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IL SIGNIFICATO DI
“ECONOMIA SOCIALE DI MERCATO”
In questa parte del lavoro si concentrerà l’attenzione sulla visione economica che
l’Unione Europea persegue alla luce di quanto scritto nel Trattato di Lisbona e alla
luce di quello che emerge da un’analisi della teoria economica che informa tale
concezione. Il primo articolo che parla della visione economica dell’Unione Europea è
l’art.3 terzo paragrafo del TUE che sancisce: «L’Unione instaura un mercato interno. Si
adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica
equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente
competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato
livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa promuove il
progresso scientifico e tecnologico».
Nel definire gli scopi dell’Unione, il Paragrafo, raggruppa tutti quegli obiettivi
che, prima delle modifiche da ultimo introdotte, caratterizzavano i tre pilastri. Si tratta
quindi di obiettivi comuni e trasversali a tutte le politiche e azioni
dell’Unione. La maggior parte di essi è simile a quelli già indicati in precedenza nei
Trattati, salvo, in qualche caso, una formulazione più precisa o più concreta.
L’enunciazione degli obiettivi fornisce una base importante per l’interpretazione
dei Trattati nella giurisprudenza della Corte, poiché «essi esprimono la
ragione stessa di agire delle istituzioni comunitarie.»
129
129
A cura di Antonio Tizzano, Trattati dell’Unione Europea II ed. Giuffrè. Milano. 2014. Pag.16 -
vedi anche P.Pescatore. Les Objectifs de la Communauté européenne comme principe d'interprétation
71
Va comunque anche detto che «è da escludersi, tuttavia, che tra i diversi obiettivi, possa
istituirsi una gerarchia, dovendo invece l’interprete operare di volta in volta un
bilanciamento degli interessi in gioco, in relazione alla peculiarità del caso concreto»
130
e questo è molto importante perché sarà una base fondante dalla quale partire per capire,
anche al di là delle formulazioni delle disposizioni delle fonti europee, quali sono i
criteri di valutazione che poi la Corte di Giustizia usa nel risolvere i singoli casi concreti
che si presentano alla sua valutazione.
In questo paragrafo non trova più posto, rispetto alle formulazioni dei trattati precedenti,
l’indicazione della libera concorrenza quale caratteristica del mercato interno.
Il richiamo a questo principio non è più presente nel paragrafo a causa delle pressioni
che il governo francese fece nel Consiglio Europeo del giugno del 2007. Dal punto di
vista sostanziale non cambia però nulla, perché un richiamo alla libera concorrenza
compare negli articoli 119 e 127 del TFUE senza contare che c’è un protocollo allegato
al Trattato (prot. n.27) dedicato al mercato interno e alla concorrenza.
L’eliminazione del riferimento alla libera concorrenza tra gli obiettivi perseguiti
dall’Unione è dovuta al fatto che più che di un fine, si tratterebbe di un mezzo per la
realizzazione del mercato interno.
131
Successivamente all’istaurazione di un mercato interno, che è l’obiettivo principale
dell’Unione, il paragrafo passa a elencare i mezzi attraverso i quali questo verrà
realizzato e cioè attraverso «una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei
prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena
occupazione e al progresso sociale.»
dans la jurisprudence de la Cour de Justice. E.Bruylant. 1972. Pag.325 ss.
130
Patrizia de Pasquale. Libera concorrenza ed economia sociale nel Trattato di Lisbona. In Diritto
Pubblico Comparato ed Europeo. V ol.I anno 2009. Pag. 82 ss. – A cura di Antonio Tizzano, Trattati
dell’Unione Europea II ed. Giuffrè. Milano. 2014. Pag.16
131
R. Mastroianni, G. Strozzi. Diritto dell’Unione Europea: Parte istituzionale. 6 ed. Giappichelli.
Torino. 2013. Pag.35 – vedi anche J.-L. Sauron . Comprendre le Traité de Lisbonne. Gualino Editeur.
2007. Pag.30
72
Tutto il ragionamento, intorno al quale si svolge l’articolo e il paragrafo in questione, è
quello che si fonda intorno al concetto di ”Economia sociale di mercato” e quindi
bisogna capire esattamente che cosa esso significhi, per poter poi ragionare su quali
sono i principi economici ispiratori dei Trattati e su quali politiche effettivamente si
andrà a seguire nella legislazione ordinaria.
Il concetto di Economia Sociale di Mercato si riferisce alla teoria economica sviluppata
nel contesto della Germania post-bellica di Konrad Adenauer e Ludwig Erhard, dalla
c.d. scuola di Friburgo.
132
Gli economisti e anche i giuristi che fanno capo a questa scuola di pensiero, dei quali
occorrerà prendere in analisi alcune loro opere, sono anche chiamati “ordoliberisti”
secondo la definizione di liberismo ordinamentale che ritiene essere «una variante del
pensiero socio-liberale nata e sviluppata appunto dalla scuola economica di Friburgo:
l’ordoliberismo (o ordoliberalismo, la differenza di fatto non esiste negli altri paesi ma
solo in Italia per via del lavoro fatto da Benedetto Croce e Luigi Einaudi
133
) si basa sul
presupposto che il libero mercato e il laissez – faire da soli non risultano in grado di
garantire l’equità sociale e che senza di essa i singoli individui non possono operare in
condizioni di pari opportunità; lo Stato pertanto, deve tutelare la proprietà privata, la
libera iniziativa privata, e deve assicurare un livello minimo ed universale di protezione
sociale in tal modo facendosi garante del fatto che ogni cittadino possa effettivamente
godere di un pari trattamento di fronte alla legge.»
134
Questo nucleo principale di visione economica che nasce negli anni ’30, soprattutto da
teorici come Friedrich von Hayek e Walter Eucken non è una tradizione di pensiero che
132
Vladimiro Giacchè, Costituzione italiana contro Trattati Europei il conflitto inevitabile. Imprimatur.
Reggio Emilia. 2015pag.28-29. – A cura di Antonio Tizzano, Trattati dell’Unione Europea II ed.
Giuffrè. Milano. 2014 pag.18
133
A cura di Paolo Solari. Benedetto Croce, Luigi Einaudi. Liberismo e Liberalismo. Riccardo Ricciardi
Editore. Milano – Napoli. 1962.
134
Ralf Ptak, Neoliberalism in Germany: Revisiting the Ordoliberal Foundations of the Social Market
Economy, in The Road From Mont Pèlerin: The Making of The Neoliberal Thought Collective,
Cambridge, MA., 2009, pp. 124–25
73
può essere considerata un monolite, ma anzi le sue radici affondano in un terreno fertile.
Infatti Goldschmidt e Wohlgemuth ritengono che le basi gettate in quegli anni si
ritrovino in tutte le formulazioni successive e che nelle evoluzioni teoriche che
seguirono si possa comunque parlare di un certo «stile di pensiero Friburghese.»
135
Prendendo spunto da uno scritto di Goldschmidt che è l’introduzione al saggio di
Eucken del 1952 «Grundsatze der Wirtschaftspolitik» si possono individuare due
elementi costitutivi di fondo di tale teoria: Il primo è la sostanziale equivalenza tra il
concetto di funzione segnaletica del sistema dei prezzi di cui parla Eucken ed il concetto
di concorrenza come «processo di scoperta» sviluppato da Hayek: per entrambi i prezzi
sono il «principio ordinatore» del mercato
136
.
Un secondo aspetto che l’autore intende porre in evidenza è la critica di Eucken alla
posizione di coloro che ritengono che «la realizzazione e la pratica attuazione della
concorrenza perfetta possano avvenire per mezzo di una politica del laissez-faire. Al
contrario, spetterebbe allo Stato provvedere al mantenimento preciso delle regole di
gioco della concorrenza di prestazioni. Evidentemente, ciascun giocatore giocherà
singolarmente la sua partita e adotterà le sue singole mosse di gioco, questo significa
che dovrà essere garantito che i risultati del gioco di mercato corrispondano il più
possibile agli scopi e agli intenti degli individui interessati.
A tal proposito, secondo Eucken, alla formazione dell’ordine di mercato concorrono
principi costitutivi e principi regolativi, il cui unico compito è di mantenere in efficienza
un ordine della concorrenza.»
137
Sarà successivamente Alfred Muller-Armack in un saggio intitolato «l’economia sociale
di mercato», pubblicato nel 1956 a preparare il campo sul versante economico e politico
dell’analisi ordoliberale ed infatti è attribuita a lui la paternità della stessa espressione
135
A cura di Francesco Forte e Flavio Felice. Il liberalismo delle regole, genesi ed eredità dell’economia
sociale di mercato. Rubettino. Soveria Mannelli. 2016 pag. XVI.
136
Ivi. Pag.XVII e Pag.50
137
Ivi. Pag.XVII
74
«Economia sociale di mercato.»
Egli critica alla base il concetto di economia mista che comincia a sorgere negli anni ’50
che è caratterizzato da un elevato interventismo economico dello Stato.
La teoria dell’Economia Sociale di Mercato considera «il principio della concorrenza
funzionale, in quanto mezzo indispensabile di organizzazione delle società di massa,
solo se garantisce un chiaro ordine-quadro alla concorrenza stessa.»
138
Quindi anche per
Muller-Armack il problema economico ne presuppone uno di natura istituzionale: come
limitare al minimo gli ostacoli alla concorrenza? Come assumere i controlli sui
monopoli, sugli oligopoli e sui cartelli, al fine di garantire il massimo grado di
concorrenza possibile?
Il progresso sociale che si sarebbe dovuto ottenere grazie all’applicazione di questa
teoria economica, avrebbe dovuto passare attraverso misure di politica economica che
non sarebbero dovute essere in contrasto con la preservazione della libera concorrenza e
di tutti i corollari a essa susseguenti, ossia provvedimenti politico-istituzionali che non
avrebbero dovuto interferire con l’apparato del mercato.
139
Come ben si può vedere la scuola di Friburgo, al contrario di quanto dettato dal
liberalismo classico, concepisce un ruolo molto attivo dello stato nell’economia, ma il
suo ruolo non deve essere di natura redistributiva o interferire nelle regole della
concorrenza del mercato anzi al contrario viene elevata la concorrenza a principio
ordinatore e fondante del mercato e dello Stato il quale, attraverso l’inserimento di
regole ordinamentali (costituzionali?), quindi non facilmente modificabili dal potere
politico di turno, deve creare la cornice all’interno della quale tutelare la concorrenza, la
proprietà privata, la libera iniziativa economica.
Infatti Eucken afferma che «sarebbe scomparsa la fede nel fatto che attraverso una
138
Ivi. Pag.XVIII
139
Ivi. Pag.XVIII
75
politica economica del laissez-faire si sarebbe sviluppato un buon ordine economico
naturale. Di contro, la concentrazione di tutto il potere economico nelle postazioni
politiche centralizzate di programmazione consegna al governo dello Stato e
all’apparato dei funzionari un predominio impressionante su tutta la vita delle persone.
La vita verrebbe a perdere il proprio carattere privato e la diminuzione di libertà nella
decisione economica affievolirebbe anche il senso di responsabilità e con esso la libertà
per tutti. Al posto degli imprenditori avremmo i commissari e i funzionari pubblici che
guidano il processo economico; al lavoratore non resterebbe altro da fare che osservare
inerme le decisioni della “grande amministrazione centrale” ed essere ad essa
totalmente consegnato: Economia a gestione centralistica e libertà non sono conciliabili
l’una con l’altra.»
140
Per riassumere quanto detto dai teorici della scuola di Friburgo, Goldschmidt, attraverso
un manifesto scritto in promozione dell’economia sociale di mercato, che cominciava a
muovere i suoi passi, elenca quali sono le basi della sua teoria:
6. «Non vi è nessuna possibilità di perseguire collettivamente un nuovo ordine
ragionato senza che venga stabilita una nuova Costituzione che soddisfi
l’esigenza di principi etici.»
7. «Alla base di tale concezione c’è necessariamente il principio di concorrenza.»
8. «Esso va fondato sulla responsabilità degli attori economici e pertanto sulla
libertà del mercato e dei prezzi.»
9. «Occorre pertanto che lo Stato ponga chiare regole volte ad assicurare la parità
fra i vari operatori economici. Fra queste rientra il controllo delle concentrazioni
di poteri economici che, in particolare, mettono in pericolo il ceto medio.
Parimenti lo Stato dovrà difendere e favorire le economie familiari e di
autoconsumo.»
140
Ivi pag.XIX
76
10. «Solo nel caso in cui vi sia una chiara incapacità del mercato di funzionare in
modo concorrenziale soddisfacente, lo Stato potrà assumere l’esercizio di
imprese pubbliche o regolamentare l’esercizio di quelle private in modo
conforme al mercato.»
11. «La politica monetaria ha bisogno di stabilità, preferibilmente mediante
l’aggancio all’oro.»
12. «La politica fiscale deve basarsi sul divieto di importante debito pubblico.»
13. «Prezzi e salari corretti, in quanto risultanti da un genuino processo
concorrenziale, sono la miglior tutela contro la disoccupazione. Compito dello
Stato è solo di impedire i “salari di sfruttamento”.»
14. «La politica sociale non deve consistere meramente nella somma di singole
misure scoordinate, ma deve assicurare agli uomini una vera comunità. Allo
Stato compete di crearne i presupposti.»
15. «L’ordinamento economico va tutelato mediante norme di rango costituzionale
che ne fissino in modo chiaro i principi fondamentali.»
141
Da tutto questo si può ben capire che, fin dalla sua genesi, l’ordoliberalismo si pone
come un tentativo linguisticamente e ideologicamente mirato a rendere accettabile la
sostanziale realizzazione o rivincita del liberismo: cioè del governo del mercato
sull’intera società. E questo viene fatto, appunto, conservando la facciata del soggetto,
lo Stato strutturato, che era visto come la principale interferenza contraria a tale
realizzazione.
È ovvio che, nella fase del nazifascismo e del dopoguerra, questa strategia si poté
valere, certamente in Germania e, per certi innegabili aspetti in Italia, della coincidenza
dello Stato, con quello storicamente manifestatosi nel totalitarismo militarista e
guerrafondaio di tale epoca.
141
Ivi pag.LI
77
La legittimazione, addirittura pacifista, dell’ordoliberalismo poté quindi godere di
un’ambigua investitura “etica” di opposizione al totalitarismo.
In effetti, però, l’ordoliberalismo, al totalitarismo, non rimproverava affatto la
soppressione di quei diritti sociali, che erano in primo luogo le pretese di tutela dei
lavoratori che doveva mettere in campo lo Stato: queste pretese erano e sono viste
tutt’ora come odiosi e ingiustificabili “privilegi” che contraddistinguevano l’aspetto
negativo, e come tale sempre sacrificabile, della democrazia abbattuta dagli stessi
totalitarismi.
142
Una volta chiarito che cosa si intende per Economia Sociale di Mercato, si può
continuare l’analisi dei Trattati e risulta anche più chiaro a che cosa si siano ispirati i
redattori.
Infatti dopo le parole Economia Sociale di Mercato si specifica un’ulteriore qualità che
questa deve avere e cioè deve essere fortemente competitiva.
La prima cosa che viene da dire in questo caso è che molto probabilmente l’accento
posto sulla forte competitività contribuisce come parametro ulteriore di valutazione per
la Corte di Giustizia Europea, laddove venisse chiamata a pronunciarsi su questa parte
del trattato.
La seconda questione che si pone sotto questa locuzione è in che senso debba essere
intesa la forte competitività, se tra il Sistema Europeo in blocco e il mondo, o se
all’interno dell’Unione tra gli stessi sistemi economici dei singoli paesi che vi
aderiscono.
La logica vorrebbe che almeno dentro l’UE l’accento fosse posto sulla “cooperazione”
più che sulla “competizione” anche se l’esperienza degli ultimi 15 anni ha rilevato
142
Luciano Barra Caracciolo. La costituzione nella palude. Indagine sui trattati al di sotto di ogni
sospetto. Imprimatur. Reggio Emilia. 2015. Pag.161-162
78
esattamente il contrario.
143
Successivamente viene indicato che l’Economia Sociale di Mercato, fortemente
competitiva, mira alla «piena occupazione» e al «progresso sociale.»
Il concetto di Piena Occupazione che si ricava anche dalla lettura della nostra Carta
Costituzionale, ma che non viene condizionato da nient’altro, si trova in questo articolo
3 del TUE dopo il concetto della “stabilità dei prezzi” (di cui si parlerà in seguito) e
quindi come si vedrà risulta fortemente ridimensionato.
Infatti basta prendere in considerazione l’art.9 del TFUE dove viene sancito che «Nella
definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione tiene conto delle
esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di
un’elevata protezione sociale, e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della
salute umana.»
Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, viene indicato nell’art.1, «organizza
il funzionamento dell’Unione e determina i settori, la delimitazione, e le modalità
d’esercizio delle sue competenze.»
Questa disposizione sta ad indicare che nel TUE, testo di base dell’intera costruzione, si
ritrovano disposizioni relative agli scopi perseguiti dall’Unione e a questioni generali di
organizzazione di funzionamento, ad esempio inerenti al quadro istituzionale. Il TFUE,
invece, è un Trattato “servente” o, che dir si voglia, “strumentale” del TUE, che lo
integra, lo specifica, e lo rende operativo.
144
Esso contiene anche la disciplina specifica delle competenze dell’Unione, oltreché
alcune previsioni relative ai principi, alla cittadinanza, alle politiche dell’Unione, alle
azioni interne, all’azione esterna, alle istituzioni e al finanziamento dell’Unione.
143
Vladimiro Giacchè. Costituzione Italiana contro Trattati Europei, il conflitto inevitabile. Imprimatur.
Reggio Emilia. 2015. Pag.29
144
A cura di Antonio Tizzano. Trattati dell’Unione Europea II ed. Giuffrè. Milano. 2014. Pag.367 – vedi
anche G.L. Tosato, L’architettura del nuovo trattato. In Le nuove istituzioni europee. Commento al
Trattato di Lisbona. Nuova edizione riveduta e aggiornata. Il Mulino. Bologna. 2010. Pag.63