INTRODUZIONE
Questo lavoro nasce con l’intenzione di avvicinare la concezione antropologica
plotiniana a partire da uno degli aspetti che più sta a cuore alla riflessione filosofica
moderna, ossia il tema della “coscienza”.
La ricerca affonda le sue basi in un filone di studi sul pensiero di Plotino che ha
avuto il merito di approfondire e isolare quello strano fatto che è la coscienza.
Il nostro lavoro si prefigge di chiarire, prima di ogni altra cosa, la situazione psichica
quale emerge dalle Enneadi, naturalmente senza tralasciare il compito, ineludibile ai fini
della comprensione, di esplorare il fenomeno della coscienza così come si manifesta ai
gradi più alti della gerarchia metafisica plotiniana. Per fare questo ci serviremo di
un’analisi, la più dettagliata possibile, dei quattro termini principali del vocabolario
della coscienza in Plotino, ovvero synaisthesis, synesis, antilepsis e parakolouthesis.
Perciò ad ognuno di questi termini verrà dedicato uno specifico capitolo; questi capitoli,
a loro volta, verranno suddivisi in paragrafi a seconda del trattato nel quale si trovano le
occorrenze che andremo a esaminare; alla fine di ogni capitolo, tramite una breve
conclusione, cercheremo di fornire un’interpretazione complessiva del significato del
termine ed un riepilogo generale dei suoi utilizzi specifici.
Questo costituisce la parte centrale della nostra tesi, che quindi si presenta come un
lavoro principalmente di commento e interpretazione, mosso dall’intenzione di rimanere
il più possibile fedeli al senso originale del testo.
Prima di addentrarci nell’analisi lessicale, abbiamo deciso di riservare il primo
capitolo della tesi ad uno status quaestionis, dove poter riassumere le acquisizioni già
raggiunte dagli studiosi in questo campo di ricerca, ed evidenziare le questioni ancora
aperte. A questo fine sarà necessario selezionare solo alcuni articoli significativi; il
compito sarà facilitato dal fatto che, pur esistendo una discreta letteratura sul tema, si
può individuare, all’interno di questa produzione, un nucleo significativo di studi
generatisi, se così si può dire, uno di seguito all’altro, tanto che alla fine si può
5
affermare che esista un main stream interpretativo, abbastanza coerente e organico.
Se all’inizio della nostra tesi ci dedicheremo a questa esposizione dello “stato
dell’arte”, nel capitolo conclusivo intitolato “considerazioni finali”, cercheremo invece
di proporre una visione d’insieme nella quale interpretare tutti i termini designanti la
coscienza, già analizzati singolarmente, secondo un quadro unitario; e, dove possibile,
riprenderemo le teorie di alcuni studiosi, discutendole con maggior cognizione di causa.
Esiste poi un altro filone di ricerca al quale la nostra tesi si richiama e nel quale,
secondo un certo punto di vista, potrebbe anch’essa inserirsi. Ci riferiamo a quegli studi
che hanno esplorato il tema dell’individualità umana in Plotino ovvero il problema
dell’“io”, e ciò facendo hanno dovuto confrontarsi con numerosi nodi irrisolti, o
affermazioni apparentemente contraddittorie, prima di giungere ad un’interpretazione
complessiva esauriente. Sicuramente fra questi “nodi”, merita menzione quello
dell’anima non discesa: noi come tale non lo affronteremo direttamente, ma avremo
modo di sfiorarlo più d’una volta, specialmente nella discussione sull’autocoscienza,
che chiama in causa il cammino ascensionale di riunificazione con il proprio autentico
“sé”.
Per quello che concerne il tema dell’individualità, anche la discussione sulla
memoria sarà di nostro primario interesse, e i motivi sono diversi: primo fra tutti il fatto
che la memoria, secondo Plotino, è il prodotto di una facoltà peculiare dell’anima
umana, ossia quella immaginativa, che presiede o è in varia misura implicata nell’essere
consci. Sarà nostro compito quindi cercare di approfondire tali dinamiche e mettere in
giusto risalto la loro centralità.
Un altro motivo che rende così importante il tema della memoria per la nostra
ricerca, è il nesso istituito da Plotino tra la memoria stessa e la vita attiva dell’uomo
incarnato, in quanto essa permette all’io di mantenere un’immagine di sé che dura nel
tempo e permette perciò che all’uomo possa venire attribuita in maniera peculiare una
certa storicità e un forte legame col suo proprio vissuto; legame questo che potrebbe
avere delle ripercussioni notevoli sulla coscienza quotidiana dell’uomo.
Oltre a questi temi già menzionati, certamente la nostra tesi non potrà fare a meno di
affrontare la tematica delle percezioni, e tutto ciò che è legato alla capacità dell’uomo di
“avere un mondo” cogliendolo attraverso i sensi fisici, oltre che un mondo interiore
6
formato a partire da ciò che proviene dalla mente o dal regno dell’interiorità. A questo
proposito bisognerà cercare di proporre alcuni schemi interpretativi all’interno dei quali
vedere che ruolo giochino i vari nomi della coscienza, vocaboli per i quali sarà
necessario giungere a definire, ove possibile, alcuni usi caratteristici.
Un’altra importante discussione che sta sullo sfondo del presente lavoro concerne il
tema della coscienza dell’Uno. Tema dibattuto e fonte di numerose aspettative, vista e
considerata la portata “assoluta” del protagonista primo di questa speculazione, ovvero
la Prima Ipostasi plotiniana, perno e meta di tutto lo sforzo dialettico del filosofo.
Alcune domande fondamentali come quella intorno alla possibilità che l’Uno possieda
una coscienza di qualche tipo, o non la possieda affatto, si affacceranno nella nostra tesi;
avremo modo di rileggere i luoghi più significativi da cui partire per dare risposta
conveniente anche a questo interrogativo.
I temi finora menzionati (anima non discesa, memoria, teoria della percezione,
coscienza dell’Uno) non saranno trattati singolarmente nel corso del nostro lavoro, ma
saranno via via discussi non appena il commento dei brani scelti ci obbligherà a operare
delle ricostruzioni più ampie, pena l’impossibilità di contestualizzare il vocabolo che
sarà via via oggetto della nostra attenzione; infatti, giova ripeterlo, il metodo impiegato
in questa tesi sarà principalmente il commento dei brani in cui si trovano inseriti i
termini che costituiscono il campo semantico della coscienza. Certamente questo
metodo ermeneutico talvolta potrà lasciare degli interrogativi irrisolti sul sistema
generale di Plotino (se di sistema si può parlare), ma ciò sarà inevitabile vista la
necessità di circostanziare un tema che in realtà è inestricabilmente connesso all’intero
pensiero del nostro autore. In ogni caso noi ci diremmo soddisfatti qualora fossimo
riusciti a fornire, di un vocabolo specifico, un’interpretazione storicamente attendibile,
in linea con gli intenti del filosofo e capace di trasmetterne ancora lo spirito autentico.
7
1
GLI STUDI SUL TEMA DELLA COSCIENZA IN PLOTINO
Il tema della coscienza in Plotino, per essere affrontato efficacemente, esige prima di
tutto un approfondimento terminologico. Non esiste, infatti, nella sua opera un unico
corrispettivo per la parola “coscienza”, ma numerosi termini, di etimologia diversa, che
possono essere tradotti con la parola suddetta. Lo sforzo di isolamento, elencazione e
chiarificazione dei termini appare perciò necessario. Tutti gli studiosi che si sono
occupati della questione non hanno potuto eludere questo compito preliminare, al fine di
arrivare poi a delle considerazioni storiografiche, psicologiche o esistenziali e magari
tentare delle attualizzazioni.
In questo primo capitolo tenteremo di tracciare uno status quaestionis. Non si può
infatti dire che il tema della coscienza sia stato tralasciato nella letteratura. I primi studi
storiografici che affrontano la tematica con un certo rigore filologico risalgono agli anni
Trenta del secolo scorso. Procederemo quindi in maniera cronologica cercando di
sintetizzare le peculiarità degli studi e delle pubblicazioni prese in esame, sottolineando
via via differenze, convergenze e nodi irrisolti.
1. Henry Van Zandt Cobb
Henry Cobb, professore alla Yale University, in una brevissima ma significativa
pagina del 1938, intitolata The concept of consciousness in Plotinus
1
, sottolineava alcuni
aspetti importanti circa il concetto plotiniano di coscienza. Innanzitutto egli affermava
che Plotino possedeva la nozione di un centro unificante nel quale i vari fenomeni
soggettivi, dalla sensazione (aisthesis) all’unione mistica (henosis), possono essere
contenuti e riassunti. Insomma Plotino sarebbe il primo autore a utilizzare un concetto
fondamentale entro il quale racchiudere la vita interiore dell’uomo nelle sue forme più
1. H. VAN ZANDT COBB, The Concept of Consciousness in Plotinus, in «Transactions and Proceedings of
the American Philological Association», 69 (1938), p. 32.
9
diverse, dal rapporto col mondo esteriore fino all’unione con il divino.
Ma prima di continuare è meglio chiarire che una parola univoca per indicare questo
concetto in Plotino non esiste; insomma gli autori moderni traducono con “coscienza”
una serie di vocaboli diversi di cui Plotino si serve senza intenzioni sistematiche.
Cobb ne era consapevole: si trova infatti nel suo scritto una prima lista di termini
significativi. Tra questi spicca antilepsis, usato largamente soprattutto per esprimere la
consapevolezza o coscienza di un oggetto, a cui fanno capo parole come dianoia,
aisthesis, noesis. Lo studioso americano suggeriva quindi che, a fronte di una
descrizione maggiormente impersonale delle facoltà psichiche, tipica dei pensatori
precedenti peripatetici o stoici, in Plotino si assiste a una soggettivazione di tali attività.
Altri termini rafforzano questa visione: synaisthesis e parakolouthesis su tutti. Essi
esprimono una coscienza apertamente riflessiva degli stati soggettivi dell’anima.
Non ci è possibile approfondire di più lo studio di questo autore, vista la mancanza di
documenti in nostro possesso, benché crediamo che in questo documento egli abbia
riassunto i frutti di uno studio più ampio risalente al 1936 e intitolato consciousness and
the self in the philosophy of Plotinus and its relations to greek thought.
Di certo possiamo subito dire che l’attenzione degli studiosi sul tema, andrà sempre
più concentrandosi nel cercare di comprendere quale logica sottostia all’utilizzo di
vocaboli diversi che fa Plotino nel parlare di ciò che noi moderni avremmo unificato
genericamente sotto la parola “coscienza”. Tutto questo sarà reso possibile da un
approfondimento filologico sempre più accurato, volto a chiarire e specificare
l’universo concettuale plotiniano, tutt’altro che semplice e sistematico.
Un’altra conclusione, che ci viene spontanea leggendo la pagina di Cobb, è che
sempre di più Plotino verrà ad assumere una posizione centrale negli studi sulla
coscienza. La sua opera verrà considerata in misura crescente uno snodo di primaria
importanza storica per l’intero pensiero occidentale, uno snodo che precisamente segna
un albeggiare, il sorgere di un pensiero cosciente, di un pensiero capace di farsi carico
di sé stesso e condursi alla salvezza.
10
2. Hans Rudolf Schwyzer
Il primo articolo fondamentale sul tema, risale al 1960 e il suo autore è Hans Rudolf
Schwyzer
2
. Sua intenzione è chiarificare attraverso un lavoro filologico le parole che
rimandano al concetto di coscienza. A questo riguardo Schwyzer inizia un excursus
storico a partire dai documenti letterari più antichi della grecità, ovvero i testi omerici,
dove fanno già la loro comparsa dei termini che indicano la coscienza dell’eroe, il suo
essere consapevole del destino tragico che lo riguarda. Iniziano ad essere utilizzate
parole con un campo semantico preciso, caratterizzate dalla particella greca syn la quale
è normalmente tradotta in italiano con le espressioni “insieme a” o “con”. Tutto questo
rivela che il cammino della coscienza ha radici molto antiche e fin dall’inizio è orientato
alla descrizione di un processo di partecipazione che accade all’anima. Nonostante il
concetto di coscienza esista, è raro trovare documenti in cui prenda un carattere
marcatamente riflessivo o venga a costituirsi come uno stato interiore. È più facile
imbattersi nell’uso di questo termine al fine di caratterizzare una coscienza morale o una
conoscenza obiettiva di un oggetto, talvolta contrapposta all’ignoranza. In ogni caso,
mentre gli antichi filosofi, tragediografi o poeti, come Saffo avevano prediletto termini
come synesis, synoida, eidesis e syneidesis (quest’ultimo poi particolarmente importante
grazie al calco che ne fece il latino con conscientia e il tedesco con Gewissen), al
contrario Plotino se ne servì in misura minore, in taluni casi mai; emblematica in questo
senso è l’assenza nella sua opera del termine syneidesis, che invece Platone aveva usato
frequentemente.
L’analisi di Schwyzer dimostra due cose: l’indipendenza e potremmo dire la
creatività di Plotino da una parte, e gli evidenti debiti della sua opera con la temperie
culturale e filosofica del suo tempo. Per questo risulta necessario, nel tentativo di
comprendere il suo vocabolario concettuale, esaminare i testi della Stoa e l’opera di
Alessandro di Afrodisia; qui si assiste all’utilizzo sempre più preciso del termine
synaisthesis, che viene così ad assumere precise valenze filosofiche, caratterizzando la
percezione consapevole. Il campo semantico si avvicina più marcatamente al concetto di
sensazione e ad una dimensione concettuale legata alla corporeità.
2. H. R. SCHWYZER, Bewusst and Unbewusst bei Plotin, in Aa. Vv., Les sources de Plotin, Fondation
Hardt, Vandoeuvres-Genève 1960, pp. 343-378.
11
Una volta appurata la derivazione di tale termine, Schwyzer dimostra come Plotino
lo estenda non solo alla coscienza di tipo sensoriale di due cose diverse
contemporaneamente, o alla uguale percezione di un oggetto da parte di due soggetti
distinti, ma anche alla coscienza del proprio corpo e delle sue affezioni, vissute come
qualcosa di proprio, qualcosa che ci appartiene e in qualche modo forma la nostra unità.
In ogni caso però questa coscienza rivela una molteplicità, un convenire assieme di
più cose. In questo senso essa è indice di una ancora non completa unità, di una
manchevolezza; dell’Uno infatti si predica la coscienza (synaisthesis) solo per analogia
(hoionei, “come se”), in quanto esso è propriamente aldilà di ogni coscienza di sé.
È infatti da sottolineare come Schwyzer riconosca vari utilizzi della parola
synaisthesis, che si applica a una varietà di livelli di coscienza molto diversi; appunto,
quello estremo è proprio quello dell’ipostasi prima.
L’articolo di Schwyzer ha il merito di fare una disamina lessicografica accurata e di
sollevare un problema serio: in numerosi passi dell’opera di Plotino la coscienza è vista
con sguardo negativo, questo come si spiega? Forse con un invito verso la non-
coscienza? Come un dispregio delle qualità razionali dell’uomo? Schwyzer risponde
isolando un’altra parola significativa, parakolouthesis. Essa indica una forma di
coscienza che può essere sia buona che cattiva, ma il più delle volte segna una distanza
dall’esperienza che si vive una volta superata la dimensione sensoriale; finché permane
la parakoluthesis non c’è unione col mondo spirituale. Insomma la synaisthesis poteva
indicare anche la coscienza dell’Intelletto, mentre la parakoluthesis no, anzi essa è
indizio che si è ancora ad un livello inferiore, in qualche modo da superare (prova ne sia
che essa viene decisamente negata all’Uno). Perciò in questo caso è auspicabile una
forma di non-coscienza, che però non è una totale caduta nell’ignoranza bensì un
immersione in un livello ancora più alto di conoscenza, prima impossibile.
Schwyzer inoltre fa notare che, esperienze di coscienza dormiente o
inconsapevolezza, sono anche quelle dell’anima del mondo o della natura. Esse non
conoscono un’esperienza paragonabile alla nostra veglia e, utilizzando un’analogia,
sono come dormienti: tuttavia immerse in questa condizione portano a compimento la
loro attività in maniera mirabile.
Anche l’uomo vive qualcosa di simile quando, immerso in particolari attività,
12