V
Infatti, riprendendo il ragionamento per analogia,
ricercata e acquisita l’indispensabile macchina fotografica,
ciò che mi separa da quella foto che si è originata da una
riflessione personale e che voglio realizzare, è costituito da
due requisiti: le conoscenze necessarie per l’utilizzo
dell’apparecchio fotografico e la dotazione del piccolo, ma
indispensabile, rullino fotografico. Con questa dotazione
strumentale-conoscitiva è per me possibile scattare e cercar
gloria…
Ebbene, ricercati e acquisiti gli strumenti di base
(i testi, gli orientamenti forniti dai Relatori – che
intendiamoci, non hanno mai intaccato l’autonomia delle mie
riflessioni -, il Pc, ecc.), impadronitomi delle conoscenze
necessarie all’elaborazione, attraverso lo studio della
Strategia Aziendale e un’esperienza di stage, ho potuto
sintetizzare e esporre in questo scritto il complesso concetto
economico di Vantaggio Competitivo (incontrato nel Corso
di Organizzazione aziendale) che lo ha maggiormente
ispirato, unitamente ad una personale esigenza di fondo:
entrare realmente in contatto con un’Azienda e all’interno di
essa ricercare il Vantaggio Competitivo.
Ho scelto di rappresentare queste idee ispiratrici
mediante una dimostrazione pratica, ossia mostrando come
una particolare forma di aggregazione tra imprese, il
Franchising, possa realmente favorire il mantenimento e lo
sviluppo di vantaggi competitivi sostenibili: ‘immortalare’ tali
vantaggi nel franchising, questo il fine di questa tesi-
fotografia.
E come risulta per la fotografia quantitativamente
decisivo il rullino fotografico, nel senso che determina la
quantità di scatti disponibili per ‘cogliere l’attimo’, così è
risultato decisivo ai fini quantitativi lo studio della
VI
Valutazione Aziendale (e quello connesso dei Metodi per
le Comparazioni di Bilancio), in quanto fonte delle
conoscenze utili a dimostrare matematicamente, e quindi
inconfutabilmente, il vantaggio competitivo della rete di
franchising analizzata.
Ho potuto perseguire tale scopo in virtù sia del
supporto orientativo dei miei Relatori (il Docente del Corso
di Organizzazione Aziendale presso la facoltà di Scienze
Politiche, Prof. Vincenzo Cavaliere; il Docente del Corso sui
Metodi di Analisi Finanziaria presso la Facoltà di Economia e
Commercio, Prof. Augusto Bellieri dei Belliera) sia dello
stage compiuto all’interno della catena alberghiera
Vivahotels® (esperienza concessami dai proprietari, Arch.
Paolo del Bianco e Arch. Giovanna Dani).
Lascio spazio alla lettura di questa Tesi, frutto di un
lavoro faticoso quanto per me proficuo, giacché orientato al
e ispirato dal mondo lavorativo reale, ovvero ciò che mi
attende.
1
CAPITOLO 1
_______Le strategie aziendali________
Introduzione
Nell’ambiente militare con il termine strategia si indica
un insieme di azioni tra loro coordinate e finalizzate ad uno
stesso scopo, cioè abbattere o arrecare il maggior danno
possibile alle forze nemiche in una prospettiva generale di
espansione o di difesa territoriale.
Anche le imprese si scontrano per conquistare o
mantenere quote di mercato, cosicché a tal fine elaborano e
adottano strategie volte ad abbattere o arrecare il maggior
danno possibile ai concorrenti: non perseguendo
l’annientamento fisico del concorrente (almeno non in
ambienti concorrenziali civili …), tali strategie, per le
imprese, derivano da analisi - interne, del mercato, della
concorrenza - da cui emergono quelle peculiarità proprie
esclusive su cui fondare la ricerca e il conseguimento di
vantaggi competitivi sostenibili, cioè di posizioni
concorrenziali favorevoli originate principalmente da costi
inferiori e/o profitti superiori.
Se tali vantaggi devono essere individuati basandosi
sulle caratteristiche strutturali del settore o essere fondati
sulle proprie risorse e competenze, è una questione che
alimenta il dibattito tra gli studiosi di Strategia Aziendale: le
due alternative strategiche sembrano essere due facce della
stessa medaglia, ossia sono talmente interrelate che, invece
2
di porle come alternativa l’una dell’altra, devono essere
considerate nella loro integrazione.
La strategia, dunque, individuati i potenziali
differenziali di competitività-redditività e i loro determinanti,
si concretizza in pianificazioni (degli obiettivi, delle priorità,
di problem solving) e in processi operativi (di
commercializzazione, di organizzazione, di controllo) che
mirano al mantenimento e allo sviluppo della posizione
favorevole dell’impresa sullo sfondo di un orientamento
strategico generale che inquadra il business dell’impresa in
termini temporali, dimensionali, di attività svolta e di qualità
ricercata.
L’importanza dell’analisi strategica risiede soprattutto
nel fatto che, unita all’analisi dei risultati storici, costituisce
un quadro di riferimento informativo che le formule
valutative (analizzate nel Capitolo 2) devono integrare: da
un lato, essendo l’attività strategica sempre più toccata da
esigenze di creazione di valore è impensabile perseguire tali
obiettivi senza strumenti di misura della dinamica del
valore; dall’altro, gli esperti di valutazione si sono resi conto
che le formule valutative sono inefficaci se gli elementi
quantitativi che esse assumono non hanno un’ampia e
razionale base informativa, senza la quale rischiano sempre
più di enunciare grandezze incerte, non documentabili e
qualche volta addirittura prive di senso.
L’analisi strategica si impone, in definitiva, come
elemento necessario alle formule valutative in quanto ad
esse complementare, soprattutto nella determinazione di
previsioni efficienti, cioè ragionate e documentate, di quei
3
flussi di cassa attesi alla base dei metodi valutativi più
accreditati
1
.
Alla fine del capitolo, per esemplificare il recente
orientamento all’integrazione tra strategie e formule
valutative, viene descritta la pianificazione orientata al
valore (Value-Based planning), strumento pratico di alta
efficacia è essenziale per stabilire le aree strategiche d’affari
che generano o distruggono valore.
1
Per esempio, consideriamo la fiscalità. E’ evidente come la conoscenza
dell’aliquota fiscale, ragionevolmente applicabile per gli anni a venire, possa
influire su tutti i flussi di cassa attesi: confrontando l’incidenza fiscale sui redditi
prodotti con quella subita dalla concorrenza è probabile che si riscontrino dei
differenziali; di questi saranno da ricercare e stabilire le cause, così da cercare di
mantenerli (se positivi) o ridurli (se negativi).
4
1.1 Contenuto e obiettivi della strategia
aziendale
Si può dire che, in generale, una strategia aziendale
deve:
— essere un modello decisionale coerente, unitario
e integrato;
— determinare gli obiettivi di lungo periodo
dell’impresa e conseguentemente i programmi
d’azione e le priorità allocative;
— definire il territorio competitivo dell’impresa;
— saper fronteggiare minacce e punti di forza dei
concorrenti, come deve saper sfruttare sia le
debolezze dei concorrenti che le opportunità
offerte dal mercato, il tutto al fine di conseguire
il vantaggio competitivo;
— indicare la differenziazione dei compiti del
management (a livello centrale, SBU,
funzionale) ai fini di un’efficace implementazione
della strategia;
— definire i rapporti con i vari stakeholders
2
.
Emergono da questo elenco tre principali scopi della
strategia aziendale: formalizzare e fissare gli obiettivi di
tutta l’azienda; supportare i processi decisionali
2
“Occorre considerare gli stakeholders come soggetti che contribuiscono al
processo di creazione del valore e che quindi entrano nel sistema di gestione
strategica dell’impresa”. Si distinguono: “gli stakeholders interni, ossia quei
soggetti che agiscono all’interno del sistema impresa (ad esempio la proprietà,
la direzione e le risorse umane aziendali); gli stakeholders esterni, ossia coloro
che esercitano dall’esterno un’influenza sulle vicende dell’impresa (ad esempio lo
Stato, i sindacati, l’opinione pubblica); gli stakeholders primari ossia coloro che
hanno una formale relazione contrattuale con l’impresa (ad esempio i fornitori, i
lavoratori e i clienti) e gli stakeholders secondari ossia tutti quegli altri soggetti
che possono influenzare le attività dell’impresa (o da queste essere influenzati)”.
L. SICCA, La gestione strategica dell’impresa, CEDAM, Padova-1998, pag. 52 .
5
indirizzandoli verso una coerenza strategica
3
di fondo;
coordinare le attività aziendali e costituire uno strumento di
comunicazione tra il vertice aziendale e la struttura
organizzativa.
Come si può vedere dalla Tabella 1.1
4
, il concetto di
strategia è mutato nel tempo; si possono individuare cinque
principali teorie riguardanti il contenuto della strategia:
1. la business policy della scuola di Harvard, secondo cui
la strategia consiste nell’individuare le opportunità e le
minacce che derivano all’impresa dall’ambiente
esterno, e nell’analizzare la situazione interna,
focalizzando i punti di forza e di debolezza
dell’impresa;
2. le strategie reali di Mintzberg, nelle quali si esprime la
strategia come continuo apprendimento dell’impresa
(learning by doing)
5
;
3. lo strategic management della scuola di Ansoff
6
,
secondo cui la strategia deve contenere le modalità di
3
“Una strategia aiuta a raggiungere una coerenza delle decisioni nel tempo.
Nelle organizzazioni complesse, la strategia funge da strumento per ottenere
una coerenza decisionale tra i diversi dipartimenti e i diversi individui. (…)
Affinché la strategia fornisca questo tipo di coordinamento è necessario che il
processo strategico agisca come un meccanismo di comunicazione all’interno
dell’impresa. Uno dei più importanti cambiamenti avvenuto nelle grandi imprese
negli ultimi venti anni (…) il trasferimento della responsabilità per la
formulazione strategica dai dipartimenti di pianificazione di gruppo ai dirigenti
che hanno la responsabilità delle singole aree d’affari. (...) il processo di
pianificazione strategica fornisce una occasione di dialogo tra i manager del
gruppo, delle divisioni e delle unità di business, tra i direttori generali e gli
specialisti di funzione.” R.M. GRANT, L’analisi strategica nella gestione aziendale.
Concetti, tecniche, applicazioni, IL MULINO, Bologna, 1999, pp. 40-41 .
4
R.M. GRANT, L’analisi strategica nella gestione aziendale. Concetti, tecniche,
applicazioni, IL MULINO, Bologna , 1999, p. 33 .
5
H. MINTZBERG Ascesa e declino della pianificazione strategica, ISEDI, Torino,
1996. Partendo da una strategia intenzionale, alla luce della realtà operativa
viene formulata una strategia deliberata, dopo aver eliminato la parte di
strategie previste nelle intenzioni, ma non realizzabili. Il continuo evolversi della
realtà aziendale fa successivamente emergere strategie (strategie emergenti),
che vanno a modificare le strategie deliberate, dando forma a strategie
realizzate diverse sia dalle strategie intenzionali, sia dalle strategie deliberate.
6
I. ANSOFF, Management Strategico, ETAS, Milano, 1980.
6
interazione tra l’interno dell’impresa e l’ambiente
esterno prescindendo dai fini
7
;
Anni ' 50 Anni ' 60 Anni ' 70
Fine Anni ' 70
Primi Anni ' 80
Fine Anni ' 80
Primi Anni ' 90
Fine Anni ' 80
Anni ' 90
Tema
dominante
Pianificazion
e e controllo
di budget
Pianificazione
di gruppo
Strategia di
gruppo
Analisi del settore
e della
concorrenza
Ricerca del
vantaggio
competitivo
Innovazione
strategica
Argomenti
principali
Controllo
finanziario
attraverso i
budget
operativi
Crescita
pianificata
Pianificazione
di portafoglio
Scelta dei settori
dei mercati e dei
segmenti e
posizionamento
all'interno di essi
Fonti del
vantaggio
competitivo
nell'impresa
Vantaggio
strategico e
organizzativo
Tecniche e
concetti
principali
Budgeting
finanziario
Pianificazion
e
investimenti
Valutazione
del progetto
Modelli
previsionali di
pianificazione
degli
investimenti
Sinergia
ASA
Matrici di
pianificazione
di portafoglio
Curve di
esperienza
Rendimento
azionario
Analisi della
struttura del
settore
Analisi della
concorrenza
Analisi delle
risorse e delle
competenze
Fonti dinamiche
del vantaggio
competitivo
Controllo degli
standard
Conoscenza e
apprendimento
Implicazioni
organizza_
tive
Ruolo
cruciale
della
direzione
finanziaria
Ascesa dei
dipartimenti di
pianificazione
di gruppo e dei
piani formali di
5 anni
Diversificazione
Strutture
multidivisionali
Ricerca di una
quota di
mercato
globale
Maggiore
selettività del
settore e del
mercato
Riorganizzazione
del settore
Gestione
patrimoniale
Nuovo assetto di
gruppo e
reengineering del
processo di
business
Rifocalizzazione e
acquisto da
imprese esterne
L'organizzazione
virtuale
L'impresa basata
sulla conoscenza
Alleanze e reti
La ricerca di una
massa critica
Tabella 1.1 .L’evoluzione del management strategico
4. le strategie empiriche basate sui specifici fattori di
successo quali: un approccio empirico, una struttura
semplice, l’orientamento al cliente, il coinvolgimento
del personale, l’imprenditorialità, l’enfasi su valori
aziendali, la concentrazione sulle attività aziendali
note, l’equilibrio fra elasticità e rigidità dei controlli
8
.
7
Questo modo di concepire le strategie è di stampo militare: l’obiettivo consiste
nel vincere la guerra senza discuterne le finalità.
8
L’approccio empirico alla formulazione delle strategie emerge negli anni ‘80 con
una indagine di una società di consulenza internazionale (McKinsey), realizzata
da T.J. PETERS e R.H. Jr. WATERMAN (Alla ricerca dell’eccellenza, SPERLING &
KUPFER Ed., Milano - 1984) sui fattori di successo rilevati in 10 imprese, di cui:
5 imprese nel settore informatico elettronico (IBM, Texas Instruments, Hewlett-
Packard, Digital Equipment); 5 imprese in settori diversificati, quali la Procter &
7
5. le formule imprenditoriali di R. Normann e V. Coda
9
,
per le quali le strategie si sviluppano in 6 fasi: l’analisi
dello scenario esterno, con la consapevolezza della
necessità di intervenire strategicamente; la
formulazione di una business idea da verificare; la
messa a punto della strategia dopo aver effettuato le
verifiche; lo sviluppo di risorse strutturali per
l’attuazione strategica; l’attuazione operativa della
strategia; il monitoraggio della strategia, che può
condurre al consolidamento o alla revisione della
strategia.
Allo stato attuale dell’evoluzione degli studi, sono
sostanzialmente tre i fondamentali concetti di strategia che
devono essere tra di loro integrati:
• l’orientamento strategico di fondo;
• il modello strategico di M.E. Porter;
• le teorie strategiche fondate sulle risorse.
Gamble (beni di consumo) la Johnson & Johnson (farmaceutico), Mc Donald’s
(ristoranti), Dana (articoli meccanici), Emerson Electric (articoli elettronici).
9
R. NORMANN, Le condizioni di sviluppo dell’impresa, ETAS, Milano, 1979; V.
CODA, L’orientamento strategico dell’impresa, UTET, Torino, 1988.
8
1.2 L’orientamento strategico di fondo
In un’impresa, qualsiasi decisione strategica deve
riferirsi all’indirizzo, o orientamento, generale stabilito dai
vertici aziendali (individuabili a seconda delle dimensioni e
del tipo di impresa – s.p.a. , s.r.l. , ecc. - nelle figure dei
proprietari, degli azionisti di maggioranza, del Consiglio di
Amministrazione, et similia) indirizzo configurato
principalmente da quattro variabili:
1. Il campo di attività che l’impresa intende svolgere
(proseguire l’attività iniziale sfruttando esperienza e
competenze accumulate; entrare in nuovi campi
cogliendo opportunità di business).
2. L’ orizzonte temporale dell’attività, che variando dal
breve a lungo periodo determina differenti
comportamenti aziendali nei confronti:
— degli obiettivi di profitto aziendale, che è una variabile
relativa quando l’orizzonte strategico temporale è di
lungo periodo; diventa invece un vincolo rigidissimo
con un orizzonte temporale di breve periodo; infatti un
orientamento al breve periodo comporta la ricerca
esasperata del profitto mediante: investimenti solo
con ROI (Return on Investiment
10
) molto elevati e con
periodo di recupero dell’investimento (pay back) molto
rapido; disinvestimenti con perdite di posizioni
competitive nelle aree in crisi; tagli di organici con
incentivazione basate sull’anzianità e non sulle qualità
professionali; riduzione dei budget di ricerca e
sviluppo; riduzione dell’attività di formazione.
10
Gli indici reddituali usati per le comparazioni di bilancio sono approfonditi
nell’Appendice II.
9
L’orientamento di fondo di breve periodo consente
pertanto di risanare l’impresa in crisi riportandola su
livelli di redditività, ma perdendo competitività e
quindi con elevati rischi nel lungo periodo. Al contrario
un orizzonte temporale nel lungo periodo condiziona le
strategie aziendali comportando: interventi rivolti ad
ottenere un profitto duraturo nel tempo, ovvero
strutturale; la rinuncia a profitti elevati o immediati
pur di conquistare posizioni competitive; accettazione
di sfide apparentemente difficili, ma con probabilità di
successo nel lungo periodo.
— dei rapporti con gli interlocutori sociali, poiché, ad
esempio, con un orizzonte temporale di breve periodo
si tenderebbe ad avere: un conflitto con i lavoratori e
con il sindacato; la ricerca di finanziatori a più bassi
tassi di interesse, prescindendo dalla fedeltà di
rapporto nel tempo; scarsa chiarezza e trasparenza
nei confronti degli azionisti di minoranza; intenti
elusivi con l’amministrazione fiscale.
— della successione aziendale, nel senso che si potrebbe
verificare una sorta di ereditarietà gestionale
dell’azienda con inserimento dei figli in posizioni
dirigenziali ancorché giovani e per di più con medesimi
compensi indipendentemente dall’attività svolta;
quest’ottica di breve periodo nella successione,
comporta sia la demotivazione del management e dei
quadri intermedi che possono essere scavalcati da figli
impreparati o addirittura inadatti ai compiti, che
elevate difficoltà di una futura leadership dei figli nel
ruolo imprenditoriale.
— dei processi di ristrutturazione aziendale, che nel breve
10
periodo comporterebbero i medesimi effetti già
ricordati nell’ambito degli obiettivi di profitto; un
orientamento strategico di fondo rivolto al lungo
periodo indirizzerebbe le strategie di risanamento
verso: strategie di diversificazione; strategie di
internazionalizzazione; nuove strategie con gli
interlocutori sociali
11
.
3. La concezione della crescita dimensionale dell’impresa,
che può essere assente, forzata (in quanto l’imprenditore
vuole crescere a tutti i costi a prescindere dalla capacità
manageriale e dall’esperienza, essendo guidato solo da
obiettivi di prestigio e di potere o da errati calcoli del
rischio) o coerente con il trend di sviluppo del settore.
4. la ricerca della qualità totale o eccellenza imprenditoriale:
lo sviluppo qualitativo varia al variare della profondità e
dell’ampiezza della qualità totale ricercata, oltreché al
variare del grado di apertura all’innovazione.
Per le decisioni riguardanti le suddette variabili
temporali, dimensionali e qualitative, si può dire che
l’impresa mantiene una certa indipendenza, nel senso che
tali decisioni dipendono in primis dalle proprie peculiarità
(imprenditoriali, operative, organizzative, finanziarie,
etc.); per quanto concerne la scelta del campo di attività,
invece, l’impresa è influenzata dall’attrattività
12
del settore,
11
Tra di essi si possono ricordare:i lavoratori dipendenti ed i lavoratori
autonomi; gli azionisti di minoranza; gli enti finanziatori esterni quali le banche,
gli istituti a medio termine, le società di leasing e factoring, ecc.; lo Stato, inteso
come insieme di diversi interlocutori quali l’amministrazione finanziaria che
riscuote le imposte, i ministeri, ecc.; i rappresentanti sindacali.
12
La determinazione del livello di attrattività-redditività di un settore deve
essere preceduta dall’analisi della segmentazione strategica del settore
(finalizzata all’individuazione di un più ristretto e omogeneo ambito
concorrenziale) e dall’identificazione dei raggruppamenti strategici (gruppi
d’imprese che relativamente alle scelte produttive, commerciali, etc. , risultano
omogenee) all’interno dei segmenti strategici.
11
cioè dai profitti potenzialmente realizzabili nel settore.
Nel contesto italiano, ove tende a predominare
l’impresa padronale, ovvero caratterizzata da una forte
presenza dell’imprenditore, si può dire che l’orientamento
strategico di fondo rappresenta un punto di partenza
fondamentale che condiziona le strategie imprenditoriali.
12
1.3 Il vantaggio competitivo
13
Preliminare all’esposizione dei maggiori modelli
strategici, risulta l’introduzione al concetto di vantaggio
competitivo: con tale termine si indica una posizione
favorevole che un’impresa raggiunge (e cerca di mantenere)
nei mercati in cui opera in virtù dell’elaborazione e
dell’implementazione di strategia volte principalmente a
conseguire costi inferiori e redditi superiori rispetto alle
imprese rivali: in definitiva, attraverso il possesso, la
creazione, l’acquisizione dei fattori che permettono di
conseguire tali obiettivi strategici, l’impresa gode di una
posizione favorevole rispetto ai concorrenti, ovvero detiene
un vantaggio competitivo, che si concretizza principalmente
in un vantaggio di costo e/o di differenziazione.
Il vantaggio di costo può derivare:
• da una migliore utilizzazione delle risorse o delle attività
generatrici di valore dell’impresa (impianti di produzione,
strutture distributive, strutture logistiche, strutture di servizi
di assistenza al cliente, strutture di R&S, ecc.);
• dall’adozione, nell’ambito di una data tecnologia di processo,
di impianti o di processi operativi con capacità produttiva e
rendimenti tecnico-economici più elevati (sfruttamento di
economie di scala tecnologiche);
• da una sistematica innovazione delle tecnologie di processo
(produttivo, logistico, informativo, ecc.) e di prodotto che
consente all’impresa di operare con maggiori livelli di
efficienza rispetto ai concorrenti;
13
L’ espressione ‘ vantaggio competitivo’ è attribuibile a M.E. PORTER, cosicché
il titolo del paragrafo dovrebbe essere ‘Il vantaggio competitivo di Porter’;
tuttavia, il paragrafo intende essere un’introduzione generale al concetto di
vantaggio competitivo, che come si vedrà, si è sviluppato sotto altre definizioni
attraverso opere precedenti quelle di Porter. L’approfondimento dell’approccio di
Porter al vantaggio competitivo è comunque compiuto nel successivo Paragrafo
1.4 .