INTRODUZIONE La Riforma Biagi 1
ha inteso portare importanti modifiche nel mondo del
lavoro: gli ambiti interessati sono molteplici e di rilevante importanza e l'intervento
legislativo è intervenuto anche nella ridefinizione della stessa ed essenziale
dicotomia tra autonomia e subordinazione, delimitando nuove linee di confine e
aggiungendo nozioni e figure che trascendono i tradizionali approcci al diritto del
lavoro.
Nel solco tracciato da questa area di confine si inserisce l'assoluta novità per
il nostro ordinamento della fattispecie del lavoro occasionale di tipo accessorio,
introdotto dagli artt. 70 e ss. del d.lgs. 276/2003. Gli scopi perseguiti dal legislatore
sono stati indicati nel Libro Bianco sul mercato del lavoro, dove, delineando gli
obiettivi della riforma e gli strumenti da utilizzare, vi è uno specifico riferimento al
lavoro accessorio nell'ambito di una serie di considerazioni concernenti la qualità
del lavoro. Quest'ultima appare declinata soprattutto riguardo la titolarità di un
rapporto di lavoro regolare invece che in riferimento ad altri indici di qualità, come
un equo trattamento economico o nel fornire maggiori chances nel mercato del
lavoro 2
. Il fulcro del sistema proposto nel Libro Bianco verte sull'utilizzo dei buoni
in alternativa ai pagamenti diretti, offrendo in questo modo una notevole
semplificazione del processo, inclusi gli aspetti inerenti ai profili previdenziali e
tributari dei rapporti di lavoro. Entrambi i soggetti coinvolti nel rapporto
beneficiano della possibilità di operare nella legalità attraverso poche e semplici
operazioni. Questo alla luce che, in un contesto di irregolarità e tendenziale
sottrazione alla sfera legale, una regolazione eccessiva può generare effetti
controproducenti.
1 Molte incertezze sono state espresse in merito a tale denominazione. Ricordiamo per intensità
quella esplicitata da F. BASENGHI secondo cui è “ espressione tanto fortunata quanto
impropria, alla quale si resta fedeli solo per comoda adesione alla vulgata ”. In F. BASENGHI,
Il lavoro occasionale ed accessorio: spunti ricostruttivi . Il diritto nel mercato del lavoro, 1-
2/2004 p. 247
2 I. CORSO, Le prestazioni occasionali di tipo accessorio , Il lavoro nella giurisprudenza,
n.11/2004, p. 1134
8
L'approccio al lavoro accessorio della riforma Biagi è partito dalla priorità
non tanto della regolazione della materia, quanto del portare nella legalità una serie
di realtà di fatto, in modo da renderle trasparenti e visibili per il diritto 3
.
Il Libro bianco ha insistito proprio su quelle attività che per la loro natura,
brevità e marginalità, difficilmente avrebbero potuto trovare collocazione in schemi
contrattuali diversi e caratterizzate da minime, se non addirittura nulle, possibilità
di riemersione.
Per i primi riscontri di una certa rilevanza è stato necessario attendere la
sperimentazione avvenuta per la vendemmia del 2008: il lavoro accessorio infatti
per oltre due anni dalla pubblicazione del d.lgs. 276/03 non è stato fruibile a causa
del ritardo del Ministero del Lavoro nell'emanazione dei decreti previsti dall'art. 72,
commi 1° e 5°. Negli anni appena successivi al decreto inoltre, ancor prima
dell'inizio della fase sperimentale e dell'operatività dell'istituto, si sono presentate
una serie di difficoltà di ordine operativo e interpretativo 4
che hanno indotto il
legislatore ad intervenire con misure correttive, facendo sostanziare l'attuale
disciplina nel risultato di una serie di successive stratificazioni normative 5
.
Le esperienze comparate di Belgio, Francia e Germania, mostrano la
necessità, per poter conseguire le finalità perseguite, di azioni reali a sostegno
dell'utilizzo del lavoro accessorio, con investimenti adeguati da parte dello stato che
possano rendere attraente l'istituto, che invece, ancora oggi nel caso italiano, non
riesce a destrutturare l'accusa diffusa di essere una mera modalità di recupero di
disponibilità di cassa 6
degli enti previdenziali.
Il lavoro accessorio appare uno strumento con notevoli capacità, se
accompagnato, come dimostrano le esperienze in alcune zone d'Italia, da adeguate
campagne di comunicazione e se, nella sua regolazione, si guardi alla dinamicità
3 G. MAUTONE, Lavoro accessorio e prestazioni che esulano dal mercato del lavoro, Guida al
lavoro, 4/2003, p. 112. L'idea, efficacemente espressa, è quella che “ l'effettività di una norma
giuridica di regolazione dell'economia dipende, come è noto, anche dalla sua capacità di
disporre una disciplina adeguata al mercato che la stessa è diretta a governare ”.
4 N. PONZIO, Commento art. 70 e ss. in De Luca Tamajo, Santoro Passarelli, (a cura di) Il nuovo
mercato del lavoro: commentario al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276: riforma Biagi .
p. 867
5 C. SPINELLI, Il lavoro accessorio, in Curzio P. (a cura di), Lavoro e diritti a tre anni dalla
legge 30/2003, Cacucci, Bari, 2006, p. 453
6 P. SANDULLI, I nuovi lavori e le scelte previdenziali del sistema , relazione all'incontro di studio
sul tema “ Tutela del lavoro e nuovi schemi organizzativi nell'impresa ”, Viterbo, 17 ottobre 2003
9
del mercato del lavoro e ai suoi cambiamenti, cercando di risolvere i nodi di
incertezza e le questioni che si presentano nell'operare concreto dello strumento.
Con uno sguardo laico sia alle esperienze europee, ricavando e riproducendo
da queste le migliori pratiche, a iniziare da quelle che si rintracciano nel prototipo
di riferimento belga, sia al contesto attuale del mercato del lavoro italiano, con le
sue particolari esigenze e problematicità, si potrà fornire con il sistema del lavoro
accessorio un'efficace opportunità per la riemersione di prestazioni svolte con
modalità sommerse, oltre che costituire uno strumento di politica attiva di lavoro e
di offerta di servizi alla persona.
Solo in questa prospettiva, e con la giusta copertura amministrativa e
conoscitiva, si potrà pensare al lavoro accessorio come a un utile strumento, e non
come ad un'idea incompiuta 7
.
7 A. BOLLANI, La nuova disciplina del lavoro occasionale di tipo accessorio , in Previdenza,
mercato del lavoro e competitività , a cura di Magnani, Pandolfo, Varesi, Giappichelli, Torino,
2004, p. 397
10
CAPITOLO I
IL LAVORO ACCESSORIO IN ITALIA
11
1. LE FINALITA' DELL'INTRODUZIONE DEL LAVORO
OCCASIONALE DI TIPO ACCESSORIO L'introduzione dell'istituto del lavoro occasionale di tipo accessorio è
spiegata da una pluralità di ragioni che emergono, con differente intensità 1
oltre che
dal testo del decreto legislativo n. 276, dal Libro Bianco sul mercato del lavoro del
2001, dalla legge 30/2003 e dalla relativa relazione di presentazione del ministro.
Innanzitutto, la regolamentazione 2
delle prestazioni accessorie vuol favorire
la riemersione del lavoro irregolare o nero, un fenomeno riscontrabile soprattutto
per quelle attività collocate al di fuori della tradizionale organizzazione
imprenditoriale e produttiva 3
. A tal proposito il Libro bianco accenna alle attività di
assistenza familiare e domestica, aiuto alle persone malate o con disabilità,
babysittering, insegnamento supplementare, piccoli lavori di giardinaggio,
collaborazione a manifestazioni sociali, caritatevoli, sportive e culturali.
Il Libro Bianco sul mercato del lavoro, pubblicato nell'ottobre 2001 e curato
da un gruppo di lavoro coordinato da Maurizio Sacconi e Marco Biagi, voleva
essere un documento che esprimesse le riflessioni del governo e finalizzato a
riformare il mercato del lavoro partendo dal dialogo sociale più che dal tradizionale
metodo della concertazione 4
.
È necessario, per comprendere le ragioni della disciplina delle prestazioni
1 T. VETTOR, Le prestazioni occasionali accessorie in Ghezzi G. (a cura di) Il lavoro tra
progresso e mercificazione, Commento critico al decreto legislativo n. 276 del 1.9.2003 , Ediesse,
2004, p. 343 e ss. L'autrice rileva la presenza di una gerarchia delle finalità, la prima delle quali
la riemersione del lavoro sommerso, per seguire con l'attribuzione di tutele essenziali e con il
recupero al mercato del lavoro di soggetti deboli.
2 P. BELLOCCHI ritiene inappropriato parlare di regolamentazione, preferendo esprimersi in
termini di regolarizzazione, poiché rileva negli articoli del decreto un prevalente carattere
previdenziale delle disposizioni, e la generale esigenza di fondo di contrastare il lavoro nero, a
differenza invece delle altre tipologie di lavoro che nel decreto vengono invece regolamentate.
P. BELLOCCHI Il lavoro occasionale di tipo accessorio tra politiche previdenziali e riforma dei
“lavori” in Bellocchi, Lunardo, Speziale (a cura di), coordinato da F.Carinci , Commentario al
D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, IPSOA, 2004, Milano , p. 82 e ss.
3 A. BOLLANI, La nuova disciplina del lavoro occasionale di tipo accessorio , in Previdenza,
mercato del lavoro e competitività , a cura di Magnani, Pandolfo, Varesi, Giappichelli, Torino,
2004
4 P. CURZIO, Dal “libro bianco” al d.lgs. 276/2003 in Curzio P. (a cura di), Lavoro e diritti a tre
anni dalla legge 30/2003, Cacucci, Bari, 2006
12
accessorie, inserirla nello schema delle ragioni di fondo che hanno guidato la
stesura del Libro bianco e la sua ricezione da parte del governo, che si sostanziano
nella volontà di trasferimento delle garanzie dal rapporto di lavoro al mercato del
lavoro 5
, spostando tutele e protezioni dalla garanzia del posto di lavoro
all'assicurazione di una piena occupabilità 6
.
In tal modo, partendo dal Libro Bianco, e recependolo in buona parte, il
governo approvò il disegno di legge delega 848, successivamente il 848-bis, che
portarono all'approvazione della legge delega 14 febbraio 2003 n. 30 che all'art. 4
poneva la delega in materia di lavoro accessorio: con tale articolo il legislatore ha
delegato l'Esecutivo a disciplinare l'istituto delle “prestazioni di lavoro occasionale
e accessorio, in generale e con particolare riferimento a opportunità di assistenza
sociale, rese a favore di famiglie e di enti senza fini di lucro 7
, da disoccupati di
lungo periodo, altri soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora
entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, regolarizzabili
attraverso la tecnica di buoni corrispondenti a un certo ammontare di attività
lavorativa, ricorrendo, ai sensi dell'articolo 5, ad adeguati meccanismi di
certificazione” 8
.
La legge 30 è stata infine attuata con il decreto legislativo 10 settembre
2003 n. 276
9
. L'articolo 1 indica tra le finalità delle disposizioni del decreto
l'aumento dei tassi di occupazione e la promozione della qualità e della stabilità del
lavoro. Nelle norme sul lavoro accessorio però non si rintraccia il profilo legato alla
questione della qualità del lavoro, mostrando invece una interpretazione del
5 Ivi , 2006
6 Relazione di accompagnamento al decreto di attuazione della riforma Biagi , in cui si ribadisce
che “ la finalità di incremento occupazionale e, al tempo stesso, di regolarizzazione, ha indotto il
Governo a riordinare le multiformi tipologie contrattuali oggi esistenti, chiarendo la loro
funzione e a regolarne di nuove, quali il lavoro intermittente o a chiamata, il lavoro accessorio e
il ripartito ”. 7 La norma non sembra utilizzare in maniera opportuna i termini “famiglia” e “enti senza scopo di
lucro”. Per quanto riguarda la famiglia, la nozione utilizzata non tiene conto dei processi
trasformativi che hanno cambiato la sostanza di tale formazione sociale. In riferimento invece
agli enti senza scopo di lucro, appare difficile ricavare una definizione condivisa, se non per via
residuale, identificando tali enti con quelli che svolgono attività libere da vincoli coercitivi e non
condizionate da standard di produzione, in spazi non occupati dallo Stato o dal mercato. Così T.
VETTOR, Le prestazioni occasionali accessorie, op. cit. p. 345
8 Art. 4, co. 1 lett. D della l.n. 30 del 2003
9 L'attuazione non è totale, poiché manca l'esercizio di delega in materie di funzioni ispettive.
13
concetto di occupabilità legata unicamente all'incremento numerico degli occupati,
pertanto, non rilevandosi la giusta attenzione per la qualità delle prestazioni e
l'aumento delle conoscenze, competenze e abilità del lavoratore, tale istituto ignora
l'aspetto sottolineato invece dal Libro Bianco della qualità del lavoro 10
.
Molte delle attività che interessano il lavoro accessorio, quando non rese in
maniera sommersa, vengono dedotte nella forma del lavoro autonomo
occasionale 11
, e di conseguenza senza nessuna tutela: il secondo fine è riferibile
proprio all'attribuzione per la prima volta di tutele essenziali sul fronte della
sicurezza sociale anche per tali attività.
Altra finalità è riconducibile alla volontà del legislatore di recuperare,
incidendo con tale normativa, quella porzione del mercato del lavoro costituita da
fasce di soggetti deboli per innalzare il tasso di occupazione.
Senza negare le finalità appena illustrate, Bellocchi 12
le inserisce nell'ambito
di più generali politiche di finanziamento del sistema previdenziale, e in tal senso,
Spinelli indica come principale e diretto fine l'incremento del gettito contributivo
degli enti previdenziali 13
, in accordo con la sostenibilità dell'affermazione secondo
cui la disciplina del lavoro accessorio costituisca “ un altro escamotage per aiutare
gli istituti assicurativi pubblici a racimolare fondi a costo zero ” 14
, alla luce che le
prestazioni previdenziali riconosciute sono esigibili solo in rapporto a precisi
requisiti contributivi che difficilmente i lavoratori occasionali accessori
raggiungono.
Rilevata l'inosservanza dell'obbligazione fiscale e costatata l'impossibilità di
controlli e ispezioni per tali attività, il Governo ne ha voluto promuovere ed
incentivarne la regolarizzazione. In questo caso Bellocchi sottolinea la particolarità
10 T. VETTOR, Le prestazioni occasionali accessorie, op. cit. , p. 344 e ss.
11 G. MAUTONE, Lavoro accessorio e prestazioni che esulano dal mercato , in Supplemento Guida
al Lavoro, n. 4/2003, p. 112
12 P. BELLOCCHI Il lavoro occasionale di tipo accessorio, op. cit. , p. 85 e ss.
13 C. SPINELLI , Il lavoro accessorio, in Curzio P. (a cura di), Lavoro e diritti a tre anni dalla
legge 30/2003, Cacucci, Bari, 2006; PICCININNO, 886. Quest'ultimo autore cita testualmente
SANDULLI, I nuovi lavori e le scelte previdenziali del sistema , relazione all'incontro di studio
sul tema “Tutela del lavoro e nuovi schemi organizzativi dell'impresa” svoltosi a Viterbo il 17
ottobre 2003 dove si sostiene che è possibile vedere nella norma in esame “ una sovrastruttura
esclusivamente funzionale al tentativo di recuperare disponibilità di cassa ” alla luce che la
prevista tutela pensionistica appare incoerente con l'assoluta marginalità del lavoro in questione.
14 T. VETTOR, Le prestazioni occasionali accessorie, op. cit. , p. 350
14
della tecnica promozionale adottata dal governo: invece che puntare
all'incentivazione tramite il meccanismo di sanatoria di violazioni pregresse, si è
voluto prevenire una ipotetica infrazione tributaria “ a prescindere dal fatto che il
comportamento concreto integri o possa integrare una effettiva irregolarità ” 15
.
È possibile rilevare nella disciplina del lavoro accessorio una soluzione
transattiva 16
che vede un regime tributario agevolato (l'esenzione da qualsiasi
imposizione fiscale del compenso percepito dal prestatore) in contropartita
dell'assoggettamento all'obbligo contributivo, che normalmente non è previsto per
le attività oggetto del lavoro accessorio.
Ad entrambe le parti la disciplina offre agevolazioni in merito alla riduzione
degli adempimenti di carattere amministrativo e dei rischi di vertenze per il datore e
di compensi esenti da imposizione fiscale e fruizione di tutela previdenziale e
assicurativa per il lavoratore: il datore di lavoro può beneficiare di prestazioni
occasionali legalmente, con copertura assicurativa per eventuali incidenti sul
lavoro, senza rischi in merito a diverbi sulla natura della prestazione e senza dover
stipulare il contratto; il lavoratore può integrare le entrate economiche con
esenzione da qualsiasi imposizione fiscale e senza che tali attività possano incidere
su di un eventuale stato di disoccupazione o di inoccupazione, ricevendo inoltre una
copertura previdenziale e assicurativa.
Quanto al tipo di introduzione in via sperimentale, questa trova conferma
oltre che all'art. 86 comma 12 - il quale prevede che decorsi diciotto mesi
dall'entrata in vigore, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con le
organizzazioni dei datori e dei lavoratori comparativamente più rappresentative,
valutino il funzionamento e gli effetti dell'istituto – anche dall'art. 73 che prevede
una verifica del Ministero insieme all'Inps e all'Inail riguardo l'andamento delle
prestazioni di carattere previdenziale e le relative entrate contributive conseguenti
allo sviluppo di tali attività.
15P. BELLOCCHI Il lavoro occasionale di tipo accessorio, op. cit.
16 ibidem 15
2. IL LAVORO OCCASIONALE È possibile ricondurre nell'ambito delineato dall'espressione “lavoro
occasionale” differenti modalità di prestazione lavorativa, riferendosi ad altrettante
fonti di diversa natura legislativa, amministrativa e giurisprudenziale, dove
l'occasionalità è declinata e definita in maniera non omogenea, seppur simile 17
.
La caratteristica di “occasionalità” della prestazione, anteriormente al d.lgs.
276/03, riguardava, in generale, attività straordinarie riconducibili ad eventi
eccezionali e episodici e non ricorrenti 18
. Il termine individua quindi, al di là delle
precisazioni legislative, la non ricorrenza, la straordinarietà e l'unicità 19
della
prestazione.
Si rende necessario, in questa sede, introdurre la questione qualificatoria dei
lavori di natura occasionale al fine di individuare la collocazione delle prestazioni
occasionali di tipo accessorio.
2.1 Le collaborazioni occasionali
Il decreto legislativo 276/03, volendo regolamentare in maniera differente
sottraendole alla nuova disciplina che riconduceva le collaborazioni coordinate e
continuative alla necessità della sussistenza di un progetto, programma o fase di
esso, definisce – attendendo all'invito della legge 30
20
- le prestazioni di lavoro
occasionale di limitata portata (così come definite dalla circolare del Ministero del
Lavoro 8 gennaio 2004 n. 1), riferendosi a quei rapporti di durata complessiva non
17Oltre alle fattispecie indicate nel presente capitolo, vi sono specifiche normative che fanno
riferimento al lavoro occasionale, come il lavoro dei minori (art. 2 comma 1, legge n.997/1967,
che stabilisce che le norme a tutela del lavoro dei minori non si applicano “ agli adolescenti
addetti a lavori occasionali o di breve durata concernenti a) servizi domestici prestati in ambito
familiare b) prestazioni di lavoro non nocivo, né pregiudizievole né pericoloso nelle imprese a
conduzione familiare ”), e di lavori socialmente utili (art. 8 comma 4 d.lgs. n. 468/1997 in
riferimento alla nozione di lavoro autonomo di carattere occasionale compatibile con l'assegno
per lavoratori socialmente utili).
18 M. SQUEGLIA, Lavoro a progetto e collaborazioni coordinate e continuative , Sistemi editoriali,
Milano, 2004, dove sono citate sent. Cass. 24-1-1991 n. 674 e sent. Cass. 20-8-1979 n. 4696
19 L'unicità è dovuta all'oggetto dell'accordo tra committente e lavoratore, ovvero la singola
prestazione destinata ad “esaurirsi senza alcuna iterazione” in ibidem 20 Nella delega veniva formulata la richiesta di differenziare le prestazioni meramente occasionali
dalle collaborazioni coordinate e continuative 16