Partiamo anzitutto da una descrizione antropologica dei
parlanti caló: i gitani, ossia ne consideriamo le peculiarità
socioculturali che scopriamo essere completamente estranee
al contesto europeo e in particolar modo ci interessiamo di
una determianta parte di questa etnia localizzatasi nell’area
della bassa Andalusia
3
, intorno alle città di Sevilla e Cádiz, la
quale viene denominata flamenca.
La necessità di considerare specificitamente il gruppo de
los flamencos viene motivata dal fatto, che è stata la
convivenza con questa determinata area autoctona spagnola,
mossa a un certo punto dall’interesse payo
4
, verso suddetta
minoranza sociolinguistica starniera, chiamato afición, a dar
luogo, come vedremo, non soltanto al fenomeno artistico del
flamenco
5
, ma soprattutto a permettere che i cosídetti
3
L’area della riva sinistra del fiume Guadalquivir fra le città di Sevilla e Cádiz, P. Peña Fernández
(1999) «los gitanos flamencos», gitanos: historia y cultura en la baja andalucía, II curso de Otoño de la
Universidad de Cádiz en Jerez de la Frontera, edita Servicio de publicaciones, Ayuntamiento de Jerez, p.
60.
4
F. Botey, Lo Gitano, una cultura folk desconocida, Barcelona, editorial Nova Terra, 1970, p. 55; Il
termine Payo: persona che non appartiene alla razza gitana e equivale nei contesti delinquenziali anche al
termine castigliano policía, B Helzle- Drehwald, Der gitanismo im spanischen Argot, Librairie Droz S.
A., Geneve, 2004, p. 297.
5
Il Flamenco o arte nuevo Per differenziarlo dal folklore classico dei coros ossia dei balli a due si
sviluppa storicamente fra il XVIII e il XIX secolo nel periodo della riagrarizzazione andalusa a opera
delle classi basse. Questo è stato possibile grazie all’interesse che la costruzione culturale borghese ha
mostrato interesse verso queste classi attraverso la «vuelta al pasado», ossia verso il «popolare» in
rapporto alla modernità. Pur restando ignote le cause che lo hanno prodotto, il loco primitivo delle prime
manifestazioni flamenche, ruota attorno alle città andaluse Sevilla, Granada, Cádiz, Cordoba in cui le
gitanismi
6
raggiungessero indirettamente proprio grazie alla
creazione del linguaggio funzionale del flamenco
7
, il
linguaggio spagnolo.
La progressiva convivenza del gitano con la realtà
sociolinguistica spagnola e il crescente contatto linguistico
8
a
seguito della sua sedentarizzazione sono state le cause
principali dell’alterazione linguistica del caló o meglio,
dell’ulteriore degenerazione della struttura linguistica della
sua lingua originaria romaní, già contaminata durante il
nomadismo dalla penetrazione delle interferenze linguistiche.
Ci prefiggiamo perció di classificare la natura linguistica più
cronache storiche fanno referenza a balli, a canti ovvero a quel quejío o modo di cantare tragico e tortuoso
localizzato fra gitani del Barrió sevillano di Triana «se inicia el dicho canto con un largo aliento a lo que
llaman queia de Galera» che sorgeva perció intorno al 1840 fra i vicoli dell’intimità della vita domestica
gitano andalusa. La sua spettacolarizzazione avviene dopo circa trent’anni nei salones o café de cante sul
modello parigino, riservati a pochi iniciados, a pochi adepti: los cabales le cui riuniuni alternavano alla
conversazione l’esibizione del cante, Cfr., R. Molina, Cante Flamenco, Madrid, Taurus, 1965; C. Cruces
Roldán, (2000) «El flamenco», Cultura Andaluza, vol. 6, ed Tartessos, Sevilla, p. 152. Sugli aspetti
sociolinguistici del flamenco si veda, M. Ropero Nuñez (2001), «Aspectos gramaticales en el lenguaje
especial del cante flamenco» Indagaciones sobre la Lengua: Estudios de filológia y lingüística en
Memoria de Emilio Alarcos,cit., p. 459.
6
Il termine gitanismo indica un modo di dire proprio del parlare gitano, Diccionario de la lengua
española (Real Academia Española), Vigésima 2ª ed., Madrid, Editorial Espasa Calpe, 2001, p. 1138.
7
M. Ropero Nuñez, (2001) «Aspectos gramaticales en el lenguaje especial del cante flamenco»
Indagaciones sobre la Lengua: Estudios de filológia y lingüística en Memoria de Emilio Alarcos,
Editoras Ménendez E. J. Mendoza, Y. Congosto, Universidad de Sevilla, Segretariado de Publicaciones,
Sevilla, p. 457.
8
Linguisticamente si intende con contatto linguistico l’uso alternativo da parte delle stesse
persone di due o più lingue. Si intende invece con interferenza la risistemazione della struttura linguistica
causata dall’intromissione di elementi stranieri nei domini della lingua piú complessamente strutturati ad
esempio nella maggior parte del sistema fonemico, in gran parte della morfologia e della sintassi e in
certe aree del lessico, U. Weinreich, Lingue in contatto, con saggi di Francescato, Grassi, Heilmann,
editore Boringhieri, Torino, 1974, p. 3.
appropriata del caló ossia se sia possibile ritenerlo una lingua,
dialetto, habla
9
o altro ancora. Nel far ció ci serviamo della
formulazione e del confronto dei concetti elencati, tenendo
conto della difficoltà di questa operazione scientifica a
seguito dell’indeterminazione terminologica accertata spesso
nelle documentazioni su queste tematiche.
Valutando però che il caló si sviluppa in una minoranza
linguistica, la rappresentazione della sua variazione
linguistica prende in questo senso, una piega decisamente
diastratica, condizionata cioè dalla differenzazione sociale del
parlante e dalla quale emerge che il caló fa parte dei
cosíddetti dialetti sociali o socioletti, di cui chiariamo
sostanzialmente il significato.
Allo stesso tempo notiamo quali siano forze che agiscon nel
processo interferenza linguistica gitano spagnola.
Raggiunto questo punto, la nostra operazione scientifica si
proietta sulla mutua influenza sociolinguistica gitano
andalusa che oltre a permettere l’infiltrazione dei gitanismi
9
«Habla es la facultad de hablar, idioma, lenguaje, dialecto», DRAE= Diccionario de la Lengua
española por la Real Academia Española, 19ª ed., Madrid, Real Academina Española, 1970, p. 691; Cfr. ,
J. Casares, Diccionario Ideologico de la lengua española, Barcelona, Editorial Gustavo Gili, 2ª ed., 1971,
p. 438.
nello spagnolo attraverso l’afición ha dato vita a un vero e
proprio linguaggio ibrido: la lingua speciale del Flamenco.
Di quest’ultima il lessico caló è uno degli elementi
costitutivi insieme con il dialetto andaluso e con alcune
varietà gergali o argotiche
10
spagnole e la condizione di
interferenza linguistica costante tanto, con il castigliano
quanto con le varietà popolari spagnole, è palesemente
evidente nell’estensione semantica o di significato dei termini
caló o in altri termini, in un aspetto particolare
dell’interferenza linguistica che ha portato i gitanismi a
estendere e nel caso della lingua flamenca a specializzare, il
proprio significato. Di queste estensioni riportiamo alcuni
esempi concreti presenti nel linguaggio popolare spagnolo.
La presenza di lessico caló nel linguaggio speciale del
Cante Flamenco
11
è stata profondamente investigata dal
Professore Miguel Ropero Nuñez
12
, il quale ha svolto attività
10
C. Clavería, Estudios sobre los gitanismos del español, Revista de Filología Española, Anejo
LIII, Madrid, CSIC, 1951, p. 18.
11
Cosí venivano denominati i canti degli hebreos secretos de España dai loro correligiosi emigrati
in Olanda per timore di essere inquisiti, C. Clavería, Estudios sobre los gitanismos del español, Revista
de Filología Española, Anejo LIII, CSIC, Madrid, 1952, cit. , p. 23.
12
M. Ropero Nuñez, attualmente in pensione, ha svolto l’attività di Profesor Titular di Filología
Andalusa presso la Facultad de Filología de Sevilla in Spagna e che abbiamo avuto il piacere di
conoscere nel corso dell’Anno Accademico 2005- 2006 direttamente in Spagna. Il suo lavoro di ricerca
di studio sul corpus del Cante Flamenco tradizionale e ha
organizzato un vero e proprio elenco di voci lessicali caló che
dimostrasse l’influenza del gitano in quel contesto linguistico
determinato.
Dal canto nostro, abbiamo recuperato l’indice di Ropero,
utile al nostro lavoro, perché da un lato è la prova
inconfutabile della conservazione cristallizzata dei termini
caló, quali elementi letterari del Cante e dall’altro, un
modello da seguire in riferimento alla frequenza delle voci
caló trovate nel corpus inedito che abbiamo esplorato.
Il nostro studio, infatti termina con il riconoscimento e
l’esposizione tanto etimologica (dove possibile), quanto
semantica delle voci lessicali caló contenute nel corpus della
discografia di un interprete flamenco di razza gitana e dunque
coerente alle tematiche del nostra realizzazione scientifica, in
quanto personificazione e simbolo dell’etnia di cui ci siamo
interessati, nonché simbolo dell’innovazione del Cante
sociolinguistica è stato basato fondamentalmente sul riconoscimento della presenza di lessemi caló in ben
20. 000 coplas del Cante Flamenco Tradizionale e in questo studio abbiamo fatto spesso referenza
all’attendibilità del suo lavoro, M. Ropero Nuñez, El léxico caló en el lenguaje del cante flamenco, 1991,
cit.
contemporaneo: il cantaor flamenco José Monje Cruz, per
molti Camarón de la Isla
13
.
13
José Monje Cruz soprannominato «El Camerón de la Isla» nasce il 5 di Dicembre del
1950 nella Città di San Fernando anticamente Real Isla de León nei pressi di Cádiz, nel barrio de Las
Callejuleas, al numero 29 della calle del Carmen e muore il 2 giugno 1992 per una neoplasia polmonare a
Badalona o popolarmente detta Can Ruti all’età di 41 anni. S Fernando è chiamata volgarmente «la Isla»
per via delle acque che la circondano: a ponente dal Mar Atlantico, a Levante dalla Bahía de Cádiz, a Sud
dal caño de Sancti Petri e a Nord le Salinas. José è il settimo degli otto figli della gitana Juana Cruz
Castro di famiglia cantaora e canestera de la Isla e del gitano Juan Luis Monje, fragüero e oriundo di
Conil de la Frontera. Il pijote chico cosí come veniva affettuosamente chiamato in famiglia (pijo designa
in andaluso il sesso maschile) è stato un bambino prodigio in quanto cantaor profesional già all’età di 14
anni. Ma perché questo soprannome?. Camaron viene scelto tanto in riferimento all’omonimo crostaceo
presente nella zona della Isla, quanto alle caratteristihe fisiche sui generis rispetto alla razza gitana. José
infatti è biondo e con la pelle chiara. Il Talento verso il cante gli viene tramandato nell’ambiente
domestico «En mi casa todos han cantado y bailado, aunque no fueran artistas. Mi padre, mi madre, mis
hermanos[...]». Camarón inizia a interpretare pubblicamente nella Venta de Vargas gestita dal gitano,
poeta, cantaor José Vargas Vargas detto el Mono de Jeréz. Siamo negli anni sessanta, nei quali il
flamenco tradizionale viene restaurato attraverso i festival, i concorsi e in concomitanza sono gli anni in
cui il cantaor de la Isla fa il suo debutto artistico. Il rubio gitano José con barba lunga, tatuaggi (sulla
mano sinistra aveva il tatuaggio di una stella a sei punte, simbolo della stella di David e una luna calante,
simbolo arabo Al Kamarun, ossia il risorgimento arabo) e anelli alle mani, enigmatico, sensibile, umile,
discreto, silenzioso, umano «Personaje callado, tímido, taciturno […] de cuando en cuando, decía frases
geniales y que tenía un corazón de oro macizo[...]», ma soprattutto da buon gitano, marito fedele della
gitana Dolores Montoya, amorevolmente soprannominava: Chispa o anche Bizca; registra dal 1968 al
1977 dieci dischi con la collaborazione del chitarrista Paco de Lucía e dal 1978 con La leyenda del
Tiempo accompagnato dal chitarrista Fernández Torres, «Tomatito» rinnova, attraverso l’introduzione di
strumeti appartenenti a generi diversi (batteria, chitarra elettrica ecc…) il flamenco tradizionale
apportando e integrando generi musicali contemporanei e stranieri come il pop, il rock, il reggae anche se
il flamenco puro, jondo come egli stesso ammetteva viveva nella propria «sangre», essendo un gitano. A
prescindere dal periodo di tossicodipendenza per cocaina e eroina negli anni ottanta vivendo ne «La
linea» il luogo natale della moglie, centro del traffico di coca dalla Colombia e dal Perú e dell’eroina
turca che combattè in nome della propria dignità gitana, la scomparsa precoce dell’interprete del
neoclassicismo flamenco lascia un vuoto incolmabile non soltanto fra «fratelli» gitani e andalusi, ma
anche a livello Internazionale (New York, Parigi, Svizzera avevano infatti goduto delle sue
«actuaciones»). Durante il funerale più di trecento gitani, insieme ai 15000 payos sollevarono il grido
unanime «se ha ido el flamenco, Gitano, gitano». La dolcezza, l’educazione, la sensibilità, la semplicità di
José Monje sono visibili nelle parole dell’ultimo sospiro regalato al mondo: «Omaita mía, qué es lo que
me pasa a mí». A distanza di tre anni dalla scomparsa è stata istituita di fronte alla Venta de Vargas la
«Peña Camarón de la Isla» una sorta di luogo culto con foto e documentazioni autentiche su «él de la
Isla», Queste informazioni bibliografiche sono tratte da, L. Fernández y José Candado, Camarón
biografía de un mito, Barcelona, ed. RBA, 2002; E. Montiel, Camarón, vida y muerte del cante,
Barcelona, ed. B, 1994; A. Rodríguez Sánchez, Camarón. Se rompió el quejío, Madrid, ed. Nuer, 1992.
1 GITANI
1. 1 Il Dron
Il moto, la dinamicità, il viaggio sono i trattti salienti del mondo
etnolinguistico attorno al quale ruota il nostro studio e che
crediamo possa essere simbolicamente rappresentato da un
termine altrettanto singolare:dron o drom
14
.
La parola greca allude alla migrazione, all’esodo intorno l’
anno Mille Dopo Cristo che coinvolse gli antenati del gruppo
sociolinguistico del nostro studio:i gitani
15
.
Questi furono costretti a abbandonare, per cause tutt’ora poco
chiare, la terra nella quale vivevano stabilmente e a vagare per
l’Europa, l’Asia e il resto del mondo
16
senza arrestare ancora
questo movimento umano.
14
Il termine drom corrisponde al sanscrito dram e significa correre, rincorrere. W. R. Rishi,
Multilingual Romaní Dictionary, Chandigaarh, India, 1974 indica il genere maschile greco con δρομοξ,
cfr., M. Román Fernandez, (1995) «Aportaciones a los estudios sobre el caló a España», Quaderno de
filología, ed Román Fernandez Mercedes, Valencia Universidad, Facultad de Filología, p. 148; Il termine
deriva dal greco dromos e significa in castigliano camino, B. Leblon, «Los Gitanos», Historia del
Flamenco, Tomo I, ed J. L. Navarro y M. Ropero, Sevilla, edición Tartessos, 1995, p. 153.
15
Gitano= Etnia, razza di un gruppo errante, privo di domicilio, la cui origine è il Nord dell’India
e non l’Egitto, DRAE= Diccionario de la Lengua española por la Real Academia Español, 1970, cit., p.
666; Fra le principali attività lavorative del gitano: il traffico di cavalli, la costruzione artigianale di ceste
o nell’accezione castigliana, cestería. Cíngaro designa invece, lo zingaro dell’Europa Centrale, M.
Molier, Diccionario del uso del Español, Editorial Gredos, Madrid, 1970, p. 631 e p. 1399.
16
Il territorio indiano abbandonato dai gruppi in questione corrispondono all’attuale Pakistan,
Afghanistan e Iran, A. E. L. Rizo, (2005), «Apuntes sobre la comunidad gitana española: Breves trazos de
Abbiamo ritenuto opportuno non trascurarne la sua conoscenza
in quanto ci fornisce la prima caratterizzazione sociale del
gruppo: il nomadismo, che come avremo modo di appurarre
condizionerà significamente, i loro stessi processi sociolinguistici.
Da qui sorge la necessità di domandarsi dunque da dove si sia
originato il dron e quali siano state le sue cause possibili.
In generale le sfaccettature interpretative sul dron sono
molteplici, dalle presunte catastrofi atmosferiche alle periodiche
invasioni straniere
17
e soprattutto quest’ultime sembrano essere le
cause più plausibili del fenomeno migratorio, come documenta il
lavoro realizzato dall’Unión Romaní di Seviglia, la cui
attendibilità non può essere confutata, in quanto la stessa attività
di ricerca è stata svolta in un contesto istituzionale gitano,
essendo l’Unión Romaní una delle Associazioni non governative
presenti in Spagna gestite dagli stessi gitani
18
.
su Historia en conexión con el contexto Europeo», Diálogos Revista Electrónica de Historia, vol.6, n.
001, Universidad de Costa Rica San Pedro de Montes de Oca, Costa Rica, pp. 179- 229.
17
Cfr. A. E. Rizo López, (2005), «Apuntes sobre la comunidad gitana española: Breves trazos de
su Historia en conexión con el contexto Europeo», Diálogos. Revista Electrónica de Historia, cit., p. 182.
18
La maggior parte di queste associazioni si raggruppano in federazioni di cui la più importante è
la FARA (Federación de Asociaciones Romaníes de Andalucia) che insieme con la Unión Romaní
fornisce un notevole programma di mediazione fra le istituzioni pubbliche e la popolazione gitana quali la
scolarizzazione infantile e l’assistenza legale, J. F. Gamella, (1999) «Los Gitanos andaluces. Una minoría
étnica en una encrucijada histórica», Demófilo: Revista de cultura tradicional de Andalucía, (30),
Universidad de Granada, p. 26;I gitani hanno dal 1933 la propria bandiera. Essa è suddivisa in due colori:
nella parte superioredi colore azzurro, simbolo del cielo e dei valori spirituali e nella parte inferiore di
colore verde, in riferimento alla terra e ai valori materiali. Ha il simbolo di una ruota a sedici raggi che