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Introduzione
Il mio lavoro di tesi si incentra su una figura che ai più, resta sconosciuta: Arturo Malignani.
Scienziato, inventore ed imprenditore udinese, ha saputo dare un’impronta determinante allo
sviluppo della scienza, della tecnica e dell’economia a cavallo tra l’ottocento e il novecento.
Niente di soprannaturale o miracoloso nelle sue imprese, ma grandi capacità intuitive, studio e
sperimentazioni, forte aggregazione di conoscenze, scoperte storicamente rilevanti, spiccate
doti imprenditoriali e tanta fatica. Malignani rappresenta al meglio l’anima friulana, schiva,
tenace e delicata nello stesso tempo e si può considerare il padre putativo di quella schiera di
agguerriti imprenditori che sovverte la fisionomia economica del Friuli, cambiandolo da
agricolo ad industriale.
Ho scoperto Arturo Malignani, nell’Istituto Superiore Tecnico che porta il suo nome ad
Udine durante una mia esperienza lavorativa; i corridoi di questa enorme ed ottima scuola,
erano tappezzati da una trentina di grandi pannelli realizzati in occasione dei festeggiamenti dei
150 anni della sua nascita. Passandoci accanto ogni giorno, il nome inizialmente non mi diceva
niente, ma le foto e le notizie che captavo di sfuggita, mi hanno pian piano incuriosita e
provocato. Chi era questo sconosciuto? Ho voluto approfondire la grandezza della figura,
studiare il contesto in cui ha operato, comprenderne il posto nella storia economica e ho deciso
di farne l’oggetto della mia tesi. Lo studio intreccia due percorsi.
Letteralmente, è la storia di un piccolo angolo d’Italia, Udine e il territorio friulano, nei suoi
passaggi storici ed economici di terra di confine, dal primo ottocento al primo quarantennio del
novecento, assieme alla scoperta della vita straordinaria di Arturo Malignani, figlio di questa
terra e di questa stessa storia. Qui la mia ricerca ha lo scopo di correlare lo studio di
un’inarrestabile ed inesauribile forza creativa, che si trasforma in precise scelte economiche,
allo sviluppo della scienza e dell’economia della provincia udinese, prima, poi di quella
nazionale e mondiale.
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Tra i geni, nella storia dell’uomo, gli inventori sono stati spesso dimenticati. Malignani in
vita ebbe grande fama e stima, indimenticabile e appassionato il discorso commemorativo del
1940 del Di Brazzà Savorgnan. Ma poi il buio, tranne qualche sporadico episodio culturale,
anche degno di nota, e l’impegno della famiglia a tramandarne il ricordo. Il mio lavoro, qui, si
concretizza nel percorso parallelo di sottofondo: mira a disegnare una memoria che possa essere
comunicata con uno sguardo critico nuovo, aiutare a riflettere su un concetto spinoso come
l’identità e la memoria storica, che oggi siamo sempre di più chiamati a condividere, si
moltiplicano, infatti, le giornate delle ‘Memorie’.
Al momento di cominciare il lavoro, ho delle domande ma non delle ipotesi da verificare,
non mi propongo di raggiungere un risultato oggettivo misurabile, ma salvaguardando il senso
della complessità storica, combinerò elementi diversi: scienza, tecnica, economia, uomini e
territorio; evidenzierò sfaccettature e punti di vista. Avidamente strizzerò l’occhio a tutte le
fonti, curiosa di vedere cosa ne verrà fuori.
La struttura del lavoro è divisa in tre capitoli. Nel primo affronterò la mappatura storico
politica e culturale del contesto in cui opera Arturo Malignani, articolando lo sviluppo su due
periodi: dall’annessione del Friuli all’Italia alla prima guerra mondiale e da questa al 1939. Nel
secondo, l’analisi si concentra sulla figura di Malignani come genio innovatore, pioniere in
campo economico: scoperte in campo elettrico e illuminazione, dighe e centrali idroelettriche,
cemento e successi imprenditoriali. Nel terzo evidenzierò l’eclettismo di Malignani attraverso
le sue passioni e il suo carattere, per farlo, presenterò la testimonianza del pronipote Federico
Malignani in un’interessante intervista e farò parlare le foto. La storia della scienza e
dell’economia in questa parte d’Italia riserva sorprese e ha comunque risvolti inediti ed
interessanti che meritano ulteriori letture e approfondimenti, basti pensare ad un fatto
straordinario, proprio nella città di Udine, esiste in percentuale alla popolazione, il più grande
numero di brevetti in Italia.
Nelle pagini seguenti non c’è una risposta esaustiva, ma più modestamente, il tentativo di
una via del tutto empirica nuova per proporre una memoria, senza però dimenticare che essa è
unica e irripetibile per ogni individuo e comunità.
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Capitolo 1
Arturo Malignani, figlio e padre del suo tempo
1.1 Un Friulano geniale tra visione e realtà
Arturo Malignani nasce ad Udine il 4 marzo 1865, dal secondo matrimonio del padre
Giuseppe e Caterina Ruggeri. La madre morirà poco dopo per complicanze del parto e sarà
cresciuto dalla sorellastra Adele, nata nel 1850 dal primo matrimonio del padre.
Udine fu il fulcro della sua vita e dei suoi interessi, ma nel 1865 non era che un grosso paese
(circa 26.000 ab.) di un territorio decentrato e di confine; per comprendere il suo straordinario
operato è necessaria una mappatura storica, politica e culturale sia per le peculiarità del
territorio sia per l’anno in cui nasce, è l’ultimo della dominazione austriaca.
Il cinquantennio precedente l’annessione al Regno d’Italia fu un periodo politicamente ricco
di fermento risorgimentale ma economicamente fu un periodo di stasi, durante il quale il
governo di Vienna non fu eccessivamente oppressivo. «Nonostante questa neutralità economica
del governo» non ci fu sviluppo, mancarono provvedimenti per stimolare l’iniziativa
imprenditoriale e la costruzione di grandi opere pubbliche di natura infrastrutturale
1
.
Quasi inesistenti le fonti storico-statistiche, dobbiamo molto al «Rapporto sullo stato
dell’industria e del commercio, pubblicato nel 1953 ( riferiva sugli anni 1851/52) dall’eminente
storico e pubblicista Pacifico Valussi, allora segretario della Camera di commercio della
provincia di Udine»
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perché gettò le basi per sviluppare il secondo Rapporto, scritto da Monti
e Braida per il periodo 1853/57.
Entrambi i Rapporti tracciano uno spaccato dello stato dell’economia e della società
profondamente arretrato e non in linea con le altre regioni italiane.
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Si veda N. Parmeggiani, Gli stadi dello sviluppo industriale nella provincia di Udine. Ricognizione storica
dal primo Ottocento ad oggi, Del Bianco Ed., 1966
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P. Pecorari, Il Friuli economico: 150 Anni di storia, Forum, 2011
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Politicamente, Udine era a capo di tutta la provincia, essendone il centro amministrativo, ma
la sua vastità, le caratteristiche territoriali, la presenza nel capoluogo di una classe borghese
liberale che imita quella veneta (delle grandi città), evidenzia il divario «con le centinaia di
piccoli paesi che si estendono dalle montagne alla laguna», dove invece, coesistono contadini
attaccati alle antiche tradizioni dediti prevalentemente all’autoconsumo e ricche famiglie
nobiliari, immobili nei loro retaggi feudali, accentratori di ricchezza privata che investono
sull’acquisizione di altri fondi.
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Non esisteva un vero e proprio tessuto industriale, tranne per il settore storico della seta, e
più tardi per cotone e altre fibre tessili. I diffusi opifici avevano tutti carattere di tipo artigianale
anche se non mancavano di grande valenza locale (molini da grano, conciapelli, birrifici,
cartiere, piccole fabbriche di coltelli e strumenti chirurgici, di carrozze e mobili di legno).
L’agricoltura, seppur vede un minimo sviluppo quantitativo, rimane cristallizzata nella
monocultura, priva di nuove tecnologie e metodi di concimazione. Il commercio, non essendoci
prodotti industriali da vendere (la seta grezza o ritorta veniva quasi tutta esportata), si traduceva
nello scambio locale dei prodotti della terra (grano, carni, vino) nei diffusi Mercati.
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Si lamenta la mancanza di tutti i presupposti essenziali per lo sviluppo economico di un
territorio. Le comunicazioni stradali e ferroviarie sono insufficienti, soprattutto lungo i grandi
assi di collegamento; alla penuria di disponibilità monetarie private e locali non viene
contrapposto l’investimento di capitali pubblici o la creazione di un sistema creditizio
soddisfacente; «vaste aeree della pianura friulana versavano in totale abbandono, incolte, con
acque di superficie non regimentate e con scarso approvvigionamento idrico per la popolazione
e gli animali»; nascono le prime correnti migratorie a carattere soprattutto temporaneo, in
questa fase, che tolgono linfa alla manodopera necessaria allo sviluppo.
Nel contesto socio-economico non mancarono però personaggi di statura che seppero levare
la loro voce nella mediocrità politica e amministrativa, che individuava anche altri aspetti di
arretratezza spesso trascurati. Il già citato Valussi collega l’assenza di Istituti tecnici,
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Si veda A. Giusa, A. Rampini, Giuseppe e Arturo Malignani Fotografi, IRPAC, 2012 Catalogo della mostra
(Villa Manin di Passariano-Codroipo, Udine 24/11/12-6/1/13)
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Su questi aspetti si veda N. Parmeggiani, Gli stadi dello sviluppo industriale nella provincia di Udine.
Ricognizione storica dal primo Ottocento ad oggi, Del Bianco Ed., 1966
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professionali ed agrari alla mancata nascita di un vero e proprio settore terziario e di una classe
di professionisti preparati. Andando in questa direzione «si auspicava un investimento decisivo
in termini di capitale umano per assicurare lo sviluppo economico e sociale della provincia e
valorizzare l’impegno e la laboriosità dei friulani».
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È questa la realtà socio, economica e politica che Arturo Malignani eredita alla sua nascita.
Davanti avrà un’epoca storica diversa , la sua vita si svolgerà in un fortunato contesto dove
c’è una maggiore apertura mentale, culturale e una grande preparazione professionale di alcuni
amministratori pubblici, quindi ciò che farà sarà possibile farlo e ottenerne apprezzamento,
perché i tempi sono maturi per accoglierlo. C’è la voglia di cambiare le cose, di costruire il
futuro e Malignani con l’intraprendenza del suo genio multiforme fu un anticipatore dei tempi;
nella mancanza di un Asset industriale il Malignani assume un valore assoluto tramutando le
sue scoperte e i suoi studi in scelte economiche ben precise.
Il laboratorio di fotografia del padre è la sua prima ispirazione, sin da bambino si cimenta in
esperimenti chimici, ottici, nell’uso di schermi colorati e nella fotografia. Lo attraggono i
misteri delle lenti per obiettivi e cannocchiali. Ma non vuole farne il suo mestiere. Vuole
diventare un Tecnico. Era dotato anche di grande sensibilità e notevoli capacità d’introspezione,
« talvolta la sua attenzione si trasferiva dai libri ai fiori delle aiuole, ai ciuffi di erba tra i sassi
delle mura del Castello, alle nuvole che si rincorrevano nel cielo. I suoi sensi sembravano
sempre impegnati a cogliere gli orizzonti che si dischiudevano davanti a lui».
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Davanti a lui, presto vide i limiti degli studi intrapresi di botanica e zoologia; non avrebbero
soddisfatto la sua sete di sapere, che era soprattutto una sete tecnica: era la fisica e la matematica
che lo interessavano. Cambiò dopo pochi mesi facoltà, scelse Ingegneria, ma abbandonò, non
voleva più perdere tempo, l’ozio è sempre stato il suo grande nemico, voleva subito tuffarsi da
autodidatta nello studio dell’elettricità e nei suoi esperimenti sulla lampadina ad
incandescenza. Davanti a lui, vide chiaramente quale era la sua strada, con tenacia di carattere
il morbo della genialità fremeva prorompente nella forza costruttiva della sua visione creativa
ed inventiva: costruisce un laboratorio elettrico nel giardino di casa, esegue instancabile
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Si veda P. Pecorari, Il Friuli economico: 150 Anni di storia, Forum, 2011
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E. Commessatti, Con il futuro negli occhi, Forum, 2015