2
L’analisi sul rapporto tra mass-media e arti marziali, sarà completata
analizzando nello specifico alcune serie di cartoni animati e alcune serie tv scelte
in base alla loro popolarità.
Dopo una panoramica sulle varie discipline esistenti, mettendone in risalto
analogie e differenze, si focalizzerà l’attenzione sul complesso di arti marziali di
origine giapponese (il Budo) individuandone i suoi aspetti peculiari. Non potendo
ovviamente approfondirle tutte in maniera esaustiva, si è scelto di soffermarsi su
quella che è la più conosciuta arte marziale nel mondo: il Karate.
Si esporrà l’influenza che la filosofia Zen ha avuto nella codificazione
dell’arte marziale come noi oggi la conosciamo, ad opera del Maestro Gichin
Funakoshi negli anni 30. Successivamente all’analisi di alcune delle parole più
usate nel corso di un allenamento, ci si soffermerà ad analizzare alcuni aspetti
tipici della società giapponese: il concetto di gruppo, e il rapporto tra senpai e
kohai.
Si evidenzieranno poi quelli che sono gli elementi pedagogici riscontrabili
nella pratica del karate, fino ad inquadrarlo come attività sportiva vera e propria.
La parte finale sarà costituita da un glossario, al fine di consentire una
rapida consultazione del significato delle parole giapponesi usate nell’elaborato.
3
CAPITOLO 1
LE ARTI MARZIALI COME SOCIALIZZAZIONE
1.1 IL PROCESSO DI FORMAZIONE DELL’INDIVIDUO: LA SOCIALIZZAZIONE
Prima di andare a vedere in modo più approfondito in che misura la pratica di
un’arte marziale possa contribuire alla formazione dell’individuo, è bene
soffermarsi sul concetto di socializzazione.
Secondo una, ormai considerata inefficace, distinzione si usa parlare di
socializzazione primaria e socializzazione secondaria.
Con la prima si intendeva quella fase di apprendimento che, durante
l'infanzia, ogni individuo si trova ad affrontare e che ne farà un membro della
società mettendolo in grado di rispondere alle sue aspettative.
La socializzazione secondaria, invece, si riferiva al processo di
apprendimento di un individuo adulto che ha già avuto la sua socializzazione di
tipo primario e che viene messo in condizione di potersi adattare alle aspettative
di comportamento impostegli da nuovi ambienti sociali o nuovi gruppi di
riferimento.
I processi di socializzazione (primaria e secondaria) sono basati sui
meccanismi dell'identificazione e dell'interiorizzazione.
Per identificazione si intende quel “processo nel corso del quale, in virtù di
una dipendenza emotiva o di un diverso grado di autorità, l'individuo si cala nella
situazione di un altro assumendone il ruolo e gli atteggiamenti”
2
.
Per interiorizzazione deve intendersi invece quel processo, che porta ad
accogliere “le norme e gli atteggiamenti socialmente sanzionati, per effetto di
2
Klaus Kiefer, Socializzazione, in H. Reimann, Introduzione alla sociologia, Il Mulino, Bologna, 1991
4
processi di identificazione già avvenuti” (…) “nel proprio repertorio dei modelli
di azione di cui si è fatta esperienza ad un livello soggettivo ed autonomo”. Nel
processo di socializzazione vi è un aspetto soggettivo nella risposta, che si
concretizza in un maggiore o minore grado di accettazione di quei valori e
modelli proposti dal gruppo
Quando un individuo entra in un gruppo, deve immergersi nella cultura di
quel gruppo che include modi condivisi di vedere la realtà e costumi comuni. Vi
sono cerimoniali particolari, l'uso di espressioni gergali, di canti, di divise, di
cerimonie che solennizzano, ritualizzandoli, particolari eventi e ricorrenze.
Tutto questo fa parte del processo di socializzazione “mediante il quale ad
un nuovo membro di un gruppo sociale vengono trasmessi valori, norme,
atteggiamenti e comportamenti che sono condivisi dai membri preesistenti del
gruppo stesso. In questa prospettiva il processo di socializzazione può essere
visto come un processo che si svolge lungo tutto l'arco della vita di un individuo,
nel senso che l'apprendimento non ha mai fine; ciò nonostante va subito precisato
che gran parte dell'apprendimento di base si compie nei primi anni di vita.”
3
Oggi la distinzione tra socializzazione primaria e socializzazione
secondaria risulta però non del tutto esaustiva.
Relativamente agli studi sui processi di socializzazione, è possibile
individuare due linee di pensiero fondamentali.
Il primo filone è relativo alla concezione funzionalista che, da Durkheim fino a
Parsons e Merton, “propone una visione del processo di socializzazione visto
essenzialmente come “addestramento” dell’individuo ai costumi sociali (mores) e
apprendimento dei ruoli richiesti dalla società”
4
; il processo di socializzazione
viene visto fondamentalmente in termini verticali e gerarchici; in questa ottica, le
agenzie istituzionali (quali la comunità, la famiglia, la scuola, la religione)
funzionano da organi formali preposti allo svolgimento di un ruolo formativo
determinato e coerente.
3
F. Demarchi, A. Ellena e B. Cattarinussi, Nuovo Dizionario di Sociologia, Edizioni Paoline, Milano, 1987
4
Morcellini M., Passaggio al futuro, Franco Angeli., Milano, 1995
5
Il secondo, invece, si richiama all’interazionismo e, partendo da Mead,
inquadra il processo di socializzazione dalla parte dell’individuo, attribuendogli
la funzione di sviluppo delle sue potenzialità e delle sue capacità. I temi, i
contenuti della socializzazione smettono di essere elementi recepiti passivamente,
da assimilare sic et simpliciter al fine di integrarsi al meglio nella società,
diventando piuttosto degli strumenti, dei materiali a disposizione degli individui, i
quali assumono dei ruoli nuovi, non più inquadrati nella struttura della sudditanza
gerarchica.
Sia Parsons, che Durkheim, vedono nell’interiorizzazione delle norme
sociali da parte dell’individuo, non solo una garanzia per la stabilità del sistema,
ma anche la conseguente soluzione di ogni problema relativo all’educazione. Ma,
mentre nella visione di Durkheim, l’interiorizzazione delle norme sociali ha il
carattere di una coercizione esterna imposta dalla società, al di fuori, quindi,
dell’azione del soggetto, in Parsons le prescrizioni di ruolo, i valori e le norme
dominanti vengono interiorizzati dall’individuo sino ad assurgere ad elementi
costitutivi della sua personalità.
Di fondamentale importanza è il ruolo attribuito a questo proposito alla
scuola, vista come agenzia idonea a garantire negli individui lo sviluppo di quegli
elementi che costituiscono i prerequisiti essenziali per l’attuazione dei ruoli,
ponendosi dunque, quale basilare strumento di socializzazione nel quadro di una
visione sociocentrica e scuolacentrica.
Quelle reciproche aspettative di ruolo a cui fa riferimento Parsons,
inquadrate in termini di comportamento funzionale al sistema, vengono analizzate
da Mead, i cui scritti sono antecedenti a quelli di Parsons, in un’ottica atta a
rivalutare l’azione soggettiva. Il passaggio innovativo consiste nell’“elaborazione
di una teoria che coglie il formarsi della “mente” e del “sé” nel momento
interazionale”
5
, vale a dire in quel processo mediante il quale gli individui
arrivano a stabilire rapporti reciproci.
5
Morcellini M., op. cit., 1995
6
L’esperienza della comunicazione sociale muta in “mente” nel momento in
cui viene interiorizzato il ruolo dell’altro: l’individuo si identifica con le persone
che hanno influenza su di lui, ne fa propri i loro ruoli ed i loro atteggiamenti, e,
tramite tale identificazione, arriva ad acquisire una propria identità. Mediante
quel processo che Mead definisce come autointerazione, colloquio interiore,
interazione sociale con se stesso, l’individuo, nell’atto di assumere il ruolo
dell’altro, organizza la sua azione e la sua stessa assunzione di ruolo. La
socializzazione, pertanto, non può essere indicata solo come un processo di
apprendimento, ma anche e soprattutto di attribuzione di significato e di valore
alla propria e altrui condotta.
Infatti, elementi quali la progressiva presa di coscienza da parte
dell’individuo lungo l’arco della sua crescita di questo nuovo modo di rapportarsi
agli altri, e la sua appartenenza o meno ad un gruppo piuttosto che ad un altro,
rivestono un ruolo fondamentale nella formazione psico-caratteriale del soggetto
che può cominciare a manifestare il desiderio di non essere più dipendente
dall'adulto (genitore, maestro, o altra figura "istituzionalizzata"), e, allo stesso
tempo, può indirizzarsi verso una maggiore identificazione con i propri coetanei,
utilizzati come parametro di giudizio per meccanismi di imitazione e di
competizione, comunque di riferimento, al punto che il gruppo dei pari può
arrivare ad assumere un’importanza addirittura superiore a quella della famiglia
nell’imposizione di norme di comportamento.
Un’ulteriore chiave di lettura per cercare di comprendere quelle che sono le
varie fasi del processo formativo dell’individuo, quindi, può essere individuata
nell’analisi dei concetti di socializzazione mediata e socializzazione immediata.
Da un lato abbiamo le istituzioni tradizionali della socializzazione, famiglia
e scuola, che danno origine ad un tipo di socializzazione cosiddetta mediata in
quanto, indicando una serie di valori, di norme, di forme di linguaggio, si
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pongono come mediatrici, appunto, tra la realtà sociale ed i giovani, sviluppando
un tipo di comunicazione “verticale”.
Dall’altro, invece, abbiamo i mezzi di comunicazione di massa ed il gruppo
dei pari con i suoi valori, le sue regole, il suo linguaggio, che danno origine ad un
tipo di socializzazione cosiddetta immediata in quanto, essendo vissuti dal
soggetto senza mediazioni o interferenze, influiscono direttamente sulla sua
esperienza quotidiana e danno origine ad un tipo di comunicazione “orizzontale”.
La continua rinegoziazione di quelli che sono i valori instillati dalle
tradizionali agenzie di socializzazione alla luce dei continui input recepiti tramite
mass media e gruppo dei pari, porta il soggetto ad un processo formativo che sia
il più possibile adeguato a quelle che sono le proprie aspettative personali.
Aumenta quindi la sua partecipazione attiva nella selezione e nella fruizione di
quelle che sono le molteplici offerte che l’industria culturale propone: cinema, tv,
stampa, internet, sport, ecc…
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1.2 LO SPORT COME ELEMENTO DI SOCIALIZZAZIONE
Molte sono le possibili attività su cui puntare il proprio interesse nel tempo
libero, e tra queste sicuramente lo sport è una delle più attraenti, in maniera
ancora più significativa tra i minori, sia in quanto spettacolo da guardare, sia a
livello di pratica regolare. Da sempre la pratica sportiva è considerata un
elemento di grande importanza nel processo educativo dell’individuo.
Figura 1 ISTAT, Cultura, socialità e tempo libero, Aspetti della vita quotidiana, 2000
Il grafico mostra come si sia sviluppata la partecipazione sportiva in Italia
utilizzando i dati ISTAT. Nelle indagini svolte fino agli anni ’80, si focalizzava
l’attenzione soltanto su una pratica sportiva di tipo “continuativo” (o abituale) e
le percentuali riportate fanno riferimento a coloro che si sono “soggettivamente”
ritrovati in questo tipo di definizione; dal 1995, invece, l’indagine “Tempo libero
e cultura” evidenzia la percentuale di praticanti in maniera continuativa (17,8%
della popolazione nel 1995, 20,2% nel 2000) rispetto al totale, fornendo, quindi,
un quadro più completo della partecipazione sportiva in Italia.
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Figura 2 ISTAT, Sport e attività fisiche, I cittadini e il tempo libero, 2002
Inoltre, come si vede dal grafico sopra riportato, rispetto al 1995, la
percentuale di individui che praticano sport, nel 2000, è aumentata di 3,4 punti
percentuali e l’incremento è dovuto in gran parte a coloro che dichiarano di
praticarlo in modo continuativo (2,4% in più rispetto al 1995). La pratica saltuaria
aumenta, invece, di un punto percentuale (passando dal 8,8% al 9,8%).
La pratica non specializzata dell'attività sportiva in un bambino, punta a
mettere in risalto l’aspetto ludico nell’attività motoria con la progressiva
presentazione di situazioni generiche, non specifiche, sempre nuove e diverse, e
costituisce un fondamentale stimolo per l'acquisizione e lo sviluppo
dell'apprendimento motorio. Creare occasioni che consentano al bambino di
praticare un qualunque tipo di attività ludico-motoria, significa metterlo in
condizione di sperimentare e gestire in prima persona le proprie potenzialità
motorie ed espressive. Allo stesso tempo, questo tipo di partecipazione, attiva,
fornisce, parallelamente a quanto avviene nell’ambito della famiglia e delle
istituzioni scolastiche, gli elementi per una vita di relazione con altri coetanei, il
cosiddetto gruppo dei pari. Tale ulteriore sfera di aggregazione, assumerà via via
sempre più importanza nel corso della crescita dell’individuo.