2
diritti del contribuente, come avviene negli altri ordinamenti, ma
anche perchè pone dei vincoli all’attività del legislatore ed a
quella amministrativa, e ridisegna il rapporto fra Fisco e
contribuente superando il rapporto di sudditanza che lo aveva
caratterizzato
3
.
Infatti, nell’emanare la legge si è tenuto conto in primo luogo che
il legislatore tributario ha un ruolo più delicato rispetto a quello
che ha in altri settori dell’ordinamento, infatti il dettato
costituzionale sottrae la materia fiscale ai referendum popolari, e
la Corte Costituzionale ha ribadito che sono escluse dalla
consultazione popolare tutte le disposizioni produttive di effetti
nell’ambito di operatività delle norme tributarie
4
.
In secondo luogo si è considerato che l’importanza della Pubblica
Amministrazione nell’attuare il rapporto tributario discende non
solo dalla legge, ma anche dalla regola morale a cui l’opinione
pubblica riconnette enorme importanza, cioè “a quanto scritto
nella legge deve corrispondere interamente un’analoga
applicazione concreta” ed alla necessità di costruire una
3
MARONGIU G.,Lo statuto del contribuente, in Rass. Trib. 2001.
4
In particolare si fa riferimento alla sentenza n. 11 del 12 gennaio 1995 in Boll. trib.
3
collaborazione con il contribuente nella realizzazione
dell’obbligo tributario, che deve trovare adeguato contrappeso in
misure atte a facilitarla e sostenerla.
1.1 Le ragioni dell’intervento legislativo
L’intervento del legislatore si è reso necessario per la complessità
della normativa fiscale, che poneva numerosi adempimenti a
carico del contribuente, e per l’inefficienza dell’Amministrazione
finanziaria, che causavano malcontento ed insoddisfazione nei
contribuenti, rendendo praticamente impossibile lo sviluppo di
un sistema basato sulla compliance philosophy, cioè sulla
collaborazione e la volontaria ottemperanza dei propri obblighi
da parte del contribuente.
Le radici del malfunzionamento dell’Amministrazione
finanziaria possono essere individuate nei primi anni dell’Unità
nazionale, quando i giuristi italiani hanno elaborato le basi del
nostro diritto tributario rifacendosi alle teorie stataliste tedesche,
nelle quali il diritto tributario diventava una categoria fondata a
4
priori sull’appartenenza allo Stato
5
, così condizionando non solo
il legislatore ma anche la prassi applicativa e la giurisprudenza
6
.
Nella seconda metà del XIX secolo la giurisprudenza stabilì che
nell’interpretazione delle norme tributarie doveva applicarsi il
principio “in dubio pro fisco”
7
.
Successivamente questa ideologia trova espressione in alcuni
importanti provvedimenti legislativi: con l’allegato E dalla legge
20 marzo 1865, n. 2248 vennero stabilite limitazioni al sindacato
giurisdizionale in materia tributaria, mentre in un secondo
momento furono introdotti alcuni istituti peculiari, quali il
meccanismo del solve et repete, dell’indennità di mora e la prassi
dell’uso dei decreti legge.
Questa concezione del diritto tributario è rimasta a lungo nella
mente del legislatore tanto da essere considerata il motivo
5 La dottrina tedesca sosteneva infatti che nel settore tributario l’Amministrazione simuo-
veva non al di sotto delle regole giuridiche, ma “auf Grund der Natur des Staates” (al di
sotto della natura dello Stato). Le origini di questa concezione risalgono al conflitto costi-
tuzionale prussiano, quando il Cancelliere Bismarck programmò delle spese belliche non
condivise dal Parlamento, per giustificare l’operato dell’Esecutivo gli studiosi tedeschi
qualificarono la legge di bilancio fra gli atti amministrativi di competenza del Governo, il
quale poté effettuare queste spese e, al termine delle vittoriose campagne militari, ottenere
la ratifica delle spese da parte del Parlamento.
6
In tal senso vedi ANTONINI, Intorno alle “metanorme” dello Statuto dei diritti del con-
tribuente, rimpiangendo Vanoni, in Riv. dir. trib. 2001, I, pag. 619.
7
Tale orientamento fu seguito dalla Corte di Cassazione che aveva ancora sede a Torino, in
quanto lo Stato italiano si era appena formato.
5
principale che ha ritardato l’ammodernamento del sistema
tributario.
Il distacco da questa prospettiva avviene in un periodo
relativamente recente, come emerge dall’evoluzione del rapporto
tra i cittadini e l’Erario, che può essere suddiviso secondo tre
stadi evolutivi
8
.
La prima tappa ha inizio con il raggiungimento dell’Unità
nazionale e si conclude immediatamente dopo la Seconda Guerra
mondiale; in questo periodo la gestione del rapporto tributario ed
i relativi oneri erano a carico dell’Amministrazione, il
contribuente aveva un ruolo meramente passivo, essendo
chiamato solamente a pagare il quantum debeatur determinato
dagli uffici.
L’inizio della seconda fase del rapporto fra cittadini ed Erario
può essere individuata nel 1951, quando fu attuata l’opera di
riforma dall’allora Ministro delle Finanze, Ezio Vanoni.
Con la legge n. 25 dell’11 Gennaio 1951 nota come legge
Vanoni, che incideva sugli aspetti applicativi dell’ordinamento
tributario, permettendo in primo luogo d’identificare coloro che
8
MARONGIU G.,Lo statuto del contribuente, in Rass. Trib. 2001.
6
evadevano il Fisco, ed in secondo luogo di realizzare un sistema
tributario adeguato alla nuova realtà economica del Paese ha
inizio una fase completamente nuova, nella quale s’introdusse la
tassazione per ciascun periodo d’imposta, con il conseguente
obbligo della dichiarazione annuale dei redditi soggetti ad
imposta diretta anche se nel periodo di riferimento non fossero
intervenute variazioni rispetto al precedente
9
.
L’ultima fase, che giunge ai nostri giorni, ha inizio con le riforme
degli anni settanta
10
. E’ in questo periodo che si sono
definitivamente deteriorati i rapporti del contribuente con il
Fisco, poiché sono stati emanati interventi settoriali e scoordinati
fra loro, attenti alle necessità imminenti, non curanti e non
impostati su prospettive di lungo periodo.
Il contribuente non doveva più limitarsi a pagare il proprio
debito, ma era chiamato a svolgere molte operazioni, anche di
complesso carattere tecnico nel mero interesse dell’Erario; ne
sono esempi l’introduzione della ricevuta fiscale, della bolla di
accompagnamento e dei registratori di cassa, l’introduzione
9
D’AYALA VALVA F.,Il nuovo volto del fisco, in studi politici 2003, pag.44
10
Sono da menzionare la Legge Delega 871/1971,il D.P.R. 600/1973, il D.P.R. del 6
ottobre del 1978, n. 627 introduttivo della bolla di accompagnamento e il D.P.R. 26/10/72
n. 633 che introduce l’Iva.
7
dell’acconto, dell’autotassazione e l’imposizione di nuovi libri
contabili.
La maggiore collaborazione del contribuente nella realizzazione
dell’obbligo tributario dovrebbe trovare il suo contrappeso
nell’emanazione di misure atte sostenerla o comunque a non
scoraggiarla
11
.
Invece, il periodo di riferimento si caratterizzava per
l’emanazione di una legislazione basata su istituti di parte
speciale e che trascurava l’affinamento dei principi di carattere
generale e sistematico, creando una situazione normativa sempre
più complessa e confusa, che creava crescenti difficoltà per
l’interprete
12
.
Al riguardo è stato osservato che, successivamente alla riforma
del 1972, sono intervenuti più di diecimila provvedimenti
normativi di modifica o integrazione della legislazione esistente.
Ogni anno sono state emanate diverse centinaia di disposizioni
tra loro scarsamente coordinate, al punto che nuove norme sono
state sostituite ad altre nel corso della loro vacatio, o che decreti
11
LUCCICO, Lo Statuto del contribuente, principi e lacune, in Il fisco 2001 pag. 7005
12
FALCONE G. , Il valore dello Statuto del contribuente, in Il fisco, 2000 pag. 11309
8
leggi sono modificati da altri provvedimenti analoghi prima della
loro conversione in legge
13
.
1.2 I tentativi di riforma precedenti allo Statuto
Questa situazione ha fatto si che, prima dell’emanazione dello
Statuto, sono stati esperiti diversi tentativi di riforma
dell’ordinamento tributario.
Gli studiosi italiani, che erano interessati a raccogliere e
razionalizzare le norme di questa materia guardarono con
attenzione all’esperienza di alcuni Paesi, come la Germania e la
Francia nei quali la riforma del diritto tributario risale al periodo
a cavallo tra le due guerre mondiali
14
.
In questi ordinamenti si redassero due diversi modelli codicistici:
in Germania venne promulgato un codice breve sintetizzante i
principi comuni a tutti gli istituti, mentre in Francia venne
emanato un vero e proprio codice tributario
15
.
13
MARONGIU G., Lo statuto del contribuente, in Rass. Trib. 2001
14
In Germania questo processo è stato realizzato negli anni dal 1919 al 1931 ed in
Francia fra il 1926 ed il 1934.
15
BRACCINI F., Un progetto di codice tributario nel 1942, la redazione delle “norme ge-
nerali del diritto tributario” dell’Istituto Nazionale di Finanza Corporativa, in Riv. dir. fin.
e sc. fin. 1999 pag. 337.
9
In particolare si prestò attenzione al modello tedesco, più
facilmente attuabile rispetto al modello francese, il quale era
idoneo se accompagnato da una completa riforma.
Un primo progetto di riforma, recante “Norme generali del diritto
tributario”, risale al 1942 e venne redatto dall’Istituto Nazionale
di Finanza Corporativa con l’intenzione di essere un codice breve
da anteporre ai testi unici, ma i lavori s’interruppero, a causa
degli eventi bellici, nel 1943.
Il testo si presentava sotto forma di preleggi del diritto tributario,
mostrandosi influenzato dalla recente codificazione civile, che si
era conclusa proprio nel 1942.
Successivamente, nel corso dei lavori dell’Assemblea Costituente
vi furono diversi pareri favorevoli alla codificazione della parte
generale del diritto tributario; fra i sostenitori vi era il Ministro
Vanoni, il quale propose che questa codificazione avvenisse sotto
forma di legge costituzionale o di legge “rinforzata” assistita da
particolari garanzie che ne assicurassero la stabilità nel tempo:
anche questo progetto fu tuttavia lasciato cadere
16
.
16
BRACCINI F., Un progetto di codice tributario nel 1942, la redazione delle “norme ge-
nerali del diritto tributario” dell’Istituto Nazionale di Finanza Corporativa, in Riv. dir. fin.
e sc. fin. 1999 pag. 340.
10
Anche l’iter che ha portato all’emanazione dello Statuto è stato
molto tortuoso ed è stato preceduto da diversi tentativi negli anni
precedenti
17
.
Il primo tentativo risale al 1990 quando l’On. Piro propose una
carta dei contribuenti dal contenuto programmatico e non
Vincolante, che non proseguì il proprio percorso, ma che ebbe il
merito d’individuare i diritti del contribuente meritevoli di tutela
e di iniziare il dibattito intorno allo Statuto del contribuente.
Nello stesso anno l’allora Ministro delle finanze, l’On. Formica,
propose una carta del contribuente, influenzato sia dalle
raccomandazioni dell’Ocse dalle quali risultava che il nostro
Paese era privo di tutele per il contribuente sia dai principi della
legge 7 agosto 1990, n. 241, la cui applicazione alla materia
tributaria è stata esclusa per un timore reverenziale ingiustificato,
poiché era ormai consolidata l’opinione che il diritto tributario
sia una branca del diritto pubblico
18
.
17
D’AYALA VALVA F.,Il principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente. Il
ruolo dello Statuto, in Riv. dir. trib. 2001, I, pag. 915
18 MARONGIU G., Contributo alla realizzazione della “Carta dei diritti del contribuen-
te”,in Dir. e prat. trib. 1991, I, pag. 620