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ABSTRACT
This study is composed of two parts:
The first section is descreptive.
Personality disorders are presented from a categorial and a psychodynamic point of view. A
particular attention is given to Borderline Personality Disorder that is an increasing problem
in modern western society. Attention is focused then, on Persoanlity concept and its evolution
during child’s grownth. The last part desribes, in detail, several psychopathologies
characterizing a disfunctioning personality.
The second section is observative and experimental.
After underlining the importance of the setting group for the treatment of Borderline
Presonality, it is illustrated the experience in a Therapeutic Community (Casa S. Paolo in
Vedano al Lambro) for patients with Diagnognosis of Psycosy and Personality Disorders. The
partecipation to the treatmente group, according to the IPT model (Integrated Psychological
Therapy) of a patient with diagnosis of Borderline Personality, is presented, defining the
dynamics of group and the changes in the group and in the single case. Finally there is a
comparison between the most important therapeutic perspectives for the treatment of this
pathology, underlining some common elements between the IPT model (born originally for
the treatment of Schizophrenia) and those one.
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INTRODUZIONE
E’ ormai confermata, dai diversi contesti d’intervanto clinico per la cura della
psicopatologia, l’insorgenza sempre più frequente e numerosa di Disturbi della Personalità, in
particolare della Patologia Borderline. Il Disturbo Borderline di Personalità non è infatti un
disordine raro. Interessa circa il 2% della popolazione. Nelle cliniche psichiatriche,
ovviamente, il tasso di prevalenza è molto più alto! Circa 15 – 20% dei ricoverati psichiatrici
e circa 10% dei pazienti esterni degli ambulatori hanno un Disturbo Borderline di Personalità.
Questo disturbo è molto comune sia fra gli adulti che fra gli adolescenti e i giovani, con i più
alti tassi di incidenza nella fascia di età compresa fra 18 e 35 anni. Nelle donne il disturbo
appare essere più rappresentato, essendo diagnosticato con una frequenza che è circa 2/4 delle
volte quella riscontrata negli uomini. Questo è forse anche dovuto al fatto che gli uomini con
problemi simili (o con questo tipo di stili interattivi e comportamentali) sono classificati più
spesso come affetti da Disturbo Antisociale di Personalità o da Disturbo Narcisistico di
Personalità [Winkler, 2004].
Il Disturbo Borderline di personalità è una delle più complesse e controverse entità
diagnostiche.
Le Istituzioni Sanitarie si troveranno, in un recente futuro, alle prese con pazienti affetti da
un disturbo ancora non del tutto conosciuto dettagliatamente; è la nostra Società che, con le
sue caratteristiche, la sua velocità, la sua caoticità, incrementa notevolmente, accanto a
problematiche delle fasi precoci dello sviluppo e a difficoltà nei processi di separazione-
individuazione, lo sviluppo di questa patologia. La rapidità dei cambiamenti genera
confusione rispetto ai valori di riferimento, accentuata ed incrementata a volte, da scarsi
dispositivi sociali riparatori e/o compensatori di carenze familiari. Tutto ciò determina
l’impossibilità di relazioni ben integrate e funzionali con l’altro, così che le relazioni
oggettuali delle persone affette da disturbi di personalità sono dominate dalla scissione, dal
momento che i processi di differenziazione non hanno potuto seguire un naturale sviluppo
evolutivo.
Il Disturbo di Personalità Borderline ha mandato in crisi vecchi modelli adottati per la cura
della patologia psicotica, risultati infatti poco efficaci per questo tipo di pazienti.
In questo lavoro l’attenzione viene rivolta all’importanza del setting gruppale che si pone
come contesto d’elezione per la cura del paziente Borderline; questo infatti ha notevoli
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difficoltà sul piano emotivo-relazionale ed il gruppo si propone allora come “microcosmo”
per far esperienza con interazioni interpersonali correttive e più funzionali.
Nel primo capitolo si descrive il concetto di “Personalità” e si delinea la sua evoluzione
durante il processo di sviluppo del bambino.
Nel secondo capitolo l’attenzione viene focalizzata invece verso l’analisi dei Disturbi di
Personalità considerati e descritti dal DSM-IV.
Il focus sul Disturbo Borderline di Personalità è esplicitato nel capitolo terzo, nel quale,
dopo alcune considerazione teoriche relative al concetto “Borderline”, si lascia ampia spazio
alla valutazione descrittiva e psicodinamica, all’eziologia e hai contributi teorici e
d’intervento terapeutico più recenti.
Il quarto capitolo è interamente dedicato al Gruppo, come setting terapeutico d’elezione per
la cura del paziente Borderline. Vengono accennati i riferimenti storici più significativi
concernenti l’evoluzione dell’intervento gruppale per il trattamento della malattia psichica e si
indagano poi le dinamiche che il gruppo tende solitamente ad alimentare come portatrici di
cambiamento, all’interno della continua dialettica individuazione-fusione nella spirale del
tempo.
Nel capitolo quinto viene presentato il modello terapeutico d’intervento adottato nella
Comunità Terapeutica Casa S. Paolo di Vedano al Lambro. L’IPT (Terapia Psicologica
Integrata), questo il nome del metodo, viene impiegato per la cura di un gruppo di sei pazienti
della Comunità che, dal Gennaio 2007 fino ad oggi si incontrano regolarmente due volte alla
settimana. L’IPT si articola in un Training Cognitivo ed in un Training Sociale.
Il capitolo sesto approfondisce il processo di sviluppo e cambiamento di O., il paziente con
Disturbo di Personalità Borderline, nel percorso terapeutico dell’IPT. Da un’attenta
valutazione qualitativa circa le dinamiche gruppali e del singolo individuo, emerge l’efficacia
del gruppo e del modello per il trattamento di tale patologia.
Infine nel settimo capitolo si introduce un breve ragionamento in riferimento alla rilevanza
di una terapia integrata per la cura della patologia Borderline. Si confrontano poi i modelli di
intervento che attualmente vengono più utilizzati nel contesto clinico, individuandone fattori
comuni. Il metodo IPT, anche se progettato inizialmente per la cura della Schizofrenia,
sembra condividere con essi molti di questi aspetti indispensabili all’interno di un percorso di
cura della Patologia Borderline di Personalità..
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PAROLE CHIAVE
9 Il Disturbo di Personalità Borderline (Borderline Personality Disorder)
9 Il setting terapeutico gruppale (Therapeutic setting group)
9 Il metodo IPT (Integrated Psychological Therapy)
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Primo capitolo
LA PERSONALITA’
“Se gettiamo per terra un cristallo, questo si
frantuma, ma non in modo arbitrario; si spacca
secondo le sue linee di sfaldatura in pezzi i cui
contorni, benché invisibili, erano tuttavia
determinati in precedenza dalla struttura del
cristallo”
Sigmund Freud
Nelle relazioni sociali che quotidianamente viviamo entriamo in interazione con persone,
più o meno conosciute o anche del tutto estranee, delle quali è spontaneo crearci
un’immagine, una credenza, un’idea di ciò che abitualmente viene definito carattere, modalità
di comportamento e più in generale personalità.
Le nostre deduzioni sulla personalità, tuttavia, il più delle volte scaturiscono dalla semplice
osservazione di caratteristiche manifeste, per esempio il modo di vestirsi, il tono della voce, lo
sguardo ecc…Confrontando questi elementi con modelli impliciti e con informazioni ricavate
dalla nostra esperienza, e attribuendo un particolare significato ad alcuni di essi, finiamo per
definire una persona ‘gradevole’ o ‘sgradevole’, ‘timida’ o ‘allegra’ >Lingiardi, 1991 ≅.
Se però ci chiedessero di definire precisamente quel che intendiamo con ‘personalità’,
probabilmente non sapremmo da che parte incominciare, quali termini utilizzare e su quali
aspetti focalizzarsi.
E’ una difficoltà legittima, di fronte ad un costrutto ampiamente studiato dalla psicologia
ma caratterizzato, da sempre, da svariate definizioni spesso grossolanamente distinte. Eppure,
il fatto che nel linguaggio di tutti i giorni facciamo riferimento a qualcosa che chiamiamo
‘personalità’, vuol dire che in qualche modo condividiamo un’idea del significato generale del
termine.
1. COS’E’ LA PERSONALITA’
Con il termine ‘personalità’ ci si riferisce al complesso insieme dei sistemi psicologici che
attribuiscono all’unità e alla continuità della condotta e dell’esperienza individuali, sia come
viene espresso, sia come viene percepito dall’individuo e dagli altri.
La nozione di personalità può essere dunque considerata da prospettive differenti.
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Dalla prospettiva dell’individuo, la personalità è l’insieme delle proprie qualità e
inclinazioni. Queste caratteristiche personali durevoli danno il senso della propria identità, di
integrità e di unicità.
Dalla prospettiva dell’osservatore, la personalità è l’insieme delle caratteristiche
psicologiche che distinguono gli individui l’uno dall’altra. Le persone osservano i
comportamenti degli altri e usano queste osservazioni come dati in base ai quali formarsi
opinioni sulla loro personalità. Da questa prospettiva la personalità è una costruzione sociale
che implica i sistemi di credenze relative alla qualità degli individui.
Infine dalla prospettiva dello scienziato, la personalità è il sistema psicologico che emerge
dalle interazioni dell’individuo con l’ambiente che media il funzionamento intrapsichico e le
transazioni persona – ambiente.
Per lo studioso della personalità, essa è sia una costruzione, sia una forma di azione; le
strutture psicologiche che sono alla base della personalità si sviluppano gradualmente nel
corso della vita.
1.1 Definizione
La personalità è ciò che ci differenzia rendendoci unici, ma anche ciò che ci accomuna
rendendoci simili >Lingiardi, 1991 ≅.
E’ stata definita in molti modi; Allport (1897-1967), uno dei padri dei moderni studi
psicologici sulla personalità, ha contato più di cinquanta definizioni diverse. Tuttavia si può
dire che sia l’insieme delle caratteristiche, o tratti stabili, che rappresentano il modo con il
quale ciascuno di noi risponde, interagisce, percepisce e pensa a ciò che gli accade. La
personalità è quindi una specifica modalità, peculiare ad ogni individuo, di vivere le
emozioni, di relazionarsi con l’ambiente esterno e di creare rappresentazioni del contesto in
cui vive e di sé stesso.
E’ una modalità stabile e strutturata di pensiero, sentimenti e comportamenti che ciascuno
di noi si costruisce, con le proprie esperienze e a partire dagli aspetti innati proprio
temperamento, di rapportarsi con gli altri e con il mondo e che si manifesta in un ampio
spettro di contesti sociali e personali; esiste così per esempio il tratto della dipendenza dagli
altri, o della sospettosità, o della seduzione oppure quello dell’amor proprio.
I diversi tratti che compongono la personalità sono relativamente stabili e questo fa sì che
gli individui, pur nella variabilità dei contesti culturali, abbiano modi caratteristici di
affrontare i problemi. Naturalmente questi tratti stabili devono essere paradossalmente
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abbastanza flessibili a seconda delle circostanze nelle quali l’individuo si trova: in alcuni
momenti sarà utile essere più dipendenti e passivi del solito, mentre in altri sarà più
funzionale essere seducenti.
Nonostante nell’ambito della psicologia della personalità sono molte le tradizioni teoriche
che cerca no di portare il loro contributo allo studio della personalità, molti studiosi
condividono alcune ipotesi fondamentali sul suo funzionamento (Bandura, 1986; Magnusson,
Stattin, 1998; Mischel, Shoda 1998). Molti ricercatori in particolare concordano su tre
principi generali:
ξ Personalità è un complesso sistema di processi psicologici la cui organizzazione
risulta dalle interazioni sinergiche che hanno luogo tra molteplici sottosistemi. Questi
sottosistemi funzionano a diversi livelli di indipendenza. I meccanismi neuro
fisiologici ereditari, per esempio, sono determinanti remote della personalità codificate
nel genoma. Nel corso dell’ontogenesi il corretto sviluppo delle strutture neurologiche
dipende sia dalla programmazione genetica, sia dall’esperienza dell’organismo >Kolb,
Whishaw, 1998 ≅. Durante la fase di sviluppo della personalità, numerosi sottosistemi
biologici e psicologici vengono riorganizzati nei termini consentiti dalla natura e
dall’ambiente. Dal momento in cui gli individui sviluppano competenze, criteri
personali e aspirazioni, essi svolgono un ruolo sempre più attivo nel proprio sviluppo.
ξ La personalità si sviluppa e funziona mediante una costante interazione con
l’ambiente. Le interazioni tra le persone e l’ambiente socio-culturale costituiscono la
base per la costruzione di un senso coerente del sé.
ξ Esistono una coerenza e una continuità nella personalità che possono essere
pienamente apprezzate solo considerando la persona come un’unità organica ed
esaminando l’organizzazione della sua personalità nell’arco della vita. Le crisi
personali o le normali transizioni della vita che inducono le persone a cambiare e ad
adottare nuovi ruoli sociali e professionali possono costituire una sfida per il proprio
senso del sé. Mantenere il senso della propria identità inevitabilmente richiede
cambiamenti profondi. La capacità di adattare e cambiare i propri obiettivi e le proprie
strategie (capacità di stabilità e flessibilità) è dunque molto importante per il buon
funzionamento della personalità. L’individuo ben adattato è capace di cambiare i
propri obiettivi e i propri piani per trarre vantaggi dalle nuove opportunità, così come
è capace di conciliare le esigenze in competizione tra stabilità e diversità e
cambiamento. Anche quando gli obiettivi di vita cambiano, le persone mantengono un
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senso continuo della propria identità mediante lo sviluppo e l’aggiornamento delle
storie che narrano la loro vita >Bruner, 1990; McAdams, 1996 ≅.
2. COSTRUZIONE DELLA PERSONALITA’:
TRA TEMPERAMENTO E CARATTERE
Delineato il significato del costrutto di personalità, è importante, per una più approfondita
comprensione, capire come nel corso dello sviluppo dell’essere umano, dalla nascita fino
all’età adulta, si struttura la personalità di ciascuno di noi.
La personalità è infatti la struttura profonda dell’individuo, che prende forma e dà forma
alla persona durante la sua evoluzione. Ogni persona umana ha fin dalla nascita un
fondamento biologico: il patrimonio organico innato che ciascuno riceve attraverso la
trasmissione ereditaria, da cui derivano la morfologia del corpo, le proporzioni delle sue parti
e le modalità di funzioni vitali dipendenti dal sistema nervoso ed endocrino. Il complesso di
questi elementi determina un’iniziale struttura psichica o temperamento. Iniziale, perché al
condizionamento dei fattori ereditari si deve aggiungere quello dovuto ai fattori ambientali,
che interessa tutta la vita del soggetto.
La personalità è frutto di questi condizionamenti e della reazione ad essi.
Con la parola temperamento s’intende la risposta psichica naturale al corredo organico
ereditario: essa esprime impulsi, tendenze istintive, disposizioni, necessità…
Il carattere invece è frutto dell’iniziativa del soggetto sotto l’influsso dell’ambiente. Nel
bambino il carattere non si distingue ancora dal temperamento, la decisione non si distingue
dall’impulso, i processi di inibizione sono poco sviluppati e gli schemi mentali sono troppo
semplici.
La personalità non solo unifica gli aspetti biologici del temperamento e quelli psichici del
carattere, influenzati dall’ambiente, ma crea anche valori, modelli di comportamento, forme di
organizzazione sociale in gradi di modificare l’ambiente e la stessa personalità. A poco a poco
si struttura l’identità, la costruzione mentale interna che fornisce continuità temporale e
spaziale, si diviene consapevoli di vivere affetti, emozioni che costituiscono l’aggregante
interno che lega le rappresentazioni mentali l’una all’altra e di conseguenza si esprimono
meccanismi di difesa, strategie che l’individuo adotta per affrontare stress interni ed esterni.
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2.1 Fasi dello sviluppo della personalità
La personalità di un individuo si forma attraverso un lungo processo che ha luogo,
probabilmente, nell’arco dell’intera esistenza. Sembrerebbe comunque che le prime
esperienze infantili giochino il ruolo più importante nel processo di sviluppo della personalità.
ξ Vita pre-natale
La vita non inizia con la nascita. Il cuore del feto comincia a battere verso la sesta
settimana dopo il concepimento. Verso le venti settimane si costituisce il cervello, con i suoi
dodici miliardi di cellule nervose; al terzo mese il feto risponde a stimolazioni interne legate
al suo sviluppo e al sesto mese risponde a stimoli esterni (suoni, rumori).
È stato dimostrato che in questa fase tutte le condizioni di grave e prolungato stress, ansia,
frustrazione, denutrizione della madre possono determinare nel feto paralisi cerebrale,
epilessia, deficienza mentale, disturbi del comportamento, difficoltà di apprendimento;
conseguenze queste rilevabili solo dopo la nascita.
Già ancor prima della nascita quindi, fattori ambientali significativi possono influire sulle
componenti biologiche e di conseguenza sullo sviluppo fisico, psichico e comportamentale del
bambino, influenzando quindi la definizione del sé.
ξ La prima infanzia
Il momento del parto è un momento cruciale in cui il bambino si trova ad affrontare un
mondo nuovo, la prima dolorosa separazione.
La nascita rappresenta un trauma: è il passaggio da un’esistenza ‘parassita’, condotta in un
ambiente relativamente stabile e regolato, ad un’esistenza autonoma condotta in un ambiente
meno protetto e molto più variabile.
Il passaggio richiede al neonato risorse e sforzi di rapido adattamento.
La vita nell’ambiente reale e nel mondo quotidiano necessita la presenza, accanto al
bambino, di una figura, il ‘caregiver’, che soddisfi i suoi bisogni. Tale gratificazione è affidata
totalmente al mondo esterno e in particolare alla madre.
Questa rappresenta il primo "IO" del bambino e, nel contempo, la prima persona ch'egli
gradualmente (soprattutto a partire dal terzo mese) considera diversa da sé (ad es., risponde
col sorriso al sorriso della madre, pur non conoscendo ancora il proprio viso).
Minolli >2004 ≅ presuppone che in questa prima fase il funzionamento del bambino sia
fondamentalmente basato su modalità primitive e funzioni su meccanismi semplici come
l’assimilazione e l’accomodamento >Piaget, 1931 ≅. Tale meccanismo presuppone che il
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sistema bambino assimili il legame con l’oggetto (la madre) e si trasformi ‘definendosi’ così
anche rispetto al rapporto con l’altro.
In questo periodo quindi non è ininfluente l’ambiente relazionale e in particolare il contesto
diadico all’interno del quale il bambino si sviluppa e si organizza. Richieste, attese,
sogni…contribuiscono a creare il contesto all’interno del quale nasce, si organizza e cresce il
sistema soggetto.
A questo livello è molto probabile che il bambino strutturerà modalità interattive funzionali
al mantenimento del suo stato interno e della relazione con l’altro e che ciascuno dei due
partecipanti si organizzi e si strutturi in relazione all’altro e nel modo più ‘funzionale’ ai due.
La madre, infatti, è chiamata ad esplicare la funzione di ‘base sicura’, come definita da
Winnicott, aiutando il piccolo a separarsi da lei proponendosi comunque come punto stabile
di riferimento e di protezione al quale tornare dopo l’esplorazione, ad accettare e sopportare
l’angoscia della separazione (nel parto e nelle successive esperienze infantili) e a rendere
pensabili emozioni e vissuti altrimenti insopportabili (funzione ‘alpha’ di Bion). Ciò
garantisce al bambino il passaggio da una fase in cui regnano l’egocentrismo e sentimenti di
onnipotenza, che ostacolano il vero contatto e la vera percezione della realtà esterna, ad una
fase in cui il bambino inizia ad elaborare una più netta consapevolezza di sé e dell’altro, a
costruire un vero e proprio IO e a dar forma a rappresentazioni interne degli oggetti. Il motivo
per cui il bambino è costretto ad assumere questa consapevolezza oggettiva dipende dal fatto
che non sempre i suoi bisogni vengono immediatamente soddisfatti. Il ritardo fa acquisire al
bambino il limite della sua onnipotenza e gli fa ammettere l’esistenza di una realtà esterna.
E’ stato dimostrato che con un rapporto iperprotettivo, il bambino non si abitua all’angoscia
del distacco dalla madre, per cui non compie uno sforzo transizionale (Winnicott). Ciò
significa che la sua dipendenza è assoluta e che la separazione dalla madre, seppur
temporanea, può scatenare ansie ed angosce.
Il bambino diviene maggiormente vulnerabile e a rischio per il manifestarsi, in età adulta,
di disturbi come la dipendenza da sostanze, i disturbi alimentari e il disturbo dipendente di
personalità, caratterizzati tutti dal fatto che il soggetto ricerca continuamente qualcuno o
qualcosa dal quale dipendere totalmente, che prenda il posto della madre dell’età infantile.
Viceversa, se il rapporto madre-figlio è scarso, il bambino tende ad accentuare
notevolmente i suoi sforzi transizionali (simbolici) al punto di essere incapace di una normale
comunicativa e di rendere impossibile il superamento del narcisismo primario.
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ξ La seconda infanzia
E’ proprio in questa fase di crescita, che il bambino, non ancora del tutto consapevole della
propria individualità, inizia ad acquisire il senso della realtà e ad elaborare le prime forme di
giudizio.
Si accorge che la sua dipendenza dalla madre diminuisce. Impara a sopportare per periodi
sempre più lunghi l'accumulo della tensione. Vive una situazione conflittuale fra il desiderio
di agire autonomamente e lo stato di dipendenza dagli altri.
L’identificazione coi genitori aiuta il bambino a maturare una prima coscienza morale, cioè
una prima organizzazione di autocontrollo. Se il bambino avverte dentro di sé la presenza dei
genitori (che ordinano o proibiscono o rassicurano e proteggono) anche quando essi sono
assenti, allora vuol dire che è pronto ad una forma di comportamento autonomo. Ciò in
quanto non è più solo una minaccia esterna (castigo o privazione) che regola il suo
comportamento, ma la consapevolezza interiore di ciò che può e non può fare.
L’identificazione con una madre/con un padre depresso, assente o insicuro non garantirà al
bambino l’evoluzione positiva verso un’identità forte e stabile.
Il bambino potrà vivere un sentimento di angoscia profonda e di frammentazione interna
che non concorrerà ad una crescita funzionale.
Un aspetto essenziale che concorre, insieme al contesto familiare, allo sviluppo del bambino
già dalla seconda infanzia e poi nella fanciullezza e nell’adolescenza, è la relazione con i pari,
la vita sociale, il gruppo.
Nel gruppo il bambino assume responsabilità più precise, i ruoli sociali. Il gruppo dei
coetanei ha anche valore normativo ed è garante di funzioni di carattere disciplinare. Nascono
amicizie, vengono favorite le somiglianze di età, di interessi e di socievolezza, nonché la
possibilità di svolgere insieme giochi e momenti di apprendimento. Nel gruppo c’è
provocazione, rivalità, aiuto reciproco e complicità; il bambino impara a valorizzare sé stesso
e gli altri.
La critica degli altri lo spinge all’autocritica e l’accordo tra uguali stipulato con
un’adesione personale lo porta al rispetto di norme e di obblighi diversi da quelli esperiti fino
a quel momento in famiglia.
ξ L’adolescenza
In adolescenza il problema più rilevante che l’adolescente deve affrontare è la costruzione di
una stabile identità personale e di un ruolo sociale, staccandosi dal mondo della fanciullezza
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ed entrando in quello degli adulti.
L’adolescenza viene spesso definita l’età del cambiamento o addirittura la ‘seconda
nascita’. In un periodo costellato da trasformazioni fisiche, cognitive, comportamentali e
affettive il ragazzo deve uscire da tale confusione cercando di far fronte anche ad una
profonda fase di allontanamento dalla famiglia e di partecipazione alla vita sociale.
I genitori sono chiamati a svolgere i propri ‘compiti evolutivi’ nei confronti del figlio
adolescente. Devono proporsi come figure comprensive a conoscenza delle criticità, proprie di
questo periodo di vita, dimostrandosi consapevoli delle nuove esigenze del figlio, dei suoi
desideri, non mostrandosi come ostacoli a questa nascente identità, non tarpando le ali a chi
sta per spiccare il volo, ma garantendo al figlio una continua base e protezione.
Da questo breve e generale cammino lungo lo sviluppo che tutti gli esseri umani percorrono
per divenire adulti, emerge molto chiaramente come la personalità e il modo di essere di
ciascuno è il risultato di continue influenze ed interazioni reciproche fra fattori biologici ed
ambientali. Il termine ‘bio-psico-sociale’ raccoglie tutti gli aspetti manifesti all’interno di
questo circolo vizioso; componenti biologiche, ambientali e psichiche divengono
autoreferenziali e si alimentano costantemente l’un l’altra. Il condizionamento ereditario
subisce l’influenza del mondo esterno e a sua volta stimola reazioni dell’ambiente sul
soggetto che, di conseguenza, struttura le proprie risposte e costruisce le proprie esperienze.
La psicologia intesa come la disciplina che studia l’uomo non può che partire da questo
punto fisso: l’individuo è ciò che si osserva nel suo contesto di vita, sarebbe impensabile
comprendere la persona estrapolandola dalla sua realtà quotidiana e isolandola dalle sue
relazioni. La personalità in primis, come nostra struttura più profonda, non può essere
conosciuta e compresa appieno se si considera solo l’individuo e la sua individualità. Questa
deve sicuramente esprimersi nel sociale dove manifeste divengono allora le caratteristiche
psichiche, comportamentali, le configurazioni di affetti e le cognizioni che definiscono il
nucleo delle differenze individuali.
Come sostiene Stern, la nostra vita mentale è frutto di una co-creazione, di un dialogo
continuo con le menti degli altri (che chiama matrice intersoggettiva) ed è proprio la relazione
con l’altro l’ossigeno della vita mentale. La soggettività dell’altro diventa allora qualcosa di
essenziale nello stimolare o ostacolare lo sviluppo dell’individuo e, di conseguenza, anche un
processo di cura dove una visione intersoggettiva permette di prendere in considerazione la
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realtà soggettiva del paziente e del terapeuta, oltre al campo psicologico intersoggettivo creato
dai due >Storolow, 1999 ≅.
3. CENNI STORICI
La psicologia della personalità, così come la psicologia più in generale, ha dovuto
affrontare un percorso piuttosto contraddittorio e mai lineare. Numerose sono infatti le varie
teorie che si rifanno a questa disciplina, ma tutte, o quasi, sono in contrasto le une con le altre.
Questo dibattito, che seppur pacatamente continua a caratterizzare la psicologia della
personalità, viene spiegato sulla base di tre elementi:
ξ Tradizioni filosofiche: la psicologia deve molto agli approcci di altre discipline , in
particolare alla filosofia, che ne hanno influenzato lo sviluppo. Nonostante ciò, le
tradizioni filosofiche più di qualunque altra influenza, risultano spesso in antitesi a
seconda del periodo storico e culturale, dell’autore e delle ipotesi di base. Di
conseguenza teorie psicologiche che si alimentano con l’ausilio di credenze filosofiche
risultano spesso contrastanti.
ξ Difficoltà nell’identificare l’oggetto di studio della psicologia della personalità: si è da
sempre cercato di dare una definizione del possibile campo d’indagine di questa
disciplina. Svariate sono le definizioni ma tutte, o quasi, distinte; diversi quindi gli
oggetti indagati e diverse le teorie che ne derivano.
ξ Influenza di fattori sociali e contesto culturale: i vari psicologi interessati a questa
disciplina hanno vissuto in periodi storici diversi, ognuno in un contesto socio-
culturale peculiare. L’attenzione degli studiosi era allora rivolta all’uno o all’altro
oggetto d’indagine a seconda del periodo. In certi contesti si è dovuto addirittura fare i
conti con regimi politici che vietavano le ricerche rivolte a particolari campi di studio.
Nonostante tutto ciò oggi la psicologia della personalità è riuscita a trovare i temi
fondamentali di indagine che sono diventati gli ambiti di ricerca della disciplina:
caratteristiche individuali ed interindividuali che differenziano un individuo dall’altro,
relazione di fattori biologici- psicologici e sociali, relazioni interpersonali, stabilità
intraindividuale e disfunzioni e i processi e meccanismi psicologici sottostanti.
Alla luce di queste considerazioni cercheremo ora di delineare le più significative teorie di
riferimento che si sono sviluppate nella storia della psicologia della personalità e che hanno
inevitabilmente influenzato lo studio dei disturbi delle personalità.
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3.1 Teorie di riferimento
L’origini etimologica del termine ‘personalità’ deriva dalla parola latina persona, che si
riferisce alla maschera indossata dagli attori e dalle attrici nelle rappresentazioni teatrali. Ogni
maschera era associata a un personaggio della rappresentazione e serviva come mezzo per
preparare il pubblico agli stati d’animo a alle azioni dei personaggi.
Solo nel Medioevo il termine persona divenne sinonimo di individuo umano e cominciò ad
essere usato in modo molto simile alla concezione moderna.
Per molti secoli, interrogarsi sulla mente, sul comportamento, sulle emozioni è stato un
compito della filosofia e molto tempo è stato necessario affinché la psicologia, e in particolare
la psicologia della personalità, si emancipasse dalle origini.
Uno dei primi contributi allo studio dell’essere umano, della persona, è da attribuire al
pensiero greco del VII- VI secolo a.C.
I pensatori greci influenzarono profondamente il corso successivo dell’indagine sulla natura
dell’essere, sulla condotta morale e sul cosmo. Un tema presente nella maggior parte del
pensiero greco fu quello della ricerca di equilibrio. Il compito etico è la realizzazione
dell’equilibrio tra ragione e passione nell’individuo e tra gli individui.
Venivano enfatizzate anche le relazioni interpersonali e comunitarie. Essere un uomo
significava agire sulla base della ragione e onorare gli obblighi dell’appartenenza ad una
comunità.
La speculazione greca sulla natura umana era guidata da due presupposti principali:
l’essenzialismo, cioè la convinzione che gli oggetti abbiano caratteristiche intrinseche
immodificabili; e il finalismo, cioè la convinzione che le ragioni dell’azione risiedano nello
stato finale verso il quale gli oggetti tendono. Da questo punto di vista quindi, la personalità
degli individui era descritta dai greci come possedente di caratteristiche intrinseche e fisse che
si dispiegano nel tempo, me che rimangono fondamentalmente immutate nel corso della vita.
Un approccio più sistematico alla personalità e alle cause che differenziano gli individui era
stato fornito da Ippocrate. La sua opera ‘Corpus Hippocraticum’ mirava a individuare le leggi
che governano il funzionamento dell’organismo e lo sviluppo delle malattie in accordo con la
concezione unitaria dell’organismo. La malattia appariva l’esito dell’alterazione di un
equilibrio generale, piuttosto che l’alterazione di una o più parti separate.