Introduzione
2
degli ordinamenti esteri dei testi che da essi stessi erano stati
presi come modello, come ad esempio il codice francese,
assolvendo quindi una funzione di mezzo di diffusione. Il presente
studio si propone, dunque, di valutare l’influenza determinante
dei testi italiani in America Latina, i cui Stati, che
originariamente erano sottoposti al diritto spagnolo o portoghese
per ovvie ragioni di dipendenza coloniale, acquisita
l’indipendenza hanno volto lo sguardo all’ordinamento e alla
dottrina italiana, recependone le idee fondamentali.
CAPITOLO I
I CODICI ITALIANI
Capitolo I - I codici italiani
4
Il codice civile del 1865: caratteristiche e influenza
francese
L’unificazione politica e poi la proclamazione del nuovo Regno
d’Italia, determinarono in tempi piuttosto brevi e cioè in circa sei
anni (dal 1859 al 1865), anche l’unificazione dell’ordinamento
civilistico1: con la legge 2 aprile 1865 n. 2215 infatti si delegava
in pratica il governo (inaugurando almeno per certi aspetti un
metodo che diverrà usuale nella nostra storia giuridica2) alla
definitiva messa a punto del codice civile e alla sua pubblicazione
(con entrata in vigore fissata per il 1 gennaio 1866).
Il nuovo codice, che si apre con una serie di “disposizioni sulla
pubblicazione, interpretazione ed applicazione della legge in
generale”, e si articola poi in tre libri dedicati rispettivamente
alle persone (I libro), ai beni, alla proprietà e alle modificazioni
di essa (II libro), e infine ai modi di acquisto e di trasmissione
della proprietà medesima e degli altri diritti sulle cose (III libro),
pur apparendo dotato di sue autonome caratteristiche, rivela
subito i suoi legami, di struttura e di contenuti, con il code
napoleon; quest’ultimo infatti, dopo aver esercitato una influenza
determinante sui codici della restaurazione, costituì il modello
imprescindibile per il codice del 1865, da cui in molta parte
dipende l’attuale testo del codice del 1942 e a cui si ispirarono
numerosi ordinamenti latino-americani.
1
Per un approfondimento sulle tappe di questo processo storico cfr. A. AQUARONE, L’unificazione
legislativa e i codici del 1865, Giuffrè, 1960.
2
Riguardo al metodo di formazione dei codici in Italia cfr. anche R. CERCIELLO, Il metodo nella
riforma dei codici con particolare riguardo al codice civile, Libreria di scienze e lettere, 1923.
Capitolo I - I codici italiani
5
Questo stretto legame deriva da una scelta precisa del legislatore
del 1865 che, trovandosi di fronte al problema della redazione di
un codice nazionale, optò per l’emanazione di un codice nazionale
italiano che, seguendo il modello francese, lo adeguasse nei
principi e negli istituti alla tradizione comune degli stati italiani
preunitari. La ricezione di questo codice fu facilitata anche dal
radicamento di questo modello nello Stato Sabaudo, poiché il
ruolo di guida che il Piemonte ebbe nel movimento di
unificazione nazionale comportò la ovvia conseguenza che, un
volta costituitosi il Regno d’Italia nel 1861, venissero adottati
spontaneamente i modelli vigenti in quello stato. Fu inoltre
decisivo per la adozione di un codice civile strettamente analogo
al modello francese anche il generale sentimento di simpatia per
la Francia, la quale aveva agevolato in modo fondamentale l’unità
d’Italia ed era perciò vista con favore dal popolo italiano. Una
certa importanza ebbe anche la dottrina giuridica dell’Italia unita,
che s’ispirò spesso ai modelli dottrinali francesi poiché, per i
giuristi i taliani, che erano coscienti di quanto il loro diritto
positivo derivasse da quello francese, era naturale considerare
come autorità i commenti e le analisi della dottrina francese.
L’influenza francese nel diritto delle persone, ed in particolare
della famiglia, risulta evidente dopo un’analisi del primo libro.
Il legislatore del 1865 considerava la famiglia italiana come un
ampio gruppo sul quale si fondava la conservazione dell’ordine
borghese, quindi decise di costruire la disciplina della comunità
familiare su un ambiente borghese e colto.
Capitolo I - I codici italiani
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Il primo rilievo importante da osservare è che si afferma il
principio del matrimonio civile come unico vincolo rilevante per
lo stato: cade con ciò la giurisdizione ecclesiastica, ma rimane
salva la indissolubilità del vincolo. La proclamata laicità del
codice del 1865 e dei suoi autori non impedì tuttavia a questi di
accogliere principi di origine o tradizione cristiana: l’art. 130, per
esempio, come afferma il Capograssi3, nel definire le obbligazioni
reciproche dei coniugi presuppone la concezione del matrimonio e
della famiglia come un’organizzazione perenne di sacrificio, e
consacra, nella sua formula, valori di origine cristiana.
Il codice accoglie quegli istituti e principi del matrimonio
canonico che non contrastano con i principi del diritto pubblico
italiano: laicizzati, questi istituti vengono applicati a tutti i
cittadini, indipendentemente da qualsiasi convinzione o fede
religiosa4, secondo il principio dell’uguaglianza di tutti di fronte
alla legge di uno stato che dichiara espressamente la sua laicità e
la sua volontà di rispettare la libertà delle coscienze e il libero
esercizio dei culti: non furono però riconosciuti alcuni
impedimenti di diritto canonico (ordine, voto, disparità di culto o
di confessione cristiana, sponsali, cognizione spirituale e legale
entro i gradi canonici), mentre furono conservati secondo la
tradizione del diritto degli stati preunitari impedimenti civili non
ammessi dal diritto canonico (difetto del consenso dei genitori,
lutto vedovile, limite massimo di età di 18 anni per l’uomo e 15
per la donna).
3
G. CAPOGRASSI, Analisi dell’esperienza comune, in Opere, 2, Giuffrè, 1959.
4
Sul tema cfr. anche G. RUGGERI, L’evoluzione storico-giuridica del sistema matrimoniale italiano, in
Annali della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Genova, 12, 1973.
Capitolo I - I codici italiani
7
Per quanto riguarda i figli illegittimi, è vietato l’accertamento
della paternità, salvo nel caso di ratto e di stupro violento,
secondo la regola del code napoleon , mentre è sempre ammesso
l’accertamento della maternità. Attraverso la concessione ai figli
naturali non adulterini né incestuosi di più larghi diritti che in
passato, specialmente riguardo agli alimenti e alla successione
ereditaria, è favorito il riconoscimento volontario di essi.
Il codice del 1865, seguendo la scelta adottata dal codice
francese, conserva l’istituto dell’autorizzazione, limitata però ai
negozi giuridici più rilevanti, cosicché la moglie non può donare,
alienare beni immobiliari, ipotecarli, contrarre mutui, cedere o
riscuotere capitali, transigere o stare in giudizio relativamente a
tali atti (art. 134), assumere mandati, tenere una autonoma
gestione di conti bancari, testimoniare, né fare parte del consiglio
di famiglia.
L’esercizio della patria potestà, sebbene essa spetti ad entrambi i
genitori, è attribuito al padre in vita e, soltanto dopo la sua morte,
può essere esercitato dalla madre; cessa con la maggiore età,
l’emancipazione, il matrimonio del figlio. Per favorire una parità
di trattamento tra i figli, in base a quel principio di uguaglianza
tra i figli ripreso ancora una volta dal code civil, il legislatore
esclude diseredazione e fedecommessi; un obbligo legale di
dotare la figlia non è più riconosciuto, così come le rinunce di
questa alla successione futura.
Alla moglie, come al marito, è accordata (art. 753) la successione
soltanto in una quota dell’usufrutto, non della proprietà dei beni:
l’idea di base del Codice civile del 1865 resta quella della
proprietà secondo i principi della legislazione rivoluzionaria
Capitolo I - I codici italiani
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francese, della quale però è stato abbandonato l’intento di
frazionare la proprietà stessa.
La dote costituisce ancora il regime normale nei rapporti
patrimoniali tra coniugi; la comunione universale dei beni è
esclusa e si ammette solo la comunione patrizia degli acquisti.
Nel disciplinare il diritto della famiglia il legislatore del 1865 si
affida alla regola del dovere, mutuata dal code napoleon con una
particolare accentuazione: infatti nel campo dei diritti-doveri,
tipici del diritto familiare, il momento del dovere prevale
sull’interesse individuale (ad esempio: art. 233 in tema di patria
potestà; artt . 130 ss per i diritti e i doveri che nascono dal
matrimonio; artt. 138 ss per i diritti e doveri dei coniugi riguardo
alla prole).
I diritti della famiglia, che si concretano in altrettanti stati ,
inerenti alla persona e sottratti alla disponibilità dei privati, non
possono essere alienati, trasmessi, prescritti; sono retti da norme
imperative e sono diritti assoluti, non passibili di condizione o
termine, che si possono far valere verso chiunque.
Anche nei libri II e III si può osservare un’importante influenza
del code napoleon: infatti, come nel modello francese, la
proprietà è alla base del sistema e ne condiziona dall’interno gli
sviluppi, e al dogma della proprietà, sacra e intoccabile,
corrisponde in parallelo, sul piano dei contratti, il dogma della
libertà negoziale, del puro potere di obbligarsi e di stringere
vincoli. L’articolo 436 del Codice italiano, che ricalca
letteralmente l’art. 5445 del code civil, definisce la proprietà
5
Sulla definizione della proprietà nel Code Napoleon, cfr. S. RODOTA’, Note intorno all’art. 544 del
“Code civil”, in scritti per il XL della morte di P.E. Bensa, Giuffrè, 1969; vedi anche, dello stesso autore,
Capitolo I - I codici italiani
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come “ il diritto di godere delle cose nella maniera più assoluta,
purché non se ne faccia un uso vietato dalle leggi e dai
regolamenti”; gli articoli seguenti dichiarano poi che nessuno può
essere costretto a cedere la sua proprietà se non per causa di
pubblico interesse (art. 438) e dietro corresponsione di un
indennizzo.
Anche in materia di obbligazioni e contratti il Codice del 1865 si
mantiene fedele al codice francese, anzi, se in altri settori
vengono apportate modifiche6 per adattare il testo modello alle
esigenze socio-politiche del paese, il settore dei contratti non è
toccato se non in parti marginali: in particolare questa materia è
anche nel codice italiano costruita sul principio del dovere di
eseguire gli accordi con correttezza e lealtà ed è nella parte del
diritto obbligatorio, ove è racchiusa la norma che prescrive ai
soggetti stipulanti d’eseguire gli impegni in buona fede, dove il
legislatore italiano si mantiene con più rigore fedele allo schema
francese e ne recepisce in larga misura gli sviluppi interni.
Il codice del 1865 infatti riprende le regole del code francese
sulla buona fede e sull’equità nei contratti recependo quasi alla
lettera gli articoli 1134 e 1135 del testo napoleonico, che sono
riuniti nell’art. 1124 secondo cui “i contratti debbono essere
eseguiti di buona fede, ed obbligano non solo a quanto è nei
medesimi espresso, ma anche a tutte le conseguenze che secondo
l’equità, l’uso o la legge ne derivano”. Con questo articolo
tuttavia l’obbligo della buona fede è incluso negli effetti del
Scienza giuridica ufficiale e definizioni della proprietà, in Materiali per una storia della cultura giuridica,
2, 1972.
6
Un giudizio limitato però al libro sulle persone, è offerto da G. PISANELLI, Dei progressi del diritto
civile in Italia nel secolo XIX, Vallardi, 1872. Si veda anche E. PIOLA CASELLI, Giurisprudenza, in Il
digesto italiano, XII, 1900-1904.
Capitolo I - I codici italiani
10
contratto (e non negli effetti delle obbligazioni come nel modello
francese), distinguendo in forme inequivocabili il negozio, che è
fonte di figure giuridiche soggettive, dai rapporti obbligatori, che
rappresentano il prodotto del consenso fra le parti.
Il legislatore italiano, che vieta il contratto in favore di terzi,
ignora l’impresa e non prende in considerazione, se non
marginalmente, il contratto di lavoro. Nel definire i requisiti
essenziali per la validità di un contratto è ripreso l’art. 1108 del
codice francese, cosicché essi sono individuati dall’art. 1104 del
codice del 1865 nel consenso della parte che obbliga, nella sua
capacità di contrarre, nella determinatezza dell’oggetto
dell’impegno e in una causa lecita nell’obbligazione. Dopo
l’affermazione poi che “l’obbligazione senza causa, o fondata
sopra una causa falsa o illecita, non può avere alcun effetto”,
l’art. 1122 specifica che “ la causa è illecita quando è contraria
alla legge, al buon costume o all’ordine pubblico”.
E’ utilizzata la soluzione proposta dal codice francese anche per
quanto riguarda l’anatocismo (art. 1154), ammesso dall’art. 1232,
che dichiara la liceità per le casse di risparmio di esigere gli
interessi scaduti sopra detti debiti civili, anche per periodi
inferiori a un anno, con espresso riferimento all’autonomia
regolamentare delle casse di risparmio.
Il codice civile del 1865, nel campo dei diritti delle persone così
come in materia di contratti e obbligazioni, facendo proprie molte
soluzioni già proposte nel code civil , si caratterizza per la sua
originalità rispetto ai codici preunitari, che si manifesta
nell’equilibrata affermazione dello stato democratico, ugualmente
Capitolo I - I codici italiani
11
lontano dagli eccessi giurisdizionalistici della monarchia assoluta
come da quelli radicali della repubblica giacobina.
Capitolo I - I codici italiani
12
Il codice civile del 1942: caratteristiche e influenza
tedesca.
Le prima guerra mondiale ebbe notevoli effetti sul nostro diritto
privato7 e si sentì presto l’esigenza di una riforma di questo
settore, la quale portò ad una nuova codificazione.
Il lungo cammino che porterà al codice del 19428 comincia con la
delega concessa dalla legge 30 dicembre 1923 n. 2814, con cui il
governo veniva autorizzato a “modificare nel codice civile le
disposizioni riguardanti l’assenza, la condizione dei figli
illegittimi, i casi di nullità del matrimonio, l’adozione, la patria
potestà, la tutela, la trascrizione e la prescrizione, e ad emendare
gli articoli del codice stesso che danno luogo a questioni
tradizionali o che comunque siano riconosciuti formalmente
imperfetti”, e con la costituzione nel 1924 di una Commissione
reale per la redazione degli emendamenti e del progetto.
Nel 1930 fu presentato il progetto del primo libro, di particolare
rilevanza poiché restò sempre, durante le fasi successive dei
lavori preparatori, come un dato fermo, certamente da ritoccare o
anche da ammodernare, ma in ogni caso insostituibile almeno
quale “scheletro” complessivo9.
7
Per un’analisi delle importanti riforme introdotte nel diritto pubblico, cfr. C. GHISALBERTI, Storia
costituzionale d’Italia, Laterza, 1996.
8
Per la testimonianza diretta di uno dei maggiori artefici della codificazione, in tutte le sue fasi, vedi
F. VASSALLI, Motivi e caratteri della codificazione civile, Giuffrè, 1947.
9
Vedi R. NICOLO’, Codice, III, Codice civile, Giuffrè, 1961.
Capitolo I - I codici italiani
13
A partire dal 193610 il lavoro della Commissione reale veniva
progressivamente travasato in progetti definitivi redatti da
appositi Comitati di giuristi: è con questi adempimenti che si può
considerare conclusa la prima fase dei lavori preparatori.
Nella redazione del nuovo codice, specialmente in questa fase,
ebbe molta importanza l’influenza dei modello tedesco, poiché gli
studiosi che componevano la commissione, di palese estrazione
romanistica, furono propensi ad attribuire alla loro disciplina un
ruolo di guida nel rinnovamento del diritto patrio recependo in
Italia i sistemi pandettistici.
A confronto di quello francese il modello tedesco appariva più
semplice11, e il primo motivo del suo rapido successo in Italia è
da cercarsi nel fatto che esso, essendo un modello scientifico
tratto dalla storia, prometteva una maggior emancipazione dalle
parole del codice ed insieme si proponeva, in quanto modello
sistematico, come capace di contenere gli strumenti necessari per
colmare le lacune del diritto senza dover attendere interventi
normativi. Infine, fu rilevante la volontà di liberarsi una volta per
tutte di quella esegesi all’italiana nata con la ricezione del
modello francese nel 1865 che molte volte finiva, attraverso il
suo metodo interpretativo, con il peggiorare le leggi che cercava
di chiarire.
La ricezione dell’insegnamento pandettistico fu tuttavia limitata,
poiché, come afferma Gambaro, “…gli scrittori tedeschi della
Scuola storica e della Scuola pandettistica furono imitati dagli
10
Per un esame della situazione della codificazione all’inizio del 1936, cfr. A. SOLMI, Codici e giustizia
dell’Italia fascista: discorso pronunciato al Senato del Regno sullo stato di previsione della spesa del
Ministero di grazia e giustizia - seduta del 24 marzo 1936, Tipografia del Senato, 1936.
11
Per un’analisi più approfondita sulle differenze di struttura del linguaggio tra i modelli francesi e
tedesco cfr. P.G. MONATERI, La sineddoche: formule e regole del diritto delle obbligazioni e dei
contratti, in Studi di diritto comparato, Giuffrè, 1968.
Capitolo I - I codici italiani
14
scrittori italiani nel loro metodo di analisi ed esposizione del
sistema giuridico, ma la loro influenza tra gli operatori di diritto
fu sempre filtrata dalla dottrina italiana, mentre mancarono
fenomeni di più diffusa osmosi, quali quelli verificatesi al tempo
della ricezione del modello francese”12.
Se la prima fase della codificazione, pur contrassegnata da
evidenti lentezze, aveva mantenuto un andamento lineare, la
seconda e più breve fase, condizionata non poco dall’avvento del
fascismo, si presenta invece estremamente convulsa.
Tra il 1939 e 1940 entrarono separatamente in vigore il l ibro I
(“Delle persone”) e il libro II (“Delle successioni per causa di
morte e delle donazioni”); nel 1940 s’impose definitivamente una
divisione del codice in sei libri, con conseguente soppressione
dell’autonomia del codice commerciale e nella seduta del
4 gennaio 1941 furono dichiarate definitivamente superate “le
ragioni storiche che hanno giustificato fino ad oggi l’autonomia
del Codice di commercio”13. Ulteriore corollario di questa scelta
era la caduta della duplicità della giurisdizione civile e
commerciale, con la sola eccezione dell’istituto del fallimento, al
quale si conservava, in vista delle “condizioni particolari
dell’economia italiana”, “l’attuale limitata sfera di applicazione”:
tutti i contratti, a parte quello del lavoro che trovava disciplina
nello specifico libro, venivano assorbiti dunque nel libro delle
obbligazioni.
12
Cfr. A. GAMBARO e R. SACCO, Sistemi giuridici comparati, Utet, 2002.
13
Le parole del guardasigilli e la deliberazione del Consiglio dei ministri sono pubblicate nell’opuscolo
Dell’impresa e del Lavoro nel codice civile (deliberazione del consiglio dei ministri nella riunione del 4
gennaio 1941, XIX), Tipografia della camera dei fasci e delle corporazioni, 1941.
Capitolo I - I codici italiani
15
Il codice era preceduto dalle Dichiarazioni della Carta del lavoro,
documento nato in epoca fascista a cui ormai era conferito
formalmente il preciso valore di “principi generali
dell’ordinamento giuridico dello Stato”. Il dato più rilevante è
comunque il mantenimento delle c.d. preleggi come preambolo del
codice civile, benché tali disposizioni non riguardino soltanto il
diritto privato (ma ad esempio anche il diritto processuale e il
diritto penale): è così implicitamente affermato il primato del
codice civile su tutti gli altri codici, riconfermando la scelta
operata dal legislatore del 1865.
Per quanto riguarda il l ibro I “Delle persone e della famiglia”,
dall’esame comparativo con il libro corrispondente del codice del
1865 emergono subito alcune novità sistematiche. A parte
l’eliminazione del tit. I del vecchio codice (“Della cittadinanza e
del godimento dei diritti civili”), spicca, innanzitutto, la riunione
delle norme sulle persone fisiche e sulle persone giuridiche nei
due nuovi titoli iniziali: la novità rileva, ancor più che nei
confronti delle persone fisiche, specialmente nei confronti delle
persone giuridiche, prima inadeguatamente confinate in un unico
articolo del codice, l’art. 2, che si occupava, per di più, delle sole
persone giuridiche pubbliche; il nuovo titolo, pur non essendo
esaustivo, si estende invece alle persone giuridiche private. La
normativa sembra esprimere due linee di tendenza: la prima è
quella di un attento controllo delle autorità pubbliche su tutta la
vita delle persone giuridiche; la seconda è quella della caduta di
ogni preconcetta avversione per le fondazioni, delle quali il
codice del 1865 non si occupava.