governava in Messico da settant’anni), nelle elezioni del 2001, sia una delle
conseguenze dell’insorgenza dell’EZLN, anche se occorre affermare che l’erosione
del PRI era giunta ad uno stadio già avanzato. Quel che è certo, è che questo
movimento ha ottenuto un considerevole sostegno dalla società civile, nazionale e
internazionale, in parte forse dovuto all’originalità di un movimento guerrigliero che,
paradossalmente, dichiara di essere contro le armi ma che, allo stesso tempo, ricorre
alla violenza affinché al mondo non debbano esistere più soldati e più nessun tipo di
guerra; e in parte anche all’anticipazione di una lotta estremamente attuale, quella
contro la globalizzazione e i sistemi capitalistici (lo zapatismo si può definire come il
prologo di tutti i movimenti antiglobalizzazione).
Per un verso, uno dei motivi principali che stanno alla base dell’ampiezza dei
consensi ottenuti dagli zapatisti va rintracciato nell’adozione di un nuovo linguaggio
politico, in un certo senso al di fuori dai canoni tradizionali della comunicazione.
Sicuramente, sul piano militare l’EZLN appare parecchio debole rispetto agli apparati
coordinati dall’esercito federale, ma se la battaglia fosse combattuta solamente con le
armi della parola allora l’EZLN avrebbe maggiori probabilità di successo.
L’appoggio della società civile su piano nazionale e internazionale, di giornalisti e
mass-media, di letterati ed intellettuali di tutto il mondo, di leaders di partiti politici,
è indubbiamente cresciuto, e ciò dimostra, in qualche misura, la potenza del
linguaggio e dei simboli veicolati nei messaggi zapatisti.
In questa tesi, propongo un esame ravvicinato di tale linguaggio –o meglio di
alcuni elementi costitutivi–, cogliendone in particolare due caratteri distintivi: in
primo luogo mi soffermo sull’identità politica che il discorso incorpora, estrapolando
i simboli di identificazione positivi e negativi ricorrenti in un campione significativo
di discorsi e comunicati dell’EZLN (capitolo secondo). Dal momento che il
linguaggio zapatista ha dimostrato di possedere la capacità di accendere in milioni di
persone sentimenti di approvazione e di sostegno, è interessante indagarne le
connessioni che pongono in primo piano la definizione del proprio sé collettivo,
nonché quella degli avversari. In queste rappresentazioni sono contenuti elementi di
innovazione rispetto al tradizionale lessico politico, compresa la revisione di termini
fondanti del vocabolario politico come potere e democrazia, e che mette in primo
piano i fattori etici e morali, come, ad esempio, il rispetto delle differenze.
Successivamente passo ad esaminare l’altra “faccia” del linguaggio zapatista,
quella più originale, che segna un distacco ancor più pronunciato dalla
comunicazione politica ordinaria. In questo caso prendo in esame l’oratoria del
subcomandante Marcos (capitolo terzo). Questa figura, che i media identificano come
il capo dell’EZLN, è la guida del movimento solo per quanto riguarda le decisioni
militari. Nonostante ciò, e benché Marcos, personalità estremamente modesta e
schiva, voglia continuamente ribadirlo, ci sono elementi per ritenere, a ragione, che
sia lui l’artefice e la mente del linguaggio zapatista. D’altronde, a parte i comunicati e
i discorsi dell’EZLN, che in effetti potrebbero anche essere stati scritti “a più mani”,
si contano numerosi racconti, novelle, messaggi brevi, fiabe e saggi firmati a nome
del subcomandante Marcos. La sua grande dimestichezza con lo scrivere, lo spiccato
senso dell’umorismo, l’originalità delle sue parole cariche di simbolismi e
dell’utilizzo di espedienti letterari atipici per un discorso politico, ci consentono, in
un certo senso, di considerarlo una specie di intellettuale, scrittore, o letterato, che si
serve anche della narrativa per fare politica e che, di conseguenza, si discosta dalle
classiche figure dei grandi oratori politici.
Sulla base di queste considerazioni, arrivo nelle conclusioni a classificare lo
zapatismo come un movimento originale, che si differenzia sia dai movimenti di
guerriglia latinoamericani, sia dai gruppi rivoluzionari di sinistra tradizionali.
CAPITOLO 1
Il Messico: storia e politica
Premessa
In questo capitolo presento una descrizione ravvicinata della situazione messicana
dal periodo rivoluzionario ad oggi, soffermandomi in particolar modo sull’influenza
esercitata dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale sulla vita e sulla politica
del Messico, a partire dal 1994.
Nel primo paragrafo ripercorro brevemente la storia della politica messicana dal
periodo rivoluzionario ai giorni nostri. Preceduta da una lunga preparazione, che ha
visto il succedersi di diverse fasi, la costituzione del PRI, il partito che in Messico ha
governato per quasi settant’anni, costituisce il dato essenziale per comprendere lo
sviluppo politico del paese. Perciò cerco di mettere in luce le cause che hanno
agevolato la sua lunga permanenza al governo e i fattori che invece hanno portato alla
sua sconfitta nelle ultime elezioni del 2001.
Nel secondo paragrafo, comincio ad affrontare l’esame del movimento zapatista e
dell’EZLN: miro cioè a specificare le sue origini, i suoi obiettivi, nonché i
presupposti sul quale si fonda l’azione degli zapatisti. Queste informazioni
costituiscono una premessa indispensabile alla individuazione delle caratteristiche
sulle quali si basa la creazione del “noi” collettivo (ossia, l’identità politica del
movimento).
Descrivo poi, in sintesi, la situazione politica ed economica del Chiapas, lo stato
del Messico dove è nata la lotta zapatista, come risposta organizzata (e armata) alle
difficili condizioni di vita della popolazione indigena.
Successivamente mi soffermo sulla figura chiave dell’esercito zapatista, il
subcomandante Marcos, descrivendone il ruolo all’interno di esso.
Gli ultimi due paragrafi riguardano il tema della globalizzazione. Da una parte, il
movimento zapatista si collega al movimento antiglobalizzazione, e può essere
considerato, in certa misura, l’antefatto di tutti i movimenti che si oppongono alla
globalizzazione che sono via via emersi negli ultimi anni. Dall’altra gli zapatisti
propongono una elaborazione autonoma della contestazione. A questo proposito,
nell’ultimo paragrafo, prendo in esame un saggio del 1997 scritto dal subcomandante
Marcos al fine di stabilire quali sono le principali posizioni assunte dall’EZLN in
rapporto a questa tematica.
1.1. Breve storia della politica messicana e del Partido Revolucionario
Institucional
Nel 1910 Emiliano Zapata dà inizio al movimento rivoluzionario indigeno e
contadino nel sud del Messico, mentre nel nord del paese Francisco Villa si ribella
contro la dittatura di Porfirio Diaz. Inizia la Rivoluzione Messicana. A seguito del
crollo del “porfirismo” (1911), si apre un lungo periodo rivoluzionario, all’interno del
quale si possono distinguere diverse fasi:
™ FASE “MADERISTA”
1
, che dura fino al febbraio 1913, nella quale il
governo del primo leader rivoluzionario, si fonda sul rispetto della legalità
democratica, senza tuttavia intervenire sulle questioni delle disuguaglianze
economiche. In questa fase Madero si allontana dagli altri capi rivoluzionari,
tra i quali Zapata.
™ L’INTERREGNO DI VICTORIANO HUERTA, che dura fino al 1914 e
praticamente consiste nella restaurazione del governo autoritario, come ai
tempi di Porfirio Diaz.
™ FASE “COSTITUZIONALISTA”, che si apre con il rovesciamento di
Huerta ad opera di Venustiano Carranza, Pancho Villa e Zapata. Caduto il
dittatore, emergono però contrasti tra i capi rivoluzionari. Infatti, mentre
Zapata propone un cammino di incisive trasformazioni, che possano cambiare
in profondità l’assetto economico del Messico, assicurando un tenore di vita
dignitoso alla popolazione, Carranza non mira a tanto. Per Zapata il carattere
sociale della rivoluzione implica la distruzione delle strutture del capitalismo
1
Da Francisco Madero, l’intellettuale che nel 1908 aveva pubblicato un libro intitolato “La successione presidenziale nel 1910” e che
aveva formato il Partido Antireeleccionista, con il quale si lanciò nella lotta contro il “porfirismo”.
agrario; Carranza, invece, propone di riformare l’economia, in senso
capitalista, per assicurare una ripartizione più giusta delle ricchezze. Tali
dispute terminano con il predominio di Carranza
2
e la proclamazione della
Costituzione nel 1917, che è ancora oggi in vigore.
Queste prime tre fasi sono di lotta costante, ma non vedono la chiara prevalenza
di un determinato settore sociale sugli altri.
™ FASE DI CONSOLIDAMENTO, che arriva fino al 1934 con i governi
Carranza, Obregon e Calles, nella quale si istituzionalizzano alcune delle
riforme partorite dall’ondata rivoluzionaria. Il trionfo del “carranzismo” e la
proclamazione della Costituzione del 1917, stabiliscono le basi di uno stato
caratterizzato da un ordinamento presidenziale, dalla diminuzione delle facoltà
del legislativo e dall’implementazione di un sistema di controllo che si basa,
soprattutto, sul rispetto della legalità. Per Carranza e i suoi successori,
l’abolizione della proprietà privata o l’edificazione di una società senza classi
non sono questioni all’ordine del giorno. Dal 1917 al 1934 la linea seguita dai
tre diversi governi comprende la ripartizione delle terre per i contadini, il
miglioramento del livello di vita del lavoratore nelle città
3
,
l’istituzionalizzazione della rivoluzione ai fini di stabilizzazione. Infatti, dopo
la Costituzione del 1917, nel 1929 viene fondato il Partido Nacional
Revolucionario (PNR)
4
, che comincia a distinguersi per la repressione delle
organizzazioni politiche che non accettano di integrarsi al suo interno.
™ FASE “CARDENISTA” – 1934/1940, nella quale, con l’arrivo di Lazaro
Cardenas al potere (1934), si cerca di caratterizzare la Rivoluzione in senso
socialista. Per fare ciò, tra le varie riforme, spicca quella dell’articolo 3 della
Costituzione, che stabilisce l’educazione socialista. Cardenas sviluppa una
gestione che tende ad incrementare la partecipazione popolare nell’economia e
2
L’emergere di questi contrasti porterà successivamente il 10 aprile 1919 all’assassinio Emiliano Zapata. Il suo cadavere viene
esibito a Cuautla (capitale dello stato di Morelos, stato natale di Zapata, nonché fulcro della rivoluzione messicana) affinché i
contadini non abbiano dubbi sulla sua morte.
3
Occorre far notare che le trasformazioni portate dalla Rivoluzione non si distribuiscono uniformemente su tutto il territorio
messicano: gli stati del sud rimangono esclusi dal processo riformista. Ciò non aiuta a migliorare le pessime condizioni di vita della
popolazione, in particolar modo del gran numero di indigeni che lavorano nei campi.
4
Sulla base delle sue caratteristiche, il PNR poteva essere considerato come una coalizione di forze, unite sotto l’autorità di Calles.
a praticare una divisione delle terre, avendo come obiettivo la fine del
latifondismo. Nello stesso tempo però Cardenas continua l’opera di
istituzionalizzazione del partito della Rivoluzione come struttura che sta al
vertice dello stato, al fine di integrare in un’alleanza organica i diversi gruppi
sociali: operai, contadini e ceto medio. Infatti, nel 1938 il PNR si trasforma
nel Partido de la Revolución Mexicana (PRM), che sembra realizzare
questo scopo e pone termine alle mobilitazioni di massa.
™ FASE DI AVILA CAMACHO – 1940/1946, nella quale la via socialista
intrapresa da Cardenas viene accantonata. In questo, gioca un ruolo primario
la situazione internazionale: la tattica del fronte popolare democratico anti-
fascista trova la sua traduzione messicana nel PRM, che aspira a riunire la
doppia caratteristica di partito e di fronte. Il programma di Avila Camacho, da
un punto di vista economico è favorevole all’iniziativa privata, alla
sostituzione delle importazioni e all’industrializzazione; sul piano politico,
assicura il mantenimento delle condizioni necessarie alla creazione del
“partito dello stato”. Inoltre, egli riscuote simpatia a livello internazionale, e
attira capitali stranieri, soprattutto dagli Stati Uniti. Il governo porta avanti la
sua azione seguendo un ventaglio di attitudini: la persuasione paternalista, la
conciliazione religiosa, l’accordo e l’alleanza con i settori sociali più
permeabili. Da un certo punto di vista, si può dire che in questa fase si assiste
ad un’inversione di tendenza nel cammino rivoluzionario.
5
Il 18 gennaio 1946, dai resti del vecchio PRM, nasce il Partido Revolucionario
Institucional (PRI). Il nome scelto per il partito spiega chiaramente i suoi obiettivi:
da un lato si dà per definitivamente terminata, e dunque istituzionalizzata, la
Rivoluzione; nello stesso tempo si afferma che il PRI è l’espressione politica dello
Stato post-rivoluzionario. La tendenza socialista si trasforma in orientamento per la
democrazia e le basi del partito non sono costituite dall’alleanza di lavoratori,
contadini, esercito e settori popolari, ma dall’ “associazione politica dei cittadini”. Il
5
Cfr. E.L. DUHALDE, E. DRATMAN, Chiapas, la nueva insurgencia, Ediciones del Pensamiento Nacional, Buenos Aires, 1994 -
Cap.II.
potere si concentra soprattutto nella figura del leader. Il 19 gennaio 1946 viene eletto
presidente Miguel Alemán Valdés. Sotto la sua presidenza si attua definitivamente la
costruzione del PRI come partito dello stato, alla quale segue la revisione di alcune
fondamenta istituzionali. Vengono modificati gli articoli 3 e 27 della Costituzione,
trasformando l’educazione “socialista” in educazione “avanzata e nazionalista”, e si
creano le condizioni per la ripartizione della terra, che finisce per originare un nuovo
latifondismo. Il passo successivo è quello di porre fine alla resistenza operaia. Il 2
febbraio 1950 si insedia una Convenzione che, dopo due giorni di deliberazioni,
formula i nuovi statuti, il programma di azione e la dichiarazione dei principi del PRI.
Tutto ciò mira a consolidare i valori della civilizzazione occidentale e a rimuovere gli
ostacoli per l’instaurazione di un’economia di libera impresa.
Sul piano organizzativo, si torna alla divisione del lavoro di partito in settori. A
partire da questo momento, il PRI diventa un’organizzazione composta da funzionari
rappresentativi, procuratori e conciliatori, nella quale i principali leaders nominano i
dirigenti inferiori, e questi ultimi rappresentano i primi in maniera personale e
burocratica. In questa logica di partito è l’apparato statale che designa, in conformità
ai suoi interessi, i candidati mediante consultazioni nelle unità del partito. Le elezioni,
in realtà, sono poco più che formali. Il punto è che in Messico il governo e lo Stato
sono intimamente fusi tra loro, per mezzo di un partito. Perciò il PRI diventa il “gran
organizzatore ideologico messicano” e, quindi, costruisce ed articola le relazioni
egemoniche tra lo Stato e la società. Raccoglie le rivendicazioni e le domande dei
gruppi sociali più attivi e le trasforma in nuove politiche selezionando i candidati più
adatti. La pratica del PRI si manifesta anche attraverso il sistema di “premi e
castighi” ai gruppi e leader regionali e settoriali.
L’attività del partito presenta, quindi, una doppia faccia: esso controlla l’attività
politica e nello stesso tempo opera come meccanismo di assimilazione e
intermediazione delle domande sociali. Con la sua consacrazione come partito dello
Stato, si presenta come l’espressione della nazione stessa: il presidente è, nello stesso
tempo, capo dello Stato, capo del governo e capo del partito. Questo comporta
l’accumulazione del potere politico nelle sue mani. L’esercizio di tale potere richiede
un corpo burocratico enorme i cui funzionari sono selezionati dal partito, e comunque
soggetti sempre alle decisioni presidenziali
6
.
Questo insieme di condizioni consente al partito egemone di rimanere al potere
per quasi settant’anni: è il partito che seleziona i possibili candidati, i quali già fanno
parte della struttura governativa, ed è il presidente che designa il suo successore. I
candidati che vengono scartati sono “premiati” con altri posti dentro l’apparato
statale.
Due sono i metodi che garantiscono la stabilità egemonica del PRI. In primo
luogo, la repressione: la critica e l’opposizione, che restano al di fuori del sistema,
possono essere represse con efficacia grazie al monopolio delle sanzioni legali. Già la
presidenza di Aleman si distingue per l’adozione di pratiche repressive contro
l’opposizione operaia. Successivamente anche intellettuali, ideologi, leader sindacali,
movimenti indipendentisti e in generale tutti coloro che contestano l’ordine
egemonico instaurato dal 1946 diventano le vittime più frequenti della repressione
“priirista”, mira ad eliminare qualsiasi forma di dissidenza.
Il secondo metodo per garantire la stabilità del sistema è la frode elettorale. Ciò
non toglie che i partiti registrati legalmente
7
non fossero una minaccia al predominio
del PRI. Proprio per questo, il PRI permette solo le dosi minime di rappresentatività
alle forze dell’opposizione, allo scopo di mantenere viva una “parvenza” di
democrazia.
A partire dal 1970 si registra tuttavia un ricambio nelle élites governative. Questa
trasformazione nasce principalmente come risposta al massacro di Tlatelolco nel
1968, durante la contestazione studentesca. Come in altri paese occidentali, il
movimento studentesco che prende avvio all’interno delle università e presenta un
programma concreto di rivendicazioni, al quale seguono diverse dimostrazioni. In
6
Questa concentrazione di potere permette al presidente di comandare le forze armate, dirigere la politica estera, controllare e
orientare il settore pubblico dell’economia e influenzare i mezzi di comunicazione di massa.
7
I partiti registrati legalmente in Messico erano: PAN (1939); PPS (1948); -queste due forze in pratica avevano la funzione di
assicurare una finzione di legalità al PRI: il PAN alla sua destra e il PPS alla sua sinistra- il Partido Comunista (1948); il Partido
Autentico de la Revolución Mexicana (PARM) trasformatosi successivamente in PRD (1987).
particolare, le manifestazioni studentesche si sviluppano tra il 4 luglio e il 2
ottobre1968, giorno in cui la reazione violenta dell’esercito provoca molte vittime.
Ciò nonostante, nei mesi successivi sembra che le gravi conseguenze del massacro
non producano alcun effetto sui piani presidenziali. Infatti, gli equilibri politici e
governativi non subiscono alcun contraccolpo anzi, il presidente in carica, Díaz
Ordaz, sceglie come suo successore Luis Echeverría, ossia colui che aveva diretto la
repressione contro il movimento studentesco. Ma durante la campagna elettorale a
favore di Echeverría cominciano ad avvertirsi i primi segnali di come il massacro di
Tlatelolco si ripercuote sulla situazione nazionale. In seguito, durante il suo governo
Echeverría cerca di ridefinire le basi per un’alleanza tra il settore pubblico e quello
privato, mentre il problema della distribuzione della terra torna ad occupare un ruolo
centrale nel dibattito politico. Vengono inoltre aumentati i sussidi diretti a garantire
un paniere alimentare di base, e molte nuove leve, soprattutto tra i giovani, sono
reclutate nell’amministrazione pubblica. In ciò è evidente lo sforzo di rinnovamento,
di disegnare un modello che possa partire da nuove fondamenta. I risultati della sua
gestione mostrano una rivitalizzazione del settore pubblico e un ricambio
generazionale nell’elite governante.
Con il successivo governo di Miguel de la Madrid, la crisi del PRI (e di
conseguenza dello Stato e del governo), annunciata già dal 1968, si manifesta
apertamente. Le trasformazioni innescate dalla rottura tra settore pubblico e settore
privato, dalla infelice revisione delle relazioni tra questi e dal cambio generazionale
che vede insediarsi una tecnocrazia priva di esperienza, non riescono a definire una
nuova distribuzione del potere in Messico. Inoltre bisogna aggiungere che la
situazione peggiora ulteriormente con l’apparizione, nel 1986, di una fazione interna
al PRI: la Corriente Democratizadora, i cui principali referenti sono Porfirio Muñoz
Ledo e Cuauhtémoc Cárdenas, figlio dell’ex-presidente Lázaro Cárdenas: Il 9
settembre 1987 la Corriente presenta il suo progetto politico, (la “proposta
democratica”) a tutto il paese, e comincia ad avvicinarsi alla dirigenza del PARM. Il
4 ottobre dello stesso anno Cárdenas firma la sua affiliazione al PARM e viene
proclamato come candidato presidenziale. Poco dopo che anche gli altri membri della
Corriente abbandonano il PRI, viene costituito il Partido Revolucionario
Democratico (PRD), che sostiene la candidatura di Cárdenas. Il programma del PRD
considera che la unica riformulazione possibile del modello messicano parte dal
rivendicare le esigenze di partecipazione attiva dei settori popolari. Nelle elezioni del
1988 al PRD viene riconosciuto un 31,12%, contro il 50,36% assegnato al candidato
ufficiale del PRI Salinas de Gortari e al 17,07% del Partido de Acción Nacional
(PAN). Nonostante le manipolazioni elettorali
8
, il PRI ha dovuto accontentarsi di 263
seggi dei 500 della Camera dei Deputati; ha poi perso le senatorie del Distrito Federal
e del Michoacán, vinte dal PRD, e, negli anni successivi, i ministeri di Baja
California, Guanajuato e Chihuahua ad opera del PAN.
9
Con il governo di Salinas de
Gortari vengono adottate misure di liberalizzazione e avviate numerosissime
privatizzazioni. Si profilano inoltre le condizioni per realizzare un’integrazione
profonda con il Nord America, specialmente attraverso l’accordo di libero scambio
con gli Stati Uniti e il Canada, che entra in vigore il 1° gennaio 1994. Lo stesso anno,
nonostante lo scoppio della ribellione zapatista in Chiapas e l’assassinio del candidato
ufficiale Luis Donaldo Colosio
10
, il PRI ottiene un ulteriore successo con l’elezione a
presidente di Ernesto Zedillo, esponente di una classe politica formatasi negli USA
che è portatore di una impostazione neoliberista sul piano economico
11
.
Solo nel 2001, il responso delle urne segnerà la fine dei settant’anni di
egemonia del Partido Revolucionario Institucional con la vittoria del partito di destra
(PAN) e del suo candidato presidenziale Vicente Fox Quesada.
8
Sulla vittoria di Salinas de Gortari pesano tuttavia gravi e non immotivati sospetti di frode elettorale.
9
Cfr.: E. L. DUHALDE, E. DRATMAN, op.cit., Cap II “Poder político y autoritarismo”.
10
Carlos Salinas de Gortari aveva scelto con grande ritardo Colosio come candidato del PRI alla Presidenza della Repubblica.
Colosio sin dall’inizio della sua campagna elettorale, si vide continuamente ostacolato, fondamentalmente a causa del protagonismo
del presidente. D’altronde, nella sua campagna elettorale, Colosio insisteva su una verifica delle liste elettorali così come su un
accordo che proibiva la penalizzazione dell’esercizio dei diritti elettorali. Si può dire che Colosio era decisamente favorevole ad una
riforma democratica. Vedi: C. MONTEMAYOR, Chiapas, la rivoluzione indigena, Marco Tropea Editore, Milano, 1999, pp. 62-63 –
C. FUENTES, Tutti i soli del Messico, Il Saggiatore, Milano, 1998, pp. 114-126.
11
Nel dicembre del 1995 Zedillo invia truppe dell’esercito in Chiapas per impedire la costruzione dello spiazzo e del palco dove
alcuni mesi dopo si dovrebbe svolgere l’atto di apertura del primo summit contro il neoliberalismo.
1.2. Lo zapatismo e l’EZLN
L’Ejercito Zapatista de Liberación Nacional (EZLN), nasce come movimento
insurrezionale la cui direzione è a maggioranza indigena, suddivisa nelle etnie tzotzil,
tzeltal, chol, tojolabal, zoque e mam. Le origini del movimento si collocano alla fine
degli anni Sessanta a Monterrey, nel Nord-est del Messico, dove vengono fondate le
Fuerzas de Liberación Nacional (FLN) i cui militanti sono per lo più universitari,
professori e studenti. Nel 1974 le forze dell’ordine distruggono le cellule
dell’organizzazione a Monterrey oltre a un nucleo dirigente nel Chiapas
12
. Una decina
di anni dopo, nel novembre del 1983, per iniziativa di un piccolo gruppo di meticci
(tra i quali Marcos), stabilisce il suo primo nucleo di azione nella Selva Lacandona: la
costituzione dell’EZLN sembra un rilancio di quel movimento originario
13
. Il gruppo
si organizza e si amplia in diverse fasi. La prima consiste nell’adattarsi all’ambiente
ostile e inospitale della Selva; inizialmente i guerriglieri non hanno modo di ottenere
alcun appoggio dai villaggi poiché la popolazione diffida di loro. I contatti con i
locali sono tenuti da membri indigeni dell’EZLN, che incentrano la loro propaganda
sulla necessità di ricorrere alla lotta armata per risolvere definitivamente i problemi
che più affliggono la popolazione, in particolare la miseria cronica. A poco a poco i
rapporti con il territorio e con la popolazione locale diventano più agevoli, anche
perché l’idea guida dell’EZLN è quella di creare un movimento popolare, con una
solida base
14
. La seconda fase consiste appunto nella formazione di un movimento di
massa. La crescita numerica dei combattenti porta a dover mutare l’organizzazione e
la tattica della guerriglia: prende corpo lentamente la struttura dell’Esercito zapatista.
12
Cfr. SUBCOMANDANTE MARCOS con Y. LE BOT, Il sogno zapatista, Mondadori, Milano, 1997, p.266.
13
Riguardo alle origini del movimento bisogna però muovere una critica: infatti, nonostante l’apparato statale abbia sempre cercato
di far risalire politicamente l’EZLN ai suoi presunti precedenti nelle FLN, bisogna comunque mettere in evidenza le profonde e
complesse radici del movimento, che risalgono ai trent’anni di guerriglia in Messico. L’EZLN deve essere compreso nell’ambito del
complesso processo di lotte armate presente da alcuni decenni, “poiché ha fatto propria l’esperienza di guerriglia del Messico e i
relativi sforzi di organizzazione tra le masse nelle zone del Chiapas dove questa è proliferata. Varie organizzazioni rurali locali del
Nord hanno svolto campagne di tipo politico ininterrottamente per quasi quattordici anni in alcune zone del Chiapas, e sulla loro scia
è nato l’EZLN.” Vedi C. MONTEMAYOR, op. cit., pp. 79-80.
14
Ivi, p.69: “Non potevamo dunque non riconoscere l’evidenza: la sollevazione contava sull’appoggio delle comunità indigene della
zona, che probabilmente avevano coperto, protetto e aiutato per anni gli insorti. (…)La disponibilità di intere comunità ad appoggiare
un movimento di questo genere, anche solo con la complicità del silenzio, può essere generata e spiegata solo con “agitatori sociali”
molto attivi in Chiapas: la fame, gli espropri, le repressioni, l’ottusità delle autorità politiche e giudiziarie, le pressioni da parte degli
allevatori e dei padroni delle terre”.
Attualmente, infatti, l’EZLN si struttura come un “esercito” in piena regola:
possiede un regolamento e una disciplina interna nonché diversi manuali di istruzione
che comprendono uso delle armi, piani d’attacco, strategie di combattimento, sistemi
di sicurezza e comunicazione, misure disciplinari. Dal 1993 l’EZLN è presente in
quattro municipi del Chiapas: Ocosingo, Las Margaritas, Altamirano e Chanal. In essi
si trova una rete organizzata di cellule militanti.
Esso si fonda sui seguenti presupposti:
1. La composizione indigena e contadina dell’Esercito Zapatista;
2. L’appello alla comunità in vista della ribellione;
3. Il carattere democratico e decentralizzato della sua articolazione politico-
militare: l’EZLN è una struttura che nel prendere decisioni risponde a principi
di democrazia diretta e di decentralizzazione comunitaria mediante il sistema
di consulte e votazioni per Consigli e villaggi;
4. La differenziazione tra esercito e guerriglia e, di conseguenza, l’adozione di
una tattica ispirata alla guerra di posizione e non al tradizionale metodo della
guerra di guerriglia (“colpire e scomparire”);
5. La continuità delle sue esperienze di lotta.
A questi presupposti bisogna aggiungere le seguenti caratteristiche:
™ L’uso di uniformi e di una bandiera, come gli eserciti popolari;
™ L’adozione del passamontagna come elemento distintivo particolare.
15
Non si può dire che l’EZLN abbia un’ideologia definita nel senso classico del
termine, come ad esempio il marxismo-leninismo o il social comunismo. Si può
tuttavia affermare che il tratto distintivo del movimento è di porre con forza alcune
questioni di rilevanza nazionale, tra le quali spicca la mancanza di libertà e
democrazia.
Marcos spiega che l’EZLN ha, in certo qual modo, una volontà “suicida”, nel
senso che mira a scomparire come corpo militare.
15
Cfr.: E.L. DUHALDE, E.DRATMAN, op.cit., pp. 203-204.