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INTRODUZIONE
1. Come funziona il linguaggio, una panoramica generale.
“*…+ language is an art, like brewing or baking;
*…+ it certainly is not a true instinct, for every language has to be learned.
It differs, however, widely from all ordinary arts, for man has an instinctive
tendency to speak, as we see in the babble of young children;
*…+ the language ability is an instinctive tendency to acquir e an art.”
C. Darwin, 1871
Il linguaggio costituisce uno dei più importanti comportamenti sociali umani.
“E’ un sistema di comunicazione che permette di trasmettere informazioni da un individuo a un
altro attraverso una serie complessa di comportamenti (segnali) decodificabili dall’interlocutore” (cfr.
Neil R.C., 2002, Fisiologia del comportamento).
Sia colui che trasmette il messaggio sia colui che lo riceve devono essere dotati di sistemi in grado
sia di produrre il segnale che di comprendere il segnale. Quando ciò non si verifica, la comunicazione
risulta impossibile.
Il linguaggio è una prerogativa dell'uomo, senza il quale esso non sarebbe tale. Non esiste infatti
in nessun altro essere vivente un linguaggio simile per complessità e livello di elaborazione. La
ricorsività, per esempio, è una peculiarità del linguaggio umano che permette all’uomo di creare
un’infinita combinazione di frasi sempre grammaticalmente e semanticamente corrette, assente in
altre specie viventi.
Gli animali sono in grado di comunicare tra loro ma il loro sistema di trasmissione di messaggi è
molto limitato rispetto alla complessa struttura della lingua. Per fare due esempi: le api, a seconda
del tipo e dell’intensità di danza che fanno una volta tornate all’alveare, indicano la distanza alla
quale le altre api potranno trovare il cibo e le difficoltà che incontreranno lungo il percorso; i gatti
inarcano il dorso e gonfiano la coda per spaventare i gatti rivali ed allontanarli.
Il percorso di apprendimento della madrelingua (L1) parte dall’esposizione alla lingua parlata del
neonato e termina con la sua capacità di creare un sistema linguistico che gli permetta di
interagire con il suo prossimo ed esprimere i propri bisogni. Già a pochi anni i bambini
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comprendono le regole grammaticali della loro madrelingua anche se nessuno gliele ha
esplicitamente insegnate (cosa che avverrà successivamente a scuola).
Varie teorie sono state formulate per spiegare tale fenomeno di acquisizione automatica. La più
accreditata è la teoria generativa di Noam Chomsky, linguista statunitense, che afferma che le
analogie strutturali che si riscontrano nelle varie lingue fanno ritenere che l’uomo abbia una innata
“Grammatica Universale” (“Universal Grammar” o UG) cioè un meccanismo fatto di regole che è
insito nel cervello e che permette all’uomo di imparare una lingua.
Se è vero che un bambino esposto fin dalla nascita a una lingua e alle sue strutture è in grado di
acquisirla in modo innato e molto naturale, sia essa italiano, inglese o giapponese, è altrettanto vero
che esiste un periodo specifico nel quale il bambino non deve smettere di essere esposto agli input
linguistici al fine di poter acquisire il 100% della madrelingua.
Questo periodo è il “periodo critico” di cui parlò Lenneberg nel 1963: una finestra temporale che
va dalla nascita alla pubertà. Se un bambino non viene mai esposto ad alcun input linguistico durante
il periodo critico non sarà mai in grado di acquisire nessuna lingua come madrelingua (L1); se
successivamente venisse a contatto con una lingua potrebbe acquisirla ma la sua non potrà mai
essere considerata una L1, cioè una lingua completa e naturalmente acquisita, ma solo una seconda
lingua (L2).
Il riscontro più eclatante di tale fenomeno lo troviamo nei “bambini selvaggi” o “Feral Children”,
bambini lasciati a sé stessi in età critica. Se un bambino non è esposto alla lingua nel periodo critico
perderà la maggior parte dell’innata capacità di acquisire la lingua (UG) e i principi che ne regolano la
grammatica.
La storia può contare molti fenomeni di questo genere; e anche la letteratura. Mowgli
[1]
e
Tarzan
[2]
erano Feral Children, bambini che si ritrovano nella giungla in età infantile e vengono
cresciuti da animali, acquisendo il loro tipico linguaggio diverso da quello umano. Romolo e Remo
[3]
vengono considerati Feral Children, abbandonati nel bosco dalla madre Rea Silvia e presi in cura da
una lupa che garantì loro la sopravvivenza.
Dal 1700 ai nostri anni vari casi si sono avvicendati; quelli più studiati vanno da “Wild Peter” e
Victor of Aveyron, abbandonati in un bosco, a Kaspar Hauser chiuso in una cella oscura, a Genie
Wiley, segregata in una camera e legata ad una sedia. Il caso più recente è quello del 2008 che vede
Danielle Crockett come protagonista, anche lei legata ad una sedia e chiusa in una stanza
[1] Rudyard Kipling, The Jungle Book, 1894
[2] Edgar Rice Borroughs, Tarzan of the apes, 1912
[3] 750 a.C., Remo è ritenuto il fondatore di Roma
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remota della casa.
Tutti sono riuniti sotto il segno comune dell’incapacità di comunicare attraverso un linguaggio
umano una volta riportati a contatto con l’umanità.
La ricerca suggerisce che l’uomo ha bisogno di interagire con gli altri esseri umani al fine di
sviluppare una forma di comunicazione nella sua vasta complessità. Gli umani istruiti sono il risultato
di complesse interazioni tra genetica e ambiente circostante. I “bambini selvaggi” cresciuti
nell’isolamento totale o tra altre specie, al momento del loro ritrovamento, sono stati scoperti
incapaci di comprendere la civiltà e spesso anche incapaci di camminare con una postura eretta.
Assolutamente incapaci di provare emozioni “umane” ed essere empatici con l’uomo, questi bambini
mancavano completamente di sensibilità anche quando sottoposti a stimoli neurologici.
A livello di linguaggio si potrebbe azzardare un’analogia tra un caso di Feral Child e un bambino
affetto da sordità. Un bambino sordo non è esposto ad alcun input linguistico orale. Anche con una
grande quantità di esercizi, il bambino sordo non riuscirà mai a padroneggiare in modo perfetto il
linguaggio orale; ma lui, a differenza del Feral Child, sia che nasca da genitori sordi che da genitori
udenti (a patto che sia esposto precocemente alla lingua dei segni), imparerà in modo del tutto
naturale a comunicare attraverso il linguaggio dei segni (che diverrà la sua L1).
Le aree specifiche del cervello coinvolte nel processo linguistico sono due e per una completa
padronanza della comunicazione devono essere normo-sviluppate entrambe:
- l’area di Broca, responsabile della capacità di produrre il linguaggio parlato
- l’area di Wernicke che permette la comprensione del linguaggio.
Entrambe si trovano nell’emisfero cerebrale sinistro e prendono il nome dai loro relativi scopritori.
In casi molto rari laddove l’emisfero sinistro del cervello subisce un danneggiamento in età critica,
quello destro può subentrare a sostituirlo consentendo una forma di comunicazione abbastanza
simile a quella di un qualsiasi altro umano con aree cerebrali del linguaggio intatte.
2. Periodo critico e isolamento linguistico, “when a child is not exposed to any
language input”
Imparare a parlare è un processo straordinariamente complesso che si verifica con incredibile
rapidità e naturalezza. Di norma si sviluppa nei primi tre anni di vita e in seguito si espande e si
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specializza fino ad arrivare alla completa padronanza della lingua in tutte le sue espressioni: orale,
scritta, espressiva, non-verbale.
L’acquisizione del linguaggio non avviene in modo continuo lungo il percorso esistenziale
dell’uomo, ma è condizionato da quello che sia generativisti che Lenneberg (1967) hanno definito “il
periodo critico”. Ovviamente, le loro idee su quale sia l’età precisa in cui questo periodo termina sono
discordanti; sta di fatto che questa finestra temporale esiste, ed è cruciale per imparare la
madrelingua.
Lenneberg nel suo “Biological foundation of language” (1967) sollecita la riflessione sul concetto
teorico del periodo critico (“Critical Period Hypotesis”): è un intervallo di tempo che va dalla nascita
ad indicativamente l’inizio della pubertà (10 anni circa), durante il quale le facoltà e le abilità
cognitive si sviluppano e si affinano seguendo un percorso regolare.
Acquisire una prima lingua è una dote del tutto umana e sorprendentemente naturale. E’
un’attività di apprendimento che non ha simili ed è quello che differenzia la specie umana dalle altre
specie. Ma se un bambino non è esposto ad alcun input linguistico durante il periodo critico, non
imparerà mai una lingua e non potrà mai padroneggiare questa caratteristica esclusivamente umana.
Per confermare questa tesi era però necessario ottenere delle prove inconfutabili che potessero
provarla; ma nessuno scienziato avrebbe mai desiderato privare un bambino del linguaggio solo per
vedere “cosa sarebbe successo se”. Successe però che proprio in questo periodo venne alla luce il
caso di Genie. Fu l’esempio vivente dell’esistenza di quell’arco temporale cruciale durante il quale se
il bambino non ha la possibilità di passare attraverso le fasi dell’acquisizione del linguaggio (cfr.
capitolo 2, sezione 2.3), la sua possibilità di comunicare in futuro sarà pregiudicata. Genie Wiley è
stato ritenuto dagli scienziati il caso emblematico che ha fortemente supportato l’esistenza del
“critical period” proposto da Lenneberg. Al giorno d’oggi, la Feral Child in questione, non è capace di
mettere insieme le parole secondo un ordine grammaticalmente corretto, nonostante durante il
corso di tutta la sua vita abbia ricevuto molte attenzioni e speciali corsi di istruzione al fine della
riabilitazione linguistica.
3. Disfunzioni linguistiche
Una definizione di disfunzione linguistica (impairment) è data dall’ASHA (American Speech-Language-
Hearing Association): “una disfunzione del linguaggio è l’anormale acquisizione, comprensione o
espressione della lingua parlata o scritta. La disfunzione può coinvolgere tutte, una o alcune delle
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componenti del sistema linguistico tra cui fonologia, morfologia, sintassi, semantica o pragmatica. Gli
individui con disordini linguistici hanno frequentemente problemi nella formulazione di frasi o
nell’estrarre informazioni significative al fine di archiviarle nella memoria a breve e lungo termine”.
(ASHA, 1980: 317–318, traduzione.).
Le disfunzioni si sviluppano quindi sui livelli fondamentali della lingua: fonologico, morfologico,
sintattico, semantico, pragmatico.
- Fonologico, cioè lo studio dei suoni della parola;
- morfologico, lo studio della struttura interna delle parole e come queste vengono formate;
- sintattico, riguarda la sintassi, cioè i diversi modi in cui le parole si uniscono tra loro per formare una
proposizione e come le proposizioni si collegano tra loro per formare un periodo;
- semantico, il significato delle parole;
- pragmatico, la funzione della lingua e il suo uso nei vari contesti.
Le disfunzioni nell’acquisizione del linguaggio possono essere suddivise in due macro categorie:
quelle acquisite e quelle di sviluppo. La prima categoria si riferisce a soggetti colpiti da danni cerebrali
avvenuti in conseguenza a un evento traumatico (es. ictus, trauma cranico, ischemia, emorragia
cerebrale, tumore) ma che precedentemente avevano un cervello che funzionava normalmente.
L’impairment di sviluppo riguarda i casi in cui, durante lo sviluppo neurale e cognitivo del soggetto,
qualcosa si è interrotto e il sistema linguistico non è mai giunto a compimento (ad esempio lo SLI,
Specific Language Impairment o disturbo specifico del linguaggio).
Nell’impairment linguistico acquisito rientrano i casi di afasia (che hanno diverse analogie con i
casi dei Feral Children). Comportano, a seconda della zone lesionate, vari tipi di deficit nella
comprensione e/o produzione del linguaggio.
Può svilupparsi sotto varie forme:
• Afasia di Broca: la lesione localizzata nella zona posteriore del lobo frontale sinistro. Il paziente che
ne soffre è cosciente del proprio deficit; utilizza solo parole chiave separate da lunghe pause e un
linguaggio telegrafico. I sostantivi sono solo al singolare e i verbi solo all’infinito. Non impiega articoli,
aggettivi e avverbi. Il soggetto riesce spesso ad articolare le cose più comuni e automatiche che ha
imparato nell’infanzia come ad esempio contare fino ad un certo numero non elevato, pronunciare le
lettere dell’alfabeto.