8
alcune tra le più importanti inchieste italiane dell’età repubblicana. Si inizia
con Tommaso Besozzi, il giornalista dell’Europeo che nel 1950 smonta la
versione ufficiale dei Carabinieri sulla morte del bandito Salvatore
Giuliano, ricostruendo l’esatta dinamica dell’omicidio. Pochi anni dopo
una corrispondente bellunese dell’Unità, Tina Merlin, inizia a scrivere
articoli sulla pericolosità della diga del Vajont, arrivando a prevedere
quanto accadrà il 9 ottobre 1963: la caduta di una frana dal monte Toc
nell’incavo della diga, con la conseguente morte di circa duemila persone.
Anche dopo la tragedia, Merlin si occupa di Vajont, delle ingiustizie a cui
sono soggetti gli abitanti delle zone colpite dalla frana.
Veniamo così alla fine degli anni Sessanta, quando l’Italia è percorsa da
un fermento sociale, da movimenti studenteschi, lotte operaie e sconvolta
dalle bombe dei terroristi. È il periodo della controinformazione, del
giornalismo di denuncia che vede in Camilla Cederna una delle sue più
brillanti firme. La giornalista dell’Espresso indaga sulla carneficina di
piazza Fontana (12 dicembre 1969), sostenendo l’estraneità all’attentato
degli anarchici. Oltre al lavoro di Cederna si analizzano le inchieste di
Mario Scialoja sulla strage dell’Italicus, treno sventrato da un ordigno il 4
agosto 1974, nonché quella di Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi sul
progetto di colpo di stato generale De Lorenzo (Piano Solo).
L’indagine più interessante della seconda metà degli anni Settanta è
senza dubbio quella realizzata nel 1976 per il Corriere della Sera da
Giampaolo Pansa e Gaetano Scardocchia, con la collaborazione del
giovane Pierluigi Franz. I giornalisti danno un contributo essenziale nel
delineare l’affaire Lockeed, una torbida storia di tangenti pagate a politici
italiani da una ditta americana per la vendita di aerei militari (quattordici
Hercules C 130). Lo scandalo ha conseguenze di enorme rilevanza. Per la
prima volta nel nostro Paese, infatti, vengono processati due ministri, Luigi
Gui e Mario Tanassi. La vicenda giudiziaria si conclude con l’assoluzione
9
di Gui e la condanna di Tanassi a due anni e quattro mesi di reclusione. È il
marzo del 1979. Un anno più tardi, 27 giugno 1980, l’aereo di linea in volo
da Bologna a Palermo della compagnia Itavia precipita tra Ponza e Ustica.
Non si hanno superstiti tra le 81 persone a bordo. Inizia così uno dei tanti
“misteri” italiani, fatto di omissioni, reticenze, depistaggi. Il cronista del
Corriere della Sera Andrea Purgatori indaga per anni sulla vicenda,
venendosi a scontrare ripetutamente con un “muro di gomma”. Il suo
lavoro, caso esemplare di tenacia e determinazione, contribuisce a tenere
desta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla tragedia. Chiude il capitolo
una rassegna delle principali inchieste dell’ultimo decennio, affidate a
quotidiani, saggi, programmi televisivi. Per la carta stampata si ricorda il
caso di Affittopoli, ovvero gli affitti irrisori di case appartenenti a enti
pubblici (Inps, Inadel, etc) riservati a vip (politici, showman e via
discorrendo). Lo scandalo emerge nel 1995 grazie al Giornale diretto da
Vittorio Feltri. La Repubblica, nel 1991, si occupa invece dei rapporti tra
Gladio, struttura segreta italiana creata negli anni della Guerra fredda, e la
loggia massonica P2. L’indagine è affidata a Giuseppe D’Avanzo e
Giovanni Maria Bellu. Quest’ultimo realizza successivamente (2001)
un’inchiesta inerente un naufragio di clandestini avvenuto il 26 dicembre
1996 nel canale di Sicilia e a lungo ignorato dalle autorità competenti.
L’immigrazione illegale è oggetto d’interesse anche per Fabrizio Gatti,
esperto in cambi d’identità. Nel 2000 riesce a entrare nel centro di prima
accoglienza di via Corelli, a Milano, fingendo di essere uno straniero senza
permesso di soggiorno. Nel 2005 entra in un altro centro, quello di
Lampedusa, sempre sotto mentite spoglie. A rivolgersi direttamente al
pubblico della saggistica sono invece Stefano Maria Bianchi e Alberto
Nerazzini, con La mafia è bianca, libro e dvd sui legami tra criminalità
organizzata, sanità, imprenditoria, politica. Per quanto concerne il piccolo
schermo, si ricordano il programma di inchieste Report, condotto da
10
Milena Gabanelli e realizzato dalla stessa con giornalisti freelance, e
l’indagine di Sigfrido Ranucci sui bombardamenti americani del novembre
2004 contro la città irachena di Fallujah (Fallujah, la strage nascosta,
Rainews 24).
Nella seconda parte del presente lavoro (capitoli III e IV) si focalizza
l’attenzione sul caso Alpi - Hrovatin, cioè sull’omicidio della giornalista
del Tg3 e del suo operatore, avvenuto a Mogadiscio il 20 marzo 1994. Si
traccia un breve profilo biografico e professionale delle due vittime, nonché
il contesto in cui il delitto è avvenuto, la Somalia dilaniata dalla guerra
civile. Attraverso il resoconto delle indagini della Procura di Roma sul
caso, del processo che ha portato in carcere il somalo Hashi Omar Hassan,
riconosciuto come un membro del commando assassino, e dei lavori di
varie commissioni parlamentari (sulla Cooperazione con i Paesi in via di
sviluppo, sul ciclo dei rifiuti, sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin) si
mette in evidenza la mancanza di certezze su quanto successo il 20 marzo
1994 nella capitale somala e soprattutto sulle motivazioni del duplice
omicidio. Persino la Commissione parlamentare creata ad hoc non ha
prodotto risultati univoci: la relazione finale votata dalla maggioranza di
centro destra è stata infatti respinta dai commissari di centro sinistra. Negli
anni, ed è qui che questa tesi entra nel vivo, molti si sono occupati della
vicenda. In primo luogo lo ha fatto il mondo dell’informazione (Giovanni
Maria Bellu, Maurizio Torrealta, Report, Riccardo Bocca, Roberto
Scardova, Daniele Biacchessi, Nigrizia), ma anche il cinema (Ferdinando
Vicentini Orgnani, con Ilaria Alpi. Il più crudele dei giorni) e il teatro
(Ottavia Leoni e Vincenzo Continelli, Le bugie non sono reato). A tutto
questo è dedicato il terzo capitolo (Il contesto), mentre l’ultimo
(L’inchiesta di Famiglia Cristiana) descrive nel dettaglio e analizza il
lavoro svolto sul caso da tre giornalisti di Famiglia Cristiana: Barbara
Carazzolo, Alberto Chiara e Luciano Scalettari. La decisione di occuparmi
11
proprio dell’inchiesta del settimanale delle Edizioni San Paolo è dovuta alla
serietà e alla passione che la caratterizzano. In otto anni (l’inchiesta inizia
nel 1998) i tre giornalisti hanno viaggiato per l’Italia e per il mondo,
analizzato molti documenti, incontrato centinaia di persone, affrontato
problemi per far luce sull’assassinio di Mogadiscio. Spinti non solo dal
dovere professionale, ma anche dalla volontà di rendere omaggio alla
professionalità di Ilaria e Miran, nonché dalla convinzione che sapere cosa
sia successo quel giorno in Somalia rientri nel diritto di ogni cittadino
italiano. Per questo hanno scritto «con la penna e con il cuore» e la loro
indagine continua tuttora.
L’ultima copertina di Famiglia Cristiana dedicata al caso Alpi -
Hrovatin è inserita in Appendice, accanto alla riproduzione di pagine di
quotidiani e periodici contenenti i pezzi che hanno fatto la storia
dell’inchiesta italiana. In tale sezione si possono consultare anche
documenti inerenti la libertà di stampa, conditio sine qua non dell’esistenza
del giornalismo investigativo, e materiale relativo al Premio giornalistico
televisivo Ilaria Alpi.
Dopo questa panoramica sui contenuti del presente lavoro, vediamo ora
le fonti utilizzate. Si tratta di materiale molto eterogeneo: storie del
giornalismo e manuali di storia contemporanea per contestualizzare le
inchieste prese in considerazione, opere monografiche su giornalisti (Tina
Merlin e Mino Pecorelli, per esempio) e determinati argomenti (querele,
missione Ibis in Somalia, etc), ovviamente articoli e libri frutto di indagini
giornalistiche. Utile per la prima parte è stata la consultazione del Codice
dell’informazione di Franco Abruzzo, nonché di riviste di settore quali
Problemi dell’informazione, Tabloid, Giornalisti. Per la parte sul caso Alpi
- Hrovatin sono risultati fondamentali, oltre al lavoro di Famiglia
Cristiana, il sito dell’associazione Ilaria Alpi - Comunità aperta e il libro
scritto dai coniugi Alpi, da Mariangela Gritta Grainer e Maurizio Torrealta
12
(L’esecuzione), soprattutto per la ricostruzione della vicenda giudiziaria e
del lavoro della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Cooperazione
con i Paesi in via di sviluppo. Di altri organi parlamentari (Commissione
bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, XIV legislatura, Commissione
parlamentare d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin) sono
state consultate le relazioni finali e i resoconti stenografici delle audizioni.
Si è provveduto inoltre a visionare varie trasmissioni dedicate al duplice
omicidio di Mogadiscio e siti legati al mondo dell’informazione (Ordine
dei giornalisti della Lombardia, Articolo21, Reporters sans Frontières, etc).
Questo lavoro mi ha portato anche a partecipare a dibattiti e conferenze
inerenti il giornalismo d’inchiesta e il caso Alpi - Hrovatin. Infine, preziosi
e particolarmente coinvolgenti sono stati gli incontri personali con Andrea
Purgatori, Luciano Scalettari e Giorgio e Luciana Alpi .
Le loro testimonianze e il materiale raccolto in questi mesi mi hanno
permesso di realizzare una tesi nata dall’indignazione per i depistaggi e i
silenzi che avvolgono molte vicende nel nostro recente passato. Il presente
lavoro vuole essere un contributo alla memoria del nostro Paese, troppo
spesso calpestata, e un omaggio a quanti non cedono e lottano per arrivare
alla verità.
13
1. FENOMENOLOGIA DEL GIORNALISMO
INVESTIGATIVO
1.1 Definizione di giornalismo investigativo
Il giornalismo investigativo rientra nella più ampia categoria del
giornalismo d’inchiesta, anche se spesso le due espressioni vengono
utilizzate come sinonimi.
L’investigative reporting (come viene chiamato questo genere negli Stati
Uniti) consiste nel mettere in evidenza avvenimenti, temi importanti, ignoti
al pubblico e che qualcuno soprattutto vuole continuare a tenere nascosti.
Date queste essenziali coordinate, vediamo ora nel dettaglio l’inchiesta,
di cui fa parte, come accennato, anche il lavoro del giornalista “detective”.
L’inchiesta è «un’indagine approfondita su un fatto, una situazione, un
problema, un ambiente»
1
.
È una forma nobile del giornalismo […]. Organizzata in una serie di pezzi, anche a più
mani, ha il carattere di una ricerca o di un’indagine, mira a scoprire verità nascoste.
Dunque è il simbolo di ciò che si considera l’ideale della professione: cercare la
verità.[…]. È anche il genere in cui il giornalista gode della più ampia autonomia e di
maggior fiducia.[…]. Per condurre una buona inchiesta bisogna possedere una
padronanza di tutti gli altri generi giornalistici: non per niente è considerata il banco di
prova del giornalista maturo
2
.
Possiamo inoltre meglio comprenderne le peculiarità confrontandola
con la cronaca.
1
SERGIO LEPRI, Professione giornalista, II edizione, Etas libri, Milano, 1999, pag. 58.
2
ALBERTO PAPUZZI, Professione giornalista, Donzelli, Roma, 2003, pag. 54.
14
L’inchiesta infatti «scava là dove la cronaca non può arrivare, dentro
l’evento e dentro la notizia»
3
. Il suo obiettivo è l’approfondimento di un
dato tema, di «quanto sfugge al notiziario quotidiano»
4
. Per fare questo il
giornalista si avvale di molti canali di informazione, interroga fonti
alternative e abituali, alla ricerca di dati che normalmente non vengono
colti o sono inaccessibili alla cronaca quotidiana.
A seconda dell’argomento trattato, del modo e dello scopo con cui ci si
avvicina alla realtà, è possibile distinguere diversi tipi di indagine,
riconducibili per Alberto Papuzzi a due grandi categorie: investigativa e
conoscitiva.
L’inchiesta investigativa punta all’accertamento di vicende controverse, la cui natura e le
cui responsabilità rappresentano un mistero per l’opinione pubblica. In questa categoria
rientrano quelle su casi giudiziari, su scandali politici, su guerre economiche, su illeciti
sportivi.[…].
L’inchiesta conoscitiva informa sulla società e la cultura del tempo in cui viviamo […].
Nel giornalismo italiano ha conosciuto una stagione di grande fortuna durante gli anni
Cinquanta e Sessanta, in coincidenza con le profonde trasformazioni del paese, dopo la
ricostruzione post bellica e nel corso del boom economico
5
.
Nel “Dizionario pratico di giornalismo” Carlo De Martino e Fabio
Bonifacci individuano invece tre tipi di indagine giornalistica. Accanto a
quella investigativa troviamo:
L’inchiesta documentaria, che mira a diffondere informazioni già esistenti, ma
poco conosciute perché racchiuse in testi o ambienti specialistici o comunque non
illuminati dai riflettori dei mass media.
3
ANGELO AGOSTINI, Dentro la notizia, Franco Angeli, Milano, 1988, pag. 47.
4
ALBERTO PAPUZZI, op, cit., pag. 54.
5
Ivi, pag. 54 -55.
15
L’inchiesta interpretativa che, affrontando fatti noti, si propone di spiegarne le
cause, l’evoluzione, spesso utilizzando parere di esperti
6
.
Concorda con questa classificazione anche Angelo Agostini, che la
illustra dettagliatamente, avvalendosi di numerosi esempi. Ricordiamone
alcuni.
Nel marzo-aprile del 1984, appaiono sulle pagine del Corriere della Sera
degli articoli di Fabio Cavalera inerenti la “mafia dei colletti bianchi”. È il
resoconto di una recente indagine giudiziaria sul riciclaggio di denaro
sporco, sulle società gestite da mafiosi. Cavalera raccoglie pazientemente
documenti a riguardo, realizza delle interviste (ad esempio al procuratore
Gresti e al colonnello Pasini), focalizza la sua attenzione sui problemi, gli
ostacoli incontrati dagli inquirenti nel loro lavoro, registra i fatti e li
dispone in modo da dare un’informazione il più possibile oggettiva su una
particolare fase della lotta contro la mafia. «L’intento di fondo è quello di
fornire un quadro generale della penetrazione della mafia nel mondo degli
affari e della lotta che le si conduce»
7
.
Il giornalista non svela nulla di segreto, misterioso, non formula ipotesi
personali, ma documenta una realtà, mosso dalla domanda: “cosa sta
accadendo?”, dando così vita a un’inchiesta documentaria.
Diverso il caso di Viaggio nel Triveneto, realizzato da Giorgio Bocca e
pubblicato su la Repubblica nell’ottobre-novembre 1982. Protagonista di
questo lavoro è infatti lo stesso giornalista, che ci offre un’immagine
personale dell’Italia orientale, mediata dal suo sguardo, dal suo punto di
vista, dalle sue interpretazioni.
Bocca scrive rispondendo alla domanda “ Come possono essere viste le
cose?” e facendo ricorso a uno stile particolare, riconoscibile, caratterizzato
6
CARLO DE MARTINO, FABIO BONIFACCI, Dizionario pratico di giornalismo, Mursia, Milano,
1990, pag. 120.
7
ANGELO AGOSTINI,op. cit., pag. 132.
16
dall’uso abbondante della prima persona singolare, di espressioni dialettali
e del discorso diretto.
Siamo di fronte a un’inchiesta interpretativa, in cui l’autore è «libero di
scegliere, di accostare esempi o prove come meglio crede, di trarre le
conclusioni che più gli aggradano e di intrattenere con il lettore un rapporto
quasi a tu per tu. [...] Non più voce fuori dal campo, ma protagonista-
narratore della scena e dell’azione rappresentata nel testo»
8
.
L’analisi dell’inchiesta fin qui condotta ci permette di trarre alcune
prime conclusioni sul giornalismo investigativo.
Per realizzare un lavoro di questo tipo il “fiuto” non basta. È necessario
anche un buono spirito di osservazione, capacità di ricerca e il possesso di
una vera e propria «cultura dell’investigazione, della legalità, del dettaglio
e del riscontro, dell’indizio e della prova»
9
.
Il giornalismo investigativo richiede impegno, molto tempo e anche
coraggio, infatti «procura spesso nemici e avversità, perché quella verità
investigativa è tenuta accuratamente nascosta da qualcuno che, come
minimo, “è pronto ad adire le vie legali per evitare che le proprie attività
siano rese note”»
10
.
Il giornalista “detective” deve dunque affrontare molti ostacoli e rischi
di ogni genere.
A questi aspetti e all’importanza sociale del suo lavoro è dedicata la
restante parte del capitolo.
8
ANGELO AGOSTINI, op.cit., pag. 104.
9
FRANCESCO SIDOTI, a cura di,Giornalismo investigativo, Koinè, Roma, 2003, pag. 24.
10
Ivi, pag. 25.
17
1.2 Informazione e democrazia
Il giornalismo investigativo e il mondo dell’informazione in generale
svolgono, o dovrebbero svolgere, un ruolo importante per la democrazia:
diffondere notizie che contribuiscano alla formazione dell’opinione
pubblica, controllare i diversi poteri istituzionali e privati.
«Se la democrazia è visibilità e trasparenza dell’esercizio del potere […],
ha uno dei suoi perni centrali in un giornalismo capace di illuminare le
zone d’ombra, anche quelle, per esempio, che la magistratura, per limiti
propri o per quelli imposti, non è riuscita o non ha potuto rischiarare»
11
.
A queste funzioni si rifanno le celebri definizioni dei media come
“quarto potere”, espressione attribuita dagli storici a Edmund Burke
(scrittore e uomo politico inglese, vissuto nel ’700) e dei giornalisti come
“watch dogs”, cani da guardia, che vigilano sugli abusi, denunciandoli.
I giornalisti infatti «sono le antenne sensibili e pronte a captare i
cambiamenti, a leggere dentro le cose che accadono, a portare alla luce
tutto ciò che è di interesse pubblico e che, in assenza dei loro articoli
passerebbe inosservato quando invece ha importanza per l’intera
comunità»
12
.
Chiara e molto eloquente a questo riguardo anche l’immagine di Joseph
Pulitzer, che nei primi del Novecento descrisse il giornalista come
qualcuno che «scruta attraverso la nebbia e la tempesta per dare l’allarme
sui pericoli che si profilano, che vigila sul benessere del popolo che su di
lui fa affidamento»
13
.
11
MASSIMO RUSSO, in Giornalismo investigativo, op.,cit., pag 109.
12
GIOVANNI SANTAMBROGIO, Giornalismo, appunti delle lezioni, appendice di documentazione,
I.S.U, Università Cattolica, Milano, 2003, pag. 26.
13
JOSEPH PULITZER, citato da RODOLFO BRANCOLI, Il risveglio del guardiano, Garzanti, Milano,
1985, pag. 7.
18
Nel 2001al Congresso della Federazione Nazionale della Stampa italiana
il Presidente del Senato Marcello Pera fece questa importante
affermazione:
La stampa è il nostro specchio presso i cittadini e gli elettori. Che a nessuno di noi
accada, a turno, di trovare questo specchio deformato è una circostanza che dobbiamo
considerare fortunata, perché proprio la pluralità delle prospettive da cui siamo osservati è
garanzia di libertà e democrazia.[…].
Anche le opinioni più critiche, anzi, soprattutto le opinioni più critiche, dovrebbero non
solo essere ammesse ma anche considerate benvenute, perché il controllo da parte
dell’opinione pubblica è un caposaldo della democrazia
14
.
Non vi può essere dunque vera e salda democrazia quando gli scandali
vengono insabbiati e i media veicolano verità di parte, divenendo strumento
degli interessi di qualcuno che non sia il lettore.
Per questo è fondamentale l’investigative reporting, manifestazione e al
tempo stesso garanzia del diritto di informazione e di espressione, principi
basilari di ogni stato democratico e, come tali, riconosciuti giuridicamente.
L’articolo 21 della Costituzione italiana, infatti, afferma che «tutti hanno
diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta
ad autorizzazioni o censure»
15
.
Queste parole vengono ribadite anche dalla Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, approvata dall’assemblea generale dell’Onu il 10
Dicembre 1948. In tale documento si sostiene che «ogni individuo ha
diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non
essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e
14
MARCELLO PERA, Discorso riportato da F. Sidoti, op.cit., pag 20-21.
15
Costituzione Italiana, articolo 21.
19
diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a
frontiere»
16
.
L’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre
1950) inoltre sottolinea «la libertà di ricevere o di comunicare informazioni
o idee senza che vi possa essere interferenza di pubbliche autorità e senza
riguardo alla nazionalità»
17
.
I medesimi concetti sono espressi anche dal Patto internazionale di New
York sui diritti civili e politici, all’articolo 19, ove si mettono in evidenza le
limitazioni a cui può essere sottoposta la libertà di espressione, a tutela
degli altri diritti umani fondamentali:
L’esercizio delle libertà previste dal paragrafo 2 del presente articolo
18
comporta doveri e
responsabilità speciali. Esso può essere pertanto sottoposto ad alcune restrizioni che, però
devono essere espressamente stabilite dalla legge ed essere necessarie: a) al rispetto dei
diritti o della reputazione altrui; b) alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell’ordine
pubblico, della sanità o della morale pubblica
19
.
Inoltre il Parlamento Europeo (risoluzione del 17 Maggio 2001)
recentemente si è pronunciato in difesa del contenuto dei sopraccitati
articoli. Ha chiesto infatti
ai governi e a tutte le autorità regionali e locali di garantire la sicurezza dei giornalisti e di
far sì che i crimini commessi nei loro confronti non restino impuniti […] e all’Unione
16
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
il 10 Dicembre 1948.
17
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, articolo10
(Legge 4 agosto 1955, n. 848).
18
«Ogni individuo ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende la libertà di cercare,
ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente e per
iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o attraverso qualsiasi altro mezzo a sua scelta».
19
Patto internazionale di New York sui diritti civili e politici, art.19 (firmato il 19 Dicembre 1966 e
ratificato con la legge 25 Ottobre 1977, n. 881).
20
europea di controllare costantemente l’applicazione della legislazione sulla libertà di
espressione e di promulgare un anno europeo della libertà di stampa
20
.
Se andiamo molto indietro nel tempo scopriamo un altro documento
interessante per il nostro discorso. È la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e
del cittadino, datata 26 agosto 1789 . Promulgata dall’assemblea nazionale
costituente nella Francia rivoluzionaria, conteneva già quanto espresso dai
testi giuridici fino a ora presi in considerazione.
Si veda a tale proposito l’articolo 11:
«la libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più
preziosi dell’uomo. Ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare
liberamente salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi
determinati dalla legge»
21
.
Tornando ai giorni nostri, possiamo ricordare che nel 2003 la giuria del
Pulitzer, prestigioso premio giornalistico americano, ha rivalutato proprio
l’inchiesta investigativa, sottolineando «l’esigenza di un giornalismo che
scavi nella società, che metta a nudo i meccanismi della vita “normale” più
che non nei grandi scenari dell’eccezionale e dell’emergenza apertisi dopo
l’11 Settembre»
22
. In quell’occasione infatti sono stati premiati il New York
Times, per gli articoli sugli abusi ai danni di malati mentali avvenuti in
strutture sanitarie pubbliche e l’inchiesta del Los Angeles Times inerente un
aereo militare, protagonista di svariati incidenti in volo, che ha portato alla
morte di 45 piloti.
Arrivati a questo punto sorge un problema: se è indubbia e riconosciuta
da più parti l’importanza di un giornalismo attento, che vigili sui detentori
del potere, perché nel nostro Paese e non solo, il cane da guardia è
20
FRANCO ABRUZZO, Codice dell’informazione, Centro di Documentazione Giornalistica, Roma, IV
edizione, 2003, pag. 1403.
21
DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO, art. 11.
22
MARIO BAUDUINO, Pulitzer, l’elogio del cane da guardia, La Stampa, 9 aprile 2003.
21
dormiente? Perché «continua a mancare o a difettare la cultura
professionale del controllo e dell’indagine»
23
?
Questo interrogativo, da anni, puntualmente si ripropone. Giampaolo
Pansa, negli anni Ottanta
24
, ha provato a dare una risposta, individuando
cinque ragioni:
1) mancanza di una preparazione adeguata.
«Per fare una seria inchiesta giornalistica occorre, tanto per cominciare,
un giornalista in grado di farla. Ossia un uomo che possieda un retroterra
culturale e professionale di un certo tipo e che poi abbia la voglia di
lavorare da reporter»
25
. Molti giornalisti fruiscono solo ciò che producono,
cioè i giornali, ma a volte non leggono nemmeno quelli.
2) Fattore fatica.
L’inchiesta richiede molto lavoro. Bisogna dapprima capire bene la questione da
indagare. Poi alla vigilia di partire, leggere molta documentazione. Quindi parlare con
tante fonti. Confrontare queste fonti e il materiale documentario raccolto. Disseppellire
adagio adagio, se non la verità, perlomeno un buon pezzo di verità. Condensare il tutto in
pochi articoli chiari e, se possibile, non sterminati [...].
Da noi domina la regola del “mordi e fuggi”. Vale a dire, cercare un risultato forte, o che
si presume tale, con il minimo della fatica
26
.
3) Riluttanza delle direzioni dei giornali a questo tipo di lavoro. «Le
direzioni sono poco disposte a mettere al lavoro troupes di giornalisti, che
debbono, per forza di cose, essere sottratti al lavoro quotidiano di
confezione del giornale; non vogliono farlo perché, [...], creerebbe
sconvolgimenti, proteste dei capiservizio»
27
.
23
PAOLO MURIALDI, Storia del giornalismo italiano, il Mulino, Bologna, Nuova ed. 2000, pag. 304.
24
Cfr. GIAMPAOLO PANSA, Si fanno poche inchieste: ecco cinque ragioni, Problemi della
informazione, n. 3, luglio-settembre 1985, pag. 403-411. Questo saggio è stato poi ripreso dallo stesso
autore in Carte false, peccati e peccatori del giornalismo italiano, Rizzoli, 1986, pag. 97-101.
25
GIAMPAOLO PANSA, Carte false, op. cit., pag. 97.
26
Ivi, pag. 98.
27
GIAMPAOLO PANSA, Si fanno poche inchieste:ecco cinque ragioni, op. cit., pag. 407-408.
22
4) Necessità di un giornalista libero da pregiudizi.
Il giornalista italiano non è, per come è stato cresciuto, per come si è cresciuto da solo,
per come è diventato, l’animale più adatto per correre in modo libero nella grande prateria
dell’inchiesta, e quando dico correre in modo libero intendo correre senza paraocchi,
correre senza la paura di scoprire qualcosa che può non piacergli, affrontare temi che
possono essere sgraditi o che possono suonare ruvidi alle proprie posizioni personali e
alle proprie appartenenze partitiche o politiche o ideologiche o confessionali
28
.
5) Indipendenza della testata da qualsiasi tipo di condizionamento.
«L’attitudine a fare del buon giornalismo investigativo richiede anche la
libertà del giornale come impresa editoriale. Quella libertà che consente
[…] di chiedersi in totale tranquillità cosa interessi al lettore»
29
. Ma tale
libertà è in costante diminuzione, a causa delle pressioni esercitate dal
potere politico, economico, finanziario.
Ai motivi individuati da Pansa se ne possono aggiungere altri, tutti
analizzati nel terzo paragrafo.
28
Ivi, pag. 409.
29
GIAMPAOLO PANSA, Carte false, op. cit., pag. 99.