Si pone l’accento anche su quali sono gli altri metodi utilizzati. Infine, il quarto capitolo tratta un
aspetto strategico senza il quale non è possibile realizzare il JIT: le forniture. In merito,
l'introduzione di tecniche just in time si riflette in un radicale cambiamento del modo di concepire il
rapporto con i propri fornitori.
1
1. La nascita del just in time e le sue caratteristiche
1.1 Le origini: La produzione di massa
La storia dell’industria moderna del ventesimo secolo ha trovato nella produzione di
massa un momento di svolta e trasformazione radicale in risposta ai mutamenti delle
condizioni sociali, economiche, ambientali e alle innovazioni tecnologiche1.
Il passaggio fondamentale dal sistema di produzione artigianale, basato su una
specializzazione per mestieri, al sistema di produzione di massa giunge a definitivo
compimento negli Stati Uniti intorno al secondo decennio del Novecento.
Di seguito vengono riportati i principali avvenimenti che hanno dato origine alla
produzione di massa:
ξ Nuova teoria di organizzazione della produzione, denominata “Scientific
Management”, che trova in F.W.Taylor2 e H. Ford i suoi principali esponenti.
I suoi caratteri essenziali sono i seguenti:
a) “One best way”: adozione di un sistema scientifico nello studio dei tempi e
dei metodi di lavoro, nel convincimento dell’esistenza, sempre e comunque,
di un metodo unico e migliore per risolvere problemi e compiere azioni di
qualsiasi genere;
b) Selezione scientifica della manodopera: selezione e addestramento personale
mirato alla ricerca della persona migliore per l’attività da effettuare;
c) Divisione scientifica del lavoro: distinzione della fase di ideazione dalla
fase di esecuzione.
ξ Innovazioni tecnico-scientifiche:
a) standardizzazione dei prodotti, resa possibile dal perfezionamento dei mezzi
di misurazione;
b) produzione sistematica di pezzi intercambiabili sia per prodotti finiti
complessi sia per macchine utensili;
1
Rappresentano una combinazione di fattori produttivi che permette di ottenere o lo stesso prodotto con un minore
utilizzo degli stessi o un nuovo prodotto. Ciò si traduce quindi in un risparmio di input o in una nuova offerta. Tratto
da “Tecnologia innovazione operations”, AA.VV., Egea 2006, p.86.
2
F.W.Taylor(1856-1915) dapprima maturò una vasta esperienza nel lavoro di fabbrica svolgendo diverse mansioni,
poi si dedicò al miglioramento dell’organizzazione del lavoro nell’impresa.
2
c) progressiva specializzazione delle macchine utensili grazie al quale e’ stato
possibile creare macchine totalmente nuove in grado di effettuare lavorazioni
particolari;
d) utilizzazione a rete dell’energia elettrica che la rende utilizzabile in ogni
punto.
Le macchine possono quindi ricevere un’alimentazione energetica indipendente l’una
dalle altre.
Quest’ultima innovazione determina un cambiamento importante nell’organizzazione
dei cicli produttivi, poiché consente la “parcellizzazione delle operazioni”.
In sostanza essa consiste nella “suddivisione di un processo produttivo complesso in
numerose operazioni elementari, tali da poter essere affidate ad una macchina.” 3
In tal modo il processo produttivo di ogni prodotto industriale è fortemente frammentato
in numerosi cicli di lavorazione ciascuno dei quali realizza determinate parti
componenti: è ,dunque, possibile meccanizzare una serie di operazioni che, in epoche
precedenti, venivano delegate al lavoro manuale.
Del resto l’impresa nella “produzione di massa” è orientata all’efficienza la cui ricerca
viene perseguita attraverso le seguenti politiche:
a) specializzazione produttiva;
b) standardizzazione dei prodotti, dei materiali e delle parti componenti;
c) meccanizzazione dei processi (ovvero la sostituzione del lavoro umano con
la macchina specializzata);
d) sfruttamento di “economie di scala”4;
e) integrazione verticale delle attività5.
Di queste politiche assume particolare rilievo la standardizzazione perché da un lato
,attraverso essa, si fissano tipi, misure e caratteristiche concernenti i prodotti, i materiali
e i processi, dall’altro risulta uno degli elementi fondamentali della produzione di massa
per due buone ragioni:
a) rende stabile il processo produttivo poiché consente la “ripetibilità” dei
movimenti e delle operazioni, conferendo una maggiore velocità di
esecuzione.
3
( S. Silvestrelli, 2003 ).
4
Si intende la relazione esistente tra la diminuzione del costo medio di fabbricazione del prodotto e l’aumento della
capacità produttiva dell’impresa.
5
L’integrazione verticale si manifesta allorquando l’impresa voglia aumentare il grado di controllo dei suoi input o
della distribuzione dei suoi servizi o prodotti.
Più precisamente ,nel primo caso, si parlerà di “integrazione a monte”; nel secondo, invece, si tratterà di
“integrazione a valle”.
3
Tuttavia per poter ottenere che le numerose e spesso complesse fasi che
compongono un processo produttivo siano replicabili un numero molto
elevato di volte in modo da ottenere prodotti sempre uguali fra loro per poter
assicurare la perfetta ripetibilità di un prodotto in numerosi esemplari fra loro
identici, è necessario non solo definire che cosa sia il prodotto, ma anche a
cosa esso debba essere uguale e cioè il prodotto standard di riferimento. Ogni
prodotto è di conseguenza, nella maggior parte dei casi, disegnato in ogni
sua piccola parte per poter costituire un riferimento unico e certo.
Del resto la ripetibilità richiede che sia definito esattamente in ogni sua parte
il processo produttivo, le risorse da impiegare, le attrezzature e le loro
modalità di funzionamento in modo che possa essere poi ripetuto il numero
delle volte necessario in maniera identica.
b) comporta la qualità costante delle materie prime e dei materiali poiché risulta
fondamentale controllare se i prodotti siano conformi agli standard previsti
ovvero se le differenze con uno standard di riferimento siano o meno
accettabili perche al di fuori del range di tolleranza ammesso.
Una volta che attraverso il controllo è stato possibile evidenziare i prodotti
da scartare, occorre risalire alle cause delle anomalie riscontrate per poter
apportare le opportune azioni correttive: ciò può farsi se e solo se il processo
è stato accuratamente definito in ogni sua parte e pertanto risulta più
semplice individuare quelle che non hanno rispettato il sistema di regole.
Ebbene anche sottolineare che la standardizzazione, da un lato, ha introdotto notevoli
benefici quali l’aumento della quantità dei beni prodotti e la conseguente diminuzione di
prezzo. Questo aspetto, unito al miglioramento salariale derivante dal cottimo6, ha
creato nuove condizioni di mercato. Grazie alla produzione di massa, i consumi hanno
migliorato considerevolmente la qualità della vita nei paesi industrializzati:
l’alimentazione è diventata più ricca e variegata, le condizioni igieniche più sicure.
6
Il termine cottimo indica una modalità lavorativa per cui la retribuzione è proporzionale alla quantità di lavoro
svolto tenendo presente che esistono due tipi di lavoro a cottimo. Nel “cottimo a tempo” si viene retribuiti in base al
numero di ore effettuate; nel “cottimo a misura” il reddito dipende dal numero di unità di pezzi prodotti in un arco di
tempo definito come può essere un turno o una giornata.
4
Dall’altro lato vi è una maggiore “rigidità” della struttura tecnico-produttiva il che
aumenta i rischi di obsolescenza7 del prodotto standardizzato.
Tuttavia questa nuova filosofia produttiva è concepita in termini di illimitatezza del
mercato, di infinita espandibilità della merce prodotta, degli insediamenti produttivi,
delle fabbriche sul territorio: questa certezza quasi assoluta della crescita progressiva e
inarrestabile rappresenterà per quasi un secolo la condizione essenziale della produzione
di massa.
La catena di montaggio, intesa come lo scorrimento continuo di un sistema di ganci e
carrelli, trasferisce l’oggetto in lavorazione davanti ai singoli operai, i quali eseguono
mansioni talmente limitate da non permettere loro di capire in quale fase della
produzione sono impegnati. Il lavoratore, ridotto a esecutore di gesti ripetitivi e rapidi
tipici della produzione in serie, diviene in un certo senso servitore piuttosto che
utilizzatore della macchina.
In questo periodo si afferma il primato della fabbrica sul mercato,dell’offerta sulla
domanda; le fabbriche non producono quello che i consumatori desiderano comperare,
ma i consumatori comprano quello che le fabbriche decidono di produrre. Essa è il
luogo centrale di decisioni strategiche: vi si decide cosa produrre, quanto produrre, con
quali tempi e con quali modi.
Parallelamente ,all’interno di essa, entrano in conflitto due entità contrapposte perché
portatrici di interessi antagonisti: il comando dell’impresa il cui obiettivo è di
massimizzare la resa del lavoro; gli operai il cui interesse è di minimizzarne
l'erogazione. Si concepisce come naturale ,quindi, la distanza degli interessi dei
lavoratori dipendenti da quelli della proprietà.
La tradizionale figura del padrone della fabbrica, che con gli operai aveva un rapporto
personale e diretto, viene sostituita da quella astratta e lontana della società per azioni,
in cui uomini sconosciuti e lontani dispongono delle sorte dei dipendenti.
7
Indica il processo per cui macchinari, attrezzature, impianti ecc. vengono superati dal punto di vista tecnologico da
nuovi prodotti in commercio.
5
1.2 Una nuova filosofia: “Il just in time”8
“Un giorno sentii dire che la capacità produttiva individuale degli operai tedeschi era
di tre volte superiore a quella giapponese e che, a loro volta, gli operai americani
producevano tre volte tanto quelli tedesche. Ciò significava che il rapporto tra forza
lavoro giapponese e forza lavoro americana era di uno a nove: ricordo come se fosse
ieri il mio stupore nell’ascoltare che ci volevano nove operai giapponesi per fare il
lavoro di un operaio americano.
Per recuperare il gap in soli tre anni, come chiedeva il presidente Toyoda9, sarebbe
stato necessario aumentare la produttività di nove volte, un’impresa davvero ardua in
un tempo così ristretto.
Ma era proprio vero che un americano poteva compiere uno sforzo fisico dieci volte
superiore? La cosa mi sembrava inverosimile: evidentemente i giapponesi sprecavano
qualcosa, e se avessimo potuto eliminare quegli sprechi, la produttività si sarebbe
decisamente innalzata”. ( Taiichi Ohno)
Furono queste le riflessioni all’origine dell’attuale sistema di produzione Toyota, detto
anche Toyotismo.
Esso rappresenta un metodo di organizzazione della produzione derivato da una
filosofia diversa e per alcuni aspetti alternativa alla produzione di massa. Ed invero
mentre il sistema industriale tipicamente americano produce in grandi quantità un
numero limitato modelli10, il sistema giapponese qualifica la sua produzione nella
diversificazione dei modelli in un numero limitato di esemplari.
Alla base di tale scelta produttiva vi è l’idea di “fare di più con meno”, cioè di utilizzare
le poche risorse disponibili nel modo più produttivo possibile con l’obiettivo di
incrementare drasticamente la produttività della fabbrica. Infatti la Toyota,
nell’immediato dopoguerra, si trovava in condizioni gravissime di mancanza di risorse,
8
Secondo R.J. Schonberger l’espressione, che non trova l’equivalente adatto in giapponese, si sarebbe diffusa nel
corso degli anni Settanta nell’industria navale, quando la produzione di acciaio aveva avuto un’ enorme espansione, e
la capacità produttiva era talmente in eccesso che i costruttori navali potevano contare su consegne rapidissime delle
ordinazioni (i tempi di consegna passarono da un mese a tre giorni),scoprendo così i vantaggi di una riduzione delle
scorte. L’idea del just in time(abbreviato JIT) si diffondeva ad altri rami industriali i quali cominciarono a richiedere
ai propri fornitori consegne appunto just in time.
La conoscenza del Jit si è ora diffusa in tutto il mondo in quanto fin dalla metà degli anni Settanta, Taiichi Ohno, il
vicepresidente della Toyota in quegli anni, si è prodigato, con altri suoi collaboratori, a spiegare il concetto in modo
chiaro ed esauriente attraverso una serie di articoli, pubblicazioni e libri.
Tuttavia Schonberger ritiene che “il just in time fosse già ben avviato in molte industrie giapponesi prima che
comparissero pubblicazioni su di esso”.
La letterale traduzione di just in time è “Appena in tempo” ma a tale espressione viene associato, più frequentemente,
il significato di “Solo quando necessario” .
9Kiichiro Toyoda (1894-1952).
10
A tal proposito emblematiche risultano essere le parole di H. Ford:” Produciamo modelli T di qualsiasi colore,
purchè tale colore sia il nero.”
6
come peraltro gran parte dell’industria del Giappone, uscito sconfitto e stremato da una
guerra devastante.
Per tal motivo era fondamentale eliminare ogni tipo di spreco che inevitabilmente, sino
a quel momento, accompagnava ogni fase del processo produttivo.
Ecco quindi delinearsi il just in time: una nuova filosofia gestionale, volta
all’eliminazione di tutti gli sprechi di materiali, forza lavoro, spazio e tempo che
venivano riscontrati in fabbrica.
Introdotto inizialmente dalla Toyota negli seconda metà degli anni Cinquanta e
successivamente applicato in molte altre imprese giapponesi, esso non si limita ad
essere una semplice tecnica di gestione ma, come già detto, è una filosofia che richiede
un cambiamento radicale nel modo di agire, di pensare e di comportarsi di tutti coloro
che, direttamente o indirettamente, partecipano al processo produttivo.
Bisogna altresì precisare che è ben difficile riuscire ad ottenere un’assoluta e perfetta
produzione just in time: essa altro non è che un ideale da perseguire con energia e
determinazione; un obiettivo a cui deve mirare la fabbrica anno dopo anno.
Il principio alla base della gestione dei flussi di materiali con il just in time è basato
sulla consapevolezza che bisogna realizzare e consegnare, nella quantità e nella qualità
necessaria, i prodotti finiti “nel momento giusto” e cioè allorquando la domanda lo
richiede. In tal modo viene meno l’esigenza di detenere in magazzino scorte di
materiali.
Del resto questa logica trova applicazione anche all’interno della fabbrica implicando
che la singola fase del processo produttivo debba rilasciare il proprio pezzo alla fase
successiva esattamente nel momento in cui serve. In particolar modo:
a) gli approvvigionamenti dovranno giungere “nel momento giusto” per essere
trasformati in semilavorati;
b) i semilavorati dovranno uscire dalle rispettive linee di lavorazione “nel
momento giusto” per comporre i prodotti finiti;
c) i prodotti finiti dovranno essere consegnati “nel momento giusto” per la
vendita.
Tuttavia, nonostante la sua origine ormai remota, non c’è ancora consenso
sull’interpretazione ed il significato del concetto: secondo una visione piuttosto ristretta,
infatti, il just in time si ridurrebbe ad un metodo di controllo della produzione e di
riduzione delle scorte11.
11
Al riguardo si confronti Singh N. ,Brar J. “Modelling and analysis of Just in time Manufacturing Systems”.