Cap I: Il giustificato motivo oggettivo
1.1 Le fonti in materia di licenziamenti nel pubblico impiego
La disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica
amministrazione è attualmente contenuta nel d.lgs 165/2001, anche
noto come “testo unico sul pubblico impiego” (da qui in avanti
abbreviato in T.U.). L’art. 2, denominato “Fonti”, elenca al secondo
comma le norme applicabili ai rapporti di lavoro dei dipendenti al
servizio delle amministrazioni individuate dall'art. 1: essi sono
disciplinati «dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del
codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato
dell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel
seguente T.U., che costituiscono disposizioni a carattere
imperativo».
Il rinvio in esame impone all’interprete un duplice lavoro:
individuare l’insieme delle leggi che disciplinano il rapporto di
lavoro subordinato e quindi integrare la normativa del T.U. per
quanto non espressamente disciplinato da quest'ultimo, in quanto le
norme ivi contenute prevarranno sulla disciplina generale in forza
dell’art. 2.2 che ne attribuisce espressamente una valenza imperativa
e quindi speciale.
1
A norma del medesimo articolo, radicalmente
riformato dalla l. 15/2009, si evince inoltre che l'inderogabilità della
legge è da considerarsi oggi presunta, in quanto il potere
derogatorio della contrattazione collettiva è limitata ai casi in cui la
1 C. DE MARCO, Il licenziamento nel lavoro pubblico, 2011, p. 2
7
legge preveda espressamente questa possibilità. Da quanto già detto
possiamo iniziare ad individuare, per quanto attiene all’oggetto di
studio di questo elaborato, le leggi fondamentali afferenti al
licenziamento del lavoratore subordinato che troveranno
applicazione anche per il dipendente pubblico nella misura in cui
non siano derogate da specifiche norme del T.U.: la l. 604/1966
(“norme sui licenziamenti individuali”), la l. 300/1970 (“Statuto dei
lavoratori”) e la l. 223/1991 (“norme in materia di cassa
integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di
direttive della comunità europea, avviamento al lavoro ed altre
disposizioni in materia di mercato del lavoro”).
La l. 604/66 definisce e disciplina il licenziamento individuale del
lavoratore subordinato. La normativa in questione è il punto di
partenza per qualsiasi argomentazione inerente al licenziamento
legittimo del lavoratore, in quanto ne definisce la forma, la
giustificazione (e quindi, di conseguenza, le tipologie) e l’onere della
prova gravante sul datore di lavoro. Non si applica invece al
rapporto di lavoro del dipendente pubblico la disciplina ivi contenuta
riguardante le conseguenze del licenziamento illegittimo, che
ricadranno invece interamente nell’ambito di operatività dello statuto
dei lavoratori, il cui art. 18 – a norma dell’art. 51.2 del T.U. – «si
applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero di
dipendenti»
2
.
La l. 300/70 viene in rilievo per l’art.18, che introduce
nell’ordinamento la cosiddetta “tutela reale” del dipendente
2 U. CARABELLI e M.T. CARINCI, Il lavoro pubblico in Italia, ed. Cacucci 2013, p. 225
8
illegittimamente licenziato; se l’operatività della suddetta tutela
nell’ambito del lavoro privato è subordinata alla sussistenza di
determinati parametri dimensionali, nell’ambito del lavoro pubblico
– come già accennato – la tutela reale si applica a tutti i dipendenti di
ogni pubblica amministrazione prescindendo dalla consistenza
dell’organico. Tuttavia, le recenti riforme del lavoro hanno reso il
quadro normativo molto complicato: per l’interprete è estremamente
difficile allo stato attuale stabilire se al dipendete pubblico sia
applicabile la tutela reale contenuta nel testo originario o la nuova
disciplina introdotta dalla riforma Fornero. Sulla tutela del
dipendente pubblico illegittimamente licenziato mi soffermerò più
approfonditamente nel quarto e ultimo capitolo di questo elaborato.
Infine la l. 223/91 che regola la disciplina dei licenziamenti
collettivi. Come avremo modo di vedere più nel dettaglio, la portata
applicativa di questa legge nei riguardi del dipendente pubblico è
stata ampiamente ridimensionata a seguito della riforma dell’art. 33
del T.U. a norma della l. 163/2011, in base alla quale la procedura
per la gestione della mobilità collettiva si applica anche se l’esubero
riguarda un solo dipendente laddove, prima della riforma, la
procedura era applicabile nella sua interezza soltanto qualora
l'eccedenza rilevata coinvolgesse almeno dieci dipendenti; la soglia
in questione si riteneva raggiunta anche sommando diverse
dichiarazioni di eccedenza di personale effettuato nell’arco dello
stesso anno. Non sorprende quindi che il rinvio espresso alla
normativa della l. 223/91 contenuto nel primo comma sia stato
abrogato; tuttavia, essa è ancora attuale in quanto regola, all’art. 5, i
criteri per l’individuazione dei lavoratori da collocare in
disponibilità: la tematica in questione infatti non è affrontata dal T.U.
9
e si presume quindi tuttora applicabile a norma del rinvio alle leggi
che regolano i rapporti di lavoro subordinato dell'impresa contenuto
dall’art. 2.2.
Appurate le fonti applicabili in materia di licenziamenti, occorre ora
focalizzare lo studio su una specifica tipologia: quello sorretto da un
giustificato motivo di tipo oggettivo, e quindi, in via di prima
approssimazione, che non si fonda su una condotta colpevole del
lavoratore licenziato. Come avremo modo di vedere, per una
spiegazione esauriente di questo tipo di licenziamento non è
sufficiente basarsi soltanto sul dato testuale quale risulta dall’art. 3
della l.604/66 ma occorrerà altresì un’attenta disamina della dottrina
e della giurisprudenza pronunciatasi nel merito, per individuare
l'insieme delle fattispecie che lo contraddistinguono. Una volta
chiarita l’ampiezza e la problematica del giustificato motivo
oggettivo, si porrà l’ulteriore problema di verificarne l’applicabilità
ai rapporti di lavoro subordinato nelle pubbliche amministrazioni: le
diverse finalità che connotano l'azione dei pubblici uffici rispetto a
quella del datore di lavoro privato implicheranno necessariamente
degli adattamenti alla disciplina valevole per quest'ultimo.
1.2 Sulla nozione di giustificato motivo oggettivo
Ai sensi dell’art. 1 della l. 604/1966 il licenziamento del dipendente
«non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 del
codice civile o per giustificato motivo». Il giustificato motivo in
questione è disciplinato successivamente dall’art. 3, in base al quale
«Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è
10
determinato da un notevole inadempimento degli obblighi
contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti
all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare
funzionamento di essa»
3
; le ragioni oggettive sono, com’è agevole
intuire, quelle che seguono all’avverbio “ovvero”. Una
comparazione fra le due parti del suddetto articolo evidenzia una
prima e immediata discrepanza fra le due tipologie giustificative: il
giustificato motivo oggettivo di licenziamento prescinde
completamente da una colpa imputabile al lavoratore
4
. Questa prima
considerazione permette di comprendere la profonda diversità di
ratio fra i due istituti: il licenziamento per motivi soggettivi,
comunemente definito disciplinare, ha una valenza deterrente e
sanzionatoria nei confronti del dipendente il cui fondamento sussiste
nel “notevole inadempimento degli obblighi contrattuali” accertato
in capo al medesimo; la facoltà accordata al datore di lavoro di
rescindere unilateralmente il contratto di lavoro al fronte di un grave
inadempimento della controparte è quindi giustificata da una rottura
più o meno significativa del legame di fiducia tra le parti. Meno
immediata è viceversa la ratio che sottende il giustificato motivo
oggettivo, in ragione del quale il rapporto tra le parti viene meno
nell’esclusivo interesse della parte datoriale e in assenza di un
3 Cass. 11.8.98 n. 7904: la suprema corte, nell'intento di fornire una definizione
compiuta delle tre diverse ragioni integranti il giustificato motivo oggettivo ex art. 3 della
l. 604/66, chiarisce che l'attività produttiva deve svolgersi secondo criteri di
ragionevolezza, l'organizzazione del lavoro deve mirare ad un proficuo impiego della
dotazione organica e il funzionamento delle strutture operative deve svolgersi secondo
regolarità.
4 U. CARABELLI e M.T. CARINCI, Il lavoro pubblico in Italia, ed. Cacucci 2013, p. 230
11
inadempimento imputabile al lavoratore. Le suddette giustificazioni
oggettive del licenziamento – sovente definite come “tecniche”,
“organizzative” e “produttive”
5
– sono accomunate da un’unica
ratio: l’inopportunità economica per il datore di lavoro di proseguire
un rapporto di lavoro piuttosto che recedere unilateralmente dal
contratto
6
. Infatti, il diritto dell’imprenditore ad esercitare
liberamente il proprio diritto all’iniziativa economica è garantito
dalla costituzione all’art.41.1: non è ammesso dunque il sindacato
del giudice nel merito delle scelte imprenditoriali che stanno alla
base del licenziamento di un dipendente motivato da ragioni
economiche, fintanto che queste non siano pretestuose o insufficienti
a sacrificare il diritto opposto del lavoratore alla stabilità del proprio
posto di lavoro. Questa prima sommaria ricognizione ci pone
numerosi problemi: sarebbe infatti lecito domandarsi in che modo il
giudice adito possa giudicare la legittimità del bilanciamento degli
opposti interessi in gioco senza entrare nel merito delle scelte
imprenditoriali, laddove una soglia di ragionevolezza al riguardo non
è mai stata codificata; non è banale nemmeno domandarsi se tale
soglia vada valutata esclusivamente basandosi sull’utile che
l’imprenditore dimostra di perdere fintanto che permanga il rapporto
di lavoro “dannoso” o se entri in gioco anche la qualità del
lavoratore subordinato, adattando la soglia in ragione del pregiudizio
sofferto dal lavoratore
7
(a causa della sua età, del suo carico di
famiglia o più in generale della sua scarsa probabilità di
5 M. TATARELLI, Il licenziamento individuale e collettivo, ed. Cedam 2012, p. 192
6 P . ICHINO, Sulla nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento, p. 3
12