governava in Messico da settant’anni), nelle elezioni del 2001, sia una delle 
conseguenze dell’insorgenza dell’EZLN, anche se occorre affermare che l’erosione 
del PRI era giunta ad uno stadio già avanzato. Quel che è certo, è che questo 
movimento ha ottenuto un considerevole sostegno dalla società civile, nazionale e 
internazionale, in parte forse dovuto all’originalità di un movimento guerrigliero che,  
paradossalmente, dichiara di essere contro le armi ma che, allo stesso tempo, ricorre 
alla violenza affinché al mondo non debbano esistere più soldati e più nessun tipo di 
guerra; e in parte anche all’anticipazione di una lotta estremamente attuale, quella 
contro la globalizzazione e i sistemi capitalistici (lo zapatismo si può definire come il 
prologo di tutti i movimenti antiglobalizzazione). 
Per un verso, uno dei motivi principali che stanno alla base dell’ampiezza dei 
consensi ottenuti dagli zapatisti va rintracciato nell’adozione di un nuovo linguaggio 
politico, in un certo senso al di fuori dai canoni tradizionali della comunicazione. 
Sicuramente, sul piano militare l’EZLN appare parecchio debole rispetto agli apparati 
coordinati dall’esercito federale, ma se la battaglia fosse combattuta solamente con le 
armi della parola allora l’EZLN avrebbe maggiori probabilità di successo. 
L’appoggio della società civile su piano nazionale e internazionale, di giornalisti e 
mass-media, di letterati ed intellettuali di tutto il mondo, di leaders di partiti politici, 
è indubbiamente cresciuto, e ciò dimostra, in qualche misura, la potenza del 
linguaggio e dei simboli veicolati nei messaggi zapatisti.  
In questa tesi, propongo un esame ravvicinato di tale linguaggio –o meglio di 
alcuni elementi costitutivi–, cogliendone in particolare due caratteri distintivi: in 
primo luogo mi soffermo sull’identità politica che il discorso incorpora, estrapolando 
i simboli di identificazione positivi e negativi ricorrenti in un campione significativo 
di discorsi e comunicati dell’EZLN (capitolo secondo). Dal momento che il 
linguaggio zapatista ha dimostrato di possedere la capacità di accendere in milioni di 
persone sentimenti di approvazione e di sostegno, è interessante indagarne le 
connessioni che pongono in primo piano la definizione del proprio sé collettivo, 
nonché quella degli avversari. In queste rappresentazioni sono contenuti elementi di 
innovazione rispetto al tradizionale lessico politico, compresa la revisione di termini 
fondanti del vocabolario politico come potere e democrazia, e che mette in primo 
piano i fattori etici e morali, come, ad esempio, il rispetto delle differenze.  
Successivamente passo ad esaminare l’altra “faccia” del linguaggio zapatista, 
quella più originale, che segna un distacco ancor più pronunciato dalla 
comunicazione politica ordinaria. In questo caso prendo in esame l’oratoria del 
subcomandante Marcos (capitolo terzo). Questa figura, che i media identificano come 
il capo dell’EZLN, è la guida del movimento solo per quanto riguarda le decisioni 
militari. Nonostante ciò, e benché Marcos, personalità estremamente modesta e 
schiva, voglia continuamente ribadirlo, ci sono elementi per ritenere, a ragione, che 
sia lui l’artefice e la mente del linguaggio zapatista. D’altronde, a parte i comunicati e 
i discorsi dell’EZLN, che in effetti potrebbero anche essere stati scritti “a più mani”, 
si contano numerosi racconti, novelle, messaggi brevi, fiabe e saggi firmati a nome 
del subcomandante Marcos. La sua grande dimestichezza con lo scrivere, lo spiccato 
senso dell’umorismo, l’originalità delle sue parole cariche di simbolismi e 
dell’utilizzo di espedienti letterari atipici per un discorso politico, ci consentono, in 
un certo senso, di considerarlo una specie di intellettuale, scrittore, o letterato, che si 
serve anche della narrativa per fare politica e che, di conseguenza, si discosta dalle 
classiche figure dei grandi oratori politici.  
Sulla base di queste considerazioni, arrivo nelle conclusioni a classificare lo 
zapatismo come un movimento originale, che si differenzia sia dai movimenti di 
guerriglia latinoamericani, sia dai gruppi rivoluzionari di sinistra tradizionali.  
 
CAPITOLO 1 
Il Messico: storia e politica  
 
Premessa 
In questo capitolo presento una descrizione ravvicinata della situazione messicana 
dal periodo rivoluzionario ad oggi, soffermandomi in particolar modo sull’influenza 
esercitata dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale sulla vita e sulla politica 
del Messico, a partire dal 1994.  
Nel primo paragrafo ripercorro brevemente la storia della politica messicana dal 
periodo rivoluzionario ai giorni nostri. Preceduta da una lunga preparazione, che ha 
visto il succedersi di diverse fasi, la costituzione del PRI, il partito che in Messico ha 
governato per quasi settant’anni, costituisce il dato essenziale per comprendere lo 
sviluppo politico del paese. Perciò cerco di mettere in luce le cause che hanno 
agevolato la sua lunga permanenza al governo e i fattori che invece hanno portato alla 
sua sconfitta nelle ultime elezioni del 2001. 
Nel secondo paragrafo, comincio ad affrontare l’esame del movimento zapatista e 
dell’EZLN: miro cioè a specificare le sue origini, i suoi obiettivi, nonché i 
presupposti sul quale si fonda l’azione degli zapatisti. Queste informazioni 
costituiscono una premessa indispensabile alla individuazione delle caratteristiche 
sulle quali si basa la creazione del “noi” collettivo (ossia, l’identità politica del 
movimento). 
Descrivo poi, in sintesi, la situazione politica ed economica del Chiapas, lo stato 
del Messico dove è nata la lotta zapatista, come risposta organizzata (e armata) alle 
difficili condizioni di vita della popolazione indigena. 
Successivamente mi soffermo sulla figura chiave dell’esercito zapatista, il 
subcomandante Marcos, descrivendone il ruolo all’interno di esso. 
Gli ultimi due paragrafi riguardano il tema della globalizzazione. Da una parte, il 
movimento zapatista si collega al movimento antiglobalizzazione, e può essere 
considerato, in certa misura, l’antefatto di tutti i movimenti che si oppongono alla 
globalizzazione che sono via via emersi negli ultimi anni. Dall’altra gli zapatisti 
propongono una elaborazione autonoma della contestazione. A questo proposito, 
nell’ultimo paragrafo, prendo in esame un saggio del 1997 scritto dal subcomandante 
Marcos al fine di stabilire quali sono le principali posizioni assunte dall’EZLN in 
rapporto a questa tematica. 
 
1.1. Breve storia della politica messicana e del Partido Revolucionario 
Institucional 
Nel 1910 Emiliano Zapata dà inizio al movimento rivoluzionario indigeno e 
contadino nel sud del Messico, mentre nel nord del paese Francisco Villa si ribella 
contro la dittatura di Porfirio Diaz. Inizia la Rivoluzione Messicana. A seguito del 
crollo del “porfirismo” (1911), si apre un lungo periodo rivoluzionario, all’interno del 
quale si possono distinguere diverse fasi: 
™ FASE “MADERISTA”
1
, che dura fino al febbraio 1913, nella quale il 
governo del primo leader rivoluzionario, si fonda sul rispetto della legalità 
democratica, senza tuttavia intervenire sulle questioni delle disuguaglianze 
economiche. In questa fase Madero si allontana dagli altri capi rivoluzionari, 
tra i quali Zapata. 
™ L’INTERREGNO DI VICTORIANO HUERTA, che dura fino al 1914 e 
praticamente consiste nella restaurazione del governo autoritario, come ai 
tempi di Porfirio Diaz. 
™ FASE “COSTITUZIONALISTA”, che si apre con il rovesciamento di 
Huerta ad opera di Venustiano Carranza, Pancho Villa e Zapata. Caduto il 
dittatore, emergono però contrasti tra i capi rivoluzionari. Infatti, mentre 
Zapata propone un cammino di incisive trasformazioni, che possano cambiare 
in profondità l’assetto economico del Messico, assicurando un tenore di vita 
dignitoso alla popolazione, Carranza non mira a tanto. Per Zapata il carattere 
sociale della rivoluzione implica la distruzione delle strutture del capitalismo 
                                                 
1
 Da Francisco Madero, l’intellettuale che nel 1908 aveva pubblicato un libro intitolato “La successione presidenziale nel 1910” e che 
aveva formato il Partido Antireeleccionista, con il quale si lanciò nella lotta contro il “porfirismo”. 
agrario; Carranza, invece, propone di riformare l’economia, in senso 
capitalista, per assicurare una ripartizione più giusta delle ricchezze. Tali 
dispute terminano con il predominio di Carranza
2
 e la proclamazione della 
Costituzione nel 1917, che è ancora oggi in vigore. 
Queste prime tre fasi sono di lotta costante, ma non vedono la chiara prevalenza 
di un determinato settore sociale sugli altri. 
™ FASE DI CONSOLIDAMENTO, che arriva fino al 1934 con i governi 
Carranza, Obregon e Calles, nella quale si istituzionalizzano alcune delle 
riforme partorite dall’ondata rivoluzionaria. Il trionfo del “carranzismo” e la 
proclamazione della Costituzione del 1917, stabiliscono le basi di uno stato 
caratterizzato da un ordinamento presidenziale, dalla diminuzione delle facoltà 
del legislativo e dall’implementazione di un sistema di controllo che si basa, 
soprattutto, sul rispetto della legalità. Per Carranza e i suoi successori, 
l’abolizione della proprietà privata o l’edificazione di una società senza classi 
non sono questioni all’ordine del giorno. Dal 1917 al 1934 la linea seguita dai 
tre diversi governi comprende la ripartizione delle terre per i contadini, il 
miglioramento del livello di vita del lavoratore nelle città
3
, 
l’istituzionalizzazione della rivoluzione ai fini di stabilizzazione. Infatti, dopo 
la Costituzione del 1917, nel 1929 viene fondato il Partido Nacional 
Revolucionario (PNR)
4
, che comincia a distinguersi per la repressione delle 
organizzazioni politiche che non accettano di integrarsi al suo interno. 
™ FASE “CARDENISTA” – 1934/1940, nella quale, con l’arrivo di Lazaro 
Cardenas al potere (1934), si cerca di caratterizzare la Rivoluzione in senso 
socialista. Per fare ciò, tra le varie riforme, spicca quella dell’articolo 3 della 
Costituzione, che stabilisce l’educazione socialista. Cardenas sviluppa una 
gestione che tende ad incrementare la partecipazione popolare nell’economia e 
                                                 
2
 L’emergere di questi contrasti porterà successivamente il 10 aprile 1919 all’assassinio Emiliano Zapata. Il suo cadavere viene 
esibito a Cuautla (capitale dello stato di Morelos, stato natale di Zapata, nonché fulcro della rivoluzione messicana) affinché i 
contadini non abbiano dubbi sulla sua morte.  
3
 Occorre far notare che le trasformazioni portate dalla Rivoluzione non si distribuiscono uniformemente su tutto il territorio 
messicano: gli stati del sud rimangono esclusi dal processo riformista. Ciò non aiuta a migliorare le pessime condizioni di vita della 
popolazione, in particolar modo del gran numero di indigeni che lavorano nei campi. 
4
 Sulla base delle sue caratteristiche, il PNR poteva essere considerato come una coalizione di forze, unite sotto l’autorità di Calles.  
a praticare una divisione delle terre, avendo come obiettivo la fine del 
latifondismo. Nello stesso tempo però Cardenas continua l’opera di 
istituzionalizzazione del partito della Rivoluzione come struttura che sta al 
vertice dello stato, al fine di integrare in un’alleanza organica i diversi gruppi 
sociali: operai, contadini e ceto medio. Infatti, nel 1938 il PNR si trasforma 
nel Partido de la Revolución Mexicana (PRM), che sembra realizzare 
questo scopo e pone termine alle mobilitazioni di massa. 
™ FASE DI AVILA CAMACHO – 1940/1946, nella quale la via socialista 
intrapresa da Cardenas viene accantonata. In questo, gioca un ruolo primario 
la situazione internazionale: la tattica del fronte popolare democratico anti-
fascista trova la sua traduzione messicana nel PRM, che aspira a riunire la 
doppia caratteristica di partito e di fronte. Il programma di Avila Camacho, da 
un punto di vista economico è favorevole all’iniziativa privata, alla 
sostituzione delle importazioni e all’industrializzazione; sul piano politico, 
assicura il mantenimento delle condizioni necessarie alla creazione del 
“partito dello stato”. Inoltre, egli riscuote simpatia a livello internazionale, e 
attira capitali stranieri, soprattutto dagli Stati Uniti. Il governo porta avanti la 
sua azione seguendo un ventaglio di attitudini: la persuasione paternalista, la 
conciliazione religiosa, l’accordo e l’alleanza con i settori sociali più 
permeabili. Da un certo punto di vista, si può dire che in questa fase si assiste 
ad un’inversione di tendenza nel cammino rivoluzionario.
5
   
Il 18 gennaio 1946, dai resti del vecchio PRM, nasce il Partido Revolucionario 
Institucional (PRI). Il nome scelto per il partito spiega chiaramente i suoi obiettivi: 
da un lato si dà per definitivamente terminata, e dunque istituzionalizzata, la 
Rivoluzione; nello stesso tempo si afferma che il PRI è l’espressione politica dello 
Stato post-rivoluzionario. La tendenza socialista si trasforma in orientamento per la 
democrazia e le basi del partito non sono costituite dall’alleanza di lavoratori, 
contadini, esercito e settori popolari, ma dall’ “associazione politica dei cittadini”. Il 
                                                 
5
 Cfr. E.L. DUHALDE, E. DRATMAN, Chiapas, la nueva insurgencia, Ediciones del Pensamiento Nacional,  Buenos Aires, 1994 - 
Cap.II. 
potere si concentra soprattutto nella figura del leader. Il 19 gennaio 1946 viene eletto 
presidente Miguel Alemán Valdés. Sotto la sua presidenza si attua definitivamente la 
costruzione del PRI come partito dello stato, alla quale segue la revisione di alcune 
fondamenta istituzionali. Vengono modificati gli articoli 3 e 27 della Costituzione, 
trasformando l’educazione “socialista” in educazione “avanzata e nazionalista”, e si 
creano le condizioni per la ripartizione della terra, che finisce per originare un nuovo 
latifondismo. Il passo successivo è quello di porre fine alla resistenza operaia. Il 2 
febbraio 1950 si insedia una Convenzione che, dopo due giorni di deliberazioni, 
formula i nuovi statuti, il programma di azione e la dichiarazione dei principi del PRI. 
Tutto ciò mira a consolidare i valori della civilizzazione occidentale e a rimuovere gli 
ostacoli per l’instaurazione di un’economia di libera impresa.  
Sul piano organizzativo, si torna alla divisione del lavoro di partito in settori. A 
partire da questo momento, il PRI diventa un’organizzazione composta da funzionari 
rappresentativi, procuratori e conciliatori, nella quale i principali leaders nominano i 
dirigenti inferiori, e questi ultimi rappresentano i primi in maniera personale e 
burocratica. In questa logica di partito è l’apparato statale che designa, in conformità 
ai suoi interessi, i candidati mediante consultazioni nelle unità del partito. Le elezioni, 
in realtà, sono poco più che formali. Il punto è che in Messico il governo e lo Stato 
sono intimamente fusi tra loro, per mezzo di un partito. Perciò il PRI diventa il “gran 
organizzatore ideologico messicano” e, quindi, costruisce ed articola le relazioni 
egemoniche tra lo Stato e la società. Raccoglie le rivendicazioni e le domande dei 
gruppi sociali più attivi e le trasforma in nuove politiche selezionando i candidati più 
adatti. La pratica del PRI si manifesta anche attraverso il sistema di “premi e 
castighi” ai gruppi e leader regionali e settoriali. 
L’attività del partito presenta, quindi, una doppia faccia: esso controlla l’attività 
politica e nello stesso tempo opera come meccanismo di assimilazione e 
intermediazione delle domande sociali. Con la sua consacrazione come partito dello 
Stato, si presenta come l’espressione della nazione stessa: il presidente è, nello stesso 
tempo, capo dello Stato, capo del governo e capo del partito. Questo comporta 
l’accumulazione del potere politico nelle sue mani. L’esercizio di tale potere richiede 
un corpo burocratico enorme i cui funzionari sono selezionati dal partito, e comunque 
soggetti sempre alle decisioni presidenziali
6
.  
Questo insieme di condizioni consente al partito egemone di rimanere al potere 
per quasi settant’anni: è il partito che seleziona i possibili candidati, i quali già fanno 
parte della struttura governativa, ed è il presidente che designa il suo successore. I 
candidati che vengono scartati sono “premiati” con altri posti dentro l’apparato 
statale. 
Due sono i metodi che garantiscono la stabilità egemonica del PRI. In primo 
luogo, la repressione: la critica e l’opposizione, che restano al di fuori del sistema, 
possono essere represse con efficacia grazie al monopolio delle sanzioni legali. Già la 
presidenza di Aleman si distingue per l’adozione di pratiche repressive contro 
l’opposizione operaia. Successivamente anche intellettuali, ideologi, leader sindacali, 
movimenti indipendentisti e in generale tutti coloro che contestano l’ordine 
egemonico instaurato dal 1946 diventano le vittime più frequenti della repressione 
“priirista”, mira ad eliminare qualsiasi forma di dissidenza. 
Il secondo metodo per garantire la stabilità del sistema è la frode elettorale. Ciò 
non toglie che i partiti registrati legalmente
7
 non fossero una minaccia al predominio 
del PRI. Proprio per questo, il PRI permette solo le dosi minime di rappresentatività 
alle forze dell’opposizione, allo scopo di mantenere viva una “parvenza” di 
democrazia. 
A partire dal 1970 si registra tuttavia un ricambio nelle élites governative. Questa 
trasformazione nasce principalmente come risposta al massacro di Tlatelolco nel 
1968, durante la contestazione studentesca. Come in altri paese occidentali, il 
movimento studentesco che prende avvio all’interno delle università e presenta un 
programma concreto di rivendicazioni, al quale seguono diverse dimostrazioni. In 
                                                 
6
 Questa concentrazione di potere permette al presidente di comandare le forze armate, dirigere la politica estera, controllare e 
orientare il settore pubblico dell’economia e influenzare i mezzi di comunicazione di massa. 
7
 I partiti registrati legalmente in Messico erano: PAN (1939); PPS (1948); -queste due forze in pratica avevano la funzione di 
assicurare una finzione di legalità al PRI: il PAN alla sua destra e il PPS alla sua sinistra- il Partido Comunista (1948); il Partido 
Autentico de la Revolución Mexicana (PARM) trasformatosi successivamente in PRD (1987). 
particolare, le manifestazioni studentesche si sviluppano tra il 4 luglio e il 2 
ottobre1968, giorno in cui la reazione violenta dell’esercito provoca molte vittime. 
Ciò nonostante, nei mesi successivi sembra che le gravi conseguenze del massacro 
non producano alcun effetto sui piani presidenziali. Infatti, gli equilibri politici e 
governativi non subiscono alcun contraccolpo anzi, il presidente in carica, Díaz 
Ordaz, sceglie come suo successore Luis Echeverría, ossia colui che aveva diretto la 
repressione contro il movimento studentesco. Ma durante la campagna elettorale a 
favore di Echeverría cominciano ad avvertirsi i primi segnali di come il massacro di 
Tlatelolco si ripercuote sulla situazione nazionale. In seguito, durante il suo governo 
Echeverría cerca di ridefinire le basi per un’alleanza tra il settore pubblico e quello 
privato, mentre il problema della distribuzione della terra torna ad occupare un ruolo 
centrale nel dibattito politico. Vengono inoltre aumentati i sussidi diretti a garantire 
un paniere alimentare di base, e molte nuove leve, soprattutto tra i giovani, sono 
reclutate nell’amministrazione pubblica. In  ciò è evidente lo sforzo di rinnovamento, 
di disegnare un modello che possa partire da nuove fondamenta. I risultati della sua 
gestione mostrano una rivitalizzazione del settore pubblico e un ricambio 
generazionale nell’elite governante. 
Con il successivo governo di Miguel de la Madrid, la crisi del PRI (e di 
conseguenza dello Stato e del governo), annunciata già dal 1968, si manifesta 
apertamente. Le trasformazioni innescate dalla rottura tra settore pubblico e settore 
privato, dalla infelice revisione delle relazioni tra questi e dal cambio generazionale 
che vede insediarsi una tecnocrazia priva di esperienza, non riescono a definire una 
nuova distribuzione del potere in Messico. Inoltre bisogna aggiungere che la 
situazione peggiora ulteriormente con l’apparizione, nel 1986, di una fazione interna 
al PRI: la Corriente Democratizadora, i cui principali referenti sono  Porfirio Muñoz 
Ledo e Cuauhtémoc Cárdenas, figlio dell’ex-presidente Lázaro Cárdenas: Il 9 
settembre 1987 la Corriente presenta il suo progetto politico, (la “proposta 
democratica”) a tutto il paese, e comincia ad avvicinarsi alla dirigenza del PARM. Il 
4 ottobre dello stesso anno Cárdenas firma la sua affiliazione al PARM e viene 
proclamato come candidato presidenziale. Poco dopo che anche gli altri membri della 
Corriente abbandonano il PRI, viene costituito il Partido Revolucionario 
Democratico (PRD), che sostiene la candidatura di Cárdenas. Il programma del PRD 
considera che la unica riformulazione possibile del modello messicano parte dal 
rivendicare le esigenze di partecipazione attiva dei settori popolari. Nelle elezioni del 
1988 al PRD viene riconosciuto un 31,12%, contro il 50,36% assegnato al candidato 
ufficiale del PRI Salinas de Gortari e al 17,07% del Partido de Acción Nacional 
(PAN). Nonostante le manipolazioni elettorali
8
, il PRI ha dovuto accontentarsi di 263 
seggi dei 500 della Camera dei Deputati; ha poi perso le senatorie del Distrito Federal 
e del Michoacán, vinte dal PRD, e, negli anni successivi, i ministeri di Baja 
California, Guanajuato e Chihuahua ad opera del PAN.
9
 Con il governo di Salinas de 
Gortari vengono adottate misure di liberalizzazione e avviate numerosissime 
privatizzazioni. Si profilano inoltre le condizioni per realizzare un’integrazione 
profonda con il Nord America, specialmente attraverso l’accordo di libero scambio 
con gli Stati Uniti e il Canada, che entra in vigore il 1° gennaio 1994. Lo stesso anno, 
nonostante lo scoppio della ribellione zapatista in Chiapas e l’assassinio del candidato 
ufficiale Luis Donaldo Colosio
10
, il PRI ottiene un ulteriore successo con l’elezione a 
presidente di Ernesto Zedillo, esponente di una classe politica formatasi negli USA 
che è portatore di una impostazione neoliberista sul piano economico
11
.  
 Solo nel 2001, il responso delle urne segnerà la fine dei settant’anni di 
egemonia del Partido Revolucionario Institucional con la vittoria del partito di destra 
(PAN) e del suo candidato presidenziale Vicente Fox Quesada. 
                                                 
8
 Sulla vittoria di Salinas de Gortari pesano tuttavia gravi e non immotivati sospetti di frode elettorale. 
9
 Cfr.: E. L. DUHALDE, E. DRATMAN, op.cit., Cap II “Poder político y autoritarismo”. 
10
 Carlos Salinas de Gortari aveva scelto con grande ritardo Colosio come candidato del PRI alla Presidenza della Repubblica. 
Colosio sin dall’inizio della sua campagna elettorale, si vide continuamente ostacolato, fondamentalmente a causa del protagonismo 
del presidente. D’altronde, nella sua campagna elettorale, Colosio insisteva su una verifica delle liste elettorali così come su un 
accordo che proibiva la penalizzazione dell’esercizio dei diritti elettorali. Si può dire che Colosio era decisamente favorevole ad una 
riforma democratica. Vedi: C. MONTEMAYOR, Chiapas, la rivoluzione indigena, Marco Tropea Editore, Milano, 1999, pp. 62-63 – 
C. FUENTES, Tutti i soli del Messico, Il Saggiatore, Milano, 1998,  pp. 114-126. 
11
 Nel dicembre del 1995 Zedillo invia truppe dell’esercito in Chiapas per impedire la costruzione dello spiazzo e del palco dove 
alcuni mesi dopo si dovrebbe svolgere l’atto di apertura del primo summit contro il neoliberalismo.  
1.2. Lo zapatismo e l’EZLN 
L’Ejercito Zapatista de Liberación Nacional (EZLN), nasce come movimento 
insurrezionale la cui direzione è a maggioranza indigena, suddivisa nelle etnie tzotzil, 
tzeltal, chol, tojolabal, zoque e mam. Le origini del movimento si collocano alla fine 
degli anni Sessanta a Monterrey, nel Nord-est del Messico, dove vengono fondate le 
Fuerzas de Liberación Nacional (FLN) i cui militanti sono per lo più universitari, 
professori e studenti. Nel 1974 le forze dell’ordine distruggono le cellule 
dell’organizzazione a Monterrey oltre a un nucleo dirigente nel Chiapas
12
. Una decina 
di anni dopo, nel novembre del 1983, per iniziativa di un piccolo gruppo di meticci 
(tra i quali Marcos), stabilisce il suo primo nucleo di azione nella Selva Lacandona: la 
costituzione dell’EZLN sembra un rilancio di quel movimento originario
13
. Il gruppo 
si organizza e si amplia in diverse fasi. La prima consiste nell’adattarsi all’ambiente 
ostile e inospitale della Selva; inizialmente i guerriglieri non hanno modo di ottenere 
alcun appoggio dai villaggi poiché la popolazione diffida di loro. I contatti con i 
locali sono tenuti da membri indigeni dell’EZLN, che incentrano la loro propaganda 
sulla necessità di ricorrere alla lotta armata per risolvere definitivamente i problemi 
che più affliggono la popolazione, in particolare la miseria cronica. A poco a poco i 
rapporti con il territorio e con la popolazione locale diventano più agevoli, anche 
perché l’idea guida dell’EZLN è quella di creare un movimento popolare, con una 
solida base
14
. La seconda fase consiste appunto nella formazione di un movimento di 
massa. La crescita numerica dei combattenti porta a dover mutare l’organizzazione e 
la tattica della guerriglia: prende corpo lentamente la struttura dell’Esercito zapatista. 
                                                 
12
 Cfr. SUBCOMANDANTE MARCOS con Y. LE BOT, Il sogno zapatista, Mondadori, Milano, 1997,  p.266. 
13
 Riguardo alle origini del movimento bisogna però muovere una critica: infatti, nonostante l’apparato statale abbia sempre cercato 
di far risalire politicamente l’EZLN ai suoi presunti precedenti  nelle FLN, bisogna comunque mettere in evidenza le profonde e 
complesse radici del movimento, che risalgono ai trent’anni di guerriglia in Messico. L’EZLN deve essere compreso nell’ambito del 
complesso processo di lotte armate presente da alcuni decenni, “poiché ha fatto propria l’esperienza di guerriglia del Messico e i 
relativi sforzi di organizzazione tra le masse nelle zone del Chiapas dove questa è proliferata. Varie organizzazioni rurali locali del 
Nord hanno svolto campagne di tipo politico ininterrottamente per quasi quattordici anni in alcune zone del Chiapas, e sulla loro scia 
è nato l’EZLN.” Vedi C. MONTEMAYOR,  op. cit.,  pp. 79-80. 
14
 Ivi, p.69: “Non potevamo dunque non riconoscere l’evidenza: la sollevazione contava sull’appoggio delle comunità indigene della 
zona, che probabilmente avevano coperto, protetto e aiutato per anni gli insorti. (…)La disponibilità di intere comunità ad appoggiare 
un movimento di questo genere, anche solo con la complicità del silenzio, può essere generata e spiegata solo con “agitatori sociali” 
molto attivi in Chiapas: la fame, gli espropri, le repressioni, l’ottusità delle autorità politiche e giudiziarie, le pressioni da parte degli 
allevatori e dei padroni delle terre”. 
Attualmente, infatti, l’EZLN si struttura come un “esercito” in piena regola: 
possiede un regolamento e una disciplina interna nonché diversi manuali di istruzione 
che comprendono uso delle armi, piani d’attacco, strategie di combattimento, sistemi 
di sicurezza e comunicazione, misure disciplinari. Dal 1993 l’EZLN è presente in 
quattro municipi del Chiapas: Ocosingo, Las Margaritas, Altamirano e Chanal. In essi 
si trova una rete organizzata di cellule militanti.  
Esso si fonda sui seguenti presupposti: 
1.  La composizione indigena e contadina dell’Esercito Zapatista; 
2. L’appello alla comunità in vista della ribellione; 
3. Il carattere democratico e decentralizzato della sua articolazione politico-
militare: l’EZLN è una struttura che nel prendere decisioni risponde a principi 
di democrazia diretta e di decentralizzazione comunitaria mediante il sistema 
di consulte e votazioni per Consigli e villaggi; 
4. La differenziazione tra esercito e guerriglia e, di conseguenza, l’adozione di 
una tattica ispirata alla guerra di posizione e non al tradizionale metodo della 
guerra di guerriglia (“colpire e scomparire”); 
5. La continuità delle sue esperienze di lotta. 
A questi presupposti bisogna aggiungere le seguenti caratteristiche:  
™ L’uso di uniformi e di una bandiera, come gli eserciti popolari; 
™ L’adozione del passamontagna come elemento distintivo particolare.
15
 
Non si può dire che l’EZLN abbia un’ideologia definita nel senso classico del 
termine, come ad esempio il marxismo-leninismo o il social comunismo. Si può 
tuttavia affermare che il tratto distintivo del movimento è di porre con forza alcune 
questioni di rilevanza nazionale, tra le quali spicca la mancanza di libertà e 
democrazia.  
Marcos spiega che l’EZLN ha, in certo qual modo, una volontà “suicida”, nel 
senso che mira a scomparire come corpo militare.
                                                 
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 Cfr.: E.L. DUHALDE, E.DRATMAN, op.cit., pp. 203-204.