6
Infatti una vera e propria disciplina del genere attualmente non
esiste, ma esiste solo una situazione giuridica, data dall’insieme di
materiali normativi eterogenei: l’Accordo del 1984 e una serie di lasciti
del Concordato del ’29 e della legge matrimoniale n. 847 dello stesso
anno.
Venendo a mancare una legge matrimoniale ad hoc, in grado di
attuare i principi costituzionali, oltre a quelli presenti nell’Accordo di
revisione, ha finito con l’affermarsi un diritto giurisprudenziale
transitorio, il quale si inserisce tra il vecchio e il nuovo.
Ciò che premeva era un carattere di coesione rispetto al
macrosistema di appartenenza, e che rispondesse a precisi caratteri di
armonizzabilità, rispetto al quadro della legalità costituzionale.
L’ottimizzazione del rapporto tra il meccanismo della delibazione, il
sistema della legislazione negoziata e il piano della legalità
costituzionale chiama in causa un modello forte ed inattaccabile di
compatibilità.
Tra i problemi più rilevanti vi sarà senz’altro quello
dell’interferenza degli ordinamenti confessionali con l’ordinamento
dello Stato, problema da risolversi secondo quanto previsto dalla
legislazione pattizia.
7
Sarà la delibazione a rappresentare il momento di necessaria
armonizzazione tra i valori di cui è portatore il giudicato canonico e gli
altri, quelli che caratterizzano la nostra forma-stato, in cui il primo
troverà ingresso a certe condizioni ben precise.
Un siffatto sistema normativo induce a chiedersi quali siano le
ragioni che legittimano la scelta del legislatore pattizio di conservare ai
tribunali ecclesiastici una competenza limitata circa il controllo di
validità sui c.d. matrimoni concordatari e di riformulare le modalità,
cioè il giudizio di delibazione, attraverso le quali, dovesse poi avvenire,
in sede civile, il riconoscimento di quella specifica giurisdizione.
A conferma della tesi della concorrenzialità starebbe proprio il
silenzio della legge, per cui in mancanza di una espressa deroga il
riparto di giurisdizione tra giudici ecclesiastici e civili deve avvenire
partendo dal principio che lo Stato ha giurisdizione sulla materia (
Vaccarella).
Il Punzi, d’altro lato, evidenzia che la legge cita espressamente il
giudice ecclesiastico come “giudice competente”, escludendo
implicitamente una pluralità di giudici, che deve essere riferita
unicamente alla delibazione.
Un esempio significativo dell’eccesso di rigore nella delibazione
potrebbe essere imposto dal rifiuto della sentenza che dichiari la nullità
8
per la c.d. simulazione unilaterale relativa alla esclusione dei bona
matrimoni, da parte di uno dei coniugi, accompagnata dalla
coabitazione coniugale ( Furgiuele).
Dopo la riforma del diritto di famiglia ha assunto particolare rilievo,
avente per contenuto lo svolgimento della personalità di ciascuno di
coloro che ne sono membri, nella prospettiva di garantire il “valore
supremo” rappresentato dalla personalità individuale.
Il consenso al rapporto matrimoniale, quindi, costituirebbe un
presupposto di validità del matrimonio, necessario oltre che all’atto
della celebrazione, anche successivamente, poiché il suo venir meno
avrebbe prodotto lo scioglimento del vincolo.
Non sarebbe possibile, infatti, non considerare che la convivenza è
un valore che non potrebbe essere disatteso o ritenuto irrilevante
(Conserva).
Il carattere “interpretativo” del Protocollo addizionale all’Accordo
del 1984 conferisce alla delimitazione delle due competenze
giurisdizionali il valore di una complessa compatibilità dei principi
concordatari con quelli propri della materia matrimoniale civile
(Dammacco).
La delibazione riguarderebbe quindi atti specifici di un sistema
estraneo “che possiede una regolamentazione alternativa a quella
9
prevista dall’ordinamento civile, che nella fattispecie si sostanzia in
uno speciale procedimento più favorevole all’esecutività delle sentenze
rispetto alla comune delibazione”.
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Capitolo Primo
SVILUPPO STORICO DEL MATRIMONIO
CONCORDATARIO
11
1. Storia del diritto matrimoniale italiano
Storicamente il matrimonio era considerato solo una unione legale
tra un uomo e una donna, ma con il Medio Evo, la Chiesa ha iniziato ad
estendere la sua giurisdizione anche su questo atto; infatti per essa il
matrimonio non è altro che un vincolo di diritto naturale e sacro.
Mentre all’inizio ci si limitava a una semplice benedizione davanti
alla Chiesa, dal XIII secolo in poi si afferma definitivamente il
matrimonio canonico come sacramento, di cui il Concilio di Trento
(1563) stabilisce la forma definitiva.
Con il Codice Napoleonico, le cose vennero modificate, in quanto si
ritenne che, affinché il matrimonio potesse essere valido, era necessaria
la presenza di un ufficiale di stato civile.
Il matrimonio canonico era quindi considerato una forma
obbligatoria e ciò comportava che coloro che non avevano lo jus
connubii erano costretti a formare famiglie di fatto.
2
2
Per famiglia di fatto dobbiamo intendere l’unione stabile fra un uomo e una donna non
sposati fra loro, ed eventualmente dei loro figli; si usa anche l’espressione convivenza
extramatrimoniale, o convivenza more uxorio. L’uomo e la donna non sono coniugi
davanti alla legge, però vivono insieme e si comportano, nei rapporti sociali, come
marito e moglie.
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Questa situazione, certamente poco favorevole, invogliava a
promuovere una riforma, in modo da ottenere l’uguaglianza della legge
riguardo all’assunzione dello status coniugale.
3
Poiché la disciplina dello stato civile dei cittadini era di competenza
dello Stato, questa doveva essere uniforme per tutti i soggetti e, quindi,
non era ammissibile che la formazione del rapporto coniugale fosse
disciplinata dalla legge personale confessionale di ciascuno di essi.
Nello Stato unitario italiano l’introduzione del nuovo Codice Civile
del 1866, disconobbe tutti gli effetti giuridici al matrimonio religioso,
mantenendo come unica forma valida quella civile e consentendo ai non
credenti di unirsi in matrimonio senza sottostare ai dettami degli
ecclesiastici.
La legge riconosceva solo questa modalità di formazione del
rapporto di coniugio, per questo detto matrimonio civile obbligatorio,
che rimase inalterato sino al Concordato del 1929.
Nel periodo che intercorreva fra il 1866 e il 1929 la Chiesa
cattolica poteva celebrare liberamente il matrimonio religioso dei
propri fedeli, matrimonio che comunque rimaneva privo di rilevanza
giuridica, infatti chi avesse voluto contrarre un matrimonio valido sia
per la Chiesa che per lo Stato, doveva effettuare una doppia
3
Francesco Finocchiaro, Diritto ecclesiastico, 2003, pag. 440 .
13
celebrazione, cioè sia davanti all’ufficiale dello Stato civile che in facie
Ecclesiae.
Era questo il principio del doppio binario
4
, che considerava il
matrimonio religioso e quello civile su due piani totalmente distinti,
senza alcun contatto tra di loro.
Il credente, dunque, che voleva attribuire rilevanza giuridica civile al
proprio matrimonio religioso, era costretto a stipularli entrambi, mentre
chi non era credente si limitava a contrarre il matrimonio civile, dal
momento che il mero matrimonio religioso non aveva alcun valore
giuridico.
5
Il matrimonio religioso ad effetti civili creava problemi di
collegamento tra l’ordinamento canonico e quello statuale e tra
differenti concezioni del matrimonio.
6
4
Mario Tedeschi, Manuale di diritto ecclesiastico, Torino, 1999
5
L.M. De Bernardis, Il matrimonio di coscienza, Padova, 1935.
6
A. Marongiu, Matrimonio medievale e matrimonio postmedievale .Spunti storico-
critici, in Riv. Stor .dir. it., LVII, 1984, p. 5 ss.
14
2. Matrimonio concordatario
Con il Concordato del 1929 la Chiesa ottenne sul matrimonio un
potere simile a quello previsto dal Concilio di Trento, si riconoscevano
infatti al matrimonio canonico effetti civili, mediante la trascrizione nei
registri dello stato civile.
Nel 1929, nel Palazzo del Laterano, fu infatti firmato il Concordato
fra il Regno d’Italia e la Santa Sede, siglato dal Cavaliere Benito
Mussolini e dal Cardinale Gasparri.
L’importanza del Concordato si basava su un reciproco
riconoscimento.
Tale Concordato era composto da tre accordi: il Trattato che definiva
il territorio dello Stato Città del Vaticano; quello che definiva i rapporti
fra Stato e Chiesa e infine, l’accordo finanziario che di fatto aboliva
quelle che erano state le leggi eversive che avevano spogliato la chiesa
dei beni ecclesiastici.
Eventuali cause di nullità erano riservate alla giurisdizione dei
Tribunali ecclesiastici, le cui sentenze erano valide anche davanti al
diritto dello Stato.
Il cittadino che aveva contratto un matrimonio religioso con effetti
civili poteva pertanto impugnare l’invalidità del suo consenso
15
matrimoniale davanti ai giudici ecclesiastici, secondo quanto previsto
dalle norme del diritto della Chiesa.
Secondo l’art. 34 del Concordato del 1929 lo Stato riconosceva “al
sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti
civili”(1°comma) e le cause concernenti la nullità e la dispensa erano
“riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri
ecclesiastici”(4°comma).
Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che é a
base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo
popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto
canonico, gli effetti civili.
Quanto alle cause di separazione personale, la Santa Sede consente che
siano giudicate dall’autorità giudiziaria civile.
Il matrimonio concordatario introduceva in questo modo l’uniformità
dello status canonistico di coniuge con l’analogo status civilistico, nel
senso che lo status civilistico aveva origine grazie al matrimonio
religioso e veniva meno quando il vincolo veniva dichiarato nullo dai
tribunali ecclesiastici.
16
In questo modo era stata realizzata una unione imperfetta
7
fra
l’ordinamento civile e quello canonico. Tale imperfezione consisteva
nel fatto che il diritto dello Stato non riconosceva effetti civili al
matrimonio canonico in soli pochi casi.
Si viene così incontro, nei limiti di quello che è consentito
all’interesse dell’organizzazione-Chiesa di mantenere un certo controllo
sulla tenuta sociale del modello di matrimonio che essa propone agli
uomini.
Possiamo comprendere come in questo modo la Chiesa miri ad
ottenere dallo Stato, una volta ottenuta l’introduzione del matrimonio
religioso nell’ordinamento civile, il compito di vigilare
sull’adeguamento del vissuto concreto alla norma, mediante
quell’attività autoritaria che si riassume nel giudizio e termina nella
sentenza.
Da tale unione imperfetta, quale era quella vigente prima
dell’Accordo di Villa Madama, si è passati ad un regime di separazione
imperfetta
8
.
7
Francesco Finocchiaro, La revisione delle norme del Concordato lateranense
riguardanti il matrimonio, in AA.VV. , Studi in onore di C. Grassetti, Milano, 1980,
vol. I, pag. 699 e segg. e in particolare, pag. 716 e segg.
8
Francesco Finocchiaro, Il concorso di giurisdizioni sul matrimonio c.d. concordatario,
in Giustizia civile, 43 (1993), p. 877 ss., in particolare p. 882.; F. Finocchiaro, Diritto
ecclesiastico, Zanichelli, 2003: la separazione imperfetta, sarebbe stata approfondita
dall’ Accordo di revisione del Concordato del 1929; tale revisione non ha fatto altro che
17
Tale imperfezione della separazione, oggi si manifesta proprio in
quell’invadere l’ordine temporale nella società in cui opera con lo
spirituale, che per alcuni aspetti può apparire ispirata da idee
giurisdizionalistiche, ma sarebbe errato pensare ad una reviviscenza
delle idee giurisdizionalistiche tipiche dell’ ancien regime.
Potremo piuttosto dire che ciò che ha permesso il diverso equilibrio
tra giurisdizione civile e canonica, stia nella progressiva
internazionalizzazione dei rapporti fra Stato e Chiesa.
Tale situazione richiede delle relazioni fra ordine sacro e temporale
come rapporto fra enti istituzionali, come lo Stato, la Chiesa e altre
confessioni religiose.
Le conseguenze negative di tale concezione, sono state di
incalcolabile gravità.
La tendenza ad invadere la sfera ecclesiastica da parte della
giurisdizione civile, non esprime, pertanto, solo una acuta sensibilità per
l’affermazione più alta di alcuni principi supremi del nostro
ordinamento, ma manifesta alcune tensioni fra l’ordine temporale e
spirituale all’interno della società in cui vivono.
accrescere il numero degli impedimenti civili alla trascrizione del matrimonio canonico
e ha disciplinato il riconoscimento civile delle sentenze ecclesiastiche in modo da
effettuare un controllo di esse che non fosse meramente formale.
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Il significato profondo delle tensioni fra ordini può essere colto solo
ad un livello di comprensione più alto; tali tensioni derivano soprattutto
da una insufficiente visione dualistica della realtà.
Tale visione della realtà, tende a mostrare l’esistenza di due ordini,
con propri principi e proprie regole, e porta a teorizzare la reciproca
indipendenza degli enti istituzionali, senza riuscire a creare un punto
d’incontro in un ordine superiore. A causa di tale handicap, non si riesce
a salvare la società nella sua unitarietà, tanto che l’uomo si trova
intrappolato in un duplice principio etico e giuridico.
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9
Gaetano Lo Castro, Matrimonio, diritto e giustizia, Milano 2003