Introduzione La doppia funzione della Corte costituzionale è uno dei temi più a lungo dibattuti dal
diritto costituzionale 1
. Ciò che qui si intende effettuare, da nani sulle spalle di
giganti, è un approccio casistico alla questione, facendo propria una modellizzazione
proposta da Zagrebelsky 2
: si può approcciare la Corte ed il suo lavoro distinguendo
nettamente il ruolo di giudice – esaltandone il << collegamento con la giurisdizione
comune >> e le << regole che stabiliscono quel collegamento >>
3
– dal ruolo politico-
legislativo; in alternativa, detti ruoli si possono considerare aspetti differenti della
giurisprudenza costituzionale. Quest'ultima impostazione - rigettata dallo studioso 4
-
considerando la Costituzione come << forza interna, animatrice di tutta quanta
l'attività legislativa >>, vedrebbe la Corte partecipe << al processo rivolto a rendere
effettiva tale forza interna, in un processo che […] non ha nulla di giurisdizionale
[…] ma ha tutto di politico >>
5
, trasformando << il legame genetico tra giudizio a
quo e processo di costituzionalità […] a mera occasione di intervento della
Corte >>. L'opposta concezione si basa invece su una << irriducibile diversità di
funzioni: l'una, quella legislativa, libera sul piano giuridico-costituzionale, fino al
punto in cui non incontra il limite della Costituzione; l'altra, vincolata e posta là
dove sta il limite di compatibilità con la Costituzione di tutte le possibili politiche
che l'attuale quadro costituzionale è idoneo a recepire >>
6
. Il prezzo da pagare, nel
1
Il pensiero va ovviamente alla primigenia querelle che vide protagonisti H. Kelsen e C.
Schmitt.
2
Ci si riferisce a G. Z AGREBELSKY , La Corte costituzionale e il legislatore , in P. B ARILE – E. C HELI
– S. G RASSI (a cura di), Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia ,
Bologna, 1982, pp. 103 e ss.
3
G. Z AGREBELSKY , La Corte costituzionale cit., p. 154.
4
Ed accolta invece da F. M ODUGNO , nel suo Corte costituzionale e potere legislativo , anch'esso in
P. B ARILE – E. C HELI – S. G RASSI (a cura di), Corte costituzionale cit., pp. 19 e ss.
5
G. Z AGREBELSKY , La Corte costituzionale cit., p. 150.
6
G. Z AGREBELSKY , ibidem , pp. 150 - 151.
1
caso si opti per la concezione fatta propria dall'autore, è la difficoltà – gravante sulla
Corte - del rispetto delle norme costituzionali programmatiche: << Esse continuano
a valere come limite esterno invalicabile >>
7
e non la autorizzano a dettare la propria
<<unica ed univoca politica attuativa >>
8
della Costituzione. Il guadagno, invece, è
costituito dalla effettiva libertà del gioco politico e dalla estraneità della Corte
costituzionale all'attività legislativa.
In tutto questo è necessario tenere costantemente ben distinte le due concezioni di
politica come pactum societatis e pactum subiectionis 9
: la prima, più nobile, è
direttamente espressa nelle pronunce (e nei silenzi) della Corte – organo politico in
questo senso; la seconda, più utilizzata nel linguaggio comune, indica la
competizione tra le parti diretta alla gestione del potere.
Basandosi su queste premesse, con l'intento di sottoporre all'attenzione del lettore
casistiche e spunti disparati, si sono scelti i seguenti argomenti: il Capitolo 1
analizza un percorso giudiziario durato circa venti anni – e tuttora suscettibile di
variazioni, offrendo una panoramica storica che permetta di valutare se sia sussistito,
in argomento, quell'<< esercizio di una funzione di prospettiva >>
10
indispensabile al
modello di riferimento fatto proprio da Zagrebelsky. I Capitoli 2 e 3, invece, trattano
situazioni temporalmente molto circoscritte (quanto ad interventi della Corte
costituzionale) e concluse; forniscono un quadro di ciò che accade in condizioni di
stress estremo dell'ordinamento, sia quando la Corte è parte integrante dello
“scontro” (Capitolo 2), sia quando non ne risulta quasi coinvolta (Capitolo 3). Il
Capitolo 3 si differenzia inoltre dai precedenti per l'approccio: in carenza di sentenze
della Corte costituzionale, si analizzeranno tre ordinanze e la reazione
dell'ordinamento alla “assenza” della Corte stessa, cercando di evidenziare in quali
7
G. Z AGREBELSKY , ibidem , p. 152.
8
G. Z AGREBELSKY , ibidem , p. 151.
9
Si veda a riguardo G. Z AGREBELSKY , Principi e voti , Torino, 2005, in particolare pp. 38 – 39.
10
G. Z AGREBELSKY , ibidem , p. 155.
2
modi ne emerga la duplice natura persino in mancanza di pronunciamenti.
Lungo l'intero svolgimento saranno naturalmente sfiorate questioni estranee al tema
portante: molti aspetti del diritto costituzionale sono così strettamente concatenati da
risultare pressoché impossibile una trattazione avulsa da rimandi e riferimenti
incrociati.
3
CAPITOLO I
L'insindacabilità dei parlamentari ex articolo 68 della
Costituzione: l'evoluzione della giurisprudenza della Corte dalla
sentenza n. 1150 del 1988 ad inizio 2011
<<Non si può più, insomma, muovere dal presupposto che le attività dei parlamentari possano anche essere illecite, ma costituzionalmente degne di tutela >>
1
.
PREFAZIONE. Un inizio tardivo.
La giurisprudenza costituzionale ha numerose volte affrontato la prerogativa posta
dal primo comma dell'articolo 68 della Costituzione. Trattare le questioni attinenti
tale prerogativa consente di evidenziare la natura duale della Corte Costituzionale,
quale che sia la concezione delle sue funzioni accolta dal lettore 2
.
Gli spunti forniti dalla giurisprudenza in questione permettono, in realtà, di
sviscerare molti e differenti aspetti della giustizia costituzionale, costringendo, per
ovvi motivi, a ridurre l'analisi a quei passi strettamente attinenti l'argomento in
oggetto; necessaria alla comprensione del sistema è comunque la lettura completa ed
attenta di quanto offerto da più di un ventennio di interventi in merito.
Un ventennio, si diceva: desta stupore che la prima sentenza riguardante l'art. 68
Cost. comma 1 sia giunta solamente nel 1988, nonostante l'importanza del tema ed il
suo saltuario imporsi persino all'attenzione dei non addetti ai lavori. Perché, dunque,
bisogna attendere così a lungo prima che la Corte venga chiamata in causa?
1
A. G IORGIS , La legge di attuazione dell’art.68 Cost.: un'occasione perduta dal Parlamento per
iniziare ad arginare un uso distorto delle prerogative dei propri membri? , su
costituzionalismo.it .
2
Si vedano le contrapposte tesi di Modugno e Zagrebelsky nella Introduzione.
4
Si tratta, probabilmente, di un mero fatto pratico. Allargando la visuale e prendendo
in considerazione anche il comma secondo dell'articolo 68 Cost., si nota che
l'applicazione delle immunità parlamentari, fino all'avvento della legge
costituzionale n. 3 del 1993, si è svolta secondo uno schema facilmente
rappresentabile: il p.m., nel caso in cui debba esercitare azione penale nei confronti
di un parlamentare in carica, chiede alla camera di appartenenza di quest'ultimo
l'autorizzazione a procedere. Se questa viene accordata, nulla quaestio : il processo si
sviluppa normalmente. Nei casi – tutt'altro che infrequenti – nei quali
l'autorizzazione sia invece negata, il p.m. chiede al giudice di dichiarare di non
doversi procedere per tale motivo, e la sentenza, di portata meramente processuale,
non ostacola in alcun modo l'ulteriore esercizio dell'azione nel momento in cui la
ragione alla base della improcedibilità sia venuta meno 3
. Tornando al comma 1
dell'articolo 68 Cost., problemi si sono manifestati - al di là delle rare ipotesi 4
di
applicazione spontanea di tale norma da parte di un giudice in un giudizio penale o
civile o amministrativo riguardante la responsabilità di un parlamentare per atti per i
quali venisse rivendicata la qualità di opinioni espresse o voti dati 5
- solo nelle
occasioni in cui una Camera, cui fosse stata chiesta l'autorizzazione a procedere in
ambito penale nei confronti di uno dei suoi componenti, abbia ravvisato nei fatti
posti alla sua attenzione una ipotesi di irresponsabilità ex art. 68 comma 1
6
.
3
Tralascio volutamente le varie amnistie succedutesi, che di fatto hanno spesso reso il diniego di
autorizzazione a procedere sufficiente ad eliminare definitivamente questo tipo di contenzioso:
trattasi di questione che meriterebbe una dettagliata analisi a sé stante.
4
G. Z AGREBELSKY , Le immunità parlamentari. Natura e limiti di una garanzia costituzionale ,
Torino, 1979, pp. 66 e ss., o anche R. MORETTI , Sui limiti delle immunità parlamentari , in Giur.
cost. , 1976, p. 751.
5
Peraltro, prima della sentenza in oggetto, una sola volta ( Atti Sen. , XI leg., doc. XVI n. 10, sen.
Ricci, disc. 6 maggio 1987) era successo che una camera adottasse una delibera di
insindacabilità con riferimento ad opinioni costituenti l'oggetto di processi civili, senza quindi
optare per il metodo “indiretto”, strumentale al diniego dell'autorizzazione a procedere in sede
penale.
6
G. L ASORELLA indica come primo caso di questo tipo una decisione del 13 marzo 1969 relativa
5
LA SENTENZA N. 1150 DEL 1988. Potere politico, non arbitrario.
Il primo intervento della Corte in argomento si è dunque avuto con la sentenza n.
1150 del 1988
7
, sotto la vigenza della originaria formulazione dell'articolo 68,
comma 1: I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni
espresse e per i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni .
Nella fattispecie, la Corte Costituzionale interviene in un conflitto sorto tra il Senato
e la Corte di Appello di Roma 8
e definisce il contenuto ed i limiti del controllo sul
corretto esercizio del potere attribuito all'organo parlamentare dalla norma in
questione: <<[...] valutare la condotta addebitata ad un proprio membro con
l'effetto, qualora sia qualificata come esercizio delle funzioni parlamentari, di
inibire una difforme pronunzia giurisdizionale >>
9
, laddove il giudice costituzionale
al deputato Cottone, in Procedimento e deliberazioni parlamentari in materia di immunità
dopo la riforma dell'art. 68 Cost. , in Bollettino inf. cost. e parl. , 1994, fasc. 3.
7
“Storica” sentenza, secondo A. P ACE: << non si deve comunque dimenticare che prima di essa
era tutt'altro che pacifica la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri non
tanto contro una delibera d'insindacabilità ex art. 68 comma primo (di questa nemmeno si
parlava!), quanto, piuttosto, contro il diniego di autorizzazione a procedere ex art. 68 comma
secondo >>, in Giurisdizione e insindacabilità parlamentare nei conflitti costituzionali, da
Immunità e giurisdizione nei conflitti costituzionali: atti del Seminario svoltosi in Roma,
Palazzo della Consulta, nei giorni 31 marzo e 1 aprile 2000 , Milano, 2001.
8
Il ricorso della Corte di Appello - che denunciava la illegittima lesione della propria prerogativa
a giudicare su una richiesta di risarcimento dei danni, proposta da alcuni magistrati a seguito di
dichiarazioni, ritenute gravemente diffamatorie, rilasciate alla stampa da un senatore nel
commentare una interrogazione parlamentare – nasceva dalla pretesa del Senato di interdire la
prosecuzione del processo a fronte della delibera di insindacabilità pronunciata in sede di
autorizzazione a procedere; tale delibera, oltre ad impedire l'azione giudiziaria penale, cui
peraltro si riferiva la richiesta in questione, impediva anche quella civile di risarcimento dei
danni.
9
Caustica, a riguardo, buona parte della dottrina, in particolar modo nelle analisi d'insieme
successive alla “svolta” delle sentenze nn. 10 e 11 del 2000. Per tutti, A. P ACE, Giurisdizione e
insindacabilità parlamentare cit., pp. 31-32: <<[...] deve essere ricordato che l'efficacia
“inibitoria” della delibera parlamentare d'insindacabilità costituisce il frutto di una
“invenzione” della Corte Costituzionale. […] ad esse [delibere] non avrebbe potuto essere
6
deve limitarsi a sindacare i << vizi del procedimento >> e la << omessa o erronea
valutazione dei presupposti di volta in volta richiesti per il valido esercizio >> del
potere del Parlamento 10
. Il problema è pertanto determinare quali valutazioni si
possano riferire ad un controllo esterno e quali invece siano riservate alla
discrezionalità degli organi parlamentari 11
. In altri termini: dove si esaurisca la
funzione di controllo giurisdizionale, a garanzia del sistema, e da che punto in poi si
sconfini nell'intervento politico 12
. Non manca chi ritiene che quanto statuito dalla
Corte costituisca <<[...] mera petizione di principio, priva di ogni riscontro nel testo
della Costituzione 13
e smentita da tutta la dottrina e giurisprudenza precedenti (e
collegato alcun effetto impeditivo poiché questo era specificamente previsto solo con
riferimento ai processi penali del vecchio art. 68, comma secondo, Cost. >>.
Di altro genere, ma ancora più netta, la critica proveniente da R. R OMBOLI , La "pregiudizialità
parlamentare" per le opinioni espresse ed i voti dati dai mebri delle camere nell'esercizio delle
loro funzioni: un istituto nuovo da ripensare (e da abolire) , in Foro it. , 1994, I, p. 997, in nota
alla sentenza n. 443 del 1993: << Il 1° comma dell'art. 68 [...] sembrerebbe rivolgersi
principalmente e direttamente ai giudici, ai quali pertanto dovrebbe spettare il compito di
interpretare la disposizione costituzionale, al fine di verificare quando debbano procedere nel
loro giudizio e quando invece ciò sia loro impedito dalla garanzia della insindacabilità. Alle
Camere […] dovrebbe riconoscersi la possibilità di tutelare le proprie prerogative sollevando
un conflitto tra poteri davanti alla corte, nel caso ritengano che il cattivo uso, da parte del
giudice, dei poteri ad esso riconosciuti venga a menomare proprie attribuzioni o garanzie
costituzionalmente riconosciute >>. Dello stesso avviso: F. P OSTERARO , alla voce Prerogative
parlamentari , in Enc. giur. Treccani , XXIV, Roma, 1991, pp. 5 e ss.; F. P ETRANGELI , Sulla
sindacabilità giurisdizionale degli “ Sgarbi quotidiani ” , in Giur. cost. , 1996, pp. 2005-2006; S.
P ANIZZA , La disciplina delle immunità parlamentari tra Corte e legislatore (costituzionale e
ordinario) , in Giur. cost. , 1994, p. 615.
10
Il principio della supremazia parlamentare che viene qui legittimato dalla Consulta era, per
vero, già consolidato nella prassi.
11
La Corte, nella sentenza in analisi, non affronta la questione, limitandosi a rilevare nella
delibera del Senato un vizio in procedendo, determinato dal divario tra i fatti sottoposti al
vaglio dell'organo parlamentare e quelli oggetto del giudizio civile dal quale era sorto il
conflitto 12
Intervento politico nel senso più immediato e diretto.
13
Tant'è che G. Z AGREBELSKY , La riforma dell'autorizzazione a procedere , in Corriere giuridico ,
7
del resto non motivata in alcun modo neppure dalla stessa Corte costituzionale) >>
14
.
Per costoro, quindi, la Corte ha adottato, in un'ottica di non interferenza con la
decisione politica adottata caso per caso dalle Camere – pertanto di mantenimento di
una funzione prettamente giurisdizionale - una decisione “politica”.
Il punto focale della decisione sta nella rivendicazione, da parte della Consulta, della
competenza a giudicare sui conflitti tra Magistratura e Parlamento circa le delibere
parlamentari di insindacabilità: << il potere valutativo delle camere non è arbitrario
o soggetto soltanto ad una regola interna di self-restraint>>. Si tratta di un esplicito
avallo delle teorie di quella parte della dottrina 15
secondo le quali la politicità delle
delibere parlamentari in questione non comporta la loro arbitrarietà e, pertanto, la
loro insindacabilità. Lo strumento indicato dalla Corte a tali fini è il conflitto di
attribuzione 16
.
1994, p. 284, ritiene che <<l'interpretazione e l'applicazione delle norme attinenti ai
presupposti della punibilità e della procedibilità non possono che rientrare nella giurisdizione
piena dell'autorità giudiziaria >>.
14
Netto il giudizio di A. P IZZORUSSO in Immunità parlamentari e diritti di azione e difesa , in Foro
it. , 2000, p. 310. S. B ARTOLE , in Immunità e giurisdizione nei conflitti costituzionali , atto
dell'omonimo seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta, nei giorni 31 marzo e 1°
aprile 2000 , Milano, 2001, p. 45, giunge ad affermare che << non può essere lasciata
facilmente senza menzione la constatazione frequente in dottrina che le Camere hanno preso
ad adottare dichiarazioni di pregiudizialità parlamentare senza la copertura di una espressa
attribuzione normativa di potere. Che vi sia stato al riguardo un intervento creativo della
Corte non è pertanto agevolmente contestabile >>. Lievemente diversa la posizione di M.
PERINI, Il seguito e l'efficacia delle decisioni costituzionali nei conflitti tra poteri dello Stato ,
Milano, 2003, pp. 279 e ss, secondo il quale si è trattato della “apparizione” nel diritto
costituzionale italiano di un potere, non previsto in Costituzione, che si è affermato per prassi
degli organi costituzionali interessati – Corte compresa: una norma di derivazione
consuetudinaria, dunque.
15
Per tutti, G. Z AGREBELSKY , Le immunità parlamentari cit., pp. 95 e ss.
16
Ancora critico a riguardo A. P IZZORUSSO , Immunità parlamentari cit., che rileva le mancanze di
questa impostazione, la quale << [...] trascurava di osservare che il diritto all'onore ed alla
reputazione sono propri del danneggiato, mentre il diritto di ricorrere alla Corte per conflitto
8
E' inoltre pacifico che i confini del sindacato esercitabile in materia non siano
chiaramente delineati dalla sentenza in oggetto, così come la distinzione tra le
competenze delle Camere e quelle della Corte: pare potersi affermare che la Corte
sia legittimata a fare riferimento anche alla motivazione della delibera parlamentare,
senza però poter toccare il merito delle scelte politiche sottese alla decisione della
Camera di appartenenza, argomentando quindi solo sotto il profilo della
ragionevolezza e non arbitrarietà 17
. Tutto ciò purché si tratti di vizi della valutazione
della Camera che si ripercuotono sul rapporto tra tale giudizio e l'attività della
magistratura 18
, distinguendo tra i rilievi consentiti alla Corte (sui modi d'esercizio
del potere) e quelli riservati agli organi parlamentari. Ma come fare? Un diniego di
autorizzazione a procedere va sempre e comunque a tangere la sfera di attribuzioni
della giurisdizione: se si ritiene che la Corte debba esaminare in modo approfondito
la legittimità dell'atto col quale le Camere affermano l'immunità di un loro membro,
si rischia di comprimere eccessivamente l'autonomia del Parlamento.
fra poteri è proprio del giudice, […] che la condotta del processo per conflitto spetta al
giudice e non al danneggiato sul quale ricadono le conseguenze pratiche >> ecc. Ancora più
attento ai risvolti processuali, il “fermo dissenso” di F. S ORRENTINO << sulla legittimità (e
opportunità) di siffatto modello procedimentale >>, in Immunità e giurisdizione nei conflitti
costituzionali , dagli omonimi atti del Seminario già citati.
17
N. Z ANON , La Corte e la <<giurisprudenza>> parlamentare in tema di immunità: affermazioni
di principio o regola del caso concreto? , in nota a sentenza n. 1150 del 1988, Giur. cost. , 1988,
pp. 5603 e ss.
18
<<Dunque non ogni vizio di legittimità della delibera parlamentare sarebbe rilevante ai fini
del conflitto di attribuzione, bensì soltanto quel vizio che risulti idoneo a ledere la sfera di
attribuzioni del potere giudiziario >>. Così A. V ALASTRO , La prerogativa parlamentare della
insindacabilità all'indomani della l. cost. n. 3 del 1993 , in Giur. cost. , 1994, p. 3108.
9
LA SENTENZA N. 443 DEL 1993 E LE CONSEGUENZE DELLA LEGGE
COSTITUZIONALE 29 OTTOBRE 1993, N. 3. La mancanza di una “regola del
caso concreto” e la nascita della “pregiudiziale parlamentare” .
La seconda sentenza in argomento statuisce che la prerogativa di cui all'art. 68
comma 1 Cost. attribuisce alla Camera di appartenenza del parlamentare il potere di
accertare le condizioni di insindacabilità senza che le sue valutazioni possano essere
condizionate da criteri suggeriti da orientamenti giurisprudenziali dell'ordine
giudiziario, dato che è proprio nei confronti di questo che è posta la garanzia
dell'insindacabilità. Sia chiaro: garanzia, intesa come privilegium causae - e non
privilegio ( privilegium personae )
19
– riconosciuta in deroga alle norme di carattere
generale per ipotesi ben determinate e non opinabili, attinenti alla funzione esercitata
dalla persona per la cui tutela viene disposta una differenza di trattamento rispetto
alla generalità dei consociati.
Le argomentazioni della Corte si sviluppano nel solco già tracciato dalla sentenza n.
1150 del 1988, ma non mancano delle precisazioni 20
.
Il caso di specie 21
pone dei dubbi riguardo quali siano gli atti definibili come “posti
19
In tale ultimo caso, il principio di parità sarebbe sì vulnerato, poiché verrebbe meno la ratio di
protezione della sfera di autonomia delle Camere, la quale invece giustifica, secondo la
prevalente dottrina costituzionale e per voce della stessa Corte, la disparità di trattamento.
20
Va innanzitutto ribadita la posizione di assoluta indipendenza ed autonomia delle commissioni,
sostenuta fin dalla sentenza n. 13 del 1975, rispetto ad ogni indebita ingerenza, anche da parte
del potere giudiziario; dato che la disciplina costituzionale (art. 64, comma 1; art. 66; art. 68,
comma 1) è direttamente applicabile alle commissioni, in quanto articolazioni interne delle
Camere, la loro attività rientra agevolmente nella nozione di funzione parlamentare in senso
stretto.
21
Il Tribunale di Roma solleva conflitto di attribuzione nei confronti del Senato, in relazione ad
una delibera con la quale si stabiliva che le dichiarazioni, ritenute di contenuto diffamatorio dal
signor Falde, formulate dal senatore Ricci in veste di relatore ad un convegno sul tema “I poteri
occulti nella Repubblica: mafia, camorra, P2, stragi impunite” e pubblicate nel volume che
riportava gli atti del convegno, ricadevano nella prerogativa di insindacabilità ex art. 68 Cost.
10
in essere nell'esercizio dell'attività parlamentare”. Sul punto si contrappongono due
tesi: una, più restrittiva, secondo la quale << l'immunità copre gli atti strettamente
inerenti alla funzione, e perciò solo quelli che si effettuano in seno ai vari organi
parlamentari o para-parlamentari, non fuori di essi (a meno che non si compiano
nell'adempimento di missioni inerenti alla carica) >>
22
, sostenuta dalla dottrina
maggioritaria 23
e dalla giurisprudenza ordinaria. L'altra, più estensiva, afferma che
nella previsione costituzionale possano farsi rientrare tutte le attività di natura
politica svolte da deputati e senatori in esplicazione del loro mandato 24
. C'è in realtà
un terzo orientamento, generalmente fatto proprio dalla giurisprudenza parlamentare
e, nella fattispecie, dal Senato: si ritiene che siano coperti dalla prerogativa anche gli
atti non tipici della funzione parlamentare ma connessi (secondo i criteri oggettivo,
soggettivo e temporale)
25
con questa 26
(o, in altri termini, connessi ad una opinione
sicuramente insindacabile)
27
. Quest'ultima tesi si fonda sul fatto che l'attività di chi
comma 1.
22
C. M ORTATI , Istituzioni di diritto pubblico , Padova, 1991, p. 492.
23
A titolo di esempio: G. Z AGREBELSKY , Le immunità parlamentari , cit.; G. BALLADORE P ALLIERI,
Diritto costituzionale , Milano, 1972, p. 240; G. V ASSALLI , Punti interrogativi sulla estensione
dell'irresponsabilità dei membri del Parlamento , in Giust. pen. , 1973, I, p. 194; M ORETTI ,
Osservazioni sulla sindacabilità delle commissioni parlamentari d'inchiesta , in nota a Cass.
Pen., ss. uu., 12 marzo 1983, Cass. Pen. , 1984, pp. 826 e ss.
Provocatore, ma non avventato, F. P ETRANGELI , Sulla sindacabilità giurisdizionale cit., p. 2011,
laddove afferma che << anche nel caso di espressioni contenute in atti tipici, come un
intervento in Assemblea, dovrebbe ammettersi la necessità, per considerarle insindacabili, di
verificarne la funzionalità allo svolgimento dell'attività parlamentare >>.
24
Di questo parere, ad es. P. B ARILE, Corso di Diritto Costituzionale , Padova, 1962, p. 95;
C APOLOZZA , L'immunità parlamentare e l'art. 68 (comma 1) Cost. , in Montecitorio , 1949, III, 7,
18.
25
I tre criteri devono sussistere in contemporanea: si vedano SENATO DELLA REPUBBLICA, IX leg.,
Doc. IV 7a e Assemblea, 14 marzo 1984.
26
Si vedano, tra gli altri, G. L ASORELLA , Procedimenti e deliberazioni parlamentari cit., p. 76; F.
DONATI , Interrogativi vecchi e nuovi sulle immunità parlamentari , in Giur. cost ., 1988, II, p.
2400.
27
In tal senso va inteso il Doc. IV n. 136-B della Camera dei Deputati, V Legislatura.
11
rappresenta i cittadini si può estrinsecare in vari modi 28
; corollario, questo, del
principio posto dall'articolo 67 Cost. nella parte in cui prevede che “ ogni membro
del Parlamento rappresenta la Nazione ”. La stessa dottrina riconduce poi la tesi
estensiva anche alla volontà dell'Assemblea Costituente, la quale, invece che
riproporre il criterio spaziale previsto dallo Statuto Albertino 29
, ha optato per la
funzionalità dell'atto del parlamentare.
Forte di questa interpretazione, la giurisprudenza parlamentare ha progressivamente
ampliato l'operatività della garanzia; posto però che interrogazione, interpellanza,
mozione, iniziativa legislativa ecc. sono pacificamente espressione di opinioni 30
,
cosa accade laddove tali atti diventino veicolo di reato diffamatorio in danno di
persone estranee al Parlamento? Possono costoro agire in giudizio a difesa della
propria onorabilità? Parte della dottrina ritiene che in tali casi la copertura ex art. 68
Cost. comma 1 possa essere invocata solo allorquando venga << esattamente
riprodotto il testo della interpellanza o della interrogazione senza ulteriori
commenti che sottolineino o facciano comunque proprie le affermazioni
diffamatorie ed oltraggiose >>
31
. Storicamente, però, si è avuta una << sostanziale
scriminazione dei possibili reati di opinione dei parlamentari >> la quale ha dato
vita alla << c.d. insindacabilità impropria o indiretta, ovvero una sorta di immunità
assoluta […] per le opinioni extraparlamentari integranti estremi di reato >>
32
.
Vi è un'altra precisazione da fare, solo apparentemente ovvia: la Corte può solo
<<verificare se ai fini dell'esercizio in concreto del potere che ha condotto alla
dichiarazione di insindacabilità […] da parte della Camera di appartenenza, sia
28
M. OLIVIERO , in nota a sent. 443/1993, Giur. cost. , 1994, p. 443.
29
Statuto Albertino , art. 51.
30
Acquisizione, questa, ben più risalente della sentenza in oggetto: si veda, a titolo di esempio, P.
V IRGA , Diritto costituzionale , Milano, 1971, p. 208.
31
M. OLIVIERO , in nota a sent. 443/1993, Giur. cost. , 1994, p. 445.
32
In questi termini si esprime A. V ALASTRO , La prerogativa parlamentare cit., p. 3079.
12
stato seguito un procedimento corretto oppure se mancassero i presupposti di detta
dichiarazione […] o se tali presupposti siano stati arbitrariamente valutati >>; essa
non compie valutazioni nel merito, le quali spettano, nella fattispecie, alla sola
Camera di appartenenza del parlamentare.
Restano, nuovamente, dei punti oscuri.
Innanzitutto, in piena sintonia con la precedente sentenza n. 1150 del 1988, la Corte
non fornisce alcuna “regola del caso concreto” riguardante l'estensione della
insindacabilità prevista ex art. 68 Cost. comma 1: l'atteggiamento prudenziale
perdura, lasciando agio alla dottrina di interrogarsi sul punto 33
. Altro segnale di
continuità con la suddetta sentenza, anch'esso in chiave negativa, è la mancata
specificazione di vizi – diversi dalla “palese illogicità” e dall' “arbitrio”
nell'esercizio della funzione - idonei ad essere sindacati dalla Corte in sede di
conflitto di attribuzione.
Un deciso passo in avanti, invece, è racchiuso nell'affermazione che << la
prerogativa dell'art. 68, 1° comma, Cost. riconosce alle camere il potere di valutare
le condizioni dell'insindacabilità, potendo e dovendo sul punto, specie se il
parlamentare la eccepisca in giudizio, pronunciarsi il giudice ordinario ove manchi
ogni pronuncia della camera di appartenenza del parlamentare >>: fino al momento
in cui la Camera di appartenenza del parlamentare sottoposto a procedimento
giudiziario non si sia pronunciata riguardo l'applicabilità o meno della garanzia ex
art. 68 Cost. comma 1, il giudice ordinario può e deve legittimamente esercitare la
propria funzione giurisdizionale 34
. Si tratta di una svolta: pur mancando una
disciplina idonea a sollecitare il Parlamento affinché si pronunci in merito
33
E di malignare: la Corte si sta sottraendo ai propri doveri giurisdizionali? O è forse il
legislatore a dover intervenire sul punto, onde permettere corretta e completa attuazione al
dettato costituzionale?
34
Emerge qui, chiaramente, la funzione di indirizzo esercitata dalla Corte: essa si adopera per la
certezza del processo.
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all'insindacabilità, non è più preclusa la possibilità di portare in giudizio un suo
membro in assenza – o forse sarebbe meglio dire: in attesa – della delibera di
insindacabilità. Ancora più importante è la conseguenza che ciò vale anche nei casi
di opinioni espresse al di fuori dell'esercizio delle funzioni parlamentari: l'art. 24
Cost. torna ad essere così efficacemente rispettato. Resta però un problema: non
sono stabiliti i termini concreti entro i quali una eventuale delibera della Camera
possa sopraggiungere; ciò può tramutarsi in un grave vulnus alle esigenze di certezza
ed economia processuale.
La dottrina spinge per un tempestivo intervento del legislatore, il quale,
effettivamente, si attiva, nel tentativo di riassestare il sistema, modificato dalla
suddetta riforma dell'art. 68 Cost., la quale, pur lasciando pressoché inalterato il
comma 1
35
, va a << spezzare quell'equilibrio viziato che si era creato tra le due
prerogative dell'insindacabilità e dell'immunità ed eliminando in radice la
possibilità di ricorrere all'escamotage della c.d. “insindacabilità indiretta o
impropria” (per cui l'impunità, seppure temporanea, veniva garantita anche alle
opinioni extraparlamentari attraverso la negazione della autorizzazione a
procedere) >>
36
.
Sul finire della XI legislatura, il Governo adotta due decreti legge, poi decaduti 37
:
dapprima il n. 455 del 1993
38
, il quale prevede che, ferma l'improcedibilità di
giudizio nei casi di evidente insindacabilità, il giudice debba sospendere il
procedimento e trasmettere gli atti alla Camera competente ed attendere una delibera
35
All' “essere perseguiti” della formulazione originale è sostituito un interdisciplinare “essere
chiamati a rispondere”, onde fugare ogni dubbio riguardo l'applicabilità della norma in
questione ai casi estranei al diritto penale. La modifica, pleonastica per alcuni, insoddisfacente
per altri, accoglie peraltro un orientamento fatto proprio dall'ordinamento fin dalle origini.
36
Ancora A. V ALASTRO , La prerogativa parlamentare cit., p. 3074.
37
Ma il loro contenuto, più o meno rivisitato, subirà una sorte affascinante, fino al 1996: si veda
più avanti.
38
Si tenga presente che tale decreto precede la sentenza n. 443 di un mese.
14
di quest'ultima circa l'applicabilità dell'art. 68 Cost. comma 1, delibera che può farsi
attendere ad libitum 39
.
Successivamente, viene adottato il d.l. n. 23 del 1994, il quale prevede che il giudice
possa dichiarare in ogni stato e grado del procedimento, qualora risulti evidente,
l'applicabilità dell'art. 68 Cost. comma 1
40
. A ciò si aggiunga, e qui il legislatore
dichiara di accogliere i rilievi della dottrina, un termine di novanta giorni entro il
39
Il decreto si attira le ire della dottrina, poiché << subito dopo l'abrogazione della vecchia
autorizzazione a procedere >> - avutasi con la riforma dell'art. 68 Cost. ad opera dell'art. 1,
legge cost. n. 3/1993 - reintroduce in modo plateale una << autorizzazione a procedere, non
limitata come la vecchia ai soli processi penali >>; queste le parole di A. P ACE, La nuova
immunità , in Repubblica , 4 gennaio 1994.
A ciò si aggiunga che, nel caso di valutazione, da parte della camera, positiva - ma infondata -
dell'applicabilità della garanzia ex art. 68 Cost. comma 1, non è previsto alcuno strumento per
porre rimedio al vulnus . Il Consiglio Superiore della Magistratura rileva, nel Parere – e relativo
Allegato - del Consiglio Superiore della Magistratura sul decreto legge 15 novembre 1993 n.
455, recante: disposizioni urgenti per l'attuazione dell'art. 68 Cost., e sul d.l. 14 gennaio 1994
n. 23, di eguale oggetto , in Foro it ., 1994, I, pp. 986 e ss., che l'art. 3 del decreto in oggetto non
si attiene a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 1150 del 1988
<<laddove prescrive la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla camera
con modalità del tutto simili a quelle di una richiesta di autorizzazione a procedere e laddove
omette di precisare che la deliberazione della camera, lungi dall'essere definitiva, può essere
sottomessa al controllo della Corte Costituzionale mediante la procedura del conflitto fra
poteri >>. Sottolinea, inoltre, che << questa impressione è confermata dalla relazione che
accompagna il disegno di legge di conversione del decreto >>, poiché il legislatore pone un
parallelo tra la soluzione proposta ed il regime delle questioni pregiudiziali, << laddove è
evidente che di pregiudizialità può parlarsi fra diverse sedi di pronunce giurisdizionali e non
già con riferimento ad una valutazione come quella della camera di appartenenza, che
ovviamente non dà luogo ad un atto giurisdizionale >>.
Forti, dunque, sono i motivi di insoddisfazione per la scelta effettuata.
40
In tutti gli altri casi, l'applicabilità della garanzia è subordinata a due precise condizioni: in
primis , la questione deve essere rilevata dalla parte interessata; inoltre, il giudice, qualora
ritenga la questione non manifestamente infondata, deve concedere alle parti di esporre le
ragioni in forza delle quali esse abbiano eventualmente rilevato la non applicabilità dell'art. 68
Cost. comma 1, il tutto prima di sospendere il procedimento.
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