5
giornalismo sportivo è stato sempre bollato come attività inferiore, poco
degna di considerazione.
I testi ed i contributi specifici più completi- i volumi di Carlo Bascetta
(Il linguaggio sportivo contemporaneo, Firenze, 1962), Paolo Facchinet-
ti (La stampa sportiva in Italia, Bologna, 1967) e Aldo Biscardi (Da Bru-
no Roghi a Gianni Brera. Storia del giornalismo sportivo, Firenze,
1973), nonché i saggi di Antonio Ghirelli (La stampa sportiva in La
stampa italiana del neocapitalismo, a cura di Valerio
Castronovo e Ni-
cola Tranfaglia, Bari, 1976) e Gian Paolo Ormezzano (La stampa spor-
tiva in La stampa italiana nell'età della TV, 1975-1994, a cura di Ca-
stronovo e Tranfaglia, Bari, 1994)-, oltre ad essere di difficile reperibili-
tà, presentano sensibili discordanze tra loro, nonché lacune ed errori ri-
scontrabili empiricamente. Inoltre, da quegli scritti è passato all’incirca
un quarto di secolo, nel quale sono avvenuti troppi cambiamenti che i-
nevitabilmente portano a considerare quei volumi “vecchi” o, quanto-
meno, superati. E’ poi singolare, come ha sottolineato Gian Paolo Or-
mezzano (Il teatrino del calcio, Genova, 1986), che da quando sono
cominciati il boom della stampa sportiva, il boom editoriale e quello e-
conomico, siano finiti gli studi sulla stampa sportiva medesima.
Si è reputato quindi imprescindibile iniziare l’opera con una parte in-
troduttiva comprendente un’analisi sulla cultura dello sport e del gioco
in Italia, una panoramica storica sull’informazione sportiva ed uno stu-
dio sul linguaggio e sulla tecnica peculiari dell’area in questione per poi
6
focalizzare sulla realtà locale dei quotidiani genovesi del secondo do-
poguerra, argomento anch’esso sul quale non sono mai state pubblica-
te trattazioni esaurienti, se non sporadici articoli e brevi schede.
Per una seppur grossolana ricostruzione storica degli albori del gior-
nalismo sportivo genovese, la ricerca sul campo ha puntato sulle testa-
te pubblicate nel capoluogo ligure alla fine del secolo scorso, trovando-
ne per quasi tutte la raccolta pressoché completa alla Biblioteca Uni-
versitaria Genovese. Solo così è stato possibile porre delle basi certe
ad un lavoro su un terreno, ripeto, mai percorso prima d’ora.
La ricerca è stata quindi circoscritta sulle testate quotidiane genovesi
del secondo dopoguerra e focalizzata in tre momenti reputati di partico-
lare rilevanza: il periodo immediatamente successivo alla fine delle osti-
lità, la ricomparsa e lo sviluppo della pagina sportiva negli anni Cin-
quanta ed il “boom” dei primi anni Ottanta, i cui effetti perdurano ancora
nel decennio in cui stiamo vivendo.
Per una maggior completezza di trattazione, si è quindi reputato op-
portuno richiedere una testimonianza diretta ad alcuni di quei giornalisti
che hanno rappresentato molto nella storia della stampa sportiva geno-
vese nel secondo dopoguerra: tre cronisti rappresentativi delle tre mag-
giori testate, la prima giornalista sportiva in Liguria (e forse in Italia) ed il
presidente del Gruppo Ligure Giornalisti Sportivi “Renato Tosatti”
dell’Unione Stampa Sportiva Italiana. A loro, ovviamente, vanno sentiti
ringraziamenti per la disponibilità dimostrata.
7
Infine, la necessità di dare un veloce riscontro visivo alle testate
sportive ed alle loro tirature ha portato a presentare in Appendice alcu-
ne tabelle. In particolare per quanto riguarda la cronologia dei fogli
sportivi, il lavoro si è rivelato parecchio lungo, mancando a tutt’oggi o-
pere organiche in materia. La ricostruzione storica si è basata così, ol-
tre che sulla ricerca sul campo, su taluni testi generalisti incentrati su
determinati periodi di tempo. Fondamentali, in tal senso, si sono rivelati
i volumi di Narducci (Opere di educazione fisica, sport e giuoco
1800/1971, Roma, 1971), Milan (La stampa periodica a Genova dal
1871 al 1900, Milano, 1989) e Beccaria (I periodici genovesi dal 1473 al
1899, Genova, 1994). Per i giornali più recenti sono stati utilizzati vari
cataloghi, quali la Rivisteria dello Sport, pubblicazioni a rilevanza na-
zionale, e l’Agenda della Comunicazione per quanto riguarda la specifi-
cità ligure. Un monitoraggio diretto nelle edicole ha poi completato la
tabella.
In ogni fase della ricerca è stata di fondamentale importanza la Bi-
blioteca del Museo dello Sport, nata nel capoluogo ligure il 28 marzo
1996 per volontà dell’Associazione “Amici Museo dello Sport” di Geno-
va animata da Claudio Bertieri e Riccardo Grozio, nella quale sono di-
sponibili circa 1.500 titoli tra volumi, opuscoli e periodici.
L’intero lavoro, per la carenza di basi su cui poggiare, come più volte
sopra specificato, è probabilmente suscettibile di correzioni ed accor-
gimenti, sicuramente di ampliamenti ed approfondimenti, ma credo che
8
rappresenti uno spunto per ulteriori ricerche ed uno stimolo a riprende-
re e rimpinguare un filone di studi ad oggi colpevolmente scarno.
Sezione I
LUCA GHIGLIONE - La cultura dello sport in Italia
9
Squadra Paesana
Anch’io tra i molti vi saluto, rosso-
alabardati;
sputati
dalla terra natia, da tutto il popolo
amati!
Trepido sogno il vostro gioco.
Ignari
esprimete con quello antiche cose
meravigliose,
sopra il verde tappeto, all’aria, ai chiari
soli d’inverno.
Le angosce,
che imbiancano i capelli all’improvviso,
sono da voi sì lontane! La gloria
vi dà un sorriso
fugace; il meglio onde disponga. Abbracci
corrono tra di voi, gesti giulivi.
Giovani siete, per la madre vivi;
vi porta il vento in sua difesa. V’ama
anche per questo il poeta, dagli altri
diversamente - ugualmente commosso.
Umberto Saba
1
1
Squadra paesana in Prima antologia degli scrittori sportivi a cura di G.TITTA RO-
SA e F.CIAMPITTI, Milano, Carabba, 1934.
LUCA GHIGLIONE - La cultura dello sport in Italia
10
Capitolo 1
La cultura dello sport in Italia
Anche lo sport rientra in quel gran calderone che è la
cultura di massa. In essa trova una collocazione
significativa proprio per il suo carattere di godibilità
immediata e spontanea e per la facilità con cui si può
“confezionare” (Enzo Belforte)
2
.
E’ sempre difficile parlare e scrivere di cultura, ovvero, vocabolari ed
enciclopedie alla mano, di quel “complesso di cognizioni, tradizioni, procedimenti
tecnici, tipi di comportamento e simili, trasmessi e usati sistematicamente, caratteristico
di un certo gruppo sociale, o di un popolo, o di un gruppo di popoli o dell’intera umani-
tà”
3
. Anche lo sport, valida la definizione citata, incamera cognizioni e
tradizioni, procedimenti tecnici e tipi di comportamento peculiari, e può,
a ragion veduta, rappresentare un fenomeno culturale.
A ciò si aggiunga che lo sport, in Italia e soprattutto all’estero, non ha
solamente prodotto un cospicuo numero di giornali, quotidiani e perio-
dici di informazione, interamente dedicati ad avvenimenti, cronache e,
più raramente, a studi sportivi; sono stati scritti libri, romanzi, trattati so-
ciologici, sono state organizzate tavole rotonde e conferenze, con inter-
venti di psicologi e medici per sviscerare tutti i lati di un fenomeno che
pare dotato di una forza particolare dalla quale non ne sono rimasti
2
E.BELFORTE, Contro la neutralità, in G.BOCCARDELLI (a cura di), I signori del
gioco, Napoli, Liguori, 1982, p. 112.
3
Cfr. L.BIANCHI, Cultura: inflazione del termine, “Le Perce-neige”, 1996, 00, p. 1.
LUCA GHIGLIONE - La cultura dello sport in Italia
11
immuni neppure gli atenei
4
. Scrive in proposito Umberto Eco:
C’è una cosa che- quand’anche la giudicasse essenziale- nessun movimento studentesco,
rivolta urbana, contestazione globale o che sia, potrà mai fare. Ed è invadere un campo
sportivo alla domenica.
La proposta stessa si presenta come ironica e assurda, provate a farla e vi si riderà sul vi-
so; fatela sul serio e vi si indicherà come un provocatore. E questo non per l’ovvia ragione
che una massa di studenti può anche buttare bottiglie molotov sulle jeep di qualsiasi poli-
zia, e il massimo che accade (per forza delle leggi, l’esigenza dell’unità nazionale, il pre-
stigio dello Stato) saranno non più di quaranta morti; mentre l’attacco a un campo spor-
tivo provocherebbe senza dubbio un massacro degli attaccanti, indiscriminato, totale, da
parte di probi cittadini stupefatti per l’affronto, e senza nulla di più grande da salvaguar-
dare al di fuori di quel massimo Diritto conculcato- e quindi disposti al linciaggio totale.
Perché voi potete occupare una cattedrale: e avrete un vescovo che protesta, alcuni catto-
lici turbati, una frangia di dissenzienti favorevoli, le sinistre indulgenti, i laici storici (sot-
to sotto) felici. E voi potrete occupare la sede centrale di un partito, e gli altri partiti, soli-
dali o meno, penseranno che ben gli sta. Ma se qualcuno occupasse uno stadio, reazioni
immediate a parte, la dissociazione di responsabilità sarebbe totale: la Chiesa, la Sinistra,
la Destra, lo Stato, la Magistratura, i Cinesi, la Lega per il divorzio e gli Anarco- Sinda-
calisti, tutti metterebbero alla gogna i criminali
5
.
Sempre Eco, nel suo saggio, individua lo spettacolo sportivo come
“sport al quadrato” ( e fa notare che “gli atleti gareggiano per gioco, ma i voyeurs ga-
reggiano sul serio, tanto è vero che poi si picchiano, o muoiono di infarto sugli spalti”), il
quale “genera uno sport al cubo, che è il discorso sullo sport (...), il discorso della stampa
sportiva, ma genera a sua volta il discorso sulla stampa sportiva, e dunque uno sport ele-
vato alla potenza n”
6
.
Quindi, come sottolinea Giovanni Bechelloni, ecco lo sport che tra-
sforma i media, lo sport che in Italia, unico ad aver assolto cotale im-
presa, ha fatto nascere i giornali popolari e portato alle edicole milioni di
4
A Genova, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, sono stati organizzati nel 1992
e 1993 rispettivamente dai professori Enrico Buonaccorsi e Antonio Gibelli corsi mo-
nografici dedicati allo sport; nell’Università di Salerno, sotto la direzione del professor
Antonio Papa, è sorto un gruppo di ricerca di storia sociale dello sport.
5
U.ECO, La chiacchiera sportiva. Valori senza campioni, in Il costume di casa,
Bompiani, 1973, pp. 237-242.
6
Ibidem.
LUCA GHIGLIONE - La cultura dello sport in Italia
12
persone, ma ecco, altresì, i media che trasformano lo sport (e se-
condo alcuni l’evento sportivo esiste solo ed esclusivamente proprio
perché enfatizzato dai mass media) dilatandone gli interessi, accen-
tuando il peso del professionismo, accrescendone il campo della noti-
ziabilità; infine, il binomio sport-media, nel quale ognuno dei due termini
ha pompato l’altro, trasforma la società, unendo il grande valore educa-
tivo del primo con la valenza culturale dei secondi
7
.
Una simile tipizzazione è proposta anche da Aldo Grasso, il quale
analizza i diversi approcci televisivi al gioco del calcio: secondo lo stu-
dioso piemontese la tv può essere o al servizio del calcio descrivendolo
e non interpretandolo, o può impossessarsene reinventandolo e spetta-
colarizzandolo, oppure approfittarne per riflettere su altre cose con una
drammatizzazione del contesto
8
.
Sono molti, quindi, come già sottolineato, gli approcci per parlare di
gioco e di sport, molteplici i loro riflessi sulla cultura, diversi i filoni di ri-
cerca nei quali l’attività ludica occupa una posizione focale.
‘Sport e violenza’ è senza dubbio uno dei due campi di indagine che
hanno ottenuto più studi, con la spinta delle cronache e le attenzioni
delle scienze sociali, una tematica che, nei media, fa senza dubbio no-
tizia ed ha la capacità di attrarre interesse, dando spazio ai particolari
7
G.BECHELLONI, La cultura del risultato, in A.BORRI (a cura di), Sport e mass
media, Bari, Laterza, 1990, p.7; Giovanni Bechelloni è docente di Sociologia dei pro-
cessi culturali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze.
8
A.GRASSO, Il calcio nella rete, in Ibidem. Aldo Grasso è docente di Teorie e tec-
nica dell’informazione presso l’Università Cattolica di Milano
LUCA GHIGLIONE - La cultura dello sport in Italia
13
cruenti per soddisfare il pubblico e ai dibattiti post-evento per coinvolge-
re intellettuali, studiosi e sedicenti tali.
Uno dei resoconti più approfonditi in materia è Sport e repressione,
un vero e proprio testo di sociologia scritto da Norbert Elias ed Eric
Dunning
9
. Nell’introduzione all’edizione italiana del volume, curata da
Antonio Roversi, sono riportati i primi decreti che vietavano i giochi del-
la palla in quanto pericolosi focolai di violenza: così, dal 13 aprile 1314,
sotto pena del carcere, i primi giochi del calcio sono banditi da Londra;
in Italia un simile editto è pubblicato a Bologna il 10 marzo 1580.
Lo stesso sociologo bolognese è autore di uno studio comparato sul
teppismo calcistico in Europa e di una ricerca condotta nel mondo degli
‘ultras’ del Bologna, mondo del quale esamina la cultura ‘da stadio’, il
suo lato violento, abbozzando una sorta di censimento statistico degli
episodi di violenza calcistica in Italia, una tipologia di questa ferocia,
corredata dai moventi che spingono i giovani al teppismo negli stadi e
da una loro fisionomia
10
. Parrebbe da quest’ultimo testo che i primi epi-
sodi di scontri di piazza legati a manifestazioni calcistiche contempora-
nee in Italia si possano registrare dal marzo 1974 in occasione di Tori-
9
N.ELIAS - E.DUNNING, Sport e aggressività, Bologna, Il Mulino, 1989.
10
A.ROVERSI, Calcio e violenza in Europa, Bologna, Il Mulino, 1990 e ID., Calcio,
tifo e violenza, Bologna, Il Mulino, 1992. Il fenomeno è studiato in Italia anche da D.
SEGRE (Ragazzi da stadio, Milano, Mazzotta, 1979), da A. DAL LAGO (Descrizione di
una battaglia, Bologna, Il Mulino, 1990), da G.TRIANI (Mal di stadio, Roma, Edizioni
Associate, 1990) e da B.BUFFORD, I furiosi della domenica, Milano, Longanesi, 1992;
al mondo del tifo organizzato è anche dedicata una rivista mensile, Supertifo, pubblica-
ta a Pistoia.
LUCA GHIGLIONE - La cultura dello sport in Italia
14
no-Sampdoria e Roma-Lazio
11
, sebbene gruppi organizzati fossero or-
mai presenti in tutte le maggiori città fin dal 1968. I giornali, secondo
l’autore, da quel periodo hanno spostato la loro attenzione dalle prime
vicende di intemperanza alle vere e proprie forme di violenza da stadio
che si sono dimostrate, fra moralismi e cinismo, una ghiotta fonte di no-
tizie per gli organi di informazione: anche nello sport, come in tutti i
campi, il sangue “fa vendere”. A tale proposito Dario Fertilio cita un ser-
vizio di Canale 5 sul fenomeno degli hooligans inglesi come esempio di
disinformazione: la trasmissione parlava di incidenti fra bande di tifosi
esagitati a Londra con la scena di un pestaggio mortale, ma le indagini
di Gazzetta dello Sport e Manifesto dimostrarono che i fatti erano acca-
duti in un’altra città, pur con feriti, ma senza alcuna vittima
12
.
‘Sport e politica’ è l’altro filone di indagine che ha riscosso notevole
successo
13
. Si è sempre cercato di accostare l’avvenimento ludico a
quello ideologico, da parte dei politologi e da parte degli stessi politici,
che a più riprese hanno usato o cercato di usare la forza trainante dello
sport, e si sono versati fiumi di inchiostro per dimostrare che lo sport
fosse di destra o fosse di sinistra, quali le discipline di destra e quali di
11
Ancora nel derby Roma-Lazio (1979) si ha il primo decesso per disordini da sta-
dio provocato da sedicenti tifosi. Sarà il primo, purtroppo, di una troppo lunga, lugubre
lista, sebbene la morte avesse già incrociato il proprio cammino con quello del calcio:
risale infatti al 2 maggio 1920 l’uccisione di Augusto Morganti da parte dei regi carabi-
nieri in occasione del derby toscano Viareggio-Lucchese (cfr. M.ZINOLA, Viareggio,
primo derby di sangue, “Il Secolo XIX”, 2 febbraio 1995, p. 4).
12
D.FERTILIO, Le notizie del diavolo, Milano, Spirali/Vel, 1994, pp. 226-227.
13
Studi significativi sono: F. FABRIZIO, Sport e fascismo, Rimini, Guaraldi, 1976;
J.M. HOBERMAN, Sport and political ideology, 1984, tr. it. Politica e sport, Bologna,
Mulino, 1988; L. ROSSI, Sport e cultura operaia in Europa 1900-1939, in “Italia Con-
LUCA GHIGLIONE - La cultura dello sport in Italia
15
sinistra, si sono cercati nella politica le ragioni della violenza negli stadi,
dell’attaccamento dei tifosi alla squadra nazionale, persino gli schemi di
gioco avrebbero diverse applicazioni a seconda delle diverse ideologie
dominanti. Così, il golf, od il tennis, è tradizionalmente considerato di
destra (nel senso di disciplina aristocratica e classista) mentre il calcio
(in quanto muove le masse) di sinistra, seppure altri riconoscano nel ci-
clismo il ruolo di vero sport popolare, poiché nato da quella bicicletta
che era un tempo solo un economico mezzo di trasporto (ma anche nel
pugilato e nel podismo, dove non bastano che i nudi arti). Antonio Ro-
versi nei suoi studi attribuisce ai gruppi di estrema sinistra la responsa-
bilità dei disordini allo stadio per poi abbozzare una storia della violenza
calcistica nella quale esponenti di fazioni di destra si infiltrano nei grup-
pi ultrà per accaparrarsi adepti
14
. Però, parrebbe comunque logico che
a tutt’oggi le “Brigate Gialloblù” di Modena, città rossa, adottino come
simbolo Che Guevara e che i tifosi della romana Lazio, e spesso anche
gli stessi giocatori, manifestino simpatie verso partiti di destra.
Giorgio Triani, a proposito di violenza negli stadi e politica, cita un
passo di Antonio Gramsci:
L’incrudelire del tifo in forme spesso selvagge e sanguinarie era il frutto del venire meno di
una certa attività politica di partito che allargava gli interessi intellettuali e morali del
popolo
15
.
temporanea”, settembre 1989, pp. 165-170.
14
A.ROVERSI, Calcio, tifo, cit..
15
G.TRIANI, Il campanile perduto, in Catenaccio e contropiede, cit. Gramsci era un
grande appassionato di calcio: nella sua corrispondenza dal carcere con l’economista
Piero Sraffa amava parlare della “sua” Juventus.
LUCA GHIGLIONE - La cultura dello sport in Italia
16
D’altronde, come scrive Giovanni Bechelloni, “lo sport in Italia non gode di
buona reputazione tra il pubblico intellettuale e di élite”
16
.
Tutto sommato, però, lo sport sembra non avere etichette, e questa
asserzione può essere corroborata dai molti interventi contenuti nel li-
bro sul gioco del calcio di Walter Veltroni, uno juventino come lo sono
stati lo stesso Gramsci, Togliatti e Lama, che avrebbe scoperto solo in
un secondo momento “che era la squadra di un avvocato che produceva macchi-
ne”
17
; del resto, nella tornata elettorale del 1994 il leghista Roberto Ma-
roni chiedeva all’alleato Silvio Berlusconi la maglia da titolare nel Milan
ricevendo poi, ad elezioni vinte, solo il Ministero degli Interni, ed il co-
munista Fausto Bertinotti si è più volte dichiarato accomunato al presi-
dente del Milan dalle prime tre lettere del cognome e dalla grande pas-
sione per la casacca rossonera. Nella raccolta veltroniana di “dichiara-
zioni d’amore al gioco più bello del mondo” il calcio va oltre la politica e
in particolar modo la sinistra scherza su sé stessa, fa autocritica ed abi-
lita il calcio e lo sport dopo averli considerati per troppo tempo oppio
delle masse. Nel volume si citano Marx, Gramsci e Kim Il Sung con di-
sinvoltura, si parla di “un portiere capace e schivo come un comunista”
18
, ma in
16
G.BECHELLONI, op. cit., p.7.
17
W.VELTRONI, Il calcio è una scienza da amare, Milano, Savelli, 1982, p. 16. Il
volume raccoglie saggi di un ampio ventaglio di personaggi dei quali molti non hanno
nulla a che fare con lo sport, ma che nutrono una passione profonda e si scoprono ac-
caniti tifosi senza vergognarsene. Fra gli altri: Ferdinando Adornato, Giulio Andreotti,
Andrea Barbato, Francesco De Gregori, gli Inti Illimani, Luciano Lama, Nanni Loy, Re-
nato Nicolini, Stefano Rodotà, Michele Serra, Carlo Verdone e Giuliano Zincone.
18
Ibidem, p. 17. Il giocatore in questione è “Roberto Anzolin, di Valdagno, classe 1938”.
LUCA GHIGLIONE - La cultura dello sport in Italia
17
tanto, fra il serio ed il faceto, con una grande spinta liberatoria, lo
sport è vissuto con i riflettori puntati sull’amore che suscita e non, per
una volta, attraverso le lenti della sociologia o della storia. Non è quindi
un caso se Veltroni da direttore dell’Unità abbia creato l’Unità 2 nella
quale conglobare cultura, sport e spettacolo e che da vicepresidente
del Consiglio abbia voluto per sé il Ministero della Cultura e la delega
allo sport.
Dure critiche, invece, sono sempre giunte da parte dei marxisti, a
partire dalla fine degli anni ‘60, allo sport ed alle Olimpiadi, anche e so-
prattutto in polemica con gli ambienti istituzionali della sinistra. Abbiamo
un riscontro di ciò in un volume pubblicato dall’editore napoletano Li-
guori nell’aprile 1982, nel quale sono raccolti brani di critica socio-
sportiva: già dalla prefazione di Jean Marie Bröhm è sottolineata la di-
vergenza fra coloro i quali “intendevano sottoporre lo sport a rigorosa analisi marxi-
sta e alla critica comunista, in nome dell’emancipazione dei lavoratori e della gioventù, e
coloro, come i riformisti e i dottrinari del P.C.F., che intendevano preservare lo sport”
19
.
Dalla stessa corrente di pensiero nascerà anche il Comitato Organizza-
zione di Boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca, duramente avversato
dalla sinistra ufficiale, e si svilupperanno diversi tentativi di dar vita ad
una sociologia storica dello sport
20
.
19
I signori del gioco, cit.
20
Sono citati nelle note e nella bibliografia ragionata di Gianni Boccardelli:
G.VINNAI, Il calcio come ideologia, Firenze, Guaraldi, 1970; P.ANGELINI (a cura di),
Sport e repressione, Roma, Samonà e Savelli, 1971; U.PROKOP, Olimpiadi dello