2
nel corso del XX secolo, ne hanno seguito, in un modo o nell’altro, le orme4. Secondo la
teoria di Mackinder, il controllo della massa eurasiatica (Heartland) avrebbe consentito
il controllo dell’intero mondo5. Anche senza voler entrare ulteriormente nel merito della
dottrina geopolitica, emerge con chiarezza l’estrema rilevanza che riveste, per tale
teoria, l’Asia Centrale e, di conseguenza, anche il Kazakhstan.
Il poeta ed attivista kazako Olzhas Suleimenov scrisse nel 1981:
Kazakhstan, sei immenso.
Come cinque volte la Francia.
Ma senza il Louvre o Montmartre.
Con un territorio di circa 2.7 milioni di chilometri quadrati che attraversa tre fusi
orari, dalla depressione caspica ai rilievi dell’Altaj, il Kazakhstan si colloca al nono
posto nel mondo per estensione: dopo la Russia, è la repubblica più estesa emersa dal
crollo dell’URSS. Il Kazakhstan condivide frontiere con il Turkmenistan, l’Uzbekistan
ed il Kyrgyzstan ma, soprattutto, confina per 1700 chilometri con la Repubblica
Popolare cinese ad est e per circa 7000 chilometri con la Federazione russa a nord. La
Repubblica kazaka è inoltre l’unica, tra le cinque repubbliche centro-asiatiche, ad avere
in comune un confine con la Russia6.
La geopolitica risulta perciò cruciale quando si parla di Kazakhstan e, tanto più,
quando si parla di Kazakhstan nelle relazioni internazionali. Occorre, tuttavia, non
focalizzarsi solamente sulla componente “fisica” della teoria geopolitica, bensì anche
sulla componente “umana”. La Repubblica kazaka ospita oltre un centinaio di
nazionalità7 e, secondo l’ultimo censimento sovietico del 1989, i Kazaki non
4
Tra gli altri, si ricordino: Nicholas Spykman (il quale, in realtà, concentrò la propria attenzione sulle
Rimlands, le fasce costiere della massa eurasiatica), Karl Haushofer (che pose al centro del suo pensiero
geopolitico la necessità di un’alleanza tra le potenze “tellurocratiche”), Zbigniew Brzezinski (che definì i
paesi dell’Asia Centrale come “Balcani eurasiatici”); Z. Brzezinski, The grand chessboard, pp. 123-148,
http://www.takeoverworld.info/Grand_Chessboard.pdf (9 Marzo 2009). A. Locatelli, “La geopolitica”, in
Teorie e metodi delle Relazioni Internazionali, A cura di J. Ikenberry e V. E. Parsi, Roma, Editori
Laterza, 2001, pp. 162-165.
5
H. Mackinder, “Il perno geografico della storia”, in <<The geographical journal>>, Vol. XXIII, No. 4,
1904, pp. 421-444, http://www.unife.it/stdoc/mackinder.pdf (9 Marzo 2009).
6
G. Capisani, The Handbook of Central Asia, New York NY, Tauris Publishers, 2000, pp. 15-16.
7
A questa varietà di nazionalità corrisponde un’altrettanto grande varietà di religioni: in Kazakhstan si
registrano 46 confessioni e più di 3000 organizzazioni religiose. Predominanti sono l’Islam Sunnita
(praticato dal 57% della popolazione) ed il Cristianesimo (40%), con netta prevalenza dei Cristiano-
Ortodossi. Il Kazakhstan si configura come Stato secolare, caratterizzato da un elevato livello di
tolleranza religiosa, aspetto, questo, valso ad Astana l’onore di ospitare il triennale Congresso dei Leader
delle Religioni Mondiali e Tradizionali; A. Cohen, Kazakhstan: the road to independence. Energy policy
and the birth of a nation, Washington D.C., Silk Road Paper, CACI, 2008, pp. 209-212. Country Profile
2007, pp. 9-10, http://www.kazembassy.org.uk/img/Country%20Profile%202007_1.pdf. (9 Marzo 2009).
Questo clima di tolleranza religiosa è stato senz’altro favorito dal fatto che l’Islam presente in Kazakhstan
appartenga alla corrente musulmana più liberale, quella hanafita: un Islam sunnita spurio, quasi sincretico
3
costituivano neppure la maggioranza assoluta della popolazione (40.1%), mentre i Russi
erano il 37.4% (oggi sono il 30%). Questi, uniti agli Ucraini (5.4%) ed ai Bielorussi
(1.1%), portavano gli abitanti slavi in Kazakhstan al 44.2%8. Specialmente nei primi
anni d’indipendenza, sia la politica interna, sia la politica internazionale del Kazakhstan
sarebbero state fortemente influenzate da tale elemento demografico. L’elevata
percentuale di popolazione di origine slava costituiva un potente fattore di congiunzione
tra ambiente interno e politica estera, soprattutto nei confronti della Russia9: decisioni
su temi quali la cittadinanza e la lingua risultavano particolarmente sensibili. Per l’élite
kazaka si poneva il problema di creare e di alimentare un’identità nazionale, tenendo
presente la necessità di mantenere un delicato equilibrio etnico con la popolazione slava
presente nel paese, onde evitare spiacevoli ripercussioni nei rapporti con Mosca.
Il dibattito sulla lingua è paradigmatico: la legge dell’89, che indicava il Kazako
come lingua ufficiale della repubblica, portò a violente proteste da parte di gruppi
nazionalisti russi (ad esempio Yedinstvo, cioè “unità”) formatisi, durante l’era
Gorbachev, specialmente nelle aree settentrionali del paese10. Le proteste
accompagnarono anche la nuova legge del ’97, la quale, pur riconoscendo l’eguaglianza
di status tra Kazako e Russo, assicurava di fatto la preminenza del primo idioma in
diversi settori chiave (ad esempio, la pubblica amministrazione e le telecomunicazioni).
Nel 1997, peraltro, a differenza di otto anni prima, i gruppi nazionalisti russi non
richiesero un intervento di Mosca11. Infine, con il discorso del 2007 sullo Stato della
Nazione, Nazarbayev definì più esplicitamente il rapporto tra le due lingue: Kazako
come lingua ufficiale, Russo come lingua di comunicazione interetnica (ed Inglese
che, proprio per questa sua caratteristica, si era facilmente radicato nell’ambiente prevalentemente
nomade del Kazakhstan pre-sovietico; A. Malashenko, “L’Islam in Kazakhstan e Kirghisia”, in Islam e
politica nello spazio post-sovietico, A cura di S. Filatov e A. Malashenko, Torino, Edizioni Fondazione
Giovanni Agnelli, 2000, pp. 77-78. A. Rorlich, “Islam, identity and politics: Kazakhstan, 1990-2000”, in
<<Nationalities papers>>, Vol. 31, No. 2, 2003, pp. 157-161.
8
S. Cummings, Kazakhstan: power and elite, New York NY, Tauris Publishers, 2005, pp. 1-2. Altre
minoranze, ancora oggi piuttosto rilevanti, sono quelle formate da Uzbeki (2.5%), Tedeschi (2.4% e 5.8%
nel 1989), Tatari (1.7%) ed Uiguri (1.4%); M. Olcott, Kazakhstan: Unfulfilled promise, Washington D.C.,
CEIP, 2002, p. 84. CIA-The World Factbook, https://www.cia.gov/library/publications/the-world-
factbook/geos/kz.html, (5 Marzo 2009).
9
Come emergerà nel Capitolo II, il legame con la Federazione russa ha origini che vanno ovviamente al
di là della semplice presenza di una vasta minoranza russa sul territorio kazako. Oltre che sociali, i legami
sono storici, politici ed economici: nella pianificazione economica sovietica, ad esempio, Kazakhstan
settentrionale e Siberia meridionale venivano considerati congiuntamente; M. Olcott, Central Asia’s
second chance, Washington D.C., CEIP, 2005, p. 30.
10
Vale la pena sottolineare come, all’epoca, meno dell’1% della popolazione russa in Kazakhstan
parlasse fluentemente Kazako; Olcott, Unfulfilled Promise, cit., p. 73.
11
Ivi, pp. 72-73. J. Landau et al., Politics of language in the ex-Soviet Muslim States, London, C. Hurst &
Co., 2001, pp. 21-23, 45-46, 83-86, 116-118.
4
come lingua di comunicazione e di integrazione economica internazionale). Si trattava,
evidentemente, di un approccio sofisticato che mirava a mantenere quell’equilibrio
etnico, nell’ambiente interno, necessario ad assicurare buone relazioni bilaterali in
politica estera, anzitutto con Mosca12. Considerando che tra la minoranza russa delle
province settentrionali esiste ancora oggi chi rivendica l’appartenenza alla Federazione
russa di tali territori13, a ben vedere, la politica linguistica perseguita da Nazarbayev si è
configurata, e si configura tuttora, come parte di una più ampia strategia di contrasto
alle tendenze separatiste della minoranza slava, nonché come una strategia di
costruzione di uno Stato unitario kazako e multi-nazionale allo stesso tempo.
Rientra pienamente all’interno di questo discorso anche la scelta di trasferire la
capitale del Kazakhstan da Almaty ad Akmola (città che nel 1997, appena avvenuto lo
spostamento, contava appena 200 mila abitanti), poi ribattezzata Astana (che significa,
semplicemente, “capitale”). Tale decisione venne formalizzata con decreto presidenziale
il 15 Settembre 1995. La spiegazione ufficiale del trasferimento, cioè l’elevata sismicità
della regione di Almaty, appare poco attendibile. Al contrario, è più convincente
considerare, come motivazione alla base del decreto, la duplice volontà di abbandonare
una città periferica, cosmopolita e tradizionalmente russofona, per spostare la sede del
governo nell’area centro-settentrionale del paese, in modo da istituire un polo
d’attrazione per l’immigrazione interna kazaka. In effetti, la nuova capitale, fondata alla
fine del ’97 ed il cui costo di costruzione si aggirò intorno ai 10 miliardi di dollari,
svolse egregiamente tale compito: nell’89 i Kazaki ad Akmola costituivano il 16.7%
della popolazione, nel ’99, in una città di ormai 500 mila abitanti, costituivano il 41.8%.
Sfruttando la limitata presenza russa nelle istituzioni kazake, Nazarbayev era riuscito, di
fatto, a spostare il baricentro demografico del paese14.
Secondo Martha Brill Olcott, fu anzitutto la competizione politica interna, non
solo di carattere etnico ma anche regionale, ad influenzare la politica estera del
12
Cohen, op. cit., pp. 208-209.
13
Tali rivendicazioni si basano sul fatto che buona parte di quei territori era passata al Kazakhstan poco
dopo la Rivoluzione Bolscevica quando, finito il periodo dell’Autonomia di Alash (1917-1920), il
Kazakhstan stesso divenne una repubblica autonoma all’interno della RSFSR (questa RSSA includeva,
peraltro, anche Uzbekistan e Kyrgyzstan). Da quel momento si ebbero diversi ampliamenti territoriali fino
ad includere Orenburg. In realtà, nel 1925 i confini del 1920 vennero, di fatto, ristabiliti. Nello stesso
anno, quella che fino ad allora era stata chiamata Repubblica Autonoma Kirghisa, si trasformò in
Repubblica Autonoma Kazaka. Infine, dal 5 Dicembre 1936 divenne una repubblica federale a sé stante,
all’interno dell’URSS; Olcott, Unfulfilled promise, cit., p. 76. Capisani, op. cit., pp. 33-34.
14
S. Anacker, “Geographies of power in Nazarbaev’s Astana”, in <<Eurasian Geography and
Economics>>, Vol. 45, No. 7, 2004, pp. 515-531. Olcott, Unfulfilled promise, cit., p. 80.
5
Kazakhstan nei primi anni d’indipendenza15. Oltre alla promozione, almeno a livello
retorico16, di un’identità nazionale inclusiva (non più “Kazaki”, ma “Kazakistani”) ed
oltre alle rassicurazioni (fatte anche alle autorità di Mosca) che non vi sarebbero state
discriminazioni nei confronti della minoranza russa, si era posta la necessità di
ristrutturare le élite politiche degli oblast (in kazako, oblys), al fine di poter condurre
una politica estera scevra dalle influenze proprie dei regionalismi17. Una politica estera
autenticamente nazionale, capace di rafforzare sia la posizione del Kazakhstan a livello
internazionale, sia il controllo di Nazarbayev e del suo entourage sul paese, anzitutto
attraverso crescenti risorse di legittimità. Pauline Jones Luong sottolinea come il
regionalismo in Asia Centrale sia un’eredità lasciata dall’Unione Sovietica: il sistema
politico ed istituzionale dell’URSS avrebbe incentivato la sostituzione di identità tribali,
religiose e nazionali con identità regionali, più facilmente gestibili e capaci di ostacolare
l’emergere di élite nazionali unificate18. Perciò, a partire dal 1995, Nazarbayev condusse
un’azione piuttosto incisiva, volta a ridimensionare l’influenza degli attori regionali:
prima tentando di escluderli dai processi di privatizzazione dell’economia, poi
stabilendo, con la nuova Costituzione del ’95, la netta superiorità dell’esecutivo
nazionale, rispetto agli altri poteri decentrati. Il Kazakhstan veniva definito “Stato
unitario”19, mentre le amministrazioni degli oblys (akimat), di fatto estensioni del potere
di Nazarbayev (il quale deteneva il diritto di nomina e di revoca degli akim, i
governatori), controllavano le commissioni elettorali regionali, assicurando l’elezione di
rappresentanti fedeli al centro. Inoltre, gli akimat potevano influenzare pesantemente la
selezione dei rappresentanti, due per ogni oblys, che sarebbero divenuti membri del
Senato (la seconda camera introdotta nel ’95)20. Dopo meno di dieci anni
15
M. Olcott, Central Asia’s new states: independence, foreign policy and regional security, Washington
D.C., United States Institute for Peace Press, 1996, p. 59.
16
Sottolineando il divario tra retorica e misure effettivamente adottate, Alexander Diener parla di
“ambiente socio-politico dualistico”; A. Diener, “Kazakhstan’s kin state diaspora: settlement planning
and the Oralman dilemma”, in <<Europe-Asia Studies>>, Vol. 57, No. 2, 2005, p. 330.
17
R. Hanks, “Directions in the ethnic politics of Kazakhstan: concession, compromise or catastrophe”, in
<<Journal of Third World Studies>>, Vol. 15, No. 1, 1998, p. 155.
18
P. Luong, Institutional change and political continuity in post-soviet Central Asia, New York NY,
Cambridge University Press, 2002, pp. 52-53. N. Melvin, “Patterns of centre-regional relations in Central
Asia: the cases of Kazakhstan, the Kyrgyz Republic and Uzbekistan”, in <<Regional and Federal
Studies>>, Vol. 11, No. 3, 2001, pp. 169-170.
19
Peraltro, già la Costituzione del ’93 conteneva tale previsione; Olcott, Unfulfilled promise, cit., pp. 96-
97.
20
L’accentramento venne completato attraverso un processo di unificazione amministrativa che coinvolse
in tutto cinque oblys: il loro numero totale divenne 14. Alle città di Astana, Almaty e Baykonur si
concedeva uno statuto speciale; S. Cummings, Kazakhstan: centre-periphery relations, London, Royal
6
dall’indipendenza (formalizzata il 16 Dicembre 1991), i cleavage etnici e regionali
risultavano praticamente ininfluenti sulla politica estera ed anzi, era la stessa politica
estera a contribuire (ad esempio nei i rapporti bilaterali con Mosca) ad assicurare il
persistere di tale ininfluenza.
Volendo ritornare al sondaggio iniziale, possiamo ritenere che la risposta “a)”,
cogliendo sia la componente “fisica” che la componente “umana” della situazione
geopolitica del Kazakhstan, faccia propri elementi certamente rilevanti. Un approccio
simile è condiviso da Robert Cutler, secondo il quale la politica estera kazaka sarebbe
essenzialmente modellata sulla base di variabili geografiche e demografiche. Queste
variabili, i cui tratti essenziali corrispondono a quelli fin qui esaminati, avrebbero
influenzato il periodo intercorso tra il Dicembre ‘91 e l’Ottobre ‘95, periodo nel quale si
sarebbero formate quelle caratteristiche fondamentali della politica estera del
Kazakhstan21 che è possibile osservare ancora oggi22. Risulta tuttavia chiaro come la
spiegazione “a)” sia quantomeno incompleta: la geopolitica si dimostra rilevante solo
nella misura in cui è supportata da una coerente ed incisiva azione politica. Se la
spiegazione “geopolitica” può essere dunque sufficiente a ritenere, sin da ora, poco
attendibile la risposta “no, il Kazakhstan non riceve più attenzione internazionale di altri
paesi della CSI” (basterebbe, a tal proposito, osservare anche solamente la collocazione
geografica del paese), tale spiegazione non può invece essere considerata sufficiente per
comprendere appieno la correttezza di una risposta affermativa (“sì, il Kazakhstan
riceve più attenzione a livello internazionale”)23. Da questo punto di vista, una
situazione geopolitica favorevole è appunto condizione necessaria ma non sufficiente24.
Institute of International Affairs, 2000, pp. 8-10, 44. Idem, Power and elite, cit., pp. 104-105. Melvin, art.
cit., pp. 176-177.
21
Si veda il paragrafo successivo.
22
R. Cutler, “The sources of Kazakhstani conduct”, in Continuity and change in Central and Inner Asia,
Ed. by Michael Gervers and Wayne Schlepp, University of Toronto, Asian Institute, 2002, pp. 63-76,
http://www.robertcutler.org/download/html/ch02mg.html (5 Marzo 2009).
23
Ricordando quanto già affermato circa la limitata rilevanza empirica dei risultati del sondaggio
condotto da Gazeta.kz, si consideri comunque, a titolo di curiosità, che l’opzione “a)” ha ottenuto
solamente un voto. La risposta “No”, ha invece ottenuto il 17% delle preferenze; Internet Newspaper
Gazeta.kz, http://eng.gazeta.kz/vresults.asp?p=1&vid=15 (2 Dicembre 2008).
24
Questa visione è sostanzialmente condivisa da Mark Katz: occorre, secondo l’autore, riportare al centro
dell’attenzione l’azione politica delle élite che guidano i paesi dell’Asia Centrale. La rilevanza
internazionale dell’area dipenderebbe, anzitutto, dalle relazioni bilaterali e multilaterali che tali gruppi di
potere sarebbero capaci di porre in essere a livello internazionale (sempre che siano disponibili a farlo).
Peraltro, secondo Katz, il crescente interesse internazionale riguarderebbe l’intera Asia Centrale (e non
solo il Kazakhstan). I motivi sarebbero: la presenza di un confine tra aree tradizionalmente antagoniste
(Russia nelle sue diverse forme storiche, Cina e mondo islamico); la ricchezza di risorse economiche
nella regione; la rilevanza dell’area nella lotta al fondamentalismo islamico; la presenza nella regione di
nazionalismi che tenderebbero ad estendere la loro influenza; M. Katz, “Emerging pattern in the
7
Un discorso analogo può essere fatto anche per l’opzione “b)”: petrolio ed altre
risorse naturali sono certamente “variabili indipendenti” (come la componente “fisica”
della geopolitica), tendenzialmente necessarie per ricevere grande attenzione a livello
internazionale ma comunque non sufficienti per giustificare il crescente interesse verso
un paese25. Per tutto il periodo sovietico la RSS Kazaka offrì enormi quantitativi di
ferro, carbone, cromo, alluminio, acciaio, rame e zinco alle industrie dell’intera Unione
Sovietica. Si pensi che nel 1990 l’impianto metallurgico di Karaganda risultava tra i 25
più estesi di tutta l’URSS. L’estrazione e la produzione di tali risorse continua ancora
oggi: particolarmente rilevante appare la produzione di oro, cromo, piombo, tungsteno
(primo produttore mondiale) ed uranio (un quinto delle riserve mondiali, 1.5 milioni di
tonnellate, si trova in Kazakhstan)26. Ovviamente, una menzione speciale meritano gas
naturale e petrolio. Il paese vanta riserve di gas pari a 3 trilioni di metri cubi e la
produzione annuale si aggira intorno ai 27 miliardi. Il principale giacimento è
Karachaganak, nel nord-ovest del paese, con riserve paragonabili a quelle degli enormi
giacimenti russi di Tyumen e Surgut. Il campo di Karachaganak è attualmente gestito da
un consorzio (KPO) formato dalla britannica BG, dall’italiana ENI, dall’americana
Chevron e dalla russa Lukoil. Altri bacini sono invece Jañaözen, Kumkol, Tenge, Uritau
e Korolev. Per quanto attiene alle riserve di petrolio stimate, si parla di 39.8 miliardi di
barili (il doppio delle riserve del Mare del Nord). La produzione annuale è di circa 65
milioni di tonnellate. Il più antico giacimento è Tengiz, poco distante dalle coste del
Mar Caspio. L’interesse di Chevron per Tengiz sorse negli anni ’80, quando la
perestrojka aprì prospettive di investimento diretto estero. Si dovette invece attendere
l’accordo del ’93 tra governo kazako e Chevron, perché il capitale americano entrasse
effettivamente nello spazio post-sovietico: le parti stabilirono la joint venture
TengizChevroil. Emerge chiaramente quale fosse l’atteggiamento dell’élite nazionale
kazaka nei confronti della questione energetica: Nazarbayev apriva le risorse del
Kazakhstan ad attori esteri e, in cambio, otteneva tecnologia e know-how27. Da parte
international relations of Central Asia”, in The making of foreign policy in Russia and in the new States of
Eurasia, Ed. by Adeed and Karen Dawisha, New York NY, M.E. Sharpe Inc., 1995, p. 246.
25
Nonostante questo, nel suo “Kazakhstan: unfulfilled promise”, Martha Brill Olcott parla di petrolio e
risorse naturali all’interno di un paragrafo dal titolo “Perché il Kazakhstan conta”; Olcott, Unfulfilled
promise, cit., pp. 3-9.
26
Ivi, p. 3. Cohen, op. cit., p. 12.
27
A. Peck, Economic development in Kazakhstan, London, RoutledgeCurzon, 2004, p. 235. Country
Profile 2007, pp. 7-8, http://www.kazembassy.org.uk/img/Country%20Profile%202007_1.pdf. (9 Marzo
2009). P. Blackmon, “Divergent paths, divergent outcomes: linking differences in economic reform to
8
loro, gli investitori esteri (in questo caso Chevron), basavano le proprie garanzie non
tanto sugli specifici accordi siglati, quanto, piuttosto, sulla credibilità dello stesso
Nazarbayev e del suo entourage. L’esempio della TengizChevroil ci consente di
sottolineare un altro punto: nonostante si stia qui ragionando in termini di rapporti tra un
governo nazionale ed attori esterni (perlopiù) privati, è possibile pensare a tali relazioni
come a relazioni analoghe a quelle di politica estera nel senso più tradizionale del
termine (rapporti tra attori sovrani o rapporti tra attori sovrani ed istituzioni
internazionali). Continuando nel nostro esempio, notiamo perciò come l’ingresso di un
nuovo attore (statunitense) nell’area del Caspio abbia avuto rilevanti ripercussioni in
Russia: a Mosca, si riconobbe come il vicino meridionale disponesse di varie opzioni e
come la Russia, per il Kazakhstan, altro non fosse che una tra le diverse scelte di
partnership possibili. La situazione si trasformò in un win-win game quando LukArco
(una sussidiaria della russa Lukoil) si unì a TengizChevroil: la Federazione russa
accettava le “nuove regole del gioco”. A questo punto parvero aprirsi spiragli anche per
ciò che riguardava il CPC (Caspian Pipeline Consortium), progetto che avrebbe dovuto
risolvere il complicato problema del trasporto del petrolio di Tengiz. Tuttavia, solo
nell’Ottobre 2001 si ebbe un oleodotto operativo capace di collegare Tengiz al porto
russo di Novorossiisk (a 1.580 chilometri di distanza). Comunque, i problemi di
trasporto non vennero mai meno, specie a causa delle obiezioni russe (per esempio,
riguardo ad un ampliamento dell’oleodotto in questione28): alla base di tali riserve era
sicuramente il fatto che l’oleodotto del CPC fosse l’unico, in territorio russo, non
controllato da Transneft, compagnia guidata dal governo di Mosca. Non sorprende,
perciò, che Astana abbia cercato corridoi alternativi a quello russo: anzitutto, il nuovo
oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyan, aperto ufficialmente nel Maggio 200529. Se nei primi
anni d’indipendenza, la necessità di ottenere tecnologia e capitali aveva portato le
autorità kazake a concedere accordi particolarmente favorevoli agli investitori esteri, col
passare degli anni (in particolare con la ripresa economica della seconda metà degli anni
levels of US foreign direct investment and business in Kazakhstan and Uzbekistan”, in <<Central Asian
Survey>>, Vol. 26, No. 3, 2007, pp. 355-356. Cohen, op. cit., pp. 11, 152-153.
28
Nel Dicembre 2007 Kazakhstan e Russia hanno finalmente siglato un accordo per l’espansione, a 1.4
milioni di barili al giorno (più del doppio della capacità iniziale), dell’oleodotto Tengiz-Novorossiisk.
L’intesa è arrivata dopo la decisione, da parte di Astana, di partecipare alla realizzazione dell’oleodotto
Bourgas-Alexandroupolis, corridoio sponsorizzato da Mosca che permetterà al petrolio proveniente dalle
costa russa del Mar Nero di evitare il passaggio dal Bosforo; Cohen, op. cit., pp. 137, 139.
29
Olcott, Unfulfilled promise, cit., pp. 148- 151. Idem, “Kazakhstan: will ‘BRIC’be spelled with a K?”, in
<<China and Eurasia Forum Quarterly>>, Vol.6, No.2, 2008, pp. 49-50. S. Cornell et al., Europe’s
energy security, Washington D.C., Silk Road Paper, CACI, 2008, pp. 147-148. Cohen, op. cit., pp. 147-
150.
9
’90), il governo di Astana tentò di riequilibrare la situazione iniziale, rafforzando,
attraverso una serie di provvedimenti legislativi, il ruolo di KazMunayGaz (KMG), la
società petrolifera (e del gas) pubblica kazaka. Questa nuova strategia ebbe
ripercussioni evidenti soprattutto su AgipKCO, un consorzio internazionale impegnato a
Kashagan, gigantesco (almeno secondo le stime) giacimento off-shore che avrebbe
dovuto condurre il Kazakhstan, entro il 2015, tra i primi dieci produttori mondiali di
greggio. Enormi difficoltà tecniche hanno causato più volte lo slittamento del termine
previsto per l’inizio della produzione commerciale: secondo gli esperti, il giacimento
sarebbe pienamente operativo solamente a partire dal 2012-2013. Nel mentre, estenuanti
round negoziali avevano determinato una crescita di KMG all’interno del consorzio: la
compagnia statale kazaka arrivò nel 2008 a detenere il 16.81%, stessa quota di ENI,
ExxonMobil e Shell30.
Le risorse naturali del Kazakhstan, in particolare il gas ed il petrolio della
depressione caspica, hanno certamente determinato un rinnovato interesse per l’area da
parte di Stati Uniti, Russia e Cina, così come da parte di Iran ed India31. Alcuni studiosi,
come Ariel Cohen, parlano a riguardo di un nuovo Great Game che si starebbe
giocando intorno alle risorse del Caspio32. L’espressione, introdotta probabilmente
dall’ufficiale d’intelligence britannico Arthur Conolly, fa riferimento a quel conflitto
strategico, tra Impero britannico e Russia zarista, per il controllo dell’Asia Centrale,
conflitto che si protrasse per buona parte del XIX secolo. Chi, come Cohen, si sofferma
sulle variabili economiche (le risorse naturali) per spiegare il crescente interesse
suscitato dal Kazakhstan, coglie certamente un punto significativo. Ciononostante,
ancora una volta, risulta essenziale non perdere di vista l’elemento politico: è l’azione
politica (“variabile dipendente”), nell’ambiente interno e nell’ambiente internazionale,
30
Ivi, pp. 147-157. Blackmon, art. cit., pp. 361-362. Olcott, “Will ‘BRIC’ be spelled”, art. cit., pp. 49-50.
31
La lotta per ottenere vantaggi dalle risorse petrolifere kazake non riguardò solamente le potenze
straniere, bensì anche numerosi personaggi di spicco, all’interno del paese. Molti di questi attori avevano
avuto contatti con l’uomo d’affari americano James Giffen, intermediario per il Kazakhstan in numerose
trattative con le società petrolifere estere. Per anni circolarono voci riguardanti tangenti pagate a politici
kazaki per assicurare, alle compagnie occidentali, contratti in diversi giacimenti (ad esempio, Kashagan).
Nel 1999, infine, un rapporto delle autorità svizzere accusò sia Nazarbayev, sia gli ex Primi Ministri
Kazhegeldin e Balgimbayev di aver dirottato, su fondi personali elvetici, “bonus” offerti da Mobil, Amoco
e Phillips Petroleum, per un ammontare di 115 milioni di dollari. Si trattava del cosiddetto Kazakhgate,
che portò all’arresto, nel 2003, dello stesso Giffen; Olcott, Unfulfilled promise, cit., pp. 148-149; Cohen,
op. cit., pp. 59-63.
32
Ivi, p. 11. Tale tesi è invece respinta da Igor Torbakov, secondo il quale la “partita” giocata sul Caspio
sarebbe molto più complessa di un Great Game stile XIX secolo; I. Torbakov, “The West, Russia and
China in Central Asia: what kind o fame is being played in the region?”, in <<Transition Studies
Review>>, Vol. 14, No. 1, 2007, p. 160.
10
che conferisce rilevanza alla presenza (interna) di risorse naturali (“variabile
indipendente”). Solo grazie all’apertura economica di Nazarbayev nei primi anni
d’indipendenza, attori esteri si interessarono al Kazakhstan; allo stesso modo, solo
grazie alla politica di diversificazione dei corridoi di trasporto di gas e petrolio (parte,
piuttosto significativa33, di una più ampia strategia di politica estera, detta
“multivettoriale”), le grandi potenze, così come le potenze regionali34, hanno mostrato
crescente attenzione verso il Kazakhstan35.
Tornando ancora una volta al sondaggio iniziale, passiamo ora ad esaminare
l’opzione “c)”: la causa del crescente interesse internazionale verso il Kazakhstan
risiederebbe, secondo tale risposta, nel carisma del presidente. Risulta difficile,
pensando al Kazakhstan indipendente, non pensare al suo primo ed unico presidente,
Nursultan Abishevich Nazarbayev. Nato nel 1940 in una famiglia contadina di
Chemolgan, nei pressi di Alma-Ata (nome sovietico dell’attuale Almaty), Nursultan
Nazarbayev condusse studi tecnici (metallurgia), per lavorare poi negli impianti di
Temirtau e Karaganda, dove nel 1960 divenne ingegnere. La passione politica, tuttavia,
prese il sopravvento e nel 1969 egli entrò nel Partito Comunista kazako36, come esperto
d’industria pesante. A proprio agio sia nell’ambiente rurale di origine, sia nel milieu a
preponderanza russa del partito, all’età di quarantaquattro anni, Nazarbayev veniva
nominato Primo Ministro37. Sebbene fosse un acceso sostenitore delle riforme di
Gorbachev, quando nel Dicembre 1986 si trattò di sostituire, nell’ambito di una vasta
campagna anti-corruzione, Dinmuhammad Kunayev (leader del partito kazako e già
membro del Politburo del PCUS), Nazarbayev non venne scelto come successore dai
riformisti di Mosca. I legami di lunga data con lo stesso Kunayev furono certamente
33
Si vedano i capitoli successivi.
34
Per “potenza regionale”, si voglia intendere, secondo la definizione di Barry Buzan, una potenza con
capacità materiali che si estendono ampiamente nella regione (sottosistema autonomo del sistema
internazionale) d’appartenenza, le cui relazioni con le potenze globali riguardano principalmente processi
di securitization, cioè processi che attengono alla sfera politico-militare; B. Buzan, La politica mondiale
nel XXI secolo, Milano, Università Bocconi Editore, 2006, pp. 108-109. Per quanto attiene alla
distribuzione di potenza, nel corso dell’elaborato si considererà il sistema internazionale nel quale si
muove il Kazakhstan oggi come un sistema “multipolare bilanciato”, secondo la definizione che ne dà
John Mearsheimer: un sistema dove non vi è un aspirante egemone e dove non vi sono marcati divari di
potenza tra le grandi potenze; J. Mearsheimer, La logica di potenza, Milano, Università Bocconi Editore,
2003, pp. 127-153.
35
La risposta “b)” al sondaggio condotto da Gazeta.kz ha ottenuto il 16% delle preferenze; Internet
Newspaper Gazeta.kz, http://eng.gazeta.kz/vresults.asp?p=1&vid=15 (2 Dicembre 2008).
36
Nel 1937 venne formato il Partito Comunista kazako, come dipartimento del Partito Comunista
dell’Unione Sovietica (PCUS); Ambasciata del Kazakhstan in Italia, “La storia dello Stato del
Kazakhstan”, http://www.embkaz.it/page2.asp?IDMenu=1&Nome=Kazakhstan&ID=4&Lang= (10
Marzo 2009).
37
N. Nazarbayev, Without right and left, London, Class Publishing, 1992, pp. 1-51.
11
determinanti in questa decisione e la preferenza di Gorbachev ricadde su Gennady
Kolbin, di etnia russa e segretario, fino a quel momento, di un oblast nella RSFSR. La
nomina di Kolbin alla testa del Partito Comunista kazako portò a violente proteste, con
morti e feriti, nelle strade di Almaty: la rivolta (Jeltoqsan) fu il primo evidente segnale
delle enormi difficoltà cui si trovava dinanzi la politica sovietica delle nazionalità38.
Nazarbayev, dal canto suo, mantenne una posizione ambigua sulla vicenda, onde evitare
di pregiudicare la sua carriera politica futura. Il silenzio venne premiato e, nel Giugno
1989, Nazarbayev ottenne la nomina a Primo Segretario, succedendo a Kolbin. Questo
placò gli animi dei più accesi gruppi nazionalisti kazaki (su tutti Azat ed Alash), i quali,
non intravedendo all’orizzonte realistiche prospettive d’indipendenza, erano disponibili
ad accettare il nazionalismo estremamente moderato del nuovo primo segretario. Alla
moderazione Nazarbayev aggiungeva una buona dose di pragmatismo: osservando lo
scontro tra Armenia ed Azerbaijan, lo scontro tra Georgia ed Abkhazia, i tentativi
secessionisti della Transnistria e confrontando tali eventi con la situazione etnica
all’interno dal Kazakhstan, Nazarbayev (dal Marzo del 1990 anche presidente della
repubblica) divenne uno dei più convinti sostenitori della necessità di riscrivere il
Trattato dell’Unione che, dal 1922, aveva provveduto a tenere insieme le diverse
repubbliche sovietiche. Nonostante nell’Ottobre 1990 il Soviet Supremo kazako avesse
approvato una dichiarazione di “sovranità”, solo all’interno dell’Unione, secondo il neo-
presidente, sarebbe stato possibile assicurare l’integrità territoriale della repubblica.
Tale posizione gli assicurò un crescente prestigio, non solo in Kazakhstan ma anche in
tutta l’Unione Sovietica, specialmente durante il 1991, quando fu evidente come il
potere stesse scivolando da Mosca alle singole repubbliche. Il fallito colpo di Stato
dell’Agosto ’91 da parte del governo sovietico guidato da Pavlov accrebbe sia la
popolarità del presidente della RSFSR Eltsin sia, per converso, la popolarità di
Nazarbayev, unico capo di Stato dell’URSS ad esprimere una tempestiva condanna del
tentato golpe. Falliti poi anche gli ultimi tentativi di riformare l’Unione, il 16 Dicembre
1991 il Kazakhstan, ultimo tra le repubbliche sovietiche, proclamò l’indipendenza39.
Due settimane prima Nazarbayev era stato riconfermato alla Presidenza della
Repubblica con il 98% dei voti, in un’elezione nella quale non vi erano stati altri
candidati in gara. Da quel momento, la figura del presidente fu sempre più rilevante
38
Olcott, Unfulfilled promise, cit., pp. 26-28. Capisani, op. cit., pp. 2-4.
39
F. Benvenuti, La Russia dopo l’URSS, Roma, Carocci Editore, 2007, pp. 33-39, 101. Olcott, Unfulfilled
promise, cit., pp. 29-35.
12
nello scenario politico kazako40. Anzitutto, Nazarbayev cercò di creare una base
partitica di supporto: rifiutò la leadership del Partito Socialista (che aveva sostituito in
Novembre il dissolto Partito Comunista kazako), adducendo la necessità di essere “il
presidente di tutti”; sostenne la creazione del Partito del Congresso del Popolo (che,
tuttavia, sfuggì ben presto al suo controllo); infine, sponsorizzò la creazione del Partito
dell’Unità del Popolo (PNEK). Tale formazione politica divenne poi Otan (“Patria”) nel
’99 e Nur-Otan (“Raggio di luce della patria”) nel 2006, dopo l’unione con il Partito
Civico, il Partito Agrario ed il partito della figlia Dariga Nazarbayeva (Asar)41. Il potere
di Nazarbayev venne inoltre cristallizzato a livello costituzionale: la prima Costituzione
del Kazakhstan indipendente, adottata il 28 Gennaio 1993, oltre a consentire di fatto la
prosecuzione dell’assetto istituzionale ereditato dal periodo sovietico, assicurava
un’elevata concentrazione di poteri nelle mani dell’esecutivo centrale e del presidente,
al quale (abbastanza contraddittoriamente, essendo egli stesso parte dell’esecutivo)
veniva riconosciuto un ruolo “sovra-sistemico” nei confronti dei tre classici poteri dello
Stato (giudiziario, legislativo ed esecutivo)42. Come precedentemente dimostrato, il
potere presidenziale uscì ulteriormente rafforzato anche dalla successiva Costituzione
(tuttora in vigore), approvata il 30 Agosto del ’9543. Alcuni mesi prima, Nazarbayev era
riuscito, attraverso un referendum (95.4% di voti favorevoli), ad estendere il proprio
40
Il regime politico kazako, dall’indipendenza sino ai giorni nostri, costituisce un esempio di
“democrazia delegativa”, secondo la definizione di O’Donnell: un regime democratico, le cui pratiche
concrete ricordano quelle di uno Stato autoritario; G. O’Donnell, “Delegative democracy”, in <<Journal
of Democracy>>, Vol. 5, No. 1, 1994, pp. 55-69. Appare evidente come Nazarbayev abbia giustificato
l’esistenza di un simile regime con la necessità di mantenere l’ordine sociale e di evitare la
frammentazione del paese; P. Kubicek, “Authoritarianism in Central Asia: curse or cure?”, in <<Third
World Quarterly>>, Vol.19, No.1, 1998, p. 35. Concetto analogo a quello di “democrazia delegativa” è
quello di “democrazia controllata” o “guidata”, introdotto, in ambito russo, da scienziati politici quali
Gleb Pavlosky; V. Socor, “Kremlin redifining policy in post-soviet space”, Eurasia Daily Monitor, Vol. 2,
Issue 27, 2005, http://www.jamestown.org/single/?no_cache=1&tx_ttnews%5Btt_news%5D=27502
(11 Marzo 2009).
41
Dal 2007 il partito Nur-Otan è guidato direttamente da Nazarbayev; Capisani, op. cit., pp. 4-5. A.
Bowyer, Parliament and political parties in Kazakhstan, Washington D.C., Silk Road Paper, CACI,
2008, pp. 4, 12-20.
42Olcott, Unfulfilled promise, cit., pp. 96-97. Certamente, gli eventi di Mosca dell’Ottobre ’93 e la
“vittoria” (con sollievo dell’Occidente) di Eltsin sul Soviet Supremo aprirono la strada al rafforzamento
del presidenzialismo kazako. Per un’analisi degli eventi di Mosca, si vedano Benvenuti, op. cit., pp. 48-
49; L. Marcucci, Dieci anni che anno sconvolto la Russia, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 48-49.
43
Si vedano le pagine 5 e 6. Il parlamento bicamerale, nella Costituzione del ’95, appare quasi come un
corpo consultivo. La composizione del Senato (sotto stretto controllo presidenziale, anche grazie alla
nomina diretta di 15 senatori da parte del presidente, secondo quanto stabilito dalla modifica
costituzionale del Maggio 2007) assicura di fatto l’impossibilità, per il parlamento, di scavalcare il veto
presidenziale, essendo necessaria una maggioranza dei due terzi in entrambe le camere; Olcott,
Unfulfilled promise, cit., p. 112. B. Pannier, “Presidential picks to dominate Kazakh Senate elections,
Radio Free Europe-Radio Liberty, 10/03/2008,
http://www.rferl.org/content/Presidential_Picks_To_Dominate_Kazakh_Senate_Elections/1293848.html
(11 Marzo 2009).
13
mandato sino all’anno 2000. Emendamenti costituzionali introdotti nel ’98 (veniva,
peraltro, allungato a sette anni il mandato del presidente) condussero poi a nuove
elezioni presidenziali nel ’99. Così come alle successive consultazioni elettorali del
Dicembre 2005, si assistette ad un trionfo di Nazarbayev44. Nel Maggio 2007 una nuova
riforma costituzionale ridusse infine a cinque, gli anni di mandato presidenziale,
consentendo tuttavia a Nazarbayev (si trattava di un emendamento ad personam) di
ricandidarsi alla presidenza (ed eventualmente farsi rieleggere) tutte le volte che lo
avesse desiderato45.
Visto il dominio incontrastato del presidente nell’ambiente politico interno, si
potrebbe pensare che anche la politica estera del Kazakhstan sia, in sostanza, nelle mani
di un singolo individuo. Certamente, affermando ciò, si coglierebbe un elemento di
verità: la Presidenza della Repubblica rappresenta il cardine stesso del processo di
decision-making nella politica estera kazaka46. Occorre, tuttavia, fare due precisazioni.
Anzitutto, tale processo coinvolge, oltre alla Presidenza della Repubblica, anche altre
istituzioni; in secondo luogo, l’ambiente interno non è e non è mai stato totalmente
controllato da Nazarbayev. Partiamo da questo secondo aspetto. Secondo Tor Bukkvoll,
dal 1991 Nazarbayev avrebbe fronteggiato tre “ondate” di opposizione interna. Nella
prima metà degli anni ’90 si trattava di nazionalisti, comunisti e liberali, oppositori che,
comunque, non potevano contare sul supporto dell’élite burocratica ed economica. Dal
44
Alle elezioni del ’99, dopo l’esclusione dalla competizione di Kazhegeldin a causa di irregolarità
organizzative in campagna elettorale, il principale avversario di Nazarbayev (81%) fu il comunista
Abdilin (12%). Alle elezioni del 2005 (giudicate ancora una volta “non libere” dall’OSCE, anche se si
notarono “miglioramenti”) fu il socialdemocratico Tuyakbay (che ottenne il 6%) a sfidare Nazarbayev
(91%); Olcott, Central Asia’s second chance, cit. pp. 34-35. Adam Carr’s Election Archive,
http://psephos.adam-carr.net/countries/k/kazakhstan/kazakhstan.txt (11 Marzo 2009). OSCE/ODIHR
Election Observation Mission Final Report, http://www.osce.org/documents/odihr/2006/02/18133_en.pdf
(11 Marzo 2009).
45
La riforma del 2007, approvata durante le trattative per cercare di ottenere la presidenza di turno OSCE,
mostrava una certa ambivalenza: da un lato rafforzava ulteriormente la figura di Nazarbayev, dall’altro
tentava di incentivare sviluppi in senso democratico all’interno del paese (si considerino, ad esempio:
l’abolizione della pena di morte, con l’eccezione dei crimini di guerra; il rafforzamento delle assemblee
locali, i maslikhat; la previsione che il governo fosse responsabile non solo verso il presidente ma anche
verso il parlamento, il quale avrebbe potuto sfiduciare il governo con un voto a maggioranza semplice);
Cohen, op. cit., pp. 48-51. Peraltro, il potere di Nazarbayev venne rafforzato indirettamente, attraverso
l’introduzione di una soglia di sbarramento al 7% per le elezioni del Majilis, la Camera bassa. Risulta
evidente come tale misura andasse a tutto vantaggio del partito del presidente, penalizzando la divisa e
poco organizzata opposizione. Il fatto che, nelle ultime elezioni (Agosto 2007), Nur-Otan abbia ottenuto,
con l’88% dei voti, tutti i 98 seggi in gara, mostra quale sia ancora il grado di controllo presidenziale sul
parlamento; C. Ziegler, Civil society, politica stability and economic development in Kazakhstan,
University of Louisville KY, 2008, p. 20.
46
O. Kasenov, “The institutions and conduct of the foreign policy of post-communist Kazakhstan” in The
making of foreign policy in Russia and in the new States of Eurasia, Ed. by Adeed and Karen Dawisha,
New York NY, M.E. Sharpe Inc., 1995, p. 267.
14
1996 si trattò dei cosiddetti “funzionari disillusi”, un’opposizione poco coesa,
intellettuale e guidata da Akezhan Kazhegeldin, il “padre” delle privatizzazioni kazake,
Primo Ministro dal ’94 al ’97 e fondatore, nel 1998, del Partito Repubblicano del
Popolo47. La terza “ondata” ebbe inizio nel 2001 e dura ancora oggi. Sono identificabili
tre gruppi: i familiari del presidente, la vecchia nomenklatura burocratica ed i cosiddetti
“Giovani Turchi”. Il primo gruppo è sicuramente il più problematico da valutare, poiché
non si tratta di una vera e propria opposizione, bensì di singoli attori in lotta, più o meno
aperta, per la successione a Nazarbayev. Allo scontro politico si uniscono, all’interno di
questo gruppo, gli intrighi familiari. I personaggi di spicco sono: la prima figlia del
presidente, Dariga, che ha mostrato, con l’esperienza del partito Asar, le sue ambizioni
politiche; il suo ex marito Rakhat Aliyev48, businessman con un passato nei servizi di
sicurezza; infine Timur Kulibayev, figura di spicco dell’industria petrolifera kazaka e
marito della seconda figlia di Nazarbayev, Dinara (la terza figlia è Aliya, ex moglie del
figlio del deposto presidente kirghiso Akayev). Nel secondo gruppo ritroviamo quei
burocrati che, acquisita una posizione di spicco in epoca sovietica, riuscirono a
mantenerla anche dopo il 1991. Caratteristica comune di questi attori è l’appartenenza
alla cosiddetta “Grande Orda”. Oltre ad essere divisa secondo linee etniche, la società
kazaka è divisa in clan: la “Piccola Orda”, basata nell’ovest del paese; l’“Orda di
47
Divenuto l’anno successivo Forum delle Forze Democratiche del Kazakhstan, tale partito è tuttora
diretto da Kazhegeldin, in esilio auto-imposto a Londra; Bowyer, op. cit., p. 30. T. Bukkovoll, “Astana’s
privatised independence: private and national interests in the foreign policy of Nursultan Nazarbaev”, in
<<Nationalities Papers>>, Vol. 32, No. 3, 2004, pp. 634-635.
48
La figura di Rakhat Aliyev è sicuramente la più controversa dell’intero panorama politico kazako: si
parla a riguardo, addirittura, di un vero e proprio Rakhatgate. Dalla sua posizione di vice-capo dei servizi
segreti, Aliyev aveva tentato di estendere la sua influenza economica sui media legati al movimento di
opposizione Democratic Choice of Kazakhstan. La reazione non si fece attendere: la tv indipendente Tan
(di proprietà di Ablyazov, membro di DCK) mostrò prove che inchiodavano Aliyev davanti ad accuse di
corruzione. Nazarbayev intervenne “esiliando” il proprio genero in Austria come ambasciatore:
ironicamente, ad uno dei più accesi oppositori delle riforme democratiche in Kazakhstan veniva affidato il
compito di promuovere la candidatura kazaka alla presidenza di turno dell’OSCE. Trascorso un breve
periodo come vice-ministro degli esteri, nel Febbraio 2007 Aliyev venne “esiliato” nuovamente in
Austria, proprio mentre nei suoi confronti ricadevano accuse di un collegamento con l’omicidio di
Altynbek Sarsenbayev, membro del partito di opposizione Azat. Peraltro, le pesanti critiche rivolte da
Aliyev alla riforma costituzionale del 2007 avevano mostrato a Nazarbayev una pericolosa alterazione
negli equilibri di potere all’interno della “Famiglia”: al genero del presidente vennero tolti tutti gli
incarichi ufficiali e le conseguenti immunità, mentre a Dariga venne “imposto” di divorziare. Infine venne
chiesto (invano) all’Austria di estradare Aliyev sulla base di un’accusa di rapimento di due funzionari
della banca kazaka Nurbank. La pubblicazione (Maggio 2009) di un libro dal significativo titolo di The
Godfather-in-law rappresenta solamente l’ultimo atto di sfida, da parte di Rakhat Aliyev, nei confronti di
Nazarbayev; Olcott, Central Asia’s second chance, cit. pp. 141-142. Olcott, Central Asia’s second chance,
cit. pp. 141-142. F. Najibullah, “Former Kazakh presidential son-in-law publishes tell-all
book”,05/22/2009,http://www.rferl.org/content/Former_Kazakh_Presidential_SoninLaw_Publishes_Tell
All_Book/1737423.html (23 Maggio 2009). Bowyer, op. cit., p. 26. Ziegler, op. cit., p. 12. S. Roberts,
“Has the Prince been exiled back to Austria?” http://roberts-report.blogspot.com/2007/02/has-prince-
been-exiled-back-to-austria.html (11 Marzo 2009).