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INTRODUZIONE
Il gioco è un elemento fondamentale dello sviluppo infantile, che offre ai
bambini non solo un approccio ludico alla conoscenza, ma anche un mezzo
attraverso cui esprimere e affrontare le sfide nonché i diversi problemi che si
possono incontrare durante la crescita. Nell'ambito della psicologia e della
psicoterapia, il gioco assume così un ruolo fondamentale come strumento
diagnostico e terapeutico, consentendo ai professionisti del settore di
comprendere meglio il mondo interno dei bambini e di fornire loro un
sostegno adeguato.
In un contesto sociale e culturale in continua evoluzione, i bambini si trovano
spesso ad affrontare una vasta gamma di sfide emotive, relazionali e
comportamentali. La ricerca sull'uso del gioco come mezzo per esplorare e
affrontare tali problemi è essenziale per fornire agli operatori del settore,
siano essi educatori, insegnanti o terapeuti, e ai genitori gli strumenti
necessari per comprendere e supportare i bambini nel loro percorso di
sviluppo.
Il presente lavoro si prefigge di raggiungere diversi obiettivi:
- esaminare il ruolo del gioco nell'espressione e nella manifestazione
dei problemi emotivi, comportamentali e relazionali nei bambini;
- analizzare le diverse modalità attraverso cui i bambini utilizzano il
gioco per comunicare le proprie preoccupazioni, paure e desideri;
- esplorare le implicazioni diagnostiche e terapeutiche del gioco nei
contesti clinici e educativi;
- valutare l'efficacia delle diverse modalità di intervento basate sul
gioco nel trattamento di disturbi specifici, come l'ansia, la
depressione, il trauma e i disturbi del comportamento e le violenze.
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Questa tesi è strutturata in diverse sezioni per fornire un'analisi approfondita
del ruolo del gioco nell'espressione del vissuto e dell’interiorità dei bambini.
Dopo questa introduzione, il primo capitolo esaminerà il tema del gioco
partendo dalla sua evoluzione storica fino a spiegare l’importanza che lo
stesso ha nelle strutture educative infantili e come sia distintivo di stili
genitoriali tra loro molto differenti. Un paragrafo sarà dedicato anche al
disegno infantile inteso come specchio dell’interiorità dei bambini. Il
secondo capitolo andrà a sviscerare un tema molto delicato, quello della
violenza nei confronti dei minori, una violenza vista o vissuta in prima
persona, associando queste situazioni a diverse modalità ludiche e a
metodologie in grado di aiutare i bambini a superare questi difficili stati
emotivi. L’ultimo capitolo, infine, vuole approfondire il tema della neuro
diversità e l’importanza, anche in questo caso, di terapie adeguate basate sul
gioco come la Play Therapy Cognitivo Comportamentale,
Attraverso questa ricerca, si vuole contribuire alla comprensione della
complessità del gioco come mezzo di espressione e metodologia vincente
nell’affrontare i disagi dei bambini.
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Capitolo 1
IL GIOCO, FONDAMENTALE STRUMENTO
EDUCATIVO E DI APPRENDIMENTO
1.1 Il gioco come strumento educativo.
Il gioco ha rappresentato e rappresenta tutt’ora per l’uomo espressione di
libertà, strumento istintivo di conoscenza, accettazione dei propri limiti e
possibilità di conoscere gli altri e il mondo. Il gioco è per sua natura educante.
Il gioco nel tempo ha subito importantissimi mutamenti, ha acquisito
significati e funzioni differenti che gli sono stati assegnati dalle diverse
culture che si sono susseguite, ma in tutte le epoche la società ha riconosciuto
la profonda valenza didattica del gioco.
Grazie alle testimonianze di due filosofi Platone e Aristotele, è possibile fare
risalire l’idea di gioco educativo fin all’Antica Grecia.
Platone
1
riteneva che il gioco fosse essenziale per i bambini, un perfetto
matrimonio tra serietà e giocosità. Secondo il filosofo, in particolare,
andavano incoraggiate le attività di gruppo che promuovevano l’esercizio
fisico e la collaborazione. Ogni forma di pigrizia veniva allontanata così i
bambini erano educati fin da piccoli a mantenersi attivi ed energici, nel
rispetto dei loro pari e degli adulti, che erano i creatori delle regole presenti
in ogni attività. L’idea principale in base alla quale venivano organizzate le
esperienze ludiche, era quella che un gioco adeguato durante l’infanzia
avrebbe fatto di un adulto un buon adulto. Per questo motivo i giochi erano
importantissimi nella formazione delle virtù e nella correzione dei vizi umani
che si riteneva rendessero gli uomini corrotti.
1
Platone (428 a.C.-348 a.C.) è stato un filosofo, politico e scrittore greco antico. Insieme al suo
maestro Socrate ed al suo allievo Aristotele, ha posto le basi del pensiero filosofico occidentale.
6
Anche Aristotele
2
enfatizzò il valore educativo del gioco donandogli anche
una funzione di tipo preparatoria, le esperienze ludiche vissute dai bambini
erano mirate ad una preparazione di quella che sarebbe stata la loro attività
lavorativa futura simulandone le regole e le caratteristiche. Possiamo pensare
a questi giochi come a delle esperienze di gioco simbolico a tutti gli effetti.
Percorrendo la linea del tempo, anche nell’Antica Roma ritroviamo chi ci ha
lasciato testimonianza di attività di gioco con intenti e finalità educative.
L’oratore Marco Fabio Quintiliano
3
, nella sua famosa opera l’Istituto
dell’oratoria, parla di un gioco che oltre ad influenzare il processo educativo
e l’apprendimento, diventa anche un punto di partenza per conoscere le
attitudini e le tendenze personali. Ogni gioco ha il ruolo di stimolare la
creatività dei fanciulli, chiedendo loro di rivelare le proprie attitudini e le
proprie debolezze consentendogli così un miglioramento personale. Degno
di nota ricordare che Quintiliano fu il primo ad abolire le punizioni corporali
in quanto non favorivano l’apprendimento e avevano come unico risultato
quello di instillare paure ed ansie.
Altre figure dominanti della scena pedagogica ribadiscono questi concetti,
riprendendoli ed arricchendoli di significati, anche sull’onda delle ricerche
fatte in campo psico-cognitivo e sociale.
Friedrich Froebel
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vedeva nel gioco un mezzo attraverso il quale i bambini
potevano esprimere sé stessi ed imparare a capire il mondo, una attività
fondamentale, un ponte eletto per l’espressione dell’interiorità del bambino
grazie all’importante contributo del linguaggio. Attraverso il gioco, il
bambino sperimenta il concetto di unità tra sé e l’ambiente che lo circonda,
in quanto può fondersi con le cose, farle sue, ed al contempo, rendersi
2
Aristotele (384 a.C.–322 a.C.) fu insieme a Platone, il filosofo più importante per l’evoluzione del
pensiero occidentale.
3
Marco Fabio Quintiliano (30/40-96), fu una figura di spicco nel campo dell’educazione e della
retorica durante l’Impero Romano.
4
Friedrich Froebel (1782-1852), pedagogista e filosofo tedesco, a lui si deve il merito di aver creato
i primi giardini dell’infanzia, denominati Kindergarten.
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disponibile alle stesse, lasciandole libere di fornirgli tutte le loro
caratteristiche e le loro funzionalità consentendogli così il gioco di finzione.
Il grande pensatore del Settecento, Jean Jacques Rousseau
5
trasformò il
lavoro scolastico in gioco. Capovolgendo l’idea di istruzione, propose un
modello alternativo in cui, attraverso il gioco, il bambino poteva apprendere
tanto quanto a scuola, con la differenza che non vi erano severità, rigidità e
punizioni corporali. Il gioco viene considerato espressione spontanea del
bambino che ricerca, conosce, utilizza sé stesso e l’ambiente. Nell’Emilio,
Rousseau, sottolinea che il gioco è per il bambino una fonte di gioia, il
migliore degli stimoli durante la sua attività.
Anche le sorelle Rosa e Carolina Agazzi
6
, sul finire dell’Ottocento, allo
stesso modo, delinearono una visione di gioco inteso come base portante
dell’istruzione. Il gioco avveniva attraverso il contatto diretto con l’ambiente
sia naturale che sociale. Secondo le pedagogiste, il gioco era importante nella
valorizzazione della personalità integrale del bambino in quanto non si
limitava ad aiutarlo a scoprire la realtà, ma ne stimolava l’apprendimento,
favorendo socievolezza, autonomia personale, solidarietà, cooperazione e
rispetto per gli altri.
John Dewey
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teorizzava l’apprendimento attraverso il gioco. Learning by
playing: il gioco era il principale mezzo di conoscenza e di scoperta durante
la prima infanzia, una fonte di sviluppo in grado di stimolare una crescita
potenziale del bambino. Diventa un elemento trainante, esercita e potenzia
5
Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) è uno dei più grandi esponenti del pensiero europeo del XVIII
secolo.
6
Rosa (1886–1951) e Carolina (1870–1945) Agazzi, sono due pedagogiste e educatrici sperimentali.
Ebbero il merito di fondare una nuova scuola materna. Il loro metodo fu poi riconosciuto a livello
nazionale tanto che sorsero numero scuole materne in seguito sulla base del metodo Agazzi.
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John Dewey (1859-1952) fu tra i maggiori pedagogisti del Novecento. Propose un modello di
scuola basato sul concetto di esperienza come relazione con la realtà. Il suo pensiero lasciò una
grande impronta nella cultura, nella politica e nei sistemi educativi americani
8
l’agire del bambino, contribuisce a strutturarne la personalità elevando, la
zona di sviluppo prossimale.
Un importantissimo concetto di gioco, ancora oggi ritenuto uno dei modelli
principe nell’educazione dei bambini, è quello elaborato da Maria
Montessori
8
. Una attività impegnata e concentrata, un lavoro per il bambino
agito con materiali destinati ad attività pratiche tenendo conto di quelli che
sono i bisogni evolutivi e di organizzazione del fanciullo. Quando la
Montessori si riferiva al gioco come ad un lavoro, non pensava che i bambini
dovessero essere allontanati dall’attività ludica per essere indirizzati verso
attività lavorative non adatte a loro. Considerava il gioco come l’attività più
indicata per lo sviluppo fisico, mentale ed intellettuale dei bambini.
Bruner
9
, considerò il gioco con riferimento all’adattamento umano
all’ambiente al suo contributo nell’elaborazione di strategie utili nella
risoluzione dei problemi. Giocare è un modo per apprendere all’interno di
una situazione controllata, nella quale sono ridotti al minimo, se non assenti
del tutto, i rischi di una violazione delle regole sociali. Il gioco ha una
funzione fondamentale che è quella, attraverso la manipolazione degli
strumenti, di aiutare il bambino a raggiungere una migliore destrezza e
schemi comportamentali sempre nuovi.
Come teorizzato da Vygotskij, è possibile pensare al gioco metaforicamente
come se fosse un concentrato delle tendenze evolutive ed è esso stesso la
fonte principale dello sviluppo del bambino
10
.
8
Maria Tecla Artemisia Montessori (1870-1952), fu educatrice, medico, neuropsichiatra infantile,
filosofa e scienziata. Si avvicinò al mondo dell’educazione partendo dal suo interesse verso i
bambini con maggiori difficoltà, creando un metodo che poi venne proposto anche ai bambini
normodotati. Questo metodo prende il suo nome ed ancora oggi è una delle fondamenta
dell’educazione.
9
Jerome Bruner (1915-2016), psicologo statunitense che regalò notevoli contributi allo sviluppo
della psicologia cognitiva e della psicologia dell’educazione.
10
L.S. Vygotskij, Il ruolo del gioco nello sviluppo, 1996.
9
Ma cosa intendiamo per apprendimento quando parliamo di un bambino in
età dello sviluppo? L’apprendimento è un continuum, ha un inizio ma non ha
una fine. Parliamo di processo di apprendimento, in quanto ha inizio nel
momento in cui il bambino ha una percezione sensoriale trovandosi di fronte
ad un gioco o ad un oggetto e prosegue fino a quando questa percezione
diventa un pensiero, una cognizione. Una elaborazione di input che porta il
bambino a sviluppare delle competenze e delle capacità che gli consentono
di ristrutturare situazione problematiche, riorganizzando il proprio campo di
esperienza.
Secondo un terapista del gioco, O. Fred Donaldson
11
, un bambino a cui è
stato permesso di godere liberamente di quanto può offrirgli un buon
ambiente ludico, riceve molti vantaggi duraturi:
- per quanto riguarda la sfera sociale, si osserverà un aumento
dell’empatia e della condivisione, la creazione di modelli sociali che
contemplano l’inclusione e non l’esclusione, la creazione dello spirito
di gruppo, un buon sviluppo del linguaggio non verbale;
- a livello fisico nel bambino miglioreranno le funzionalità del sistema
immunitario, endocrino e cardiovascolare grazie alla gioia che il gioco
gli procura, una diminuzione dello stress e della fatica per arrivare
anche ad avere un aumento della gamma dei movimenti, una buona
coordinazione, agilità, equilibrio e flessibilità;
- da un punto di vista emotivo e comportamentale si assisterà ad una
riduzione della paura, dell’ansia, dell’irritabilità, il bambino sarà
felice, aumenterà la sua autostima e la padronanza di Sé stesso. Il
bambino elaborerà una buona da capacità di adattamento e di problem
solving.
11
O. Fred Donaldson (1943), pedagogista e ricercatore americano, conosciuto a livello
internazionale per le sue ricerche sul comportamento dei bambini.
10
Nel gioco, il bambino impegna tutto sé stesso, investe tutte le sue energie con
attenzione e serietà, quel tempo che impegnerà negli anni a seguire nello
studio e nel lavoro. Rispetto ad altre situazioni che vive nella sua quotidianità,
durante il momento del gioco, si riscontra una grande indipendenza nel fare
e nel creare, si mettono in moto sia fattori intellettuali che sensoriali, psichici
ed affettivi. Manifesta carattere, temperamento, conflitti e preferenze che
difficilmente si noterebbero in altri momenti della quotidianità.
Riferendoci al pensiero Froebeliano, il gioco va inteso come l’espressione
dell’interiorità del bambino, della sua realtà, una realtà che è completamente
diversa da quella dell’adulto, una realtà che viene plasmata e strutturata in
base alle sue esigenze interiori.
Vista la sua complessità, rappresenta uno degli elementi fondamentali nella
costruzione della personalità nell’età evolutiva e caratterizza tutte le fasi della
crescita sia individuale che sociale; infatti, attraverso il gioco i bambini hanno
la possibilità di sperimentare la relazione con l’altro. È proprio così che
possono conoscersi e mettersi alla prova, tentare di collaborare e cercare
soluzioni condivise, si viene a generare uno stato di fiducia verso l’atro che
sfocia in competenze relazionali, comunicative ed empatiche elementi:
fondamentali alla base dell’intelligenza emotiva.
Con la risoluzione 44/25 del 20 novembre 1989, l’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha riconosciuto il gioco come un diritto
inalienabile ed indiscutibile di ogni bambino. Ecco perché ai bambini
dovrebbe essere data l’opportunità di sperimentare il gioco in diverse fasi
dello sviluppo e in momenti e modi differenti e adeguati.