0. Introduzione
Questo modo di farsi intendere con gesti e con cenni
è veramente per ogni rispetto nobilissimo,
e particolarmente per la sua antichità.
G. BONIFACIO_1547 – 1635
Ritengo si sia perso l'uso di un linguaggio corporeo naturale. Altrettanto difficile è pensare ad
un'identità personale
1
unica, così come non è unica la comunicazione.
Abbiamo perso in spontaneità. Viviamo in un contesto sociale e comunitario, e più l'individuo si
sente osservato e più sente l'imbarazzo e il peso di dover essere “giusto” in ciò che fa. Questo
comporta di compiere gesti articolati e falsati
2
.
Corpo, identità e comunicazione sono elementi costruiti e contestuali al momento e alla situazione:
dipendono dal luogo in cui ci si trova, dalla cultura, dai modelli che ci influenzano, dal periodo
storico in cui si vive, dagli interlocutori
3
e ognuno di noi allena e sviluppa il proprio vocabolario
gestuale personale, influenzato dalla cultura e dal contesto di appartenenza
4
.
Basti pensare a come affrontiamo l'atto di dover spiegare o raccontare qualcosa a qualcuno, a come
cambiamo nell'espressione corporea e vocale in funzione della persona a cui ci rivolgiamo o per la
situazione in cui ci troviamo.
Adottiamo, per ognuna delle variabili, un atteggiamento diverso, «centrale e immediato»
5
: spesso
questo avviene in maniera che non riusciamo a controllare.
Il mio lavoro si concentra sia sulla comunicazione che sul teatro.
L'arte del teatro viene considerata come luogo di attività, «necessario» perché pone «davanti agli
occhi nostri gli effetti funesti del vizio, ed i luminosi della virtù, è un vivissimo specchio, che il
proprio raggio nei cuori sensibili rifulgendo, ne modera le passioni e ne sospinge velocemente alla
gloria per l'ispirata emulazione»
6
.
Sprona a perseguire un'educazione artistica più articolata, in quanto risultano «innumerabili i
vantaggi, che anche fuor dalle scene arreca alla specie umana l'arte del ben recitare, mentre
ingentilisce i cuori, anima le fisionomie, modula le voci, compone la figura al passo, al gesto, ed
alle positure, che ne ispirano le varie passioni di gloria, d'amore, di sdegno, di pietà, di minaccia, di
terrore, di disperazione, e di speranza»
7
.
Mi prefiggo di dimostrare che il gesto prevale sulla parola perché più efficace, identificando il
1 «Credo che il nostro io si riveli in ogni atto che compiamo, sia esso politico, religioso o sessuale. Questo è a mio parere
una delle cose meravigliose della vita. È quello che ho sempre voluto fare. Mostrare il riso, il divertimento, il desiderio
[…] e tutto attraverso la danza.». M. GRAHAM, Blood Memory, Doubleday, New York City, 1991. Traduzione di A.
FEDEGARI, Memoria di sangue, Garzanti, Milano, 1992, p. 19.
2 Cfr. capitolo 1.
3 Cfr. F. GUALANDRI, Affetti, passioni, vizi e virtù. La retorica del gesto nel teatro del '600, Peri Editore, Milano, 2001, p.
41.
4 «Il sangue scorre millenario. Incorporiamo gesti e pensieri istintivi, non preparati o attesi.». L. BENTIVOGLIO, La danza
contemporanea, Longanesi, Milano, 1985, p. 65.
5 M. GRAHAM, Blood Memory, Doubleday, New York City, 1991. Traduzione di A. FEDEGARI, Memoria di sangue,
Garzanti, Milano, 1992, cfr. prefazione di LEONETTA BENTIVOGLIO, p. 5.
6 A. MORROCCHESE, Lezioni di declamazione e d'arte teatrale. Firenze 1832. p. 13.
7 A. MORROCCHESE, Lezioni di declamazione e d'arte teatrale. Firenze 1832. p. 14.
1
linguaggio corporeo come primo livello della comunicazione
8
.
Lo studio, lo sviluppo e l'applicazione di gesto e movimento, mi sono stati necessari per dimostrare
tale tesi, perché «ciò che la lingua esprimer ben non puote muta eloquenza ne' suoi gesti
espresse».
9
Resta applicabile nel teatro quanto nel quotidiano
10
, siamo attori nelle nostre vite e il teatro si trova
nella vita.
11
Il teatro è vita pulsante
12
perché è arte narrativa sequenziale: è l'avanzare delle azioni che compone
il racconto, permettendomi di creare comunicazione.
Influenze culturali, locali e e temporali fanno sì che «ogni opera abbia il suo stile – e non potrebbe
essere altrimenti – così come ogni epoca. Nel momento in cui tentiamo di definire lo stile siamo
perduti».
13
Mi impegno nel dimostrare inoltre che per uno sviluppo coerente della ricerca del gesto sulla
scena, questo deve essere studiato, allenato e disciplinato con impegno e cura pari, se non
maggiore, a quelli riservati alla parola
14
.
«Esiste un altro linguaggio che esiga dall'attore il medesimo impegno richiesto dal linguaggio delle
parole? Esiste un linguaggio di azioni, di suoni, di parole-come-parte-del-movimento»
15
, come
«affermazione, espressione, comunicazione, e anche manifestazione personale»
16
.
Per comunicazione intendo l'azione che svolge un soggetto con l'intenzione di esprimere un
messaggio. L'azione è ricevuta da un altro soggetto che ne riconosce la volontà a comunicare
17
: è il
solo produrre dei segnali ad essere espressione comunicativa, precedente addirittura alla
comprensione.
Il medium visivo ne permette la lettura
18
: attraverso l'osservazione posso comprendere l'intera
8 «Il corpo dice quanto le parole non sanno dire.». «Tutti noi raccontiamo la nostra storia senza parlare. Il movimento non
mente mai.». M. GRAHAM, Blood Memory, Doubleday, New York City, 1991. Traduzione di A. FEDEGARI, Memoria di
sangue, Garzanti, Milano, 1992, p. 11, p. 23 e p. 120.
9 G. BONIFACIO, L'arte de' Cenni, Vicenza, 1616, p. 4, citazione da Torquato Tasso.
10 Chi si occupa di teatro, in ogni sua declinazione, deve avere un forte spirito di osservazione: Peter Brook sostiene che
«[...] Se il lavoro del drammaturgo alle prime armi spesso ci appare di poco spessore, molto probabilmente è perché ha
ancora una comprensione limitata dell'essere umano; [...]». P. BROOK, Lo spazio vuoto, Bulzoni editore, Roma, 1998. p.
44.
11 «Il teatro condensa la vita e lo fa in molti modi. […] Il palcoscenico riflette la vita [...]». P. BROOK, Lo spazio vuoto,
Bulzoni editore, Roma, 1998. p. 107.
12 θεάομαι, dal greco antico theaomai. Il verbo con significato di guardare, essere spettatore. La parole teatro ha indicato
anzitutto la massa degli spettatori. Cfr. Treccani.it.
«Il nome “teatro” era un verbo, indicava un atto prima di essere un luogo. Significa che bisogna compiere il gesto, lo
sforzo reale di entrare in comunicazione con un altro essere umano.». M. GRAHAM, Blood Memory, Doubleday, New
York City, 1991. Traduzione di A. FEDEGARI, Memoria di sangue, Garzanti, Milano, 1992, p. 11.
13 P. BROOK, Lo spazio vuoto, Bulzoni editore, Roma, 1998. p. 27.
14 «[...] la parola è una piccola parte visibile di una gigantesca costruzione invisibile». P. BROOK, Lo spazio vuoto, Bulzoni
editore, Roma, 1998. p. 25.
15 P. BROOK, Lo spazio vuoto, Bulzoni editore, Roma, 1998. p. 59.
16 P. BROOK, Lo spazio vuoto, Bulzoni editore, Roma, 1998. p. 62.
17 Cfr. D. SPERBER, D. WILSON, Relevance: Communication and Cognition, Harvard University, 1986, Cambridge.
Traduzione italiana di G. ORIGGI, La pertinenza, Anabasi, 1993, Milano.
18 «I suoni verbali vengono in parte compresi in riferimento a come vengono articolati e non come vengono percepiti
acusticamente.». M. CORBALLIS, From hand to mouth: the origin of language, Priceton University Press, Priceton, 2002.
Traduzione italiana a cura di S. ROMANO, Dalla mano alla bocca. Le origini del linguaggio, Cortina, Milano, 2008, p.
23.
Cfr. I. ADORNETTI, Origine del linguaggio in APhEx - Portale italiano di filosofia analitica, 2012, p. 5.
2
situazione.
L'origine del linguaggio umano fu gestuale, eseguito e «[...] basato sui movimenti delle mani, delle
braccia e del volto, compresi i movimenti delle labbra, della bocca e della lingua.»
19
.
La produzione dei segnali è la vera fonte comunicativa, la capacità di elaborarli rimane il
prerequisito primario. Alla base di tale produzione sta il controllo motorio
20
.
Analizzando i sistemi di comunicazione delle scimmie, utili a trovare l'origine di evoluzione e
intenzione alla comunicazione, apprendiamo che «[...] la comunicazione intenzionale è sorta
sfruttando i sistemi di comprensione dell'azione presenti nei nostri progenitori primati».
21
Gran parte del repertorio gestuale delle scimmie antropomorfe, viene appreso in maniera
individuale e usato intenzionalmente, in modo volontario, e con una propensione allo sviluppo di
nuovi segnali
22
.
Dagli studi sul comportamento delle scimmie in determinate situazioni, è stata evidenziata la
scoperta dei neuroni specchio, presenti anche nell'uomo: tali terminazioni si attivano quando il
soggetto esegue un movimento intenzionale e anche quando viene osservato un altro individuo che
compie un movimento analogo o che viene riconosciuto, in quanto fa parte del patrimonio gestuale
di chi osserva.
Questi ricettori neuronali sono quindi in grado di attuare il «riconoscimento e la comprensione del
significato degli eventi motori, ossia degli atti, degli altri»
23
.
La comprensione di un messaggio reso col corpo viene di fatto recepito in maniera diretta ed
istantanea rispetto allo stesso messaggio espresso con le parole
24
.
La comunicazione gestuale lavora sui livelli della percezione e tocca sistemi di ricezione e
comprensione direttamente istintivi.
«Ogni gesto pone se stesso in relazione con l'oggettivo e il soggettivo»
25
: l'oggettivo resta su un
livello intellettuale e lavora grazie all'osservazione di azioni dinamiche e rilevabili; il soggettivo
agisce sulle emozioni provocate per risposta ad un atto compiuto da una persona e della storia che
mi sta raccontando.
In questo contesto si pone il mio lavoro, il gesto più semplice, più quotidiano, più naturale
mostrato sulla scena deve essere il risultato di uno studio estremamente profondo del testo e dei
http://www.aphex.it/public/file/Content20120421_APhEx52012TemiAdornettipngflatten.pdf
19 M. CORBALLIS, From hand to mouth: the origin of language, Priceton University Press, Priceton, 2002. Traduzione
italiana a cura di S. ROMANO, Dalla mano alla bocca. Le origini del linguaggio, Cortina, Milano, 2008, p. 22.
Cfr. G. H. HEWES , Primate Comunication and gestural origin of lenguage, in Current Antropology, vol. 14, n. 1-2,
Febbraio/Aprile 1973, p. 5-24.
20 Cfr. in particolare il lavoro di Philip Lieberman, in I. ADORNETTI, Origine del linguaggio in APhEx - Portale italiano di
filosofia analitica, 2012, p. 5.
http://www.aphex.it/public/file/Content20120421_APhEx52012TemiAdornettipngflatten.pdf
21 M. CORBALLIS, From hand to mouth: the origin of language, Priceton University Press, Priceton, 2002. Traduzione
italiana a cura di S. ROMANO, Dalla mano alla bocca. Le origini del linguaggio, Cortina, Milano, 2008, p. 31.
22 M. TOMASELLO, The Cultural Origin of Human Cognition, Harvard University Press, Cambridge, 1999. Traduzione
italiana a cura di L. ANOLLI, Le origini culturali della cognizione umana, Il Mulino, Bologna, 2005.
23 G. RIZZOLATI, C. SINIGAGLIA, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Cortina, Milano, 2006, p.96.
24 Cfr. A. MEHRABIAN, Silent Messages, Wadsworth, Belmont, CA, 1971. Dallo studio dello psicologo statunitense di
origine armena sostiene che l'uomo che ascolta, recepisce il significato dei messaggi di chi comunica, attraverso
l'elaborazione degli impulsi mandati dai tre fattori citati: il 7% è spiegato dal verbale (dalle parole), il 38% chiarito dal
vocale (dal tono, timbro, volume e ritmo di voce) e il 55% viene chiarito dal non verbale (gesto, postura, mimica
facciale).
25 E. RANDI (a cura di), François Delsarte: le leggi del teatro. Il pensiero scenico del precursore della danza moderna,
Bulzoni, Roma, 1993, p. 79.
3
significati della drammaturgia
26
.
La genuinità
27
nel gesto è invece basilare ai fini di mostrare realtà comunicativa.
Se il movimento in scena è costruito in maniera consapevole, il significato dell'azione risulta
dimostrato e risolto, diviene canale di una simbologia che cattura lo spettatore e chiarifica le
immagini a cui si trova davanti. In questo modo il pubblico non resta passivo ma anzi, è
inconsapevolmente coinvolto.
Se al contrario viene riconosciuta artificialità nel linguaggio del corpo, questo diviene sinonimo di
un lavoro di traduzione gestuale superficiale.
L'allenamento e il lavoro puntuale e minuzioso ci permette di raggiungere quella sicurezza
necessaria per gestire ed ottenere naturalezza e istintività: «tutto si impara con la pratica e
l'esperienza. Per compiere una serie precisa di azioni fisiche e mentali per uno scopo, che è quello
di realizzare delle identità e sentirsi soddisfatti»
28
.
Può sembrare illogico, se pensiamo che ogni sera lo spettacolo cambia: gli stimoli che l'artista sul
palco riceve dai partners, dal pubblico, dagli imprevisti, costituiscono un importante fattore di
influenza, che porta l'attore a dover tenere un stato di attenzione costante e ad applicare un lavoro
di ascolto, perché «per lavorare, provare emozioni, esistere, vanno colte le novità assolute di ogni
istante»
29
.
Il paradosso sta nel fatto che «dopo settimane, ore, giorni, la pratica rende perfetti. È una fatica
improba, una sgobbata, una disciplina; è un'attività monotona che dà buoni risultati. A forza di
ripetere si ottiene un cambiamento: se lo scopo è chiaro e la volontà definita, la ripetizione è
creativa», perché si plasma e si modella sul corpo dell'artista. «Esercitarsi è un atto di fede, di
desiderio, di realizzazione di una visione. Solo così [ndr. l'azione] sarà simbolo della vita».
30
Pratica, non ripetizione, perché «è un termine senza alcun fascino, un concetto freddo e lo si
associa immediatamente con qualcosa di mortale
31
che procede in modo automatico. Tutto quello
che nella tradizione teatrale non ha senso è dovuto alla ripetizione. La ripetizione nega la vita.
Questo termine ci permette di cogliere la contraddizione essenziale della forma teatrale. Per
sviluppare una qualsiasi cosa bisogna prepararla e spesso la preparazione implica un tornare e
ritornare sullo stesso terreno più e più volte».
32
26 «Io credo che il mio stile sia diverso per questo, perché io cerco di eliminare il superfluo. Tutti i gesti che per me non
hanno significato. Se sul palco non provo nulla, lascio perdere». Trascrizione di una citazione all'interno di un'intervista a
Sylvie Guillem, étoile del balletto classico e contemporaneo, nel documentario Sylvie Guillem. At Work & Portrait, 2012.
27 «Il soggetto d'un ballo non deve esser troppo complicato. […] Quest'arte fu fatta per dissipare, non già per applicare.
Quando una pantomima è piena di episodi e accidenti estranei, ella diviene un enigma.». A. GOUDAR, Osservazioni
sopra la musica ed il ballo, in J. SASPORTES, La danza a Venezia dal Settecento a Carolyn Carson, numero monografico
de «La danza italiana», n. 5/6, autunno 1987, p. 54.
28 M. GRAHAM, Blood Memory, Doubleday, New York City, 1991. Traduzione di A. FEDEGARI, Memoria di sangue,
Garzanti, Milano, 1992, cfr. prefazione di LEONETTA BENTIVOGLIO, pp. 8-9. La Bentivoglio riferisce il discorso tanto
alla danza quanto alla vita.
29 M. GRAHAM, Blood Memory, Doubleday, New York City, 1991. Traduzione di A. FEDEGARI, Memoria di sangue,
Garzanti, Milano, 1992, p. 21.
30 M. GRAHAM, Blood Memory, Doubleday, New York City, 1991. Traduzione di A. FEDEGARI, Memoria di sangue,
Garzanti, Milano, 1992, p. 85.
31 «In un teatro vivo ogni giorno affronteremmo le prove verificando le scoperte del giorno precedente, pronti a credere che
la verità del dramma ci sia sfuggita ancora una volta. Il Teatro Mortale, invece, si accosta ai classici partendo dal
presupposto che qualcuno, non si sa bene dove, abbia stabilito come deve essere rappresentato il dramma.». P. BROOK,
Lo spazio vuoto, Bulzoni editore, Roma, 1998. p. 27.
32 P. BROOK, Lo spazio vuoto, Bulzoni editore, Roma, 1998. pp. 145-146.
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