lontane nel tempo, solo recentemente ha assunto quelle
caratteristiche di pervasività e ampiezza che oggi le sono proprie e che non
hanno precedenti. Tuttavia, storicamente, se ne possono ascrivere le origini
già al XV secolo e più precisamente alla scoperta dell’America, evento
storico portatore di grandi cambiamenti nell’economia occidentale in
seguito all’apertura di nuove vie al commercio.
In seguito, con la Rivoluzione Industriale e la standardizzazione
della produzione, il commercio si amplia ulteriormente, non solo per quanto
riguarda le quote di prodotti esportati ed importati, ma anche per quel che
concerne la loro varietà. Grazie ai progressi tecnologici, che rendono più
agevoli i trasporti e la trasmissione di informazioni, si apre la strada sia ad
una maggiore separazione spaziale delle attività di impresa, sia ad
investimenti produttivi all’estero: apertura commerciale ed investimenti
sono, infatti, strettamente collegati (Bonaglia, Goldstein, 2003).
Tra il primo ed il secondo decennio del XX secolo, questa prima
ondata di globalizzazione subisce una battuta d’arresto, che si aggraverà con
la crisi economica del ’29 e che porterà ad un ritorno del protezionismo e ad
una caduta del commercio. Solo con la fine della seconda Guerra Mondiale
Capitolo 1
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si riprendono gli scambi di prodotti e servizi e la fase di recessione termina,
ma bisognerà attendere gli anni ‘50 e soprattutto gli anni ’60 per assistere
ad un enorme incremento degli investimenti esteri nei Paesi industrializzati,
specialmente da parte degli USA verso l’Europa. Alla base di ciò vi sono
norme meno restrittive che regolano i flussi di capitale, politiche
privatizzazione ed accordi commerciali preferenziali che coinvolgono
diverse zone del mondo. Quest’ultimo aspetto, in particolare, rientra nel
concetto di “regionalizzazione”, fenomeno col quale a partire da quegli anni
la globalizzazione si espande ad un ritmo sempre crescente e che si esplica
nella creazione di zone di libero mercato, di unioni doganali e alleanze tra
Stati per la comune sicurezza (Nederveen Pieterse, 2005: 30). Ne sono
esempi, tra gli altri, il GATT, la NAFTA, la CEE (ora Unione Europea),
l’ONU, la NATO.
La peculiarità degli anni ’60 risiede in una congiuntura storico-
economica che determina un boom economico senza precedenti. Decisivi in
tal senso sono il New Deal, che ha dato luogo ad una ristrutturazione del
sistema capitalistico grazie alla promozione dell’internazionalizzazione
delle attività produttive da parte dei governi dei Paesi indusrtializzati, e gli
accordi di Bretton-Woods, che, con la creazione della Banca Mondiale, del
Fondo Monetario Internazionale e del GATT, incentivano gli investimenti a
lungo termine (Hobsbawm, 2002: 323). Si ha dunque un aumento degli
investimenti degli Stati Uniti all’estero, una progressiva
transnazionalizzazione dell’economia, l’avvento delle multinazionali e una
nuova divisione internazionale del lavoro, favorita anche dai progressi nelle
tecnologie dei trasporti e delle comunicazioni. La produzione a livello
mondiale aumenta esponenzialmente e, parallelamente ad un incremento nel
commercio di prodotti industriali, si diffondono anche i beni di consumo di
massa. Inoltre, non solo vi è piena occupazione, ma si accresce la richiesta
di figure professionali con un’istruzione superiore, motivo per cui i governi
iniziano ad investire nell’istruzione e aumenta la popolazione universitaria,
che diviene poi sia un nuovo e redditizio target delle aziende produttrici di
beni di consumo, sia un fattore di novità culturale.
In questo clima di stabilità e crescita economica, compaiono le prime
espressioni di cambiamento culturale, sostenute da movimenti che
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rivendicano non più solo diritti facenti capo ad esigenze economiche e
sociali, o ad una determinata identità di classe, ma soprattutto diritti che si
richiamano all’affermazione di un’identità culturale, che si tratti di
movimenti femministi, ecologisti o etnici, e a richieste di giustizia sociale.
Secondo Wieviorka (2001: 33), “gli anni ’60 segnano l’ingresso in rapporti
sociali inediti, in forme di vita collettive che […] ci proiettano fuori dal
quadro dello Stato-Nazione”. I movimenti identitari e le rivendicazioni
culturali si diffondono per la prima volta in maniera “globale” e
coinvolgono in modo trasversale diversi attori sociali, la cui coralità spesso
prescinde da identità nazionali, di classe, di genere, o di età.
1.2.2 LA DE-NAZIONALIZZAZIONE DELLO STATO-NAZIONE
Negli ultimi quarant’anni i confini dello Stato-Nazione sono stati
superati su più fronti: dal punto di vista economico, con la
transnazionalizzazione delle attività produttive e degli investimenti; dal
punto di vista politico, con la regionalizzazione, con la creazione di aree di
influenza e con l’istituzione di organismi internazionali e sovranazionali; dal
punto di vista sociale e culturale, essendovi una sempre crescente
interdipendenza tra società e culture diverse, che si esprime nei processi di
mescolanza ed ibridazione all’interno di uno stesso Stato, nella diffusione di
valori quali la modernità, il pluralismo e l’individualismo e
nell’affermazione della soggettività, tanto dell’individuo, quanto del gruppo.
La definizione che Beck (1999: 24) dà della globalizzazione è
significativa a questo proposito: essa viene infatti da lui definita come un
“processo in seguito al quale gli Stati nazionali e la loro sovranità vengono
condizionati e connessi trasversalmente da attori transnazionali, dai loro
orientamenti, poteri, identità e reti.”
La connessione tra Stati e attori transnazionali è la chiave per
comprendere come, nell’epoca della globalizzazione, da Beck definita come
“seconda modernità” (1999, 2005), si spezzi la concezione nazional-statale
della politica e della società. Lo Stato e le istituzioni classiche, che nella