derivante dalla assimilazione della lingua dell’AV
1
e che in seguito l’ampia diffusione di
The Pilgrim’s Progress abbia poi contribuito esso stesso a diffondere tale lingua.
La seconda fase del mio lavoro si sposterà in America dove, grazie al viaggio dei
padri pellegrini, la cultura puritana fondata sulla costante lettura della Bibbia si è impian-
tata nel Nuovo Mondo. Cercherò, dunque, di individuare quegli elementi che dimostrano
come la Bibbia e The Pilgrim’s Progress siano alla base della cultura americana. Dopo
aver mostrato gli eventi di maggior rilievo storico che hanno permesso al puritanesimo di
radicarsi in America ed averne illustrato le convinzioni morali legate al “Covenant
of Grace”, esaminerò una delle figure centrali che contribuirono alla diffusione della pa-
rola, il predicatore. Per metterne in evidenza le caratteristiche e mostrare l’enorme in-
fluenza che esercitava sulla gente, analizzeremo le figure di due predicatori presenti in
due classici della letteratura americana: mi riferisco ad Arthur Dimmesdale in The Scarlet
Letter di Nathaniel Hawthorne e a Padre Mapple in Moby Dick di Herman Melville.
Il mio lavoro, in un secondo momento, si soffermerà sull’immaginario biblico nella
letteratura moderna quale fonte inesauribile da cui attingere. Analizzerò il romanzo The
Grapes of Wrath di John Steinbeck, cercando di dimostrare quanto e come la trama di ta-
le racconto sia legata alla trama biblica, in particolare al libro dell’Esodo. Sostenuta dalle
considerazioni critiche di Peter Lisca e John Perkin rintraccerò le corrispondenze e i pa-
ralleli esistenti tra passi biblici e brani del romanzo, da cui possa trasparire chiaramente
l’associazione tra i due testi.
1
Con AV, lungo tutta l’opera, intendo Authorized Version.
2
Infine, analizzerò God’s Grace di Bernard Malamud, cercando di evidenziare anche in
questo romanzo le affinità con le Sacre Scritture. Servendomi del sostegno di critici quali
la Mc Ewen, la Rocard e la Sacerdoti Mariani che intravedono anch’esse questa “conta-
minazione”, individuerò i punti di contatto tra il romanzo di Malamud e la Bibbia, i loro
elementi comuni, con particolare riferimento al libro della Genesi ma anche con il Nuovo
Testamento.
3
I CAPITOLO
AUTHORIZED VERSION
GENESI E CONTESTO SOCIO-LINGUISTICO
1. La società e la lingua nel ‘600 – Problematiche
La lingua inglese, come la conosciamo oggi, ha le sue origini in un passato non troppo
remoto definito “Modern English Period”, il cui inizio è all’incirca nel 1500. Gli elemen-
ti determinanti per la sua nascita sono gli stessi che hanno dato vita a movimenti simili
negli altri stati europei. “I nuovi fattori”, secondo quanto asserisce Albert Baugh negli
anni Sessanta, “furono la stampa, la rapida crescita dell’istruzione popolare, l’accresciuta
comunicazione, l’evoluzione dei mezzi di trasporto e la nascita di una coscienza socia-
le”
2
.
Fu William Caxton che, nel 1476, portò la stampa in Inghilterra dopo averne imparato
le tecniche sul continente, “un secolo dopo era ormai quasi impossibile reperire libri ma-
4
noscritti, mentre il numero di quelli stampati raggiunse cifre enormi [...]. Il risultato fu di
rendere i libri, che erano un bene di lusso per pochi, alla portata di tutti [...]. Ora era pos-
sibile riprodurre un libro in migliaia di copie, tutte simili”
3
.
La stampa da sola non era sufficiente in quanto era necessario avere una conoscenza
adeguata della lingua, del codice attraverso cui comprendere il messaggio contenuto nei
vari testi. Anche l’istruzione stava compiendo un rapido progresso tra la gente e il saper
leggere e scrivere era alla portata di un numero sempre maggiore di persone. “Nella Lon-
dra di Shakespeare, anche se non sono disponibili mezzi di misurazione certi, è probabile
che non meno di un terzo o forse addirittura la metà della popolazione fosse in grado di
leggere. Nel diciassettesimo e nel diciottesimo secolo, poi, le nuove classi di commer-
cianti avevano la possibilità di acquisire un’adeguata istruzione e disponevano di tempo
libero per dedicarvisi”
4
. Il commercio, il trasporto e i rapidi mezzi di comunicazione
completarono il quadro di avanzamento della lingua inglese, favorendone la diffusione.
Più di tutto, però, contribuì la nascita di una coscienza sociale. Sintetizzando il pen-
siero di Baugh, egli parla proprio di una conscia ricerca di identificazione con un certo
2
Baugh, Albert, A History of the English Language, [1962], London, Routledge, 1993, p. 240, trad. nostra.
3
Ibid., p. 241.
4
Ibid..
5
gruppo sociale attraverso la lettura e di un conseguente, inconscio assorbimento di un
certo tipo di inglese standard
5
. E’ Wyld
6
che riscontra proprio nel sedicesimo secolo
l’acquisizione di un inglese standard o meglio, la supremazia del dialetto di corte come
migliore forma di inglese su altre forme dialettali comunque sempre presenti e numerose.
Per attestare tale affermazione egli si avvale di lettere appartenenti a personaggi eminenti
del periodo come lo stesso Enrico VIII, Eduardo VI, le regine Maria e Elisabetta, Crom-
well, ecclesiastici come Latimer a Cranmer, da cui traspaiono certamente individualità
ma che, allo stesso tempo, si conformano, nelle parti principali, ad un certo tipo di ingle-
se comune usato appunto a corte, che diventerà l’inglese standard dei giorni nostri. Carat-
teristiche principali di questo primo accenno ad una forma standard sono:
- La scomparsa, nella lingua scritta, del dialetto regionale e delle Midlands sia dalla lette-
ratura che dai documenti privati.
- Si constata il cambiamento di certi fonemi. Quasi ogni lettera e molti lavori letterari
contengono compitazioni che gettano luce sulla pronuncia come l’aggiunta di certe “e-
screscenti” consonanti come per “nonnest”, nonce, “orphant”, orphan, “vilde”, vile,
ecc..
5
Ibid., p. 242.
6
- La presenza di volgarismi, che alla corte inglese del sedicesimo secolo erano frequenti,
e che iniziarono a comparire all’interno di lavori letterari.
Mentre i fonemi più pronunciati del dialetto regionale sono assenti, resta una conside-
revole varietà tra gli scrittori appartenenti alla stessa condizione sociale, indicazione della
varietà esistente nelle conversazioni del tempo. Primo, vi sono diversi tipi di pronuncia
delle stesse parole: esempi sono “than”, then; “whan”, when; “geve”, giv(e); “fader”,
father, che mostrano una pronuncia simile a quella dei giorni nostri, una con una vocale
lunga, una con una vocale breve. La grande distribuzione di -er e -ar che si trovano in
“hert” e hart, “sarvice” e service, “swarve” e swerve, “ferm” e farm e di tante altre pa-
role di questo gruppo. Il pronome neutro è scritto “hit” come it. L’articolo indefinito ap-
pare senza la finale -n prima di vocali (a opinion). La terza persona singolare dei verbi
comincia ad apparire con la finale in -s invece che in -th
7
.
Da tutto ciò emerge che nel sedicesimo secolo la relazione tra la parlata standard e
l’inglese letterario è più stretto di quanto non lo sia oggi. Questa forma nascente era, co-
me già accennato, ancora relegata a coloro che frequentavano la corte, quindi persone ap-
partenenti ad un certa condizione sociale e che venivano influenzate in prima persona.
6
Wyld, Henry, Cecyl, A History of Modern Colloquial English, Oxford, Blackwell, 1953, pp. 99-100, trad.
7
Procedendo nel cuore del diciassettesimo secolo si comincia ad avvertire sempre più una
uniformità che condurrà l’inglese di allora ad assomigliare sempre più all’inglese attuale.
Sembra incredibile, ma la traduzione di un unico libro in inglese ebbe effetti enormi su
l’Inghilterra. Questo libro era la Bibbia. Dal momento in cui venne tradotta in inglese,
“England became the people of a book”
8
. L’affermazione che ci fornisce Green, prece-
dente alle altre qui citate, ci fa comprendere tutto il peso che aveva la Bibbia nel dicias-
settesimo secolo. Il Libro Sacro divenne familiare, indispensabile ad ogni inglese. Veni-
va letto nelle chiese, nelle case, e ovunque suscitava grandissimo entusiasmo. E’ necessa-
rio, quindi, cercare di capire che valore avesse Dio nel mondo anglosassone in questo pe-
riodo. Lo storico Hill
9
ci chiarisce tale punto asserendo l’esistenza di ben tre forme di
Dio, “tre tipi di Dio - una trinità - operavano durante la rivoluzione
10
. Il primo era colui
che benediceva l’ordine stabilito, specie quello dell’Inghilterra. Re e vescovi governava-
no grazie ad un acquisito Diritto Divino. Qualsiasi cambiamento era considerato immon-
do e pericoloso poiché la grande massa dell’uomo era irrimediabilmente resa peccamino-
nostra.
7
Ibid., pp. 100-103.
8
“L’Inghilterra divenne il popolo di un unico libro”. Green, J. R., A Short History of the English People,
Vol., II, (1915), Great Britain, Everyman’s Library, 1934, p. 431.
9
Hill, Christopher, Religion and Politics in the Seventeenth Century England, volume contenuto in The
Collected Essays of Christopher Hill, Brighton Sussex, Harvester Press, 1986.
10
Hill si riferisce alla rivoluzione del diciassettesimo secolo.
8
sa dalla caduta di Adamo. Lo Stato era posto a prevenire gli orrori che l’umanità viziosa,
specie delle classi più basse, avrebbe perpetrato. Il secondo Dio, il Dio dei parlamentari,
era in favore dell’ordine, ma esso poneva l’accento sulla giustizia piuttosto che sulla dife-
sa dello status quo. Durante il corso della rivoluzione, inoltre, alcuni scoprirono un terzo
tipo di Dio che, come lo Spirito Santo, si trovava in ogni credente”
11
. Ognuna di queste
forme portarono a diversi tipi di adorazioni
12
, tutte, comunque, all’unisono, erano soste-
nute da un unico libro, la Bibbia. Ed è sempre Hill che ci parla dell’impatto che la Bibbia,
in particolare proprio grazie alla sua traduzione in inglese, ebbe sugli inglesi: “La Bibbia
vernacolare divenne un’istituzione nell’Inghilterra dei Tudor: il fondamento dell’autorità
monarchica, dell’indipendenza dell’Inghilterra protestante, il testo della subordinazione
morale e sociale. La società era in tumulto e ci si aspettava che la Bibbia potesse trovare
le soluzioni per sempre più pressanti problemi. La traduzione in inglese ne consentì
l’accesso a una nuova e più ampia massa sociale, incluso artigiani e donne, che leggeva-
no nel Testo Sacro dei loro problemi ma anche il modo di risolverli”
13
:
11
Hill, Christopher, op. cit alla nota 9, pp. 321-323, trad. nostra.
12
“Le tre forme di Dio favorirono diversi generi di adorazione: la prima prediligeva rituali e cerimonie; la
seconda la predicazione; la terza la discussione e la partecipazione attraverso la congregazione, nel governo
della chiesa. Così la prima forma dava maggiore importanza all’istituzione della chiesa e del clero; la se-
conda ad un ben istruito sacerdozio; la terza non aveva alcun utilizzo reale nel sacerdozio”. Ibid., p. 323.
13
Hill, Christopher, The English Bible and the Seventeenth Century Revolution, London, Allen Lane, The
Penguin Press, 1993, p. 4, trad. nostra.
9
“The Bible; that’s the Book. The Book indeed,
The Book of Books;
On which who looks
As he should do aright, shall never need
Wish for a better light
To guide him in the night....”
14
.
E Green
15
, precedendo Hill, aveva affermato che “quando il vescovo Bonner introdus-
se sei Bibbie nella chiesa di Saint Paul, molti londinesi si affollavano la domenica per u-
dire la voce suadente e tonante di un pastore anglicano leggere le semplici ma profonde
storie dei profeti biblici, l’esodo di Mosè dall’Egitto, le battaglie di Giosuè”
16
. E ancora,
afferma che “l’intera produzione letteraria in prosa, dal 1600 in poi, fu influenzata da
questo libro”
17
. Un nuovo impulso morale si propagò in ogni classe “The whole nation
became, in fact, a Church”
18
, specialmente tra i puritani che reputarono la Bibbia il libro
per eccellenza, la legge da seguire e venerare. La conoscenza del Libro Sacro e la volontà
di uniformarsi ad Esso annullò il senso delle distinzioni sociali che caratterizzava l’età di
Elisabetta I
19
; anche il contadino più ignorante e misero si sentiva nobilitato dall’essere
figlio di Dio e i nobili più orgogliosi si riconoscevano spiritualmente uguali alle persone
14
“La Bibbia; è il Libro. Il Libro per eccellenza, Il Libro dei Libri; Su cui chi vi guarda, in cerca della retta
via, non desidererà mai una luce migliore che lo guidi nella notte” di Harvey, Christopher [1640]. Ibid., p.
3.
15
Green, J., R., op. cit. alla nota 8.
16
Ibid., p. 431, trad. nostra.
17
Ibid.
10