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INTRODUZIONE
E‟ veramente curioso il ruolo primario che ha avuto il fumetto per la mia
generazione. Ed è in questa direzione che si colloca la mia ricerca, vale a dire
verso la dimostrazione delle potenzialità artistiche, letterarie, sociali e
comunicative di questo veicolo di straordinaria potenza intellettuale “il
fumetto”. Molte delle competenze del fumetto sono già dimostrate da illustri
autori ma ancora tutte da scoprire e da sfruttare, soprattutto nel campo
didattico.
Questa tesi vuole analizzare il medium fumetto descrivendone gli elementi
costitutivi e le diverse funzioni ed esporre i problemi di traducibilità legati al
fumetto, problemi ai quali si cercherà di illustrare le soluzioni adottate da
traduttori di fumetti, nella fattispecie soprattutto in Italia e Germania.
Particolare attenzione viene posta al codice linguistico.
Nel primo capitolo, Il fumetto, dopo aver introdotto la definizione del medium
e la sua evoluzione nel corso del tempo, vengono descritte tutte le sue diverse
funzioni e in seguito a mio avviso parlando di fumetti non potevo non trattare
la biografia dei Walt Disney e soprattutto presentare l‟icona della nostra
cultura: il topo più famoso del mondo “Micky Maus”.
Nel secondo capitolo, Il linguaggio del fumetto, descriverò tutti gli elementi
caratteristici dei fumetti, quali immagini, balloon, didascalie, onomatopee,
suoni articolati, metafore visualizzate, pun visivi, giochi di parole e testo.
Il terzo capitolo, La traduzione, è dedicato ai problemi di traducibilità che si
possono incontrare nel lavoro di traduzione di un fumetto. I principali problemi
sono causati dallo stretto legame tra testo e immagine e dall‟adattamento
culturale. L‟ultima parte contiene l‟analisi delle traduzioni a confronto di
Topolino in italiano e in tedesco, supportate nella maggior parte dei casi dalle
strisce che integrano il testo.
Dayana Borzomì
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CAPITOLO I
IL FUMETTO
1.1 Definizione
Il fumetto è un tema da trattare in quanto forma d‟espressione e comunicazione
fra le più potenti del XX secolo, al punto che tutte le sue peculiarità e i suoi
linguaggi costitutivi si sono riversati in molti altri veicoli mediatici ed
espressivi quali il cinema, il videogioco, la televisione, i cellulari, i computer
domestici, Internet, i manuali d‟istruzioni, i romanzi, la pubblicità e i videoclip
musicali.
Il suo formato vivace, l‟abbinamento di parole ed immagini, l‟appartenere alla
cultura di massa, il suo uso spesso ristretto al mero intrattenimento, ha spesso
sminuito, agli occhi dell‟opinione pubblica, il suo reale valore artistico e
comunicativo.
Il famoso linguista Fresnault-Deruelle afferma “dato che tutto è facilitato dagli
stretti legami del testo col disegno, la lettura del fumetto gode di una
reputazione di povertà intellettuale”1, quindi, per tale ragione, secondo l‟ideale
collettivo, il fumetto non ha nulla a che vedere con la trattazione di argomenti
un po‟ più impegnati, poiché è semplicemente una storia accompagnata da
immagini. Disprezzato dagli uomini di cultura, gli “apocalittici” 2 , i quali
sostengono che la cultura di massa provochi una caduta intellettuale. Si accusa
il fumetto di limitare l‟immaginazione, di assecondare la passività, di
allontanare i giovani dalla lettura e da un linguaggio grammaticalmente
corretto, di turbare il loro equilibrio, incitandoli alla criminalità, alla violenza e
alle perversioni sessuali. Soprattutto quest‟ultima critica suscita non poche
polemiche, tanto che il fumetto si trova al centro di dispute addirittura legali.
Nel 1951, in Italia, è varata la proposta di legge Federici – Migliori, finalizzata
ad una censura preventiva contro i fumetti. Nel 1954 Fredric Wertham, famoso
psicologo americano, pubblica il libro Seduction of the Innocent, che denuncia
i presunti effetti negativi del fumetto (disobbedienza all‟autorità, devianza
sessuale, furti e comunismo) sui giovani e contribuisce a creare le basi
1
Fresnault-Deruelle, P. (1977), I linguaggi del fumetto, Sellerio, Palermo, p. 64.
2
Eco, U. (1984), Apocalittici ed integrati, IV edizione Tascabile Bompiani, Milano, p. 17.
4
necessarie per la censura di quelle pubblicazioni considerate devianti. Wertham
sostiene, senza troppa originalità, che i media in generale influivano sullo
sviluppo psicologico delle nuove generazioni. La conseguenza di questo
ragionamento era abbastanza ovvia: i fumetti, di per se nocivi in quanto esterni
alla tradizione letteraria delle istituzioni formative 3 , diventavano sicuri
generatori di comportamenti psicopatologici, allorquando presentavano
sistematicamente dei modelli comportamentali socialmente non conformi.
Nello stesso anno viene imposto al fumetto americano, dalle stesse case
editrici, un rigido codice etico, il Comics Code4, che limita notevolmente la
libertà creativa, sia da un punto di vista estetico sia da un punto di vista
contenutistico.
Il fumetto è per molti, per troppi ancora, qualcosa che di per sé occupa un
livello inferiore, nella gerarchia dei valori narrativi e culturali 5 . Esistono
ambienti di lavoro, naturalmente, che favoriscono o almeno tollerano lo studio
del fumetto considerato un tema ancora anticonvenzionale.
I fumetti sono testi multimediali in cui due codici espressivi diversi, parole e
immagini, convergono a formare un linguaggio unitario, infatti, non possiamo
separare le une dalle altre senza una perdita parziale o totale del messaggio.
Il fumetto si sviluppa nello spazio, non nel tempo; l‟unico tempo nel fumetto è
il tempo di lettura personale. Il nucleo del fumetto è la sequenzialità, e la sua
grammatica si caratterizza attraverso le variazioni di questa sequenzialità.
E‟ proprio su questa base che Will Eisner, nel cercare una definizione per
questo linguaggio, propose l‟espressione Arte Sequenziale, nel suo storico
saggio Fumetto e arte sequenziale.
Tradizionalmente considerato un tipo di lettura marginale, in quanto indirizzato
ad un pubblico prevalentemente giovanile per il suo linguaggio piuttosto
3
Cfr. Wertham, F. (1954), Seduction of the Innocent, Marvel Comics, USA.
4
Nel ‟54 il Congresso degli Stati Uniti d‟America invitò case editrici come la DC Comics e la
EC a creare un codice di autoregolamentazione,il Comics Code appunto. Questo insieme di
regole imponeva a tutti, autori e distributori, regole ferree da seguire prima della pubblicazione
di un fumetto. Il Code impose precisi limiti narrativi: il bene doveva sempre trionfare, il
protagonista essere sempre un esempio per il giovane pubblico, le parole zombie o
vampiro vennero bandite almeno fino agli ‟70, oltre ad altre regole più o meno restrittive.
5 Pierre Fresnault-Deruelle (1990), I fumetti: libri a strisce, introduzione di Gian Paolo
Caprettini, Palermo, Sellerio, p.14.
5
semplificato, il fumetto, al giorno d‟oggi sembra riscuotere sempre più
interesse da parte della critica letteraria, tanto da convertirsi anche in letteratura
intellettuale e tanto da essere oggetto di diversi studi, tra i quali, la sociologia,
gli studi di tipo culturale e la traduttologia.
In questi anni di crisi del mercato editoriale il fumetto è l‟unico linguaggio
narrativo che riesce ad attrarre milioni di lettori ogni mese.
Il termine fumetto è una prerogativa solo italiana, dove il grande maestro del
fumetto Hugo Pratt per far uscire il fumetto dal ghetto in cui era represso,
s'inventò la definizione di "letteratura disegnata"6.
Nei paesi francofoni il fumetto viene chiamato bandes dessinées 7 , „strisce
disegnate‟. Bandes dessinées è una definizione indovinata perché indica la
principale caratteristica della costruzione di ogni fumetto, costituito di strisce
che restituiscono sequenze di avvenimenti rese col disegno. Nei paesi
anglofoni e germanici si parla di comics, „storie comiche‟, termine
sopravvissuto all‟altra definizione delle origini, funnies, di significato analogo.
Questo perché i primi fumetti americani, derivati dalla tradizione del disegno
satirico europeo, erano di argomento lieve e spiritoso. Sebbene fin dai tardi
anni Venti una vasta produzione fosse avventurosa, fantascientifica e poi anche
supereroica, comics è rimasto come termine ombrello. Negli anni Ottanta si è
diffuso sequential art8, proposto da Will Eisner. In Giappone si parla di manga,
termine reso famoso nel 1814 dal noto pittore Katsushika Hokusai e che
significa „immagini a caso‟ o „capricciose‟. È ovvio però che nei manga, come
in generale nei fumetti di ogni paese, le immagini poste in sequenza hanno in
realtà un senso tutt‟altro che casuale. In Spagna si parla in castigliano di tebeos
dal nome della prima rivista, TBO, che nel 1917 vi pubblicò fumetti, e in
catalano di còmic o di patufet, per motivi analoghi (dalla rivista En Patufet,
apparsa nel 1904); in Argentina i fumetti sono historietas, „storielle‟, una
6
Così Hugo Pratt racconta l‟essenza del fumetto, legittimando un mezzo comunicativo troppo
a lungo bistrattato. «Letteratura disegnata» significa narrare storie attraverso parole e
immagini, due codici integrati in un modo così stretto da costituire un unicum inscindibile, che
ha dato vita a un nuovo tipo di linguaggio.
7
Cfr. Blanchard, G. (1969) La bande dessinée, histoire des histoires en images de la
préhistoire à nos jours, Marabout, Francia, p. 34.
8
Cfr. Pratt, H. (1985), Comics and Sequential Art, Poorhouse Press, USA, p.57.
6
definizione affettuosa ma al contempo riduttiva; in portoghese sono quadriños,
più o meno „storie a quadretti‟. E in molti altri paesi i nomi sono davvero vari:
tegneserie in danese, stripverhaal in olandese, sarjakuva in finlandese, tecknad
serie in svedese.
Oggi il fumetto è sempre più protagonista di lodevoli iniziative laboratoriali
promosse da biblioteche, dirigenze scolastiche, sovrintendenze, perfino dal
Ministero della Pubblica Istruzione, impegnati nel tentativo di promuovere o
segnalare fra bambini e ragazzi la lettura dei fumetti.
1.2 Le origini del fumetto
L‟origine del fumetto affonda le proprie radici nell'antichità se non addirittura
nella preistoria. Forme di rappresentazione visiva sequenziale e didascalica
sono, ad esempio, le pitture rupestri oppure gli affreschi e i bassorilievi di
epoca egizia, ellenica e romana; lo stesso termine “filatterio” designa i nastri, le
sequenze verbali che accompagnavano le rappresentazioni sacre medievali. Gli
uomini, infatti, non conoscendo la pratica della scrittura, ricorrevano
all‟incisione di disegni su pietra per rappresentare e tramandare episodi e
momenti significativi della loro vita.
Un certo nazionalismo ha spinto molti studiosi in una disputa per conferire al
proprio paese la palma di culla del fumetto mondiale, ottenuta infine dagli Stati
Uniti.
La nascita del fumetto, dunque, risale al 16 febbraio 1896, giorno in cui in una
pacifica domenica statunitense accadde un evento che allora fu considerato
quasi irrilevante, che avrebbe poi portato conseguenze di proporzioni
incredibilmente vaste nel mondo dei mass media. Quel giorno nella quarta
pagina del giornale New York World di Joseph Pulitzer, uno dei giornali più
letti di New York, vi era una grande illustrazione a colori, intitolata: <<La
mostra del grande cane in M’googan’s avenue>>. Si trattava di una scena
ambientata in un cortile di una grande città pieno di animali, di biancheria stesa
e di ragazzini che giocavano. In mezzo a loro faceva la sua prima comparsa
quello che poi sarebbe dovuto diventare un grandissimo personaggio della
storia del fumetto.
7
Il personaggio protagonista di queste vignette si chiamava Yellow Kid ed era
un bambino brutto, calvo e sporco caratterizzato da bassa statura con grandi
orecchie a sventola e vestito di una lunga camicia da notte di colore giallo
(yellow in inglese) su cui erano stampate sgrammaticate frasi in gergo. La
storia ambientata nel sobborgo povero della Lower Manhattan permise
all‟autore di ritrarre in modo originale la povertà, il linguaggio crudo e
sgrammaticato, la violenza e la gestualità, che lo caratterizzavano. Il nuovo
personaggio venne accolto con grandi consensi da un pubblico che dimostrò
sempre più interesse per i supplementi domenicali a colori tanto da
incrementare notevolmente le vendite. In realtà l‟esperimento di Pulitzer aveva
un fine pedagogico: voleva cioè aprire un capitolo, che potesse divertire i
bambini, all‟interno del suo quotidiano. Forse non si aspettava che Jellow Kid
sarebbe entrato, con grande successo, anche nel mondo degli adulti.
Questa serie Down Hogan’s Alley scritta e disegnata dal fumettista Richard
Felton Outcault è quindi considerata il primo fumetto della storia, proprio per
l‟innovativa caratteristica di riportare i dialoghi dei personaggi racchiusi in una
nuvoletta di fumo.
Da quel momento il fumetto diventa una delle più potenti attrattive per i lettori
dei giornali quotidiani e si diffonde oltre i confini statunitensi per raggiungere
diverse parti del globo.
Nel 1907 viene adottata la soluzione di ospitare giornalmente delle strisce,
brevi sequenze di vignette disposte orizzontalmente, che risultavano facili da
allocare nelle tradizionali griglie tipografiche del quotidiano. Le daily strip non
erano a colori e richiedevano poco tempo per la loro realizzazione, senza
dunque distogliere l‟autore dal suo impegno primario, che restava quello di
realizzare l‟attesa sunday page. In breve tempo, tuttavia, le strip acquisirono
una loro autonomia e dignità, sviluppando grammatiche che si differenziavano
fortemente da quelle messe a punto per le tavole.
La striscia giornaliera risponde soprattutto all‟esigenza di garantire un contatto
più continuo con il pubblico, nell‟ottica di una strategia generale del sistema
dei media, che tende a farsi progressivamente più pervasivo. Diventa presto un