9
poranea sia giunta al limite delle proprie potenzialità e che sia destinata ad “implode-
re”, a causa della perdita del domino che l’uomo aveva sulla tecnica e sulla tecnolo-
gia. Da questa constatazione nascono le descrizioni di paesaggi “apocalittici”, che
vedono il mondo, o almeno una cospicua parte di esso, popolato da una massa di di-
soccupati. Altri assegnano alla tecnologia ed, in particolare, alla “Information and
Communication Technology”, il ruolo di strumento, che consentirà di effettuare la
transizione da una società i cui modelli produttivi e organizzativi tradizionali sono
“in crisi” (e perciò definita post – industriale), verso una nuova “Società
dell’Informazione”.
“Non si è mai parlato tanto di “crisi” come da quando si andarono diffondendo nuove tecno-
logie, capaci di liberare l’uomo dalla fatica fisica, di potenziare le sue capacità di memoria, di calcolo
e persino di intelligenza, di soccorrere la sua salute fisica, di allargare le sue conoscenze, di schiudere
orizzonti nuovi alla biogenetica, all’agricoltura, alla medicina, ai trasporti, e di permettere, già qui e
ora di trasformare molto tempo del lavoro dipendente in tempo autogestito, da dedicare alla crescita
intellettuale di singoli e della creatività”.4
http://www.mediamente.rai.it/docs/biblioteca/biblioteca.asp?id=296&tab=int , 5 Marzo 1998, (10 Ot-
tobre 2000).
4
DE MASI Domenico, Il futuro del lavoro. Fatica e ozio nella società postindustriale, Riz-
zoli, Milano 1999, p. 145.
10
Obiettivo dell’analisi
L’intento di questa tesi di laurea è quello di dimostrare che il lavoro si modificherà,
nei paesi maggiormente industrializzati, nella sua natura, compiendo una svolta, di
portata simile, se non superiore, a quella che aveva condotto la maggior parte della
popolazione a passare dal lavoro agricolo e artigianale al lavoro di fabbrica, durante
la Prima Rivoluzione Industriale, modificandone in toto le abitudini e gli stili di vita.
L’idea centrale è che si modificheranno i tempi e le modalità di svolgimento
dell’attività lavorativa, ma, soprattutto si modificherà l’idea di lavoro, che non è
un’idea “innata”, ma è frutto delle “incrostazioni” culturali, caratteristiche delle di-
verse epoche storiche. Il lavoro, grazie agli strumenti resi disponibili dalla “rivolu-
zione digitale”, può diventare, in molti ambiti, più creativo, rendendo le pratiche la-
vorative molto simili a quelle attuate nelle aziende dell’entertainment, anche in setto-
ri che, apparentemente, non hanno nulla in comune con quello dello “spettacolo”. Pur
partecipando ad una rivoluzione, che sta plasmando la società del futuro, in cui vi-
viamo e lavoriamo, continuiamo ad utilizzare gli strumenti interpretativi del passato;
si cercherà di fornire i nuovi strumenti interpretativi.
“Misuriamo ancora le attività economiche con gli indicatori creati per l’era della produzione
di massa, del dopoguerra. Calcolare semplicemente il numero complessivo dei beni prodotti, quintali
di frumento o tonnellate di acciaio, e dividere tale ammontare per il numero di persone e di ore di la-
11
voro utilizzate, non fornisce un’idea esauriente del valore dei prodotti. La componente di valore forni-
te dai servizi aggiuntivi e dalla qualità spesso non vengono misurate”.5
Si verificherà come l’età post – industriale, in cui viviamo, presenti le caratteristiche
di un periodo di transizione tra l’età agricolo - industriale, e una “nuova età” i cui se-
gni distintivi sono presenti, nella fase germinale, già oggi. Si cercherà di dimostrare
come la maggior parte dei fenomeni macroeconomici in atto, siano strettamente in-
terconnessi tra loro e siano causati o, perlomeno amplificati, dall’utilizzo, sempre più
diffuso dell’Information Technology, sui luoghi di lavoro. In molti casi saranno a-
vanzate delle ipotesi, senza pretese dimostrative, dato che l’argomento trattato non è
ancora codificato, nella letteratura di settore e quella che può apparire una tendenza
netta ed inequivocabile, può essere rapidamente smentita dall’evolversi della situa-
zione. Ogni cambiamento è misterioso e genera incertezza e diffidenza. La paura è
naturale, anche se si dovesse, in seguito, rivelarsi ingiustificata. L’ottimismo assoluto
è un atteggiamento forse più pericoloso, che assomiglia più alla fede in un culto, che
ad un procedimento razionale o a una verità dimostrata. Si può cercare di costruire un
percorso fatto di esperienza, di alcune certezze, di alcuni eventi probabili, di alcune
paure, più o meno razionali, e di qualche salto di immaginazione. A causa
dell’incertezza sul possibile esito “finale”, delle grandi mutazioni in atto, siamo
chiamati a realizzare uno “sforzo creativo”, quando cerchiamo di descrivere un pos-
sibile scenario, un nuovo contesto sociale, di prossima realizzazione, come effetto di
una determinata innovazione tecnologica. Lo scopo della tesi è quello di cercare di
fornire, dopo aver delineato la complessità della situazione attuale, un’idea realistica
5
HUEY John, FURTH Jane, MILLER Robert A., The New Economy/Special Report: Waking
up to the New Economy. Embrace it, for it will transform our lives and the way we work more pro-
foundly that we can imagine, Fortune, 27 Giugno 1994, p. 36.
12
(e non fantascientifica) del possibile scenario futuro, sulla scia delle tendenze regi-
strate negli ultimi anni, escludendo per forza di cose, le conseguenze di inaspettati ed
improvvisi elementi perturbatori. L’obiettivo è quello di analizzare, senza poter di-
mostrare una teoria, perché ci si basa su elementi contraddittori, che il ruolo del lavo-
ro deve essere rivisto. La disoccupazione esiste, come è sempre esistita, ma non è
detto che le tecnologie siano apportatrici di sventura, creando una massa “stermina-
ta” di disoccupati, così come non è detto che le tecnologie possano liberare l’uomo
dalla schiavitù del lavoro. Esse possono condurre a diffondere un tipo di lavoro più
creativo i cui tempi e luoghi di svolgimento si concilino con le esigenze di vita e di
“crescita” personale, più di quanto avvenuto, sino ad ora, nel corso della storia.
13
Il metodo
L’analisi del contesto storico, economico e socioculturale, in una parola, dello scena-
rio, è, a mio parere, indispensabile. Infatti, definire l’analisi delle nuove tecnologie in
un contesto storico aiuta a comprendere gli aspetti non strettamente tecnici della loro
origine e ridimensiona le affermazioni di chi sostiene che siano le tecnologie a pro-
vocare direttamente, automaticamente ed ineluttabilmente i mutamenti sociali. Il
quadro cui ho fatto riferimento è la cosiddetta società dell’informazione globale.
Questa locuzione, che ha molti sinonimi (postindustriale, della creatività, delle idee,
dell’accesso, ecc.), anche se ognuno ha una connotazione leggermente differente, de-
ve essere analizzata criticamente, per depurarla dalle connotazioni ideologiche. La
società dell’informazione globale è quella che nasce dalla profonda accelerazione
nell’innovazione tecnologica, che ha dato vita alle nuove e pervasive tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (ICT). Nella società dell’informazione glo-
bale la “Comunicazione” è divenuta la chiave di lettura prevalente del presente, così
come della Storia e, conseguentemente, delle tendenze evolutive future. Si parlerà
delle conseguenze dirette dell’uso sempre più pervasivo delle nuove tecnologie, co-
me l’automazione del lavoro, e delle conseguenze che si manifestano per via media-
ta, attraverso le mutazioni che la tecnologia sta portando all’economia, ai mercati,
alle strutture delle organizzazioni, all’interno delle quali il lavoro viene svolto.
L’analisi sarà condotta tenendo conto il più possibile dei continui cambiamenti che le
novità tecnologiche, inducono sul modo di pensare, sulla percezione che l’uomo ha
della realtà che lo circonda. La ricerca sarà, pertanto, condotta su testi di recente
pubblicazione, ma anche, e soprattutto, sugli atti di convegni, su articoli di riviste
14
specializzate o su pubblicazioni di più generale e comune diffusione. Nella prima
parte, più “scenarista”, si analizzeranno le caratteristiche sia di natura economica, sia
di natura socio – culturale, che ci permettono di affermare di essere in una fase di
transizione tra due diverse epoche storiche. Le variabili descrittive fondamentali, che
serviranno da parametri, per descrivere, in modo semplificato, le diverse età della
tecnica e della storia, saranno la natura dei prodotti/servizi, prevalenti in un dato con-
testo socio – economico e la struttura del tempo, intesa come suddivisione tra il nu-
mero di ore dedicate alle attività produttive e il numero di ore dedicate alle attività
extra produttive (culturali, di relazione, amorose, amicali, ecc.). Il riferimento a que-
sti parametri consente, a mio parere, di caratterizzare con precisione le età, presenta-
te da tutti gli autori come una generica contrapposizione tra un’età industriale al tra-
monto, e un’indefinita nuova età post – industriale che può essere una nuova “età
dell’oro”, secondo alcuni, o qualcosa di prossimo alla fine del mondo, secondo altri.
Gli elementi che troviamo in tutte le caratterizzazioni delle due età (energia e materie
prime come risorse fondamentali, possesso dei beni materiali come fonte di successo
e di ricchezza, contro natura immateriale dei prodotti e informazione come variabile
fondamentale), possono essere ricondotti alle differenze quantitative, delle due varia-
bili descrittive. Esse permettono di individuare e di delineare le determinanti del
cambiamento e di riferirne gli effetti alle modificazioni nella natura del lavoro. La
modificazione del lavoro è l’effetto di una serie di concause strettamente intercon-
nesse. Il lavoro si modifica, perché le tecnologie modificano:
• L’economia (K – Economia, dove “K” è l’iniziale di Knowledge)
• Le tecniche manageriali (K – Management)
• Le strutture organizzative (K – Imprese)
15
La maggior parte degli scambi di natura economica trovano la loro ragion d’essere
nella mancanza o nella carenza di informazioni. L’informazione equivale a ciò che è
atta a rimpiazzare, dal punto di vista economico: negozi, consumo di carburante,
commessi per la vendita al dettaglio, ecc. Se tutta l’informazione è istantaneamente
disponibile, non c’è più motivo di spostarsi, per andare in ufficio, perché basta colle-
garsi con un computer da casa, per svolgere gran parte degli stessi compiti: non serve
più il carburante, non servono archivi cartacei, non servono sedi aziendali enormi per
accogliere tutti gli impiegati, ecc. Se conoscessimo tutte le caratteristiche di un pro-
dotto, non dovremmo recarci nel punto di vendita; potremmo acquistarlo a distanza,
facendolo recapitare a casa: ci sarebbe bisogno di molto meno personale addetto alle
vendite. L’informazione, o meglio la conoscenza, è la nuova materia prima, perché
ora è disponibile in modo pressochè istantaneo, grazie all’ICT, che consente di effet-
tuare comunicazioni in tempo reale e a basso costo. Parleremo quindi di economia
della conoscenza, di gestione della conoscenza e di organizzazioni strutturate in mo-
do da favorire la circolazione della conoscenza, sfruttandola come principale fattore
competitivo.
16
Sommario
Nel CAPITOLO I si metteranno in evidenza i sintomi della “instabilità” dell’età
post – industriale. Nell’individuare i fattori che determinano il cambiamento si evi-
denzieranno i pericoli insiti non tanto nell’adottare le prospettive delineate dalle pre-
visioni sfrontatamente ottimistiche, o al contrario, da quelle “apocalittiche”, quanto
quelli che risiedono nell’assumere un atteggiamento “fideistico”, che porta a credere
che la tecnologia dispieghi automaticamente i suoi effetti, senza essere in rapporto
dialettico con le realtà effettive della storia e con l’agire dell’uomo. Verrà fatto un
rapido accenno ai cambiamenti nella sfera culturale, indotti dalla tecnologia, che
hanno radici filosofiche in quanto spingono a rivedere il rapporto che l’uomo ha con
la tecnica e con la possibilità di controllarne gli effetti. Nel primo capitolo vengono
anche analizzati i motivi della difficoltà di trarre conclusioni definitive dall’analisi
dei fenomeni in atto, a causa del rovesciamento delle logiche interpretative ortodos-
se, che si esplicano, in particolare, nel mutato rapporto tra mezzi e fini della tecnica.
Nel CAPITOLO II, dopo aver definito quali sono le nuove tecnologie, si analizzerà
la convergenza di alcune di esse, in un unico settore, in cui tecnologie, un tempo di-
stinte e utilizzate per scopi diversi, diventano complementari e funzionali l’una
all’altra. È il settore della “Information and Communication Technology”; esso costi-
tuisce il principale “motore” del cambiamento della natura dell’attività lavorativa.
Rappresenta una sorta di variabile indipendente, legata in un rapporto di funzionalità,
con le variazioni degli scenari macroeconomici, con la globalizzazione, con il nuovo
ruolo delle imprese e dei lavoratori. Nel CAPITOLO III si definirà la differenza, cui
si è accennato prima tra informazione e conoscenza. L’informazione è una sorta di
17
“mattone” della conoscenza o, se si preferisce, la materia grezza, che la mente uma-
na, con il supporto degli strumenti informatici, deve plasmare, per trasformarla in
conoscenza.
Nel CAPITOLO IV si descriverà l’ambiente, entro il quale si collocano le modifica-
zioni nell’organizzazione e nello svolgimento dell’attività lavorativa. Si definirà il
concetto di società post – industriale, che indica, genericamente, il superamento delle
logiche caratteristiche di un’epoca in cui la produzione di tipo industriale rappresen-
tava il fulcro, intorno al quale ruotava l’intera economia, e che costituisce una fase di
transizione. La nuova era, dominata dalla “K – economia”, è definita “Società
dell’informazione”; al di là quest’epoca, si intravedono i germi dell’affermazione di
una futura “Società delle idee”, in cui dominerà “capitalismo culturale”, che si con-
creta in una progressiva commercializzazione del tempo e delle esperienze di vita e il
possesso di un capitale costituito da idee e conoscenze diviene il fattore fondamenta-
le, per il successo di un’impresa. Le tecnologie dell’informazione e della comunica-
zione (ICT) hanno consentito di progettare e realizzare strumenti, che hanno condot-
to a mutamenti ben più ampi di quelli che si potevano intravedere e prevedere, quan-
do, a partire dal secondo dopoguerra, si iniziava a parlare di automazione del lavoro
di fabbrica e di quello d’ufficio. L’unione di microelettronica, informatica e teleco-
municazioni, in un unico sistema integrato di comunicazione, apre la strada a nuovi
modi di gestire l’attività economica. Gli effetti della rivoluzione digitale si insinuano
in ogni settore sociale, politico, economico, rendendo labili i confini di ogni discipli-
na, favorendo il sorgere di nuovi legami tra le persone, tra le organizzazioni, propo-
nendo nuovi valori, preferendo la connessione all’isolamento, la collaborazione alla
competizione, l’assenza alla presenza. Anche la mutazione geopolitica, conosciuta
come globalizzazione, più che un fenomeno a sé stante, è l’effetto della diffusione
18
delle nuove tecnologie di telecomunicazione e anch’essa è una delle cause della tra-
sformazione delle strutture organizzative e della trasformazione del lavoro. La globa-
lizzazione (di carattere socio – politico – economico), è una diretta conseguenza della
caduta delle barriere. Il mondo sta diventando una sorta di “villaggio globale”: ci so-
no elementi nei nostri prodotti che sono costruiti in altre parti del mondo, le imprese
devono confrontarsi sempre di più con competitori internazionali.
Nel CAPITOLO V, si definirà cosa si intende per Knowledge Management.
L’adozione di strumenti per la gestione, l’elaborazione e la creazione e la diffusione
della conoscenza permette di gestire ed affrontare le discontinuità dell’ambiente
competitivo, adattandosi rapidamente o, addirittura, anticipando il cambiamento. Es-
senzialmente il Knowledge Management, implica processi organizzativi, che sfrutta-
no combinazioni sinergiche tra la capacità di elaborare dati ed informazioni, proprie
dell’ICT, e le capacità creative ed innovative degli esseri umani.
Il CAPITOLO VI, tratterà degli effetti dell’ICT sulle strutture organizzative; la
smaterializzazione dell’economia, la focalizzazione sulla conoscenza e la possibilità,
per tutti di accedere ad un “ventaglio” amplissimo di informazioni (che aumenta la
turbolenza ambientale, perché cresce la concorrenza, dato che i potenziali concorren-
ti sono teoricamente illimitati, poiché reperibili in tutte le parti del globo), spingono a
costituire nuove configurazioni di impresa (le K – imprese). Il nuovo approccio
all’economia è definito “reticolare” e sottende una visione sistemica delle attività e-
conomiche. L’importanza dei sistemi, dell’interazione tra gli elementi che li com-
pongono, dell’adattamento alle condizioni ambientali, della capacità di auto - orga-
nizzarsi è sottolineata dalla comparsa, nel linguaggio, di “ciberneologismi”, come li
19
definisce Tullio De Mauro6, che traggono la propria origine dalla scienza della ciber-
netica. Il prefisso “cyber”, o “ciber”, nella variante italianizzata, è presente in moltis-
simi termini entrati nel linguaggio di uso comune, come “cyberspazio”7. Le nuove
forme di commercio, nell’economia globale, si sviluppano nel cyberspazio, un me-
dium elettronico. L’attività economica non è più strettamente collegata ai mercati,
6
DE MAURO Tullio, Alfabetizzazione elettronica e nuovi linguaggi,
http://www.mediamente.rai.it/docs/biblioteca/biblioteca.asp?id=119&tab=int#link009 , 20 Maggio
1996, (21 Luglio 2000).
7
Il termine “cibernetica” fu coniato dal matematico Norbert Wiener che lo derivò dalla paro-
la greca kubernetes che significa “timoniere”, “pilota”. I greci avevano sviluppato il concetto di ku-
bernetes probabilmente sulla base della loro scienza della navigazione e lo avevano, poi, applicato an-
che ai processi di governo della società. La cibernetica studia i meccanismi con cui uomini, animali e
macchine comunicano con l’ambiente esterno e lo controllano. Si tratta di una scienza prettamente
multidisciplinare, che ha forti interazioni con molte altre discipline ed aree tecnologiche: filosofia,
psicologia, matematica, biologia, fisica, intelligenza artificiale, teoria dei controlli, teoria delle comu-
nicazioni, robotica. La cibernetica ha origine dallo studio dei sistemi dotati di “retroazione” (o “feed-
back”), “meccanismi” in grado di adattarsi alle condizioni esterne. Precisamente si tratta di sistemi a
“feedback negativo”, in cui si verificano processi di rilevazione dell’errore e di sua correzione, in ma-
niera automatica. Per esempio, quando afferriamo un oggetto siamo portati a credere che l’occhio e il
cervello concentrino la loro attenzione direttamente sull’oggetto. Secondo la cibernetica avviene
l’esatto contrario: prendiamo un oggetto evitando di non prenderlo. La nostra azione è caratterizzata
da un processo di progressiva eliminazione dell’errore, che si manifesta con un continuo accorciamen-
to della distanza tra l’oggetto e la mano, finchè tale distanza si annulla e l’oggetto può essere afferrato.
La teoria della regolazione è stata studiata fino dalla seconda metà del 1800, ma, intorno alla fine de-
gli anni ‘40 di questo secolo, gli stessi metodi cominciarono ad essere applicati allo studio dei “mec-
canismi circolari, causali e rettroattivi in biologia e nelle scienze sociali” (dal titolo di una serie di
conferenze in cui furono poste le basi della cibernetica). La cibernetica moderna studia dunque i mec-
canismi di comunicazione e di interazione negli esseri viventi, sia allo scopo di aumentare le cono-
scenze di tali meccanismi, sia per derivarne modelli che possono essere riprodotti artificialmente.
Il termine “cibernetica”, negli ultimi tempi, viene usato meno frequentemente per indicare la discipli-
na scientifica e spesso si preferisce utilizzare termini più specifici: teoria dei sistemi, teoria dei con-
trolli, intelligenza artificiale, ecc. “In our time, the age of information, it is systems science and cy-
bernetics, as the general sciences of organization and communication, that can provide the basis for
contemporary philosophy”.
Introduction to principia cybernetica, in “Principia Cybernetica Web”,
http://pespmc1.vub.ac.be/INTRO.html , Aprile 1996, (14 Luglio 2000).
20
geograficamente localizzati. Questo il quadro della situazione a livello macroecono-
mico. Le ICT supportano e accelerano il fenomeno strutturale della connessione, an-
che a livello microeconomico. “L’organizzazione a rete include sia le reti di imprese,
sia l’impresa – rete, ossia la grande impresa ad alto livello di esternalizzazione (ou-
tsourcing) di produzione e di servizi”.8 Quello dell’impresa “a rete”, è l’ultimo stadio
di un ventennio di intensi processi di decentramento e di riorganizzazione delle strut-
ture della grande impresa. In questo tipo di struttura le unità organizzative interne e
le imprese esterne, rappresentano opzioni alternative, come potenziali fornitori, scelti
sulla base dei costi e dell’affidabilità. Queste unità costituiscono i nodi della struttura
reticolare, ognuno è autonomo e caratterizzato da una propria strategia e da strutture
adeguate per lo sviluppo. Secondo Gareth Morgan:
“La tecnologia dei microprocessori, che ha come conseguenza la diffusione
dell’informazione, della comunicazione e dei processi di controllo, tende a sviluppare, nelle organiz-
zazioni moderne, delle attitudini di tipo “olografico” [una piastra olografica contiene, in tutte le sue
parti, le informazioni necessarie a riprodurre l’immagine completa. Allo stesso modo, nelle moderne
organizzazioni, le capacità richieste dall’insieme sono contenute dalle singole parti, per cui ogni unità
organizzativa, agisce come se si trattasse di una sorta di micro – impresa, n.d.a.]. I microprocessori
danno vita a reti di scambio di informazioni e processi di controllo integrati, tali da rendere inutili
molte caratteristiche della gerarchia. L’introduzione della tecnologia dei microprocessori rende inutili
molti quadri intermedi…”.9
L’organizzazione reticolare è in grado di influenzare i sistemi di lavoro.
8
BUTERA Federico, L’organizzazione moderna nel mondo dei servizi, Documento di lavoro
IRSO – Istituto di ricerca intervento sui sistemi organizzativi, n.14/1999.
9
MORGAN GARETH, Images – Le metafore dell’organizzazione, Franco Angeli, Milano
1993, p. 130.
21
“L’emergere di nuovi sistemi di lavoro non è riconducibile a un semplice incremento di com-
petenze richiesto ai tradizionali soggetti che operano nelle imprese e nelle amministrazioni pubbliche,
ma è, invece, parte di un nuovo sistema di produzione che sta progressivamente soppiantando il mo-
dello taylor – fordista. Il nuovo sistema di produzione, centrato sulla conoscenza, sta portando sulla
scena un nuovo soggetto, il “lavoratore della conoscenza” che, come nel caso dell’operaio – massa
dell’inizio del Novecento, introduce un radicale mutamento nella struttura del lavoro e pone problemi
di management delle imprese del tutto nuovi, […] sul fronte dell’organizzazione e dello sviluppo delle
risorse umane […]”.10
Nel CAPITOLO VII, sono analizzati gli effetti che le macro - tendenze
dell’economia esercitano sull’organizzazione e sulle modalità di svolgimento del la-
voro. Le ICT impattano sul lavoro, in parte generando un effetto di spiazzamento sul-
la manodopera, ma soprattutto rendendo superate le logiche tradizionali
dell’organizzazione del lavoro a favore di nuove metodologie come il knowledge
management, che fornisce gli strumenti per la gestione del capitale intangibile, resa
necessaria dalla riduzione dei vincoli di spazio e di tempo: la conoscenza (knowle-
dge), opportunamente codificata, può essere facilmente scambiata e trasferita a gran-
di distanze. Allo stesso tempo, la focalizzazione sulla conoscenza favorisce
l’adozione di forme organizzative sempre più efficienti e flessibili: outsourcing, im-
presa a rete, ecc.11
Nel CAPITOLO VIII si parlerà dell’impatto vero e proprio sul lavoro. Gli effetti
delle nuove tecnologie sull’economia rendono necessarie e conducono
10
BUTERA Federico, DONATI Enrico, CESARIA Ruggero, I lavoratori della conoscenza.
Quadri, middle manager e alte professionalità tra professione e organizzazione, Franco Angeli, Mi-
lano 1997, p. 19
11
OVI Alessandro (amministratore delegato Tecnitel), in Al centro resti l’uomo. Su questo
c’è pieno accordo. A cura di SCAZZOLA Andrea, in Telèma n. 13, Estate 1998,
http://www.fub.it/telema/TELEMA13/Scazzo13.html , (18 Luglio 2000).
22
all’affermazione di nuove strategie competitive delle aziende, centrate
sull’innovazione e sullo sviluppo di servizi ad alto valore aggiunto basati su un alto
contenuto informativo (knowledge intensive). Alla “cibervelocità” della nuova eco-
nomia globale reagire rapidamente può non essere sufficiente. Lo spostamento dalla
reazione all’innovazione non può essere ordinato dal vertice. Ognuno, nell’azienda,
deve diventare innovatore. Per competere nella nuova economia della conoscenza le
aziende devono spingere i loro lavoratori ad attuare un procedimento interpretativo
dei dati e delle informazioni, a non limitarsi ad effettuarne una semplice raccolta.
Questo atteggiamento permette di generare nuova conoscenza. La generazione di co-
noscenze, utili per la gestione aziendale, estratte da basi di dati interne o esterne
all’azienda, coinvolge un numero limitato di lavoratori. I cosiddetti “lavoratori della
conoscenza” (knowledge workers), sono, infatti, figure professionali di livello eleva-
to. L’incertezza sugli scenari futuri coinvolgerà, in particolar modo, quei lavoratori
scarsamente qualificati, che svolgono attività di routine, che sono destinati a perdere
il posto, perché le loro attività possono essere facilmente automatizzate o delegate ad
altri. Nel CAPITOLO IX si vedrà l’effetto concreto della struttura portante della In-
formation Technology, la rete Internet, che potrebbe essere definita come una sorta di
infrastruttura della nuova economia, anche se il termine è improprio a causa dei le-
gami fluidi che essa instaura tra le organizzazioni e gli individui. Le infrastrutture,
nella concezione economica tradizionale, rappresentano un’entità concreta e tangibi-
le. Si ripropone il confronto tra reale e virtuale; il virtuale non deve essere visto in
contrapposizione con il reale, ma esso rappresenta una nuova realtà, che potenzia e
amplifica gran parte dei meccanismi che operano nel mondo materiale.
Nel CAPITOLO X l’attenzione sarà concentrata su uno degli effetti più evidenti
dell’innovazione: la creazione di disoccupazione. Un fenomeno al centro
23
dell’attenzione, fino a pochi mesi fa, ma dal quale l’attenzione sembra essersi sposta-
ta perché le previsioni sono apparse esageratamente pessimistiche ed emergono i
primi studi che affermano che la tecnologia sta, effettivamente, creando nuova occu-
pazione. Rimangono, comunque, i dubbi sul fatto che la disoccupazione, causata
dall’utilizzo intensivo di tecnologie labour saving, in particolare nel settore della
produzione industriale, possa essere compensata dalle nuove opportunità di lavoro,
generate in altri settori, a causa delle difficoltà e del tempo necessari a riconvertire i
lavoratori licenziati. Il problema interpretativo è accentuato dal fatto che alcuni dei
fattori che causano disoccupazione, come l’outsourcing, che sfocia
nell’organizzazione reticolare della “impresa virtuale”, rappresentano al tempo stesso
gli elementi di novità del mondo del lavoro, che potrebbero portare al superamento
della percezione del lavoro come qualcosa di alienante, ripetitivo, rigidamente strut-
turato.