Introduzione
2
Per prima cosa credo sia necessario giustificare la scelta
del tema e raccontare come sono venuta in contatto con
l’oggetto di questo lavoro: ho sempre avuto una grande
passione per lo sport. Ho praticato sci a livello agonistico
per quindici anni ottenendo anche due titoli di
campionessa provinciale di discesa libera. Ma solo un
paio di anni fa, per caso, sono venuta a contatto con il
mondo delle due ruote. Da vera sportiva ho sempre
seguito vari sport, ma mai avrei pensato di entrare in
questo mondo “maschile”. Un amico, press officer nel
campionato mondiale Superbike, mi chiese se potevo
iniziare una collaborazione come traduttrice: mi diede da
tradurre dei comunicati stampa. All’inizio è stata dura
perché la terminologia è tecnica, ma la costanza e la
voglia di imparare un lavoro che mi affascinava ed un
linguaggio nuovo, mi ha portata a continuare a fare da
interprete direttamente in circuito.
Da donna non poteva che colpire le mie attenzioni
l’esperienza, seppur breve, della tedesca Katja Poensgen
che ha partecipato al mondiale 250 nel 2001. Essendo lei
l’unica protagonista femminile in un mondo quasi
totalmente maschile non poteva non fare notizia, ma in
che modo è stata trattata questa notizia? Ho così preso in
considerazione la stampa italiana e spagnola
analizzandone il linguaggio da un punto di vista
comunicativo. Mi sono chiesta se e come le performance
sportive di Katja Poensgen sono state trattate in modo
Introduzione
3
diverso per il fatto che lei è una donna. Confrontando la
stampa spagnola con quella italiana ho potuto notare
differenze interessanti nella trattazione del personaggio.
In Spagna come in Italia il motociclismo è molto
popolare. Nel mondiale ci sono molti piloti spagnoli
anche perché la Dorna, la società che gestisce il
Motomondiale, è spagnola. Questo spiega anche la
quantità di sponsor spagnoli che figurano in questo
campionato e per loro interesse concentrano su di esso
l’attenzione dei mezzi di comunicazione.
Ringraziamenti
Questo lavoro non si sarebbe potuto sviluppare senza
l’aiuto e il materiale fornitomi dai giornalisti e dagli
addetti ai lavori che si sono resi disponibili.
Desidero ringraziare in modo particolare Marco
Degl’Innocenti corrispondente dalla Germania della
Gazzetta dello Sport, non solo per il prezioso contributo,
ma per l’amicizia dimostrata elargendomi preziosi
consigli ed insegnamenti.
Un grazie speciale va a Filippo Falsaperla, giornalista
della Gazzetta dello Sport, per avermi messo a
disposizione materiale prezioso ed avermi fornito i
contatti giusti, e a Paolo Ianieri per il tempestivo
contributo.
Un grazie generale va a Dario Ballardini, Lucia Voltan,
Paola Baronio, Elena Puliti, Marco Masetti, Corrado
Zunino, Franco Battaini e Carlo Pernat per la loro
disponibilità.
Infine ringrazio Bruno Sandrini press officer del
campionato mondiale SBK, per avermi introdotta in
questo mondo.
Capitolo 1: “Gender”
4
CAPITOLO 1
“Gender”
Capitolo 1: “Gender”
5
1.1 Cenni sugli stereotipi sociali nello sport
Prima di addentrarmi in un discorso specifico sul
“gender”, mi pare necessaria una premessa di carattere
sociale. La nostra cultura occidentale ha creduto a lungo e
divulgato l’idea che le donne fossero non solo diverse
dagli uomini, ma inferiori. Gli stereotipi culturali
tradizionalmente legati alla femminilità, cioè l’essere
passive, la sensibilità e la sottomissione, e alla
mascolinità, ossia l’essere attivo, forte ed aggressivo,
persistono ancor oggi ed esercitano una particolare
influenza in ambito sportivo. Le donne sono confinate a
stare in casa, accudire alla famiglia. Agli uomini invece è
affidata un’autorità, guadagnano soldi e acquisiscono
prestigio. Esistono certo delle differenze biologiche come
esistono concetti fisiologici e psicologici che se mal
interpretati tendono a “ridicolizzare” la partecipazione
delle donne agli sport fisicamente più faticosi. La donna è
sempre stata ritenuta inferiore all’uomo per quanto
riguarda la fisicità: il corpo femminile non potrà mai
avere quella muscolosità del corpo maschile, perché dal
punto di vista genetico sono differenti. La cultura di oggi
ha trasformato questa differenza in inferiorità. Non solo,
in relazione agli aspetti psicologici credo che se una
donna desidera aver successo nelle competizioni sportive
debba essere più aggressiva di un uomo e non avere
paura, soprattutto se gareggiano nelle stesse categorie.
Capitolo 1: “Gender”
6
Questo perché la donna non solo è ritenuta inferiore
perché fisicamente più gracile ma perché si crede che la
paura sia una caratteristica prettamente femminile.
Secondo Harris Dorothy
1
le donne che raggiungono
risultati in campi sportivi hanno una personalità
eccezionale, ma questo non significa che hanno perso i
loro tratti femminili. Corbin, citato dalla Pink
2
parla di
“mascolinità” a livello mentale, una forza psicologica
insita nell’essere maschio, avere il coraggio maschile. Nel
linguaggio moderno si direbbe “avere gli attributi
maschili”, come se in mancanza di essi non si potesse
essere coraggiosi.
Ciò che voglio dire è che le differenze biologiche che
esistono tra uomo e donna devono essere rispettate, ma
non devono essere fraintese ed usate per discriminare ed
emarginare l’uno o l’altro sesso. È evidente che le
differenze biologiche esistono, ma ogni individuo, sia
esso di sesso maschile o femminile, deve essere valutato e
considerato individualmente, tenendo in considerazione le
differenze esistenti, appunto, tra un uomo ed una donna.
Personalmente ritengo che lo sport femminile non debba
cercare una totale uguaglianza ma debba promuovere
un’uguaglianza di opportunità.
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un fenomeno
importante: l’avanzata delle donne nello sport, donne che
1
Cfr. Harris, Dorothy,¿Porquè practicamos deportes? , Barcelona, Ed. Jims,
1976.
Capitolo 1: “Gender”
7
ricalcano arene maschili. Nel gennaio scorso, sulla
Gazzetta dello Sport, Candido Cannavò
3
(ex direttore del
giornale sportivo) affermava che la donna possiede
qualcosa in più dell’uomo: “la serietà del suo impegno,
portato ai confini della fede”. Con questa dichiarazione
credo che ogni confronto uomo-donna cessi di esistere,
perché quello che Cannavò voleva dire è che in qualsiasi
disciplina ciò che conta per emergere è la forza, la
costanza e la grinta.
Da ex atleta non potrei che essere d’accordo con Candido
Cannavò. Anche lo sport che ho praticato, lo sci,
nonostante abbia categorie separate è considerato uno
sport più adatto ad un uomo perché per sostenere certe
velocità c’è bisogno di una muscolatura molto possente.
Durante gli allenamenti il confronto con i maschi era
molto stimolante, m’invogliava a spingere al massimo
perché un atleta, sia esso uomo o donna, vuole sempre
primeggiare e vincere. E non importava se l’avversario
del momento era un tuo compagno maschio o una rivale,
l’importante era spingere al massimo per fare il tempo più
basso. E quando il riscontro cronometrico ti diceva che
avevi superato un atleta maschio, certo, la soddisfazione
raddoppiava. Al contrario, i maschi che venivano battuti
si sentivano sminuiti perché battuti da una ragazza.
2
Pink, Sarah, Women and Bullfighting, Oxford-New York, Berg, 1997, p.233
3
Cfr Gazzetta dello Sport (allegato 31)
Capitolo 1: “Gender”
8
1.2 GENDER: la costruzione dell’identità di
genere
L’identità di genere è definita in inglese come “gender”.
Guardando all’evoluzione del tessuto sociale
contemporaneo si è portati a considerare il gender un
tema di grande attualità. La società odierna si dimostra
profondamente sensibile ed attenta alla trasformazione
rapida, quasi “generazionale” che ha subito la
caratterizzazione del ruolo dell’uomo e della donna negli
ultimi trent’anni. In secondo luogo, è indiscutibile il
profondo interesse della pubblicità per il gender. Nella
pubblicità moderna, il gender è una delle risorse sociali
più utilizzate dai comunicatori pubblicitari. La forte
espressività, comunicabilità e riconoscibilità delle due
categorie semantiche di femminilità e mascolinità
risponde all’esigenza che la pubblicità ha di comunicare
in uno spazio e tempo ridotto e di conquistare
l’immediata attenzione del fruitore.
Capitolo 1: “Gender”
9
1.3 La letteratura di genere, un filone di ricerche
anglo-americano
L’idea di “gender” come concetto operativo sul discorso
identitario nasce con i Cultural Studies e in particolare
con i cosiddetti Women’s Studies.
Sui movimenti femminili esiste già una letteratura
immensa e sicuramente molto verrà ancora scritto, in
quanto sono un’area di studi in costante evoluzione. Per
questo motivo non si intende qui trattarla in modo
dettagliato, bensì enunciare le linee guida che hanno
portato le donne a prendere consapevolezza del proprio
essere all’interno di quelli che una volta erano considerati
ambiti riservati agli uomini
4
.
Un filone di studi di grande interesse, a questo proposito,
sono i Women’s Studies che sono entrati all’interno dei
Cultural Studies scardinando molti degli equilibri
precedenti
5
.
I Cultural Studies sono un campo che sta sperimentando
un boom senza precedenti. Come viene riferito dal
Grandi
6
, la genesi dei Cultural Studies va ritrovata
nell’immediato dopoguerra britannico, poi si sono
spostati verso il panorama americano. I cultural studies si
caratterizzano per la presenza al proprio interno di
4
Cfr Sue, Thornham, Feminist theory and cultural studies. Stories of unsettled
relations, London, Arnold, 2000.
5
Cfr Grandi, Roberto, I mass media fra testo e contesto, Milano, Lupetti, 1994,
p. 349.
6
Ibidem.
Capitolo 1: “Gender”
10
opzioni che privilegiano da una parte l’indagine del testo,
dall’altro l’indagine del contesto di consumo. Possono
essere considerati una serie di studi che hanno preso il
via dai diversi significati dati dalla parola cultura definita
da Williams Raymond “una delle due o tre più complicate
parole della lingua inglese”
7
. Grandi propone una
definizione di Cultural Studies la quale era stata enunciata
da Nelson e Treichler
8
: “I Cultural studies sono un campo
interdisciplinare che opera nella tensione tra le proprie
tendenze ad accogliere un concetto di cultura sia ampio e
antropologico che più ristretto e umanistico…a differenza
di quanto avviene nel campo umanistico tradizionale,
rigettano la coincidenza della cultura con l’alta cultura,
sostenendo che tutte le forme di produzione culturale
necessitano di uno studio portato avanti in rapporto ad
altre pratiche culturali e a strutture storiche e sociali. I
Cultural Studies si sono così impegnati nello studio
dell’intero inventario delle arti, credenze e istituzioni
della società, nonché delle pratiche culturali…Le
categorie più utilizzate nell’attività attuale di questi studi
sono: la storia, il gender e la sessualità, la nazionalità e
l’identità nazionale, la razza e l’etnicità…”
7
Cfr Grandi, Roberto, I mass media fra testo e contesto, Milano, Lupetti, 1994,
p.88.
8
Ibidem p.92.
Capitolo 1: “Gender”
11
In questo modo i Cultural Studies portano in se stessi dei
caratteri che sono:
-i Cultural Studies operano utilizzando un concetto
allargato di cultura;
-essi legittimano, giustificano, celebrano e politicizzano
tutti gli aspetti della cultura popolare;
-la cultura non è considerata in maniera statica, ma viene
considerata come qualcosa che emerge, che è dinamico;
-i Cultural Studies sono interdisciplinari.
Nella storia dei Cultural Studies, fatta soprattutto di
rotture, troviamo delle tensioni teoretiche, tra cui quella
dei Women’s Studies
9
.
Il femminismo penetrò nel terreno dei Cultural Studies
come un potente grimaldello capace di scardinare tutti gli
equilibri precedenti: temi considerati marginali vengono
spostati al centro di interesse.
I Women’s Studies, come area di studi, nacquero negli
Stati Uniti verso la fine degli anni ‘60
10
. In Inghilterra tra
gli anni ‘60 e ‘70 le donne incominciarono ad essere
oggetto di corsi accademici sull’identità femminista che
ottennero la loro ufficializzazione negli anni ‘80.
Questi studi incominciarono il loro cammino riempiendo
le parti mancanti e dando voce ai silenzi, introducendo le
donne in ambiti di ricerca e studio che non erano stati
9
Cfr Grandi, Roberto, I mass media fra testo e contesto, cit.
10
Cfr Robinson, Victoria and Richardsone, Diane, Introducing women’s studies.
Feminist theory and practice. Second edition, London, Macmillan, 1997, xv, p.
492 .
Capitolo 1: “Gender”
12
riformulate da una prospettiva femminile, c’erano cioè
state donne, ma operavano dentro schemi maschili. In
questo clima di “rottura” la cultura viene sottolineata
come differenza, come pluralità di esperienze.
Un concetto fondamentale sul quale le femministe hanno
lavorato molto è quello di “potere”. In che modo viene
inteso il termine potere?
Secondo Margaret Marshment
11
c’è una forte relazione
tra la sessualità ed il femminismo. L’autrice si domanda
quale sia la relazione che intercorre tra la sessualità e
l’ineguaglianza di genere. Molte femministe sono
d’accordo sul fatto che il potere degli uomini sulle donne,
sia esso di carattere sociale o di natura economica, è
collegato ad un modello storico di relazioni “sessuali”.
Per molte femministe la sessualità è il cuore del dominio
maschile ed è vista come il meccanismo chiave di un
controllo patriarcale. Molti scrittori che si sono occupati
dei Women’s Studies ricordano che la sessualità è vista
come il mezzo principale grazie al quale gli uomini
esercitano potere e controllo sulle donne. Sempre secondo
la Marshment quindi secondo un punto di vista
prettamente femminile, è chiaro come la sessualità
penalizza la posizione delle donne nel lavoro.
Margaret Marshment tratta anche della rappresentazione
delle donne nella cultura popolare contemporanea e
guarda come le donne vengono rappresentate dai media.
11
Ibidem.
Capitolo 1: “Gender”
13
Dice che bisognerebbe cominciare a criticare le immagini
delle donne e gli stereotipi maschili sulle donne promossi
da tutti i media. L’autrice si domanda: chi sono coloro
che “giudicano o meglio definiscono” le donne?
12
. Sono
uomini come gli editori, i direttori e i produttori
televisivi, coloro che riproducono l’immagine che giudica
le donne.
Su quali basi le donne dovrebbero fare leva per
rivendicare il loro ruolo? Secondo alcuni scritti
13
ed
alcune teorie, ciò che è importante per una donna è
rivendicare la sua uguaglianza nei confronti dell’uomo,
ma anche la sua differenza. Uguaglianza nel senso che le
donne richiedono parità di opportunità per la
realizzazione delle loro ambizioni. Differenza nel senso
che occorre valorizzare anche ciò che ormai distingue
l’uomo e la donna storicamente e culturalmente. Uomo e
donna sono diversi perché hanno esperienze di vita
diverse e quindi producono una “prospettiva” differente.
12
Cfr Robinson, Victoria and Richardsone, Diane, Introducing women’s studies.
Feminist theory and practice, cit.
13
Cfr Buikema, Rosemarie and Smelik, Anneke, Women’s studies and culture.
A feminist introduction,, London and New Jersey, Zed Books,1995, pp. 4 – 181.
Capitolo 1: “Gender”
14
1.4 Il gender fra identità e rappresentazione
Dopo la donna oggetto e la donna angelicata appare così
nella società moderna, dei media e della pubblicità una
terza figura: la donna emancipata, la donna che ormai ha
superato molti ostacoli e si affianca all’uomo, lo sfida, a
volte lo supera nella competizione professionale e nei
ruoli attivi della società
14
. La donna emancipata è frutto
di una costruzione culturale. Il problema delle identità di
genere è oggi importante per diverse ragioni: per la
trasformazione epocale che ha subito la caratterizzazione
dei ruoli maschile e femminile negli ultimi trent’anni, ma
anche perché oggi buona parte degli studi sui media in
ambito angloamericano partono esplicitamente da
un’esplicita discussione della questione del gender e
partendo da lì vogliono mettere in discussione tanto il
modo di rappresentare i ruoli maschili e femminili
quanto, attraverso una critica della rappresentazione, la
stessa proposta di organizzazione sociale che viene
avanzata.
14
Cfr. Bettetini, Gianfranco e Fumagalli, Armando, Quel che resta dei media-
Idee per un’etica della comunicazione. Milano, Franco Angeli, 1998, p.334.
Capitolo 1: “Gender”
15
La differenziazione culturale per stereotipi sessuali esiste
però ancora, persino nei giovani, anche perché tanto i
media quanto il sistema formativo tendono a non
prendere troppo sul serio il problema. In realtà le
differenze di gender non stanno scomparendo, come molti
credono, ma si stanno rimodellando.