II
Introduzione
Lo scopo di questo lavoro è quello di illustrare il lavoro infermieristico nei Servizi
per le Tossicodipendenze e il rischio che maggiormente ne deriva, ovvero il
rischio di burn-out.
La tossicodipendenza è ancora un ambito poco conosciuto e circondato da
stereotipi e pregiudizi.
Sul territorio sono presenti dei servizi che agiscono appositamente per le persone
tossicodipendenti, dando sostegno psicologico, medico e farmacologico.
Uno di questi servizi, il Ser.T (Servizio per le Tossicodipendenze) è gestito da
varie figure professionali, tra cui l’infermiere, che svolge un ruolo centrale di
fondamentale importanza.
Come in ospedale, anche in questi ambienti sono presenti dei rischi lavorativi che
si ripercuotono sulla salute dell’operatore sanitario e che è opportuno analizzare
per prevenire prima, evitando così di dovere curare poi.
Con il presente elaborato si intende illustrare le attività che l’infermiere svolge
all’interno del Ser.T con un analisi approfondita sul rischio maggiormente
presente.
Il Servizio per le Tossicodipendenze merita di essere conosciuto nella sua totalità,
e anche ciò che succede al suo interno, così come la malattia professionale del
burn-out, che affligge sempre di più coloro che lavorano nelle professioni d’aiuto,
in particolare gli infermieri.
III
Con questa tesi si è anche voluto descrivere la figura del tossicodipendente, le sue
problematiche e le droghe principali che utilizza.
Partendo da una premessa in cui vengono spiegati tre termini che facilmente si
possono confondere, e cioè abuso, tossicofilia e tossicodipendenza, si giunge al
primo capitolo parlando del profilo del tossicodipendente e i servizi ad esso
dedicato.
Nel secondo capitolo vengono descritte tutte le malattie professionali in ambito
sanitario, soffermandosi su quelle che possono colpire l’infermiere nello specifico
del Ser.T.
Nel terzo capitolo sono elencate le figure professionali presenti all’interno del
Servizio per le Tossicodipendenze con la descrizione di tutte le attivit che
competono all’infermiere, ponendo l’accento sulla sua fondamentale importanza
per la buona riuscita del percorso di cura.
Nel quarto capitolo vengono trattate le emozioni che prova l’infermiere in un
contesto particolare e delicato come quello della tossicodipendenza, emozioni che
se non gestite correttamente possono sfociare nel burn-out.
Nel quinto e ultimo capitolo viene narrata la mia esperienza di tirocinio svolta
presso il Ser.T di Montichiari, esprimendo con occhio critico anche i sentimenti
che sono stati provati.
La tesi si basa su un’approfondita ricerca bibliografica e sull’integrazione con ciò
che è stato osservato ed imparato durante il percorso di tirocinio.
1
Una premessa: abuso, tossicofilia e tossicodipendenza
Prima di addentrarci nello specifico della figura del tossicodipendente, è
necessario conoscere la differenza tra i termini “abuso”, “tossicofilia” e
“tossicodipendenza”.
Questa distinzione permette infatti di capire chi sono coloro che si rivolgono ai
servizi per le tossicodipendenze e quali sono gli interventi infermieristici, medici
e sociali più adatti.
1. Abuso
Per abuso di sostanze stupefacenti viene inteso l’atteggiamento di coloro che
utilizzano in modo saltuario, occasionale e sperimentale le droghe. Pur facendolo
in modo spesso ripetitivo riescono a mantenere una giusta distanza dal
coinvolgimento emotivo con la sostanza stessa.
A causa del desiderio di trasgressione o del desiderio di identificarsi con gli idoli
del momento, assumono sostanze ricercandone il piacere intenso. Solitamente ciò
avviene in contesti particolari come feste, discoteche e rave, ed in compagnia di
amici e coetanei.
Nella stragrande maggioranza dei casi queste persone non presentano problemi se
non quelli comuni adolescenziali e della giovane età, che cercano di risolverli con
i mezzi e le modalità che la società di oggi gli offre.
L’aumento del numero dei consumatori che abusano, ha conseguentemente
determinato l’accrescimento della richiesta delle sostanze, e quindi un’immissione
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progressiva sul mercato di sostanze sempre nuove, prevalentemente sintetiche o
chimiche. Spesso queste sostanze non vengono assunte singolarmente, ma
vengono associate e combinate tra loro e/o con alcolici.
L’inizio dell’abuso non è quasi mai legato a problemi personali, ma bensì alla
curiosità propria degli adolescenti e dei giovani per paura dell’isolamento, della
stigmatizzazione da parte del gruppo, della diversità ed ovviamente la voglia di
trasgredire.
Sino agli anni ottanta le sostanze principali di riferimento erano l’eroina e la
cannabis. Oggi sul mercato è possibile trovare di tutto, in particolare cocaina e
droghe sintetiche.
Secondo il DSM-IV
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Per il Criterio B l’abuso di sostanze non comprende la tolleranza
, perché venga definito abuso, devono essere utilizzati due
criteri, il Criterio A e il Criterio B.
Stando al Criterio A il problema correlato alla sostanza deve essersi verificato
ripetutamente nello stesso periodo di 12 mesi oppure essere persistente.
Vi possono essere: reiterata incapacità di adempiere ai principali obblighi legati al
ruolo, uso ripetuto in situazioni nelle quali è fisicamente rischioso, molteplici
problemi legali e ricorrenti problemi sociali e interpersonali.
2
, l’astinenza
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o
una modalità d’uso compulsivo, include invece le conseguenze dannose dell’uso
ripetuto.
Ogni effetto dell’abuso dipende ovviamente dalla sostanza stessa.
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Andreoli Vittorino, Cassano Giovanni Battista, Rossi Romolo (2009) “DSM-IV. Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali” Milano: ed. Elsevier S.r.l.
2
Vedere paragrafo 3 “Tossicodipendenza” p. 4
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Vedere paragrafo 3 “Tossicodipendenza” p. 4
3
2. Tossicofilia
Con il termine “tossicofilia” si fa riferimento ad un comportamento rivolto alla
ricerca intenzionale e motivata delle sensazioni e degli stati mentali indotti
dall’utilizzo di sostanze psicotrope.
Si hanno effetti gratificanti di primo livello quali euforia, eccitazione,
disinibizione, analgesia e trasformazioni dello stato di coscienza e dell’umore.
La tossicofilia è la fase che precede la tossicodipendenza e la differenza
sostanziale è che la tossicofilia è la ricerca di un’esperienza psicologica, non
disgiunta dai meccanismi neurofarmacologi che la rendono possibile, mentre la
tossicodipendenza riguarda la condizione in cui l’assunzione della droga è
necessaria per mantenere il benessere fisiologico.
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Questo passaggio può essere identificato nella frase di un cocainomane: “Sono
arrivato al punto in cui ho capito di poter funzionare meglio con lei (filia), poi è
arrivato il momento in cui ho pensato di non poter funzionare senza…
(dipendenza)”.
Si passa quindi dal mondo del desiderio al mondo della necessità.
Il confine tra tossicofilia e tossicodipendenza è molto labile e sottile ed è
influenzato dal tipo di sostanza assunta. Ad esempio la marijuana è caratterizzata
da elevata tossicofilia, mentre l’uso di cocaina si trasforma rapidamente in
tossicodipendenza.
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4
Alessandro Salvini, Ines Testoni, Adriano Zamperini (2002) “Droghe tossicofilie e
tossicodipendenza” Torino: ed. Utet p.7
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La frase completa è: “Ho iniziato a usare la cocaina proprio per ricevere una spinta nell’attività
quotidiana, come fosse una tazza di caffè. Per essere più attivo, per rendere di più, per stare
sveglio. Sono arrivato così a un punto in cui ho capito di poter funzionare meglio con lei (cocaina).
Poi è arrivato il momento in cui ho pensato di non poter funzionare senza. E poi me l’hanno
sottratta contro la mia volontà…” (Malizia, Ponti, 1991, p.256)
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La tossicofilia comporta una serie di condizioni che provocano il desiderio (ma
non la necessità) di continuare l’uso della droga, una certa dipendenza fisica e
psichica al suo effetto ed un eventuale danno per l’individuo.
Ad esempio molte persone assumono alcool per far sì che vi sia un superamento
dei sentimenti di inadeguatezza personale e sociale, grazie ai suoi effetti
psicofisiologici positivi.
Ciò fa sì che il potenziale alcolista stabilisca un rapporto di “filia” non solo verso
la sostanza, ma anche verso quelle situazioni in cui l’assunzione di alcool rende
l’esperienza migliore.
Sono presenti anche le illusioni positive, strategie di pensiero volte a sostenere
l’autostima e l’idea di un possibile controllo sugli eventi. Grazie a questa attesa
ottimistica i tossicofilici ignorano la previsione dei rischi.
Si tratta di un atteggiamento volto a rievocare solo la parte piacevole e divertente
dell’esperienza provata. Il risultato è un’attesa emotiva capace non solo di
aumentare il desiderio, ma anche di far accettare un tipico errore comune,
rappresentabile nella frase “ciò che mi fa sentire bene non mi potrà far male”.
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Alessandro Salvini, Ines Testoni, Adriano Zamperini (2002) “Droghe tossicofilie e
tossicodipendenza” Torino: ed. Utet p.9
Con il rinforzo della tossicofilia, la minaccia di un possibile destino finisce per
trasformarsi in un destino certo, ovvero nella tossicodipendenza.
3. Tossicodipendenza
La tossicodipendenza è il bisogno incoercibile e compulsivo di una droga,
necessaria a mantenere l’equilibrio fisiologico ed a evitare i sintomi
dell’astinenza.
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Nella società vi sono diverse visioni: per la maggioranza pubblica la
tossicodipendenza viene considerata un vizio, un qualcosa che la persona si
procura per trarne piacere psicofisico.
L’approccio conseguente è quindi di tipo moralistico con atteggiamento
giudicante.
Per altri è la conseguenza di un comportamento sbagliato, ritenendo pertanto che
tutto dipenda dalla volontà della persona.
Tra gli operatori professionali di formazione psicosociale, la tossicodipendenza è
sintomo di un disturbo o di una patologia grave di tipo psichico e/o socio-
affettivo. Per costoro non si può risolvere se non si individuano e rimuovono le
cause prime che determinano il ricorso alla sostanza.
Tra i medici è vista come patologia del sistema neuro biologico, per cui la persona
malata ricorre alla droga per necessità. La cura della malattia sarà quindi di tipo
farmacologico.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, tramite lo studio dei massimi esperti del
settore, ha definito la tossicodipendenza come una malattia cronico recidivante.
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L’uso della droga non è sinonimo di disturbo o di malattia, ma se diventa
compulsivo e continuo, determina l’instaurarsi di una condizione di dipendenza e
conseguentemente l’insorgere della patologia specifica che provoca una modifica
del comportamento, che, oltre a diventare deviante, è caratterizzato da
atteggiamenti negativi che la persona prima non aveva.
Questa definizione non ha nessun carattere ideologico, morale e politico, ma si
basa su studi ed evidenze scientifiche.
7
Celeste Franco Giannotti (2004) “Dipendenze: la qualità della cura nei Servizi” Milano: ed.
Franco Angeli p.11
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La tossicodipendenza, secondo l’OMS, è una vera e propria malattia provocata
dall’uso di sostanze psicoattive in grado di produrre dipendenza fisica e/o
psichica.
Ma affinché la persona diventi dipendente, bisogna che vi siano delle cause
psichiche, relazionali, affettive, sociali, biologiche e/o traumatiche tali da rendere
il soggetto vulnerabile ed esposto al rischio.
La sospensione dell’uso di sostanze è la condizione indispensabile per il
superamento della dipendenza stessa ma non è sufficiente e non dà sempre esiti
positivi. Infatti le ricadute sono una peculiarità di qualsiasi dipendenza.
La dipendenza da sostanze è definita altresì come “un gruppo di sintomi cognitivi,
comportamentali e fisiologici indicativi che il soggetto continua a far uso della
sostanza nonostante la presenza di problemi significativi correlati alla sostanza”.
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La sindrome di astinenza con la morfina compare entro poche ore dall’ultima dose
e raggiunge la massima intensità dopo 36-72 ore e cessa entro 7-10 giorni.
In particolare tutti i composti morfinici (ad esempio l’eroina) presentano il
fenomeno della tolleranza e della dipendenza.
Mentre la tolleranza è il fenomeno per cui, somministrando ripetutamente lo
stesso dosaggio ne deriva un’abbreviazione ed una riduzione dell’effetto
analgesico ed euforizzante, la dipendenza è rappresentata dal fenomeno per cui la
sospensione della sostanza dopo una somministrazione protratta può provocare
sintomi di astinenza sia psichica che fisica.
Questa astinenza si può instaurare anche dopo poche dosi.
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8
Gian Piero Turchi (2002) “Tossicodipendenza. Generale il cambiamento tra mutamento di
paradigma ed effetti pragmatici” Padova: ed. Upsel Domenenghi Editore p. 120-121
9
Angelo Agradi (2001) “Farmacologia e Tossicologia 6° edizione” Napoli: ed. Sorbona p. 347
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Il desiderio struggente di riutilizzare una droga è accompagnato da ansietà,
irrequietezza, tachicardia, sudorazione, lacrimazione, crampi e dolori ai muscoli e
alle ossa, insonnia, midriasi, nausea, aumento della temperatura corporea,
tachipnea, anoressia, diarrea.
A questa sintomatologia vanno sommati i danni indiretti per l’individuo che sono
rappresentati dalla preoccupazione di procurarsi la droga, dal disprezzo di sé
stesso, dall’insufficiente nutrizione e dalle possibili infezioni correlate alla
somministrazione che non rispetta le norme di asepsi.
Sono quindi caratteristiche peculiari della tossicodipendenza la tolleranza e
l’astinenza.
Come in un circolo vizioso, quando si instaura la tolleranza il tossicodipendente
aumenta la dose per ritrovare gli effetti desiderati, di conseguenza si da inizio a
forme sempre più elevate di dipendenza ed astinenza, fino ad arrivare a livelli
molto pericolosi e spesso mortali per la vita umana.
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Capitolo primo
Il tossicodipendente e i servizi ad esso dedicati
1.1 I fattori di rischio
La ricerca delle cause della tossicodipendenza si è sempre focalizzata sugli aspetti
genetici, biochimici e sui meccanismi fisiopatologici generati dalle sostanze
assunte.
Vi sono però altri fattori socio-culturali e psicologico-comportamentali che
influiscono pesantemente.
Infatti la recente attenzione sulla complessità di un’analisi dell’interazione
persona-situazione, si riflette in una visione del comportamento come il risultato
dell’interazione fra molteplici processi e non di singole variabili (Pervin, 1990).
Da ciò nasce la necessità di un pluralismo teorico e metodologico e non la ricerca
di una singola causa.
Ad esempio è stato studiato che i figli di alcolisti o tossicodipendenti sono
persone molto a rischio per sviluppare una tossicodipendenza, ciò non implica
però che l’origine del problema sia esclusivamente di natura genetica.
È infatti l’abuso materno di alcool o droghe in gravidanza, i fattori ambientali e
culturali che possono aumentare le probabilità che un bambino diventi
tossicodipendente.
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È importante introdurre allora il concetto di vulnerabilità e di resilience
10
I fattori genetico-familiari
, che,
denotando il primo un aumento della suscettibilità al rischio, inteso come insieme
di condizioni in grado di dar vita a condotte disadattive, e il secondo invece la
capacità di superare gli eventi stressanti (Rutter, 1985), costituiscono gli elementi
fondamentali per comprendere i meccanismi e i processi responsabili delle
differenze individuali dell’adattamento.
Il concetto di vulnerabilità viene introdotto da Anthony (1980), psichiatra e
psicologo dello sviluppo, e fa riferimento alle capacità di difesa passiva del
bambino, come frutto di una sua particolare sensibilità la quale, avendo un’origine
multifattoriale, fa in modo che di fronte ad un medesimo rischio non tutti i
bambini vadano incontro allo stesso disturbo.
Analizziamo ora i diversi fattori di rischio che possono aumentare la vulnerabilità
di un individuo all’abuso di sostante stupefacenti.
L’aumentata suscettibilità alla dipendenza da alcool e droghe nei figli di alcolisti e
tossicodipendenti è un dato noto da tempo.
Gli studi famigliari (Amark, 1951; Bleyler, 1955; Pitts e Winokur, 1966; Cook e
Winokur, 1985; Canton, 1987) e i dati forniti dalle ricerche sui gemelli
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Letteralmente, capacità di essere flessibile e resistere agli urti. Con il concetto di “resilience” si
fa riferimento sia alla capacità degli individui di far fronte allo stress, sia al risultato di un buon
adattamento, nonostante le difficoltà che possono insorgere in seguito ad eventi o condizioni
stressanti. (Emiliani, 1995)
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Sono stati studiati gemelli separati precocemente e allevati in famiglie diverse. Per quanto
riguarda l’abuso di droghe e alcool, è stata riscontrata una concordanza del 71,4% fra gemelli
monozigoti e del 32,3% fra gemelli eterozigoti dello stesso sesso (Canton, 1988)
(Kaij,
1960; Partanen, 1966) e sui bambini adottati (Schuckit, 1972; Goodwin, 1973;
Bohman, 1978; Cadoret, 1987; Cloninger, 1988), forniscono le prove su come
l’ereditarietà abbia un ruolo molto importante nella nascita della