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la grande abbondanza di metafore epico-belliche. Ho cercato di motivare questa caratteristica
con un breve excursus sull’epica greca, sulle origini dello sport e su ciò che lega la pratica antica
a quella moderna, permettendo sopravvivenze linguistiche e di immagini. Nel capitolo
conclusivo, infine, ho analizzato il modo in cui, a sua volta, il linguaggio calcistico entra nel
lessico comune e tale sport influenza vari ambiti sociali, terminando con una breve parte dedicata
alla letteratura.
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CAPITOLO I
1.1 BREVE STORIA DEL GIORNALISMO SPORTIVO
Il giornalismo sportivo nacque ad inizio del XX secolo, in conseguenza della diffusione di una
nuova concezione della notizia stampata: non più le ottocentesche pagine estetizzanti a contenuto
erudito o i fogli politici, ma la varietà di informazioni immediate da una realtà molteplice adatta
a gusti diversi. I più noti giornali della tradizione, La Stampa di Torino e il Corriere della Sera
di Milano, rinnovando le proprie strutture aziendali in modo consono alle nuove tecniche
tipografiche e alla domanda di un pubblico reso più vasto dalla diffusione ampliata e veloce
consentita dai mezzi di trasporto più moderni, cominciarono a pubblicare specifiche rubriche
dedicate allo sport, ricorrendo anche a firme prestigiose (nel primo decennio del secolo il
Corriere della Sera si serviva di Orio Vergani come inviato al Tour de France e al Giro d’Italia e
di Luigi Barzini per il raid Pechino-Parigi). Fin dal 1901 il quotidiano torinese fece uscire
regolarmente un supplemento settimanale (La Stampa Sportiva). Il successo fu tale che, sempre a
Torino, qualche anno dopo (1912) cominciò la pubblicazione del Guerin Sportivo, diretto da
Giulio Corradino Corradini, sul quale ebbe inizio la pratica della vignetta satirica, tuttora in
voga, soprattutto a supporto di una vena polemica (ben rappresentata da Carlo Bergoglio,
“Carlin”). Ancora a Torino, seppure per breve tempo, uscì a cura di nomi prestigiosi un foglio
illustrato, Lo Sport del Popolo.
Tuttavia il boom delle pubblicazioni sportive si ebbe a Milano, dove tra il 1880 e il 1915 si
contarono ben 63 testate, tra quotidiani, quindicinali, settimanali e supplementi. Qui ebbe origine
La Gazzetta dello Sport, che dal 1913 uscì con cadenza quotidiana, e cominciarono ad occuparsi
di eventi sportivi la Domenica del Corriere e Illustrazione Italiana; qui si videro le prime
fotografie, dapprima statiche, di squadre o personaggi in posa, successivamente istantanee di
azioni sui campi da gioco o sui percorsi; qui sul primo quotidiano specialistico, Verde Azzurro
(1903), si mescolò la cronaca di eventi sportivi, soprattutto i più esclusivi, ippici o
automobilistici, a particolari e curiosità sui vip che li frequentavano, dando in qualche modo
origine al gossip mondano.
Altri centri di pubblicazione furono Roma (Roma Sport, Stadio) e Napoli (Tribuna Sport,
Rassegna Sportiva).
Lo sport in assoluto più seguito in quel momento era il ciclismo: la prima Milano-Sanremo del
1907, il primo Giro d’Italia del 1909 furono fra le manifestazioni agonistiche quelle che
ottennero maggiore notorietà. Il Giro d’Italia fu, inoltre, organizzato proprio dalla Gazzetta dello
Sport, che per la prima volta si assunse in Italia il ruolo di promotrice di un evento sportivo; tale
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organizzazione compete ancora oggi al quotidiano, seppure con la fondamentale differenza di un
massiccio intervento di sponsorizzazioni.
Venendo al calcio, esso in un primo tempo ebbe ben poco spazio in proporzione con lo scarso
interesse destato nel vasto pubblico: relegato di solito nelle rubriche dedicate ai generici ‘giochi
atletici’, veniva sovente confuso con il football americano o con il rugby, presentato come il
frutto di un’imitazione di mode un po’ barbare d’oltreoceano, evidenziandone la pericolosità per
la violenza degli scontri corpo a corpo, che spesso provocavano traumatici incidenti, o anche per
le intemperanze dei sostenitori.
Solo in prossimità della prima guerra mondiale si cominciarono ad avere idee più chiare: nel
1913 esordirono Football, edito a Milano da Sonzogno, e il settimanale Il Calcio a Genova, città
in cui quello sport aveva portato i primi scudetti. Qualche anno dopo, in piena guerra (1916), per
la prima volta sul ‘calendario Bisleri’, distribuito in omaggio presso le botteghe di barbiere,
apparve un’immagine dedicata al calcio, a riprova dell’interesse sempre maggiore che esso
suscitava, ma anche dell’abitudine tutta maschile di discutere di sport in quei particolari negozi,
solo più tardi sostituiti dal bar, magari dotato di biliardo. Così i calciatori si avviavano a
diventare quei personaggi epocali che accaparrano oggi spazi spropositati su tutti i media; per la
prima volta si utilizzò per uno di loro un soprannome: Renzo De Vecchi, terzino del Genoa, del
Milan e della prima nazionale, fu “il figlio di Dio”, iniziando una pratica di ‘divinizzazione’
destinata a grande successo e tuttora in uso.
Naturalmente, tutta l’età fascista, con la sua promozione dell’educazione fisica di massa, il suo
culto della prestanza e dell’attivismo, nonché con un forte nazionalismo, ampliò la risonanza
delle imprese sportive mediante la stampa (nel calcio, le vittorie ai mondiali del ’34 e del ’38 e
alle Olimpiadi di Berlino del ’36). Tra il 1931 e il 1936 vennero pubblicate oltre trenta nuove
riviste sportive, mentre cominciava anche a diffondersi (1927) la pratica della radiocronaca.
Nel dopoguerra, si pubblicavano quattro quotidiani nazionali esclusivamente sportivi: La
Gazzetta dello sport, Tuttosport, Stadio e Corriere dello sport.
Nella seconda metà del ‘900 l’informazione sportiva assunse un’importanza via via crescente,
adattandosi all’ormai consolidato interesse dei lettori, ma anche, con un tipico effetto a spirale,
contribuendo ad accrescerlo. Dagli anni Sessanta, pressoché tutti i giornali si rinnovarono
ampliando le loro cronache sportive, a partire da Il Corriere della Sera e da Il Giorno, ben presto
imitati da tutti gli altri: lo scopo era quello di cercare di strappare una fetta di mercato ai
quotidiani specialistici che avevano conquistato un pubblico amplissimo. Ancora nel 1984 la
‘rosa’ (così viene soprannominata dal colore dei fogli La Gazzetta dello Sport, permettendosi un
nomignolo che ne indica appunto la popolarità) vendeva oltre centomila copie in più de Il
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Corriere della Sera, mentre Il Corriere dello Sport-Stadio si collocava al terzo posto nella
classifica delle vendite, piazzandosi davanti a Repubblica.
Questo fenomeno ha portato a una rapida evoluzione nei giornali generalisti, al punto che oggi,
un quotidiano nazionale come La Stampa, pubblica, il lunedì, anche più di dieci pagine di sport.
Attualmente si può notare che la maggioranza delle testate trattano l’informazione sportiva in
maniera quasi completa, almeno per quanto concerne le cronache calcistiche del lunedì.
1.2 TESTATE A CONFRONTO
In generale, nel confronto fra le due testate nazionali che ho analizzato (la specialistica La
Gazzetta dello Sport e la generalista La Stampa), le maggiori differenze riguardano lo spazio
dedicato alle singole partite: quasi uguale in relazione alle squadre che hanno un maggiore
seguito di tifosi-lettori (statisticamente: Juventus, Inter, Milan, Roma), ma decisamente superiore
nei giornali sportivi per tutti gli altri team considerati ‘minori’. Similmente, il numero delle
pagine del quotidiano torinese dedicate allo sport è massimo il lunedì, quando sono commentati
gli eventi della domenica calcistica e solitamente ridotto negli altri giorni, mentre il quotidiano
specialistico ha uno spazio ampio per l’intera settimana. La motivazione risulta evidente: come
già esposto sopra, i quotidiani di informazione generale, non potendo trasformarsi in quotidiani
specifici, ma volendo avvicinare il maggior numero possibile di lettori, applicano strategie
allettanti per varie tipologie di potenziali acquirenti, tenendo ben presente soprattutto la
dimensione numerica. Di fatto, se un tifoso delle ‘grandi’ squadre citate sopra desidera leggere
una cronaca precisa e un commento brillante, divertente ed emozionante, entrambi i quotidiani
sono in grado di soddisfarlo. Per tutti gli altri eventi di minor rilevanza, il quotidiano sportivo
rimane il principale riferimento, in quanto il solo attento anche a questi.
Dal punto di vista stilistico, le differenze fra le cronache calcistiche della partite maggiori in La
Gazzetta dello Sport e in La Stampa si riducono a poche: il che è forse dovuto al fatto che il
giornalismo sportivo e, nel caso specifico la cronaca calcistica, trattando di avvenimenti già noti
dai media visivi, hanno caratteristiche proprie simili in qualsiasi tipo di giornale si trovino. Da
questo punto di vista, infatti, fondamentale, nella sua evoluzione, è stato l’impatto della
televisione, che, a partire dai Giochi Olimpici di Roma del 1960, ha sottratto ai quotidiani la
cronaca dei più importanti eventi sportivi, mandandola per lo più ‘in diretta’, ossia eliminando
ogni barriera di tempo tra l’evento e il suo racconto e quasi riuscendo a far partecipare lo
spettatore allo spettacolo ‘di persona’ (limitando, dunque, di molto anche l’ostacolo spaziale).
Come osserva Murialdi (1975, p. 240): “ormai il lettore non ha più bisogno che una partita di
calcio e una cronaca ciclistica gli vengano descritte il giorno dopo con minuzia e precisione,