Introduzione
L'obiettivo del presente lavoro sperimentale era di valutare come viene vista oggi la medicina
popolare tradizionale in Sardegna, con particolare attenzione al malocchio; trattandosi di un
lavoro geografico vi era l'interesse a comprendere quale fosse la diffusione della credenza in
Sardegna, sia a livello territoriale che sociale. A questo scopo, si è preso in esame un campione
della popolazione sarda da cui ottenere i dati necessari a comprendere sia gli aspetti geografici
che quelli socioeconomici del fenomeno. Il malocchio assume diverse denominazioni secondo
la località e secondo la tipologia di sardo in cui viene reso: per esempio ocru malu (nuorese),
ogru malu (logudorese), ogu malu (campidanese).
In italiano si traduce letteralmente con «occhio cattivo», più diffusamente noto come
“malocchio”, nome attribuitogli in base alla credenza per cui l'effetto deleterio verrebbe causato
dallo sguardo, portatore di malvagie forze interiori che si sprigionano nella maggior parte dei
casi in maniera totalmente involontaria, a causa di un semplice desiderio, ammirazione o bonaria
invidia nei confronti di altri, o delle cose appartenute ad altri.
La cura al malocchio universalmente riconosciuta in tutta la Sardegna è nota come medicina
dell'occhio e rientra nella branca della medicina popolare sarda grazie alle diverse procedure
esercitate, che variano dal Nord al Sud della Sardegna.
Il presente lavoro si sviluppa in 4 capitoli.
Nel primo si è proceduto ad introdurre la geografia culturale in quanto branca della geografia che
si occupa di studiare le manifestazioni geografiche della cultura; si occupa quindi dello studio
dei simboli che sono attribuiti a luoghi e a spazi. Sono stati illustrati pertanto il modello di
Breton e di Meinig per comprendere quali sono gli elementi che appartengono ad un gruppo
etnico e in che modo i caratteri linguistici, culturali, storici, sociali ed economici si fissano in un
determinato ambiente.
Nella seconda parte del lavoro è stato introdotto gradualmente e genericamente l'argomento
principale della tesi, il malocchio, analizzando in che modo è cambiato negli anni, e cosa rimane
oggi di una tradizione così antica in una società in cui scetticismo e superficialità imperano; dove
Internet è diventato il principale mezzo di comunicazione e dove i rimedi si cercano su Google
piuttosto che dall'anziana saggia del paese.
Successivamente, nel cuore della tesi, prima di procedere alla descrizione della ricerca, si è
pensato di procedere con una breve presentazione del popolo sardo e del suo rapporto con la
magia; analizzando poi la figura del guaritore e i rimedi per svolgere la medicina dell'occhio
nelle varie province della Sardegna.
L'indagine si è svolta attraverso la somministrazione di un questionario costituito da 16 domande
con cui sono stati raccolti i dati di un campione costituito da 1006 utenti di età compresa tra i 16
e i 75 anni, a cui è stato chiesto in quale misura il malocchio venga ritenuta una credenza
fondata; se si conoscono gli antichi rimedi di guarigione e se sono stati utilizzati all'interno
dell'anno in modo più o meno efficace. I dati sono stati poi incrociati con alcuni elementi di
carattere generale, come comune di residenza, status socioeconomico, livello culturale,
affiliazione religiosa. Ad ospitare il sondaggio è stato uno tra i più conosciuti ed utilizzati social
network, Facebook: per questo motivo il campione, non essendo stato scelto con procedura
casuale dalla popolazione sarda nel suo complesso, ma costituito da un sottoinsieme degli utenti
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sardi del social network, non può essere considerato uno spaccato preciso, e quindi
statisticamente rappresentativo della società sarda nel suo complesso, ma offre comunque spunti
di studio e riflessione molto interessanti sulla realtà locale presa in esame.
Infine, nel quarto ed ultimo capitolo è stato analizzato il rapporto tra il web e la medicina
popolare tradizionale.
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Capitolo I
Cenni di geografia culturale
1.1 Il gruppo etnico.
Etnia, tribù, popolo, nazione sono tutti vocaboli utilizzati per designare l'esistenza di gruppi
umani caratterizzati dalla comunanza della lingua, ma nonostante ognuno di questi termini abbia
un significato diverso, vengono spesso confusi e utilizzati in modo inappropriato.
Il concetto di etnia è stato oggetto di un notevole sforzo definitorio risultante in una quantità di
definizioni e significati, a seconda dell'ambito in cui esso è stato collocato. Per comprendere
completamente il significato di questo lessema, è necessario fare un passo indietro nel tempo
sino al 1896
1
, quando compare per la prima volta la parola ethnie, di origine francese. Quasi
mezzo secolo più tardi, per la prima volta, ne viene data una prima definizione nell'opera di G.
Montadon (L'ethnie française) del 1935: «[ ... ] un raggruppamento naturale, alla cui
delimitazione concorrono tutti i caratteri umani, siano essi somatici, linguistici o culturali». A
questa ne seguirà una più completa di Becquet nel 1963, nel suo lavoro intitolato L'ethnie
française d'Europe nel quale scrive: «L'etnia comprende le comunità umane [ ... ] unite da una
stessa cultura e da una stessa psicologia, risultanti dalla pratica di una stessa lingua». La più
chiara risulta decisamente la versione di Héraud che definisce l'etnia come: «Popoli di uguale
lingua, [ ... ] quali che siano le differenze di appartenenza politica», ed inoltre, sempre nello
stesso lavoro, come «la comunità linguistica, stabilita sul suo territorio tradizionale, che riunisce
tutti insieme gli attuali parlanti, monolingui e bilingui, ed eventualmente gli antichi parlanti,
passati per assimilazione ad una lingua straniera».
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In altre parole, la lingua sarebbe l'elemento culturale fondamentale che accomunerebbe un
gruppo sociale. Qualche difficoltà in questo approccio nasce dalla considerazione che essa è solo
il veicolo della cultura e non la cultura; tenendo conto di queste riflessioni, Héraud per esempio
considera il concetto di etnia con valore metalinguistico poiché nonostante la perdita della lingua
(alienazione linguistica) viene mantenuta la cultura di base.
Theodor Veiter
3
, in contrasto con quanto appena affermato, sostiene che non sia assolutamente
sufficiente avere la cultura di base in comune se non si ha la consapevolezza dell'appartenenza ad
una comunità.
Il sociologo antropologo britannico Anthony D. Smith
4
, decide di approfondire il significato di
etnia, mettendo in evidenza alcune condizioni imprescindibili per poter chiamare una comunità
sociale, etnia:
1 Il termine ethnie è stato usato la prima volta in un testo di Vacher de Lapouge, intitolato Les sélections sociales,
comparso nel 1896. utilizzato ancora da Fouillé (Psycologie du people français) nel 1914 e da Regneault (Il
convient de differencier l'ethnie linguistique de la race anatomique) nel 1920, e nel 1931 (Classification des
sciences anthropologiques), ha avuto un più preciso chiarimento con l'opera del Montadon, del 1935.
2 Héraud G., Popoli e lingue d 'Europa, trad. di G. Bogliolo, Milano, Ferro, 1966, p. 58
3 Veiter T., Sulla nozione di minoranza nazionale, in “Comunicazione alla Conferenza Internazionale sulle
Minoranze”, Trieste, 1974
4 Smith A. D., Il revival etnico, Il Mulino, Bologna, 1984
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• il nome dev'essere universalmente riconosciuto da tutti i membri come elemento
identificativo della comunità;
• ogni membro deve avere coscienza della discendenza comune;
• le vicende del passato devono accomunare tutto il gruppo creando così il senso di una
storia comune;
• è necessaria la partecipazione alla comune cultura che distingue ogni gruppo da un altro;
il rapporto tra la comunità e il territorio dev'essere quasi viscerale, tale da considerarlo
come la propria patria;
• è fondamentale che ci sia solidarietà tra i membri dello stesso gruppo;
Lo studioso francese Roland Breton
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approfondisce la questione nel suo lavoro Les ethnies e
afferma che «In senso lato, l'etnia viene definita come un gruppo d'individui legati da un
complesso di caratteri comuni antropologici, linguistici, politicostorici, ecc la cui
associazione costituisce un sistema vero e proprio, una struttura di natura essenzialmente
culturale: una cultura. L'etnia è allora la collettività, o meglio la comunità, la cui coesione è
garantita da una cultura particolare...» . Il gruppo etnico deve essere considerato come un'insieme
di persone che condividono le dinamiche dello scenario spaziotemporale della stessa comunità
alla quale appartengono. Breton scrive che «l'analisi di ciascun gruppo etnico permette di
stabilire quali sono i criteri d'identificazione più validi in ciascun caso: origine antropologica,
comunità di territorio, uso linguistico, costume e modi di vita, appartenenza religiosa o politica»,
cimentandosi in un'analisi della struttura etnica espressa attraverso dieci elementi. In realtà si
tende però a considerare il modello in cui sono presenti solo nove elementi, tralasciando il
concetto di razza, sia perché si rischierebbe di cadere in un discorso di discriminazione e quindi
razzista, sia perché scientificamente non vi è più una linea netta di demarcazione tra le razze, e se
ci fosse sarebbe totalmente inattendibile.
In merito al presente lavoro, potremmo pensare però di inserire come nuovo decimo elemento la
medicina popolare in quanto appartenente alla cultura non materiale, legata alla lingua, ma alle
classi sociali e alla demografia; ininfluente per quanto riguarda l'aspetto economico è invece in
stretta connessione con il territorio.
Fig. 1.1 Caratteri generali dell'etnia secondo Breton
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modificato
5 Roland Breton, Les ethnies, Parigi, Presses Universitaires de France, 1981
6 Roland Breton, Geografia delle lingue, trad. di G. Zanetto, Marsilio Editori, Venezia, 1978, p. 54
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