Introduzione
La decisione di analizzare la lingua della moda della stampa specialistica araba è stata determinata
innanzitutto dalle traduzioni dall’arabo all’italiano, svolte nel corso del secondo e terzo anno
dell’insegnamento di lingua e traduzione araba, su varie tipologie di articoli di giornale. Inoltre
l’interesse personale verso questo tipo di giornalismo, conosciuto però solamente al livello europeo, ha
fornito lo stimolo e la curiosità verso questo settore di pubblicazioni presenti nel mondo arabo, ma
considerate ancora emergenti nella maggior parte dei Paesi.
La rivista Pashion è stata scelta come corpus dell'analisi in seguito ad una indagine via web che ha
valutato la tipologia e i contenuti delle principali testate di moda presenti nel mondo arabo. Gli
elementi considerati sono stati molteplici. In primis, si è considerata la rilevanza nell'economia
dell'intera rivista dei testi dedicati alla moda, sono state di conseguenza escluse le riviste generiche
femminili, che includono altre tematiche oltre a quella della moda.
In secondo luogo, è stata valutata la natura del testo e il suo essere o meno un testo a fini pubblicitari.
Esistono infatti riviste a scopi esclusivamente pubblicitari, che sono state escluse da questa indagine
perché poco eloquenti sul piano comunicativo e lessicale.
Infine, un aspetto preso in considerazione era la ricchezza e la varietà della lingua presente nella rivista.
Sulla base di questi criteri, si è valutato che Pashion potesse fornire il migliore supporto per la nostra
ricerca; si tratta di una pubblicazione prevalentemente orientata alla moda, con fini esclusivamente
informativi e comunicativi, e con una specifica peculiarità, quella di essere bilingue. Questo tratto
distintivo di Pashion ha facilitato la traduzione dall'arabo e soprattutto, ha permesso un confronto tra i
due sistemi linguistici. Inoltre è stato possibile reperire alcuni numeri per mezzo del suo sito web, sono
rare infatti le pubblicazioni arabe che danno la possibilità di essere consultate tramite internet.
Successivamente alla scelta della testata sulla quale compiere un'analisi del linguaggio della moda,
sono stati ricercati gli studi e le teorie sviluppate in passato a proposito di tale linguaggio, inoltre le
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notizie sulla nascita e sull'evoluzione della moda e del suo codice e i dati storici connessi allo sviluppo
della stampa di moda, dai primi giornali alle problematiche legate al giornalismo di oggi. Questi primi
dati sono stati oggetto del primo paragrafo, una sorta di excursus della moda e del suo linguaggio.
All'interno del primo capitolo si trova poi una presentazione generale della rivista Pashion, che mostra
tutti i dati su distribuzione, diffusione, contenuti e lettori. Inoltre una serie di informazioni sulla
redazione e i suoi corrispondenti, la strutturazione della rivista, il calendario editoriale ed infine una
breve analisi delle sezioni del periodico con riferimento al numero 27 Summer '10. Le informazioni
illustrate e commentate sono state concesse dalla direttrice della rivista e sono raccolte nel paragrafo
1.2. Nel paragrafo successivo si descrive la metodologia dell'analisi del linguaggio della rivista, con
notizie relative al materiale di studio, alla prospettiva dell'indagine linguistica e alle sue fasi. Inoltre si
espone l'ipotesi preliminare dalla quale l'analisi prende avvio e le finalità di tale studio.
Nel secondo capitolo il percorso della tesi prosegue affrontando tematiche non direttamente connesse
con la lingua, ma legate al ruolo della stampa di moda e al contesto culturale entro il quale è inserita la
rivista Pashion. Nel primo paragrafo si espongono le funzioni centrali della pubblicazione di moda
quale mezzo di comunicazione, con riferimento all'evento comunicativo 'sfilata'. Nel paragrafo 2.2 si
illustra la tematica dell'hijab, le sue origini, il suo attuale significato e cosa è cambiato dopo l'11
Settembre 2001. Lo sviluppo di questo punto è stato necessario in quanto nel corso del lavoro si evoca
in più punti l'hijab fashion (o Islamic fashion), in quanto essa rappresenta un fenomeno caratterizzante
il contesto culturale e geografico all'interno del quale si colloca anche la pubblicazione presa in esame.
Si delinea l'importanza del decoro e della modestia, si confronta la società moderna con quella del
passato e la scelta delle donne nei confronti del velo. Nell'ultimo paragrafo del secondo capitolo si
trova una presentazione del panorama editoriale di moda nei Paesi arabi, costituito da due tipologie di
riviste: quelle dal taglio internazionale e quelle di Islamic fashion.
Il terzo capitolo è dedicato all'analisi linguistica dei termini di moda. Nel primo paragrafo si descrive il
lessico della moda, si individuano i prestiti e la loro tipologia e si confronta il significato dei prestiti di
lusso con le espressioni già esistenti nella lingua araba. Nel paragrafo 3.2 si spiega l'equivalenza di
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significato tra la lingua araba e la lingua inglese, si mostra l'adattamento e l'assimilazione dei termini
dal punto di vista fonetico e fonologico, l'aggiunta di suffissi e la sostituzione delle lettere. Oltre alle
parole importate in arabo si affronta poi la tematica degli arabismi, termini importati dall'arabo.
Nell'ultimo paragrafo si può notare il glossario, che mostra la catalogazione del lessico della moda dei
quattro numeri della rivista Pashion. Tale elenco ha lo scopo di organizzare in modo chiaro i termini
arabi ed inglesi per rilevare differenze nel significato e soprattutto i casi di prestito. Per mezzo del
glossario si possono, infatti, facilmente mettere in luce i numerosi prestiti e le loro caratteristiche.
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1. Moda, linguaggio, giornalismo
1.1 Il linguaggio della moda
Si tende a pensare al linguaggio della moda come ad un linguaggio settoriale
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la cui fonte precipua è
costituita dal giornalismo del settore. In realtà si tratta di un linguaggio con origini antiche che si è
diffuso nel corso dei secoli attraversando ambiti molto diversi tra loro (legislativo, letterario, ecc.); in
continuo mutamento si è poi legato al giornalismo specialistico, al quale oggi è in grado di adattarsi
meglio e dal quale sembra inscindibile.
Si ritiene sia nato prima il linguaggio della moda che la moda stessa, lo testimoniano per prime le
cosiddette leggi suntuarie che dalla seconda metà del Duecento fino al Medioevo in molte città italiane,
regolavano l’abbigliamento e gli ornamenti di banchetti e funerali. Anche in Francia tra il 1485 e il
1660, furono emanati numerosi editti che disciplinavano il vestiario nobiliare e soprattutto quello dei
ceti meno abbienti. Si indicavano ad esempio i colori e i tessuti destinati ai nobili e si impediva a tutti
l’uso di oro e argento nelle stoffe e nei gioielli, sinonimi di lusso sregolato e di sprechi (Calanca 2002:
28-30). Non si tratta in effetti di un vero e proprio linguaggio della moda, ma è da queste prime
descrizioni dell’abbigliamento che esso sembra aver avuto origine.
Per poter infatti parlare di linguaggio e non più semplicemente di abbigliamento descritto si dovrà
attendere la nascita ufficiale della moda che, secondo Daniela Calanca, avviene nel Trecento “quando
appare un tipo di abbigliamento radicalmente nuovo che con chiarezza distingue il sesso di chi lo porta:
corto e attillato per l’uomo, lungo e aderente al corpo per la donna” (2002: 32). L’abbandono delle
stesse vesti sia per l’uomo che per la donna è indice del cambiamento; il nuovo abbigliamento si
diffonde rapidamente tra il 1340 e il 1350 in tutta Europa e dalla seconda metà del XIV secolo la moda
possiede già le sua caratteristica sostanziale: il mutamento ciclico dei costumi
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e del gusto (Ibid. 7).
1 Nell'ambito della stampa di oggi non si tratta di una lingua con un alto grado di specializzazione tale da costituire un vero
e proprio sottocodice. Un linguaggio specialistico, o sottocodice, potrebbe invece essere rappresentato dal linguaggio
sartoriale, attualmente diverso da quello giornalistico (tuttavia in passato i due linguaggi sono stati molto meno distanti
rispetto ad oggi). Si può associare dunque tale linguaggio con la definizione di linguaggio settoriale in quanto si tratta di una
forma linguistica più specifica della lingua; la comunicazione attraverso il linguaggio settoriale è in grado di trasmettere un
messaggio in modo più chiaro e preciso rispetto alla lingua comune (Cavagnoli 2007: 15).
2 Con il termine 'costume' si indica però una dimensione più istituzionale, un insieme di regole condivise che riguardano il
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Verso la fine del Medioevo, il crescente interesse per gli abiti si riflette nella diffusione delle 'età della
vita', raccolte di incisioni delle vesti indossate nel corso della vita di un uomo. Il Trachtenbuch
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,
risalente al 1497 è una di queste, una composizione di 137 immagini che raffigurano vari tipi di
abbigliamento. In seguito, all’inizio del Cinquecento, iniziarono a circolare le prime raccolte di
costumi, esse esprimevano non solo un desiderio di conoscenza per gli abiti, ma anche per il mondo e
per i viaggi. Habiti del 1558, include 98 rappresentazioni di abiti da tutto il mondo; Recueil de la
diversité des habits qui sont de présent en usaige del 1562 è un’opera composta da 121 incisioni
accompagnate da piccole descrizioni del vestiario; Degli habiti antichi e moderni di diverse parti del
mondo del 1590 mostra una notevole varietà di tavole incise con immagini di indumenti in uso a
Venezia, Roma, Napoli, Francia e Germania, in grado di restituire una visione geografica attraverso
l’abbigliamento del pirata turco, della zingara orientale, della moglie del mercante veneziano, ecc.
Queste incisioni non si proponevano ai lettori del Cinquecento come cataloghi di abbigliamento;
complete di spiegazioni dettagliate dei vari tipi di indumenti, erano in grado di rispecchiare la diversità
degli uomini e del mondo (Ibid. 38-39).
Alla fine del Seicento in seguito al forte sviluppo della moda, anche dal punto di vista industriale,
compare l’informazione specializzata. Nel 1672 ci fu il primo tentativo di periodico di moda Mercure
Galant, che poi diventerà Nouveau Mercure Galant nel 1677, caratterizzato da immagini di
abbigliamento delle varie stagioni. Al XVIII secolo risale poi la grande diffusione della stampa del
settore, grazie alla crescita delle stamperie in poco tempo il giornale diviene il principale mezzo di
divulgazione della moda (Ibid. 41-42).
Altri sostengono invece che la grande espansione del fenomeno sia stata compiuta più tardi, tra la fine
del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, e che la prima vera rivista di moda sia del 1797, Le Journal des
Dames et des Modes. In questi anni si intensifica la produzione e il commercio degli indumenti grazie
all’introduzione della macchina da cucire; nel 1807 a Parigi erano 31˙651 gli impiegati nell’industria
dell’abbigliamento, di cui 3˙700 confezionisti e 1˙200 sarti. Dal 1780 al 1852 a Parigi sorgono i primi
significato e le scelte d’abbigliamento (Colombo 2005: 1); le norme del costume sono legate alla tradizione di una
determinata società (Marchetti 2004: 15). Mentre il costume è in grado di riflettere i valori portanti di una collettività che
rimangono fissi o variano lentamente, la moda propone dei modelli di abbigliamento (e di comportamento) che agiscono più
in superficie e che si alternano velocemente (Ibid. 18). Tuttavia una moda può diventare costume, come nel caso della scelta
delle donne di indossare i pantaloni; il costume che per anni ha richiesto agli uomini i pantaloni e alle donne le gonne è stato
modificato da una moda (nata quasi in contrapposizione a quel costume) che si è poi estesa a tutta la società producendo un
importante mutamento di valori (Ibid. 32).
3 Le opere e successivamente le riviste sono citate da Daniela Calanca nelle pagine corrispondenti ai rinvii bibliografici.
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negozi di abbigliamento e i grandi magazzini (Bailleux, Remaury 1996: 42-43).
Un importante ruolo nell’informazione fu ricoperto dall’Encyclopédie, che dunque si pone accanto ai
primi periodici di moda. Sono 3036 le voci riferite al vestiario e alla moda con articoli sia culturali,
letterari e moralistici sia tecnici (ad esempio con spiegazioni dei processi di fabbricazione). Nel 1765,
nel XII volume il 7,6 per cento è costituito da contenuti sull’abbigliamento. L’Encyclopédie apporta un
notevole contributo al linguaggio della moda, si spinge infatti ai limiti estremi dell’invenzione
lessicale, tanto da farne risultare la lettura complessa ed intricata (Calanca 2002: 42-43).
Un altro ambito attraversato dalla moda scritta è quello letterario. Nadia Zicoschi analizza due brani
all’interno dei quali si trovano delle descrizioni di abbigliamento, rilevando due diverse impostazioni
del linguaggio letterario della moda dell’Ottocento e di inizio Novecento: da un lato Balzac che ne Il
trattato della vita elegante (1830) utilizza tale linguaggio per comunicare i dettami del bon ton e i
consigli per l’uomo elegante; dall’altro Proust che in Dalla parte di Swann (1913) impiega la lingua per
uno scopo puramente descrittivo (Zicoschi 2002: 114-115).
La moderna stampa specializzata ha conosciuto una grande espansione negli anni Ottanta del
Novecento; in questo decennio è divenuta il principale canale di comunicazione dei produttori verso
distributori e consumatori. E’ in questi anni che le testate hanno contribuito a rendere l’interesse per la
moda più diffuso ed accessibile, anche attraverso la creazione di numerose nuove riviste. Però nel corso
degli anni il giornalismo di moda sembra aver abbandonato l’impostazione di mezzo per le inserzioni
pubblicitarie, e unitamente, strumento di informazione critica. Infatti, negli anni Novanta le riviste non
riescono più ad offrire un tipo di informazione indipendente e gli articoli danno l’impressione di
duplicare le varie pubblicità dei famosi brand. Per questo si sostiene oggi un nuovo tipo di rivista, volta
a valorizzare sia il contenuto dei messaggi pubblicitari, che devono comunicare soprattutto ai
distributori piuttosto che ai consumatori finali; sia l’informazione giornalistica che deve risultare più
critica e fredda senza appoggiare in maniera incondizionata ciò che gli stilisti propongono, ma offrendo
appunto ai lettori un'opinione
4
. Questa trasformazione è già in atto in Francia e Germania, dove si
privilegia sia la qualità sia l’indipendenza; le testate sono orientate nella maggior parte al consumatore
finale offrendo contenuti informativi e valutativi, mentre quelle dedicate agli operatori del settore
mostrano le analisi del mercato e le prospettive future (Censis 1993: 61-63).
4 Il Censis descrive in questo modo l’attuale problema del giornalismo di moda:
Il contributo personale del giornalista non è evidente; la natura dell’articolo è spesso un servizio generico, il tono del
pezzo è prevalentemente neutrale e l’atteggiamento che si ricava nei confronti della moda è, per la maggior parte delle
volte, di ritualità-assenso (1993: 146).
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Il giornalismo di moda necessita dunque di un’evoluzione, esso deve essere capace di affiancare il
continuo mutamento della moda, non solo il mutamento inteso come ciclicità delle collezioni presentate
dagli stilisti, ma anche i continui cambiamenti delle tendenze e dei bisogni della società. L’attuale trend
della moda è caratterizzato dal mix di stili: si affiancano gli ultimi indumenti firmati ad abiti vintage e
capi low-cost in una sorta di “style supermarket” (Di Giovanni, Staffolani 2009: 25), combinazioni che
i servizi fotografici delle riviste non mostrano. Anche secondo Daniela Calanca la parola che meglio
definisce la moda oggi è eterogeneità, infatti si è addirittura perso l’uso del termine singolare in favore
di quello plurale: mode. La libertà è centrale nell’arte così come nelle mode, si spazia dunque dal gusto
classico alla trasgressione e alla sperimentazione (Calanca 2002: 121).
Nel continuo mutamento del fenomeno rientra anche il linguaggio verbale che cambia esattamente
come la moda e le sue tendenze; esso si arricchisce di nuove strutture, neologismi e prestiti così come
l’industria della moda crea nuovi accessori e nuovi indumenti (Di Giovanni, Staffolani 2009: 32). Ci
sono comunque termini che restano identici nel tempo e che possono dare un’impressione di oggettività
del linguaggio della moda, analizzandoli più attentamente però si nota come frequentemente il referente
del nome varia, poiché l’immagine che ad esso si collega si rinnova con il mutamento della moda stessa
(Calefato 1992: 30). Ed è spesso anche l’accettazione o il rifiuto di un cambiamento di linguaggio o di
una parte di esso a determinare un mutamento nella moda (Davis 1993: 17).
Davis espone il carattere ciclico della moda affermando:
Ciò che un tempo era 'in' adesso è 'out'; ciò che ieri era bello oggi è brutto; il modello dell’anno prima
non sembra mai giusto l’anno dopo e, per quanto ci proviate, non c’è niente da fare per farlo sembrare
tale (1993: 97).
La parola chiave che meglio potrebbe indicare l’eterna successione delle mode è ritmo. Esse infatti si
susseguono ininterrottamente reinterpretando, riqualificando e riusando stili e tendenze di altre epoche
(Bailleux, Remaury 1996: 54) con un ritmo rapido (il ritmo lento appartiene al costume), poiché la
moda è capace di diffondersi velocemente in quelle zone del mondo con medesime influenze culturali e
idonei mezzi di comunicazione (Marchetti 2004: 30). Per Wark il ritmo della moda può essere
paragonato ad un modo di segnare il tempo; egli sostiene che ogni tendenza di abbigliamento si
raffigura attraverso una curva di stile, nel momento in cui la moda inizia a circolare va
progressivamente verso la sua fine (Wark 1992: 139).
Risulta complesso dare una definizione di linguaggio della moda. Nadia Zicoschi tenta di descriverlo
comparandolo con l’indumento, indica la struttura verbale come una materia astratta capace di
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