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physis, alla natura intera intesa come l’intero mondo fisico e
biologico
3
, e proprio in questa temperie culturale si colloca il
primo documento della Chiesa Cattolica in cui viene affrontata la
questione ambientale. Tale documento è un messaggio inviato da
Papa Paolo VI il primo giugno 1972 alla Conferenza
Internazionale sull’Ambiente organizzata dalle NU a Stoccolma
durante la quale si definì proprio il programma ambientale
dell’ONU
4
. La consapevolezza raggiunta dall’umanità in questo
periodo storico ha messo in luce come ogni abuso in un punto del
mondo ha ripercussioni in luoghi lontani e può alterare la qualità
di vita degli altri, sovente a loro insaputa, inducendo il Papa ad
affermare che a una siffatta interdipendenza deve ormai
corrispondere una corresponsabilità, e che alla comunione di
destino deve corrispondere la solidarietà. I cattolici sostengono
che l’uomo deve essere in grado di dominare e soprattutto
custodire tutte le creature; il mondo, dono di Dio all’uomo, è
un’eredità che ogni generazione deve alle generazioni future, alle
quali non può sottrarla dissipandola o gravando su di essa con
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L’elemento di innovazione della filosofia ambientale è proprio rappresentato dalla
volontà di utilizzare concetti e argomenti dell’ecologia per giungere ad una vera
rifondazione dell’etica, in maniera tale da attribuire una rilevanza morale a quelle
componenti che tradizionalmente erano escluse.
4
Cfr: È. Bonè, La conferenza di Stoccolma sull’ambiente, un primo bilancio, in “La
civiltà cattolica”, III, 1972, pp. 214-231; B. Sorge, La crisi ecologica. Un problema di
coscienza e di cultura, in “La civiltà cattolica”, IV, 1970, pp. 417-426; F. Russo, L’uomo e
la natura, in “La civiltà cattolica”, III, 1971, pp. 130-142; Bonè È, Le Nazioni Unite e
l’ambiente umano, I, 1972, pp. 110-127; È. Bonè, Una sola terra, in “La civiltà cattolica”,
II, 1972, pp. 521-526.
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pesanti ipoteche, come invece avviene perché: “La creazione
saccheggiata e consumata si rigenera solo in parte, le risorse non
sono inesauribili, lo sviluppo non procede in modo illimitato,
effetti collaterali del moderno modo di agire lasciano spesso
delle conseguenze sui secoli che verranno”
5
. Monsignor
Calasuonno afferma che uomini di governo, scienziati e uomini
di chiesa non possono evitare di prendersi le proprie
responsabilità nelle scelte da fare per il bene delle generazioni
future, si tratta di un dovere morale e non della semplice scelta
tra politiche diverse; chi non si prende la propria responsabilità
in favore di un ambiente centrato sull’uomo e sul suo sviluppo,
molto più che commettere un errore, commette una colpa.
Secondo il Papa, alcuni elementi della presente crisi ecologica ne
rivelano in modo piuttosto evidente il carattere morale,
attribuendo particolare importanza alla mancanza di rispetto per
la vita che si avverte in molti comportamenti inquinanti; sempre
più spesso le ragioni della produzione prevalgono sulla dignità
del lavoratore e gli interessi economici vengono prima del bene
delle singole persone, se non addirittura di intere popolazioni. In
questi casi l’inquinamento o la distruzione sono frutto di una
visione riduttiva e innaturale che talora configura un vero e
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Conferenza Episcopale Tedesca, Dichiarazione su Futuro della creazione e futuro
dell’umanità, in “Anime e corpi”, 145, 1989, pp. 569-588.
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proprio disprezzo dell’uomo. Delicati equilibri ecologici
vengono sconvolti per un’incontrollata distruzione delle specie
animali e vegetali o per un incauto sfruttamento delle risorse.
Uno sviluppo industriale anarchico e l’impiego di tecnologie che
rompono gli equilibri naturali hanno causato ingenti danni
all’ambiente, provocando gravi catastrofi; stiamo correndo il
rischio di lasciare in eredità alle generazioni future, in molte parti
del mondo, il dramma della sete e del deserto. Bisogna salvare la
biosfera per noi stessi, o per le generazioni che verranno? Sono
coloro che stanno in qualche forma di rapporto con me, che
vivono ora, ad avanzare una pretesa concreta sul mio
comportamento, in quanto questo li condiziona con le sue azioni
e omissioni. La felicità delle generazioni presenti e di quelle
immediatamente future non può e non deve essere ottenuta al
prezzo della sventura o della più drastica negazione
dell’esistenza delle generazioni future, allo stesso modo
l’esistenza e la felicità delle generazioni future non può essere
ottenuta al prezzo della sventura o della distruzione dell’attuale
generazione. “Io posso volere il bene attuale sacrificando quello
futuro; come posso volere la mia fine, posso anche volere la fine
dell’umanità. Senza cadere in contraddizione con me stesso,
posso preferire, per me come anche per l’umanità, il breve fuoco
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d’artificio di un’estrema autorealizzazione alla noia di una
continuazione infinita nella mediocrità
6
” il nuovo imperativo
afferma appunto che possiamo sì mettere a repentaglio la nostra
vita, ma non quella dell’umanità, perché non abbiamo il diritto di
scegliere o solo rischiare il non-essere delle generazioni future in
vista dell’essere di quelle attuali. Bene intesi, non siamo
direttamente responsabili verso gli uomini futuri, ma verso l’idea
dell’uomo, un’idea ontologica che nonostante non garantisca
l’esistenza del proprio oggetto già con l’essenza, sostiene altresì
che una tale presenza deve essere e deve essere tutelata,
facendone un dovere per noi che possiamo metterla in pericolo.
“Soltanto l’idea dell’uomo, dicendoci perché debbano esserci
uomini, ci dice in tal modo anche come essi debbano essere
7
”.
Ma cosa vuol dire: responsabilità? La responsabilità altro non è
che il complemento morale alla costituzione ontologica della
nostra temporalità e una funzione del potere e del sapere;
l’abituale rapporto tra dover essere e potere viene a capovolgersi,
primario non è più ciò che l’uomo deve essere e fare e quindi
potrà o non potrà, primario è ciò che fa già di fatto perché lo può
fare: il dovere consegue al fare. Non si segue più la logica del:
puoi, dunque devi ma del devi, dunque fai, dunque puoi.
6
H. Jonas, Il principio responsabilità, Torino, Einaudi, , 1990, p.16.
7
Ivi , p. 54.
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Dobbiamo riconoscere l’ignoranza legata al nostro sapere
predittivo. Dobbiamo fare attenzione a quelle aspettative
miracolose che ci inducono a credere che nuove fonti energetiche
verranno scoperte o che riserve ignote di fonti già note verranno
trovate, che le scoperte del progresso porteranno a condizioni di
vita sempre più positive. Bisogna percorrere il cammino di fede
guidato dalla scienza con molta cautela, perché la scienza non è
onnipotente come si era indotti a credere. Se la vita significa
principalmente adattamento, l’uomo riuscirà veramente ad
adattarsi a tutti quei cambiamenti che le innovazioni
tecnologiche porteranno? Il principio etico fondamentale è che
non si deve mai fare dell’esistenza o dell’essenza dell’uomo
globalmente inteso una posta in gioco nelle scommesse
dell’agire. Il sonno della ragione di Goya ad apertura del
seguente lavoro vuole essere emblema del fatto che il
perseguimento di fini meramente economici ha fatto sì che
venissero utilizzati tutti i mezzi offerti dalla tecnologia in nome
di un progresso che ha messo da parte il diritto a vivere in un
mondo sano e “vivibile” cui tutti hanno diritto. Nel seguente
lavoro verranno affrontati i temi legati all’industrializzazione e
alle sue ripercussioni sulla salute dell’uomo e sull’ ambientale. Si
parlerà di come la creazione di poli industriali abbia dato una
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grossa spinta all’economia del nostro paese ma di come negli
ultimi anni stiano cominciando a manifestarsi le conseguenze
negative sull’ecosistema, facendo riferimento ai casi più eclatanti
avvenuti in Italia. Si vedrà come l’uomo risulti essere una spugna
per tutte le sostanze tossiche prodotte dai cicli industriali, dagli
scarichi delle automobili, dai pesticidi. Si vedrà come le onde
elettromagnetiche possano interferire con la sua psiche. La
continua produzione di rifiuti solidi urbani alimenta il mercato
illegale del loro smaltimento a causa di una legislazione
inappropriata sia a livello nazionale che a livello comunitario, e
si vedrà come la soluzione del riciclaggio per alcune sostanza
come il PVC si sia dimostrata più pericolosa della sua stessa
produzione. Verrà trattata la differenza per lo stoccaggio delle
scorie radioattive in giacimenti temporanei o permanenti,
prendendo particolarmente in considerazione la posizione degli
Stati Uniti e dell’Italia. Il tema delle armi e della guerra correlati
all’uomo e all’ambiente verrà preso in considerazione nell’ultimo
capitolo, e mostrerà come Il sonno della ragione abbia consentito
che milioni di civili pagassero le conseguenze di conflitti
combattuti con armi nucleari o di distruzione di massa, ma
soprattutto che ne pagassero le conseguenze le generazioni
future. La Speranza I di Klimt che chiude il lavoro, vuole essere
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veramente la speranza che molte altre generazioni possano
seguire alla nostra e non permetteranno più alla ragione di cadere
in un sonno profondo.