La questione del gas naturale è il terreno sul quale l’Unione europea sta
giocando una delle partite principali per la sua prosperità futura: la presente tesi ha per
oggetto l’analisi del problema dal punto di vista economico, giuridico e geopolitico.
Il primo capitolo, dopo aver percorso le tappe storiche che hanno disegnato il
mercato europeo del gas, ne studia le caratteristiche salienti dal punto di vista
economico-commerciale; inoltre esso offre una descrizione dell’ossatura infrastrutturale
che permette l’arrivo, ogni anno, di 300 miliardi di metri cubi di metano in Europa.
Nel secondo capitolo si affronta la tematica dal punto di vista giuridico: vengono
quindi esposti i principi stabiliti dalle istituzioni comunitarie per l’organizzazione e
l’armonizzazione del mercato dal punto di vista legale; si illustrano le posizioni dei
grandi paesi membri, spesso in disaccordo con Bruxelles; si analizzano infine le ipotesi
per il futuro, con particolare attenzione al dibattito in corso riguardo al terzo “pacchetto
energia” ed alla questione della disaggregazione delle reti.
Il terzo capitolo analizza la questione dal punto di vista geopolitico: vengono
illustrate analiticamente tutte le pipelines e le altre grandi opere infrastrutturali (ad
esempio nella filiera del gas naturale liquido) in corso di realizzazione o di
progettazione, mettendone in luce le enormi ricadute dal punto di vista dei rapporti
internazionali.
Il quarto capitolo rappresenta infine un momento di valutazione degli scenari
europei futuri alla luce della crescente competizione nel mercato internazionale del
metano: una gara senza esclusione di colpi i cui protagonisti sono sempre di più le
compagnie energetiche di Stato dei paesi produttori, giganti commerciali in continua
espansione che controllano fette enormi dell’approvvigionamento europeo di gas.
Economia, giurisprudenza e geopolitica: sono questi dunque i tre piani analitici
principali sui cui si muove la presente ricerca, cercando di evidenziare le strette
interconnessioni che li legano costantemente.
Per l’elaborazione si è fatto ricorso in modo particolare alla ricca
documentazione offerta sul tema dalle istituzioni comunitarie, oltre che a pubblicazioni
di natura economica e ad una bibliografia specializzata in rapida espansione.
Un sentito ringraziamento viene rivolto all’ENEA (Ente per le Nuove
Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) nella persona della dot.ssa Laura Gaetana
Giuffrida, per il prezioso ausilio ricevuto in particolare nell’individuazione del campo di
ricerca e delle relative fonti.
Capitolo 1
Genesi ed evoluzione del mercato europeo del gas
SOMMARIO: 1.1 Cenni storici: dalle origini all’intervento della UE -a) Dal gas
cittadino al gas naturale, pag. 7. -b) Espansione dei mercati: origine del commercio
internazionale, pag. 10. -c) Dai monopoli locali ai monopoli nazionali: le
nazionalizzazioni, pag. 13. -d) Dietrofront! L’era delle privatizzazioni: gli anni ’80
e ’90, pag. 19. 1.2 Quadro infrastrutturale: il groviglio di tubi -a) Rete esterna,
pag. 26. -b) Gas naturale liquido, pag. 33. -c) Rete interna: hub ed
interconnessione, pag. 37. -d) Stoccaggio, pag. 40. 1.3 Caratteristiche del
mercato europeo -a) Tipologie di contratto, pag. 41. -b) Prezzi, pag. 45.
“Trovi il gas una volta e sei perdonato; lo trovi due volte e sei licenziato”.
Vecchio adagio dell’industria petrolifera.
1.1 Cenni storici: dalle origini all’intervento della UE.
a) Dal gas cittadino al gas naturale
Il ricorso al gas quale fonte energetica risale agli inizi del secolo XIX: è in
questo periodo che le grandi capitali europee, prime fra tutte Londra, si dotano di un
sistema urbano di illuminazione pubblica alimentato a gas. Entro il 1840, oltre alla
capitale inglese, anche Parigi, Vienna, Francoforte sul Meno, Venezia, Napoli e Milano
dispongono di impianti di “gas illuminante”
1
. Le lampade di nuova concezione, molto
più efficienti, sostituirono sui marciapiedi i vecchi lampioni ad olio, rivelando a tutti in
modo visibile le potenzialità della nuova fonte di energia che si rendeva disponibile. Il
successo del cosiddetto “gas-luce” innescò un processo di ricerca e sperimentazione che
in breve dette luogo a molteplici varianti: i viali delle città europee furono rapidamente
punteggiati di vari modelli di lampioni a gas (lampade con alimentazione a cilindri, con
bruciatori a fori o ad incandescenza gassosa)
2
mentre reti capillari di tubazioni furono
sistemati al di sotto della pavimentazione stradale.
1
Renzo Capra, Il gas combustibile nei servizi pubblici, Franco Angeli, Milano, 1999. Pag. 3 e ss.
2
Sigfrido Leschiutta, L’illuminazione con gas” illuminante”, Torinoscienza, Torino, 2005.
Il combustibile di nuova generazione, ben presto utilizzato anche a fini
residenziali, era in realtà un gas artificiale, un prodotto derivato essenzialmente dalla
lavorazione di carbon fossile: la domanda crescente, sostenuta dai consumi delle
amministrazioni pubbliche delle grandi città, determinò la nascita di numerosi opifici
distributori di gas, dislocati in prossimità degli stessi centri abitati. I forni di
distillazione delle cokerie, inizialmente progettati per lavorare esclusivamente carbon
fossile, furono in seguito predisposti per la trasformazione di altre materie prime, quali
olii pesanti e scisti bituminosi, che abbondavano in alcune regioni minerarie europee.
Il gas artificiale, denominato anche “gas fabbricato” o “gas cittadino” (in inglese
town gas, in francese gaz de ville, in tedesco Stadtgas), è dunque una miscela gassosa
solo lontanamente affine al gas naturale, oggetto di studio del presente lavoro: di esso
rappresenta però un “antenato illustre” in quanto il suo utilizzo, circa due secoli fa, aprì
la strada alla moderna architettura energetica europea.
Il destino dell’illuminazione a combustibile fu segnato dalla diffusione massiccia
dell’elettricità e dalla contestuale introduzione nel panorama energetico dei derivati del
petrolio: la completa estromissione del gas manufatto dal mercato però va collocata in
un momento successivo, cioè all’epoca della scoperta e della messa in produzione dei
grandi giacimenti europei di gas naturale, a partire dagli anni ’40 del XX secolo. Le
due fonti energetiche ebbero dunque un lungo periodo di coesistenza, in cui
progressivamente il metano andò ad integrare, e poi a sostituire, il gas cittadino:
avveniva in maniera lenta ma inesorabile il cosiddetto processo di “conversione” delle
reti di distribuzione di gas.
Scompariva così un intero settore industriale di lunga tradizione, oramai
sorpassato, ma non per questo si perdeva il relativo bagaglio tecnico e strutturale: i
decenni di lavorazione del gas artificiale avevano infatti portato alla creazione di un
ragguardevole know-how, rivelatosi essenziale nella futura attività di sfruttamento del
metano.
Il gas cittadino, come suggerisce la stessa denominazione, era una risorsa
energetica a breve raggio, utilizzata cioè soltanto nella prossimità del luogo di
produzione: gli opifici erano ubicati nelle immediate periferie delle città che rifornivano
e lavoravano quasi esclusivamente per esse. Tuttavia all’inizio del XX secolo si venne
affermando una certa tendenza al consumo privato e ad essa si accompagnò la necessità
di movimentare quantitativi crescenti di gas manufatto sul territorio, alterando
l’originaria logica di stampo centralistico: furono così approntate le prime pipelines,
condotte ad alta pressione di lunghezza considerevole, atte alla trasmissione di gas
cittadino per uso domestico o pubblico. In questo modo l’industria del gas affrontava le
problematiche legate allo stoccaggio, alla trasmissione (trasporto in alta pressione) ed
alla distribuzione (trasporto in bassa pressione), elementi chiave della filiera gasifera:
tracce dei risultati ottenuti in questa epoca sono tuttora visibili in molte metropoli
europee, laddove il profilo urbano è segnato dalle sagome dei gasometri, imponenti
strutture destinate alla pressurizzazione del gas cittadino, oggi in disuso oppure deputati
al ruolo di monumenti di archeologia industriale. I paesi che si mossero fin da subito
sulla strada del gas artificiale goderono di un notevole first mover advantage quando
l’attenzione si spostò sul più profittevole settore del gas naturale
3
.
A ciò si aggiunga che dalla diffusione di impianti di distribuzione capillare di
gas cittadino scaturì il concetto di “rete tecnologica di servizio”, ossia un network ad
alto contenuto tecnologico intessuto nel territorio, destinato alla distribuzione di beni
primari prodotti in siti centralizzati e messi a disposizione di larghi strati di
popolazione: il successo ottenuto dalla rete del gas artificiale determinò la diffusione di
tale modello, adottato in seguito per la diffusione di altri servizi quali acqua, corrente
elettrica e telecomunicazioni.
Il gas artificiale rappresentò dunque una rivoluzione nell’organizzazione
energetica urbana: ciononostante esso si rivelò presto una tecnologia superata
4
. Laddove
usato a fini illuminanti, il gas-luce venne rapidamente rimpiazzato da lampade
elettriche, più pulite, pratiche da istallare, con bassi costi di manutenzione e più
luminose: al contempo, laddove impiegato a fini domestici, esso si rivelò sempre più
costoso, man mano che venivano meno la relative economia di scala. Nella prima metà
del XX secolo si assistette ad un costante calo nella produzione di gas da carbone,
trascinata stancamente solo dai contratti di fornitura a lungo termine (vent’anni o più)
che le amministrazioni comunali avevano sottoscritto con i produttori.
Contemporaneamente un numero crescente di imprese petrolifere, grazie ai nuovi
orizzonti aperti dal continuo progresso tecnologico, si dedicarono alla ricerca ed alla
commercializzazione delle enormi risorse energetiche gassose contenute in alcune aree
del sottosuolo europeo: nasceva l’era del gas naturale.
3
ENI, Enciclopedia del petrolio e del gas naturale. Stabilimento Tipografico Carlo Colombo, Roma,
1965. Volume Ec-Geo. Pag. 870 e ss.
4
Renzo Capra, op. cit. Pag. 63.
b) Espansione dei mercati: origine del commercio internazionale
Il gas cittadino continuò ad affluire nelle utenze di molte regioni europee per
buona parte del ventesimo secolo: laddove le officine di produzione avevano raggiunto
un certo sviluppo tecnologico, o in aree isolate difficilmente raggiungibili dagli impianti
di distribuzione di gas metano, o ancora in presenza di grossi bacini di materie prime
quali carbon-coke e scisti bituminosi, il gas artificiale continuò a rappresentare una
valida risorsa energetica. Inoltre, dopo la seconda guerra mondiale, il settore fu
rinnovato tecnologicamente dalla introduzione di processi produttivi del gas da derivati
dell’industria del petrolio e del gas naturale (ad es. gassificazione di idrocarburi liquidi,
reforming e cracking di prodotti gassosi ): tali innovazioni resero ancora a lungo
disponibili grandi quantità di prodotto a condizioni convenienti
5
. Il Regno Unito, ad
esempio, paese antesignano nella produzione di gas artificiale, fece leva principalmente
su tale risorsa fino al 1959, anno in cui fu finalmente approntato un sistema di
approvvigionamento alternativo via tank con gas naturale liquido (GNL).
Altre nazioni europee ebbero percorsi simili: i Paesi Bassi, attualmente
esportatori di metano, videro una forte produzione di gas artificiale fino agli anni ’50,
quando furono finalmente scoperti i suoi enormi giacimenti; in Francia i rinvenimenti di
depositi naturali precedettero di un decennio quelli olandesi, ma la produzione di gas
artificiale proseguì ancora a lungo; la Germania, approfittando delle immense riserve di
carbon fossile concentrate nel bacino del Reno e nella Rhur, produsse grandi
quantitativi di gas artificiale per tutta la prima metà del ‘900; l’Italia non costituisce
eccezione, avendo sviluppato la sua rete di distribuzione di gas naturale solo dopo la
seconda guerra mondiale.
Tuttavia, come già accennato, il metano soppiantò completamente il gas
artificiale in tutta Europa: l’enorme concentrazione di gas presente nei giacimenti
scoperti, le nuove possibilità offerte dalla tecnologia sia nel lato dell’upstream che del
downstream e la crescente domanda di energia originata dal boom economico post-
bellico, fecero del gas naturale una risorsa estremamente appetibile. Le compagnie
petrolifere europee e d’oltreoceano, già attive nel Vecchio continente, diressero i loro
sforzi verso la ricerca e lo sfruttamento dei bacini di metano, combustibile ora richiesto
in quantitativi ingenti anche dal settore industriale, soprattutto quello siderurgico, oltre
5
ENI, Enciclopedia del petrolio e del gas naturale, op. cit. Volume Ec-Geo. Pag. 876.
che per la produzione di energia elettrica e per consumo privato (usi domestici per
cucina e riscaldamento, ma anche autotrazione) .
Le scoperte furono molteplici: in Italia i giacimenti furono rinvenuti sopratutto
nella regione della Pianura Padana, a partire dal 1944; in Francia il primo deposito di
gas fu scoperto a Saint Marcet, presso Tolosa, nel 1948: in breve esso rifornì più di un
ottavo dei consumatori nazionali; anche in Olanda i primi modesti ritrovamenti
avvennero nel 1948, ma l’evento determinante risale al 1959, quando fu scoperto
l’imponente giacimento di Groningen; la Germania non ebbe lo stesso successo nella
esplorazione gasifera, ciononostante quantitativi di gas naturale furono rinvenuti fin
dagli anni ’40. Modeste, in questa prima fase, si rivelarono le scoperte nel Regno Unito:
la terraferma inglese si rivelò piuttosto avara di gas naturale. L’immenso patrimonio
gasifero inglese giaceva in realtà sotto il Mare del Nord, ma fino agli anni ’70, quando
fu finalmente estratto, il metano fu importato in gran quantità
6
.
Discorso a parte va rivolto ai paesi dell’Europa orientale
7
, sottoposti in questo
momento storico a forti pressioni egemoniche da parte dell’Unione Sovietica: il settore
del gas naturale, come molti altri aspetti dell’economia, venne sottratto al controllo
nazionale e alienato da ogni logica di mercato aperto. Le compagnie occidentali
operanti nell’est europeo furono dapprima scoraggiate e poi estromesse dalla
esplorazione geologica dei territori pertinenti ai paesi del blocco sovietico:
l’abbondanza di idrocarburi che contraddistingue il sottosuolo russo, inoltre, originò un
ingente flusso di esportazioni a prezzi vantaggiosi verso i paesi satelliti, causando quella
dipendenza strutturale che rappresenta tuttora una questione aperta.
Nel corso dei trent’anni successivi alla seconda guerra mondiale le economie
industriali, sebbene assetate di energia, ricorsero solo limitatamente all’uso di gas
naturale: ancora negli anni ‘50 esso incideva solo per il 10-12% sul totale consumo
energetico mondiale, e negli anni ‘60 questa percentuale era salita solo al 14%
8
. Gli
Stati Uniti e il Canada ne producevano insieme oltre due terzi, mentre l’URSS era al
secondo posto con il 18% della produzione complessiva.
9
Il modesto livello di
6
OECD/IEA, Development of competitive gas trading in continental Europe, IEA Information paper,
2008. Pag. 10.
7
Ci si riferisce a: Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia,
Ungheria.
8
Carlo M. Cipolla (a cura di), Storia economica d’Europa, UTET, Torino, 1980. Volume quinto, pag.
236.
9
Cristina Corazza, La guerra del gas, Il sole 24 ore S. p. A., Trento, 2008. Pag. 23. Quinta tra i maggiori
Stati produttori del mondo era l’Italia, che con i suoi sette Gm³ (miliardi di metri cubi) si poneva in
classifica dopo la Romania ed il Messico.
sfruttamento del metano era legato a vari motivi: in primo luogo il sistema economico
del dopoguerra fu basato sull’uso prevalente di petrolio, risorsa energetica all’epoca
disponibile in grande quantità e a prezzi contenuti; in secondo luogo si riscontrava una
forte carenza di infrastrutture atte al trasporto a distanza di quantità notevoli di metano;
infine, molti paesi preferirono investire massicciamente su nuove tecnologie basate su
combustibili nucleari, nuova frontiera energetica foriera di grandi cambiamenti. In quei
tempi, e fino alla fine degli anni ’60, il gas naturale non era ancora l’oro azzurro conteso
da molti pretendenti come oggi, ma una risorsa energetica di serie B. Per molte
compagnie petrolifere, trovare metano in aree lontane dai mercati era piuttosto un
problema, poiché erano costretti a incendiarlo sul posto, con un grande spreco e pesanti
ripercussioni sull’ambiente: lo testimoniano le gigantesche fiaccole che bruciavano il
“gas di scarto” presso le bocche dei pozzi negli impianti di estrazione petrolifera.
La domanda di gas, tuttavia, subì un aumento costante: il successo inarrestabile
di questo combustibile può essere attribuito a vari elementi. Il primo è una maggiore
efficienza energetica e duttilità rispetto all’olio combustibile, che ha spinto a una sua
diffusione nel riscaldamento domestico, nei cicli produttivi dell’industria e nella
produzione dell’elettricità: in questo settore in particolare il metano dà prova delle sue
migliori qualità. Rispetto agli impianti alimentati con altre fonti fossili, infatti, le
centrali a ciclo combinato (CCGT) hanno maggiore produttività, tempi di costruzione
più brevi, impiego di capitali inferiore, minori costi di ammortamento; inoltre queste
centrali si “accendono” e si “spengono” più rapidamente di altre tipologie di impianti,
consentendo migliori performance produttive
10
. Un secondo motivo di diffusione è la
possibilità di utilizzo senza troppe manipolazioni, a differenza del greggio che, per
giungere alle centrali termoelettriche, alla pompa di distribuzione o alle fabbriche, deve
essere suddiviso nelle sue varie componenti attraverso procedimenti chimico-fisici
molto complessi, con un forte consumo energetico e notevoli costi. Va segnalato, infine,
il minore impatto ambientale rispetto al petrolio, al carbone e al gas artificiale: questa
caratteristica, sebbene non sufficientemente valutata in passato, rappresenta oggi una
delle ragioni del successo del metano.
10
I Combined Cycle Gas Turbine power plant sono impianti di generazione elettrica il cui principio di
funzionamento è la presenza accoppiata di una turbina a gas e di una a vapore. La tecnologia CCGT è una
delle più avanzate oggi disponibili, garantisce elevati rendimenti. Ottima è anche la compatibilità
ambientale, con una riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 60% rispetto a una alimentata a
carbone.
Tuttavia la vera e propria svolta nella domanda di gas naturale fu segnata da un
evento contingente, una crisi politico-economica di portata mondiale senza precedenti
nell’epoca post-bellica: il cosiddetto “shock petrolifero”. In occasione del conflitto
arabo-israeliano e dei suoi inattesi sviluppi globali, le economie occidentali scoprirono
di poggiare su basi tutt’altro che solide: furono quindi costrette a ripensare se stesse
partendo dalle fondamenta, cioè proprio da quel sistema di approvvigionamento di
energia che la crisi petrolifera aveva fatto vacillare.
La prima reazione fu quella di intervenire sul mix energetico, cercando di
emanciparsi per quando possibile dai paesi esportatori di petrolio, i quali avevano
dimostrato di essere intenzionati ad utilizzare il greggio come strumento di pressione
politica: il commercio internazionale di gas trova perciò in questo evento una sua
convenzionale data di nascita, in quanto le economie industriali iniziarono a concepire il
metano come fonte energetica alternativa rispetto al petrolio
11
.
In realtà molte infrastrutture atte al trasporto transfrontaliero erano già operative
prima della “guerra dello Yom Kippur”: pipelines di varia lunghezza e capacità già
collegavano i Paesi Bassi alla Francia e alla Germania; un imponente gasdotto univa
l’Ucraina alla Cecoslovacchia, da cui poi si diramava un braccio verso l’Austria;
consegne regolari di gas liquefatto, come già ricordato, garantivano il fabbisogno
inglese, con carichi provenienti dal Golfo del Messico e dall’Algeria.
Ciò detto, appare indubitabile che la crisi petrolifera dette un nuovo impulso al
fenomeno del commercio internazionale di gas, sia nelle dimensioni che nel valore
strategico ad esso attribuito: è in questo momento che si abbozzano quelle dinamiche di
import/export di cui vi è ancora traccia nel quadro europeo.
11
Cristina Corazza, op.cit Pag 63.