1
INTRODUZIONE
Nel corso dell’ultimo decennio si è assistito al fenomeno sempre più crescente di
situazioni di crisi coniugale. Dati di fonte Istat evidenziano che nel solo 2011 le separazioni
sono state 88.797 e i divorzi 53.806, con un incremento rispetto all’anno 2000 di circa il
70%. Del pari è cresciuto il contenzioso giudiziario, anche per le difficoltà dei coniugi di
raggiungere un accordo sulle questioni più complesse, specie con riguardo agli aspetti legati
alla protezione del patrimonio.
Scopo di questa tesi di laurea è di analizzare l’utilizzo dei vari strumenti di
protezione del patrimonio familiare nelle crisi coniugali, attraverso la comprensione delle
loro caratteristiche e problematiche, oltre che delle modalità in cui si manifestano e gli
effetti che comportano. Lo studio è stato attuato attraverso il confronto tra il fondo
patrimoniale, classico istituto previsto dall’ordinamento italiano, e il trust, diffuso nei paesi
anglosassoni, evidenziando vantaggi e svantaggi ai fini dell’individuazione di quale, tra
questi, possa essere maggiormente utile ed adeguato.
Il lavoro è diviso in tre capitoli che dovrebbero dare al lettore un’idea complessiva
della tematica. Nel primo e nel secondo capitolo si è analizzato singolarmente,
rispettivamente il fondo patrimoniale ed il trust. Nel terzo capitolo sono riportate personali
conclusioni, favorevoli all’utilizzo del trust per semplificare i rapporti patrimoniali tra ex
coniugi.
Nell’ambito delle cause di separazione giudiziale, uno dei problemi di maggior
rilievo concerne la necessità di scioglimento del regime di comunione legale dei beni e la
loro divisione ed assegnazione.
Nel nostro Paese, il regime legale (ex. artt. 177 ss. del codice civile) che si instaura
automaticamente con il matrimonio, a seguito della riforma del diritto di famiglia del 1975,
è quello della “comunione legale” che attribuisce ai coniugi uguali poteri di cogestione ed
uguali diritti sugli acquisti. In sostanza, esso può considerarsi come un sistema di
2
patrimonializzazione della famiglia, in considerazione del fatto che i beni acquisiti in
comunione non possono essere liberamente divisi dai coniugi e ciascuno di questi non può
disporre della propria quota di beni comuni se non si verifica una causa di scioglimento
della comunione.
Sono beni della comunione gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o
separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali; i frutti
dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della
comunione; i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento
della comunione, non siano stati consumati; le aziende gestite da entrambi i coniugi e
costituite dopo il matrimonio. Qualora, si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi
anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e
gli incrementi. I beni destinati all'esercizio dell’impresa di uno dei coniugi, costituita dopo il
matrimonio, e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente, si considerano
oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa.
Si considerano beni personali, per contro, i beni di cui prima del matrimonio il
coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento; i beni
acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando
nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla
comunione; i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori; i beni
che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla
conduzione di un’azienda facente parte della comunione; i beni ottenuti a titolo di
risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della
capacità lavorativa; i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali
sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto
dell'acquisto (ex art. 2647 c.c.).
3
La disciplina esclude dalla comunione l'acquisto di beni immobili o di beni mobili,
espressamente indicati all'art. 2683 c.c., effettuato dopo il matrimonio quando tale
esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge.
I coniugi, tuttavia, possono convenzionalmente accordarsi per derogare a tale
regime in vista dell’applicazione di quello della separazione dei beni.
La scelta del regime di separazione dei beni - ove ciascun coniuge è titolare
esclusivo dei beni acquisiti durante il matrimonio - può avvenire al momento della
celebrazione del matrimonio attraverso apposita dichiarazione al celebrante (Ufficiale di
Stato Civile, Parroco o altro Ministro di culto), prima del matrimonio tramite convenzione
stipulata da un notaio che deve essere trasmessa e prodotta all’Ufficiale dello Stato Civile al
momento della celebrazione o della trascrizione del matrimonio o, infine, dopo il
matrimonio con convenzione stipulata da un notaio e successivamente annotata a margine
dell’atto di matrimonio.
La separazione dei beni può anche derivare da un’azione giudiziale nei casi previsti
dalla legge, quali l’interdizione, l’inabilitazione di uno dei coniugi o la cattiva
amministrazione della comunione.
In seguito alla separazione dei beni, in particolare, i coniugi mantengono invariati i
loro patrimoni personali, restando proprietari esclusivi dei beni acquistati durante la vita
matrimoniale e di quelli acquistati prima del matrimonio. In analogia al sistema di
comunione legale, quello di separazione non esonera i coniugi dal dovere di contribuire al
bene della famiglia in proporzione alla propria capacità reddituale e al proprio lavoro come
disposto dall’art. 143 del codice civile che testualmente, all’ultimo comma recita “ Entrambi
i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di
lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia” e come sancito
altresì nel combinato disposto degli artt. 29 e 30 della Carta Costituzionale laddove viene
4
affermata l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi e il loro dovere e diritto di
mantenere, istruire ed educare i figli.
La separazione personale dei coniugi sovente risulta essere mero preludio del
successivo divorzio. La separazione legale - per distinguerla da quella di fatto, priva di
effetti sul piano giuridico - non determina la fine del matrimonio, che avviene soltanto con
il definitivo divorzio, né fa venir meno lo status di coniuge. Essa segna, invece, uno stato di
crisi potenzialmente reversibile; da qui ne discende la previsione di una sua perdita di
efficacia nel caso di sopravvenuta riconciliazione, che non richiede particolari formalità
1
e
l’ulteriore previsione, per cui, al fine di far cessare gli effetti di una separazione già
pronunciata, i coniugi, senza che sia necessario far ricorso al Giudice, possono farlo, previo
accordo, con un’espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia
incompatibile con lo stato di separazione
2
. La separazione legale, tuttavia, produce effetti
giuridici che incidono sui rapporti personali e patrimoniali dei coniugi, lasciando invece
immutati quelli con i figli, nei confronti dei quali permangono su entrambi i genitori gli
obblighi di cura, istruzione, educazione e mantenimento, indipendentemente da un loro
collocamento prevalente e/o esclusivo con uno dei due, sui quali persiste la potestà
genitoriale.
Il problema di maggior rilievo riguarda lo scioglimento della comunione legale
nonché la divisione e assegnazione dei beni che ne fanno parte. Questo è il momento di
maggior tensione e conflitto che si instaura in una crisi coniugale, nel quale emerge
l’esigenza di protezione del patrimonio in vista di tutti gli obblighi che possono sorgere in
1
Art.154 c.c. “La riconciliazione tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda di separazione personale
già proposta”.
2
Art.157 c.c. “I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza
che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non
equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti
dopo la riconciliazione.”
5
capo ai coniugi in situazioni, quali la separazione o il definitivo divorzio; esigenza ancor più
pregnante in presenza di figli, specie se minori.
Una volta intervenuta la separazione, si determina l’immediato effetto di un
affievolimento dei vincoli coniugali da un punto di vista personale e patrimoniale. I coniugi,
infatti, non sono più tenuti ai reciproci obblighi di convivenza e fedeltà né opera più, tra di
essi, come detto, l’eventuale regime di comunione legale.
Il fondo patrimoniale può costituirsi solo nell’ambito di una famiglia fondata sul
matrimonio. Il trust (letteralmente “affidamento”) è, invece, uno strumento di derivazione
anglosassone, nato nella common law e, in particolare, nel sistema dell’equity; consolidatosi
nella pratica dei secoli, esso si presenta un istituto più duttile essendo svincolato dal
matrimonio. Può essere istituito a protezione di interessi meritevoli di tutela da qualunque
soggetto per soddisfare i bisogni di famiglie, anche non fondate sul matrimonio, per nuclei
familiari costituiti da persone in stato vedovile con figli minori oppure per soggetti celibi o
nubili con figli naturali, nonché per le cosiddette famiglie allargate, soprattutto in
considerazione del permanere degli obblighi in capo ai genitori di mantenimento della prole,
a prescindere dal vincolo con l’altro genitore e ben oltre la maggior età dei figli.
Pertanto, lo scopo del fondo patrimoniale si può realizzare con un trust ogni volta
che i soggetti beneficiari siano diversi dalla coppia di coniugi con o senza figli.
Nel fondo possono essere destinati solo i beni per i quali è possibile dare pubblicità
nei pubblici registri al vincolo di destinazione cui sono sottoposti (immobili, mobili
registrati, titoli di credito nominativi); nel trust, invece, si possono ricomprendere tutte le
posizioni giuridiche inerenti un qualsiasi bene (denaro, beni mobili, quote sociali non
azionarie, altri strumenti finanziari).
Si osservi, altresì, che il fondo patrimoniale offre una protezione patrimoniale
limitata: se è vero che i beni conferiti nel fondo non possono essere oggetto di atti di
esecuzione forzata per debiti che non siano relativi ai bisogni della famiglia, è altrettanto
6
vero che è necessario dimostrare – e l’onere della prova grava sui coniugi – che il creditore
fosse a conoscenza del fatto che tali debiti erano stati contratti per esigenze diverse da quelle
familiari.
La protezione del trust, grazie all’effetto segregativo, è invece totale giacché non
solo i creditori del disponente non possono agire contro i beni del trust ma neppure i
creditori del trustee possono in alcun modo rivalersi per debiti di costui sui beni del fondo
perché quei beni non si confondono con il suo patrimonio. Il trust può rivestire la forma
della scrittura privata, mentre il fondo patrimoniale richiede una forma rigorosa, poiché se
costituito dai coniugi richiede l'atto pubblico o, se disposto da un terzo, anche la forma
testamentaria.
7
IL FONDO PATRIMONIALE
1.1 Definizione e natura.
Il fondo patrimoniale è un istituto introdotto nel nostro ordinamento a seguito della
riforma del diritto di famiglia con la legge 19 maggio 1975, n. 151. Le norme che lo
disciplinano sono gli artt. 167, 168, 169, 170, 171 del codice civile. In esse non si rinviene
una vera e propria definizione di “fondo patrimoniale”; uno spunto normativo viene
dall’art.167 c.c. laddove afferma che ciascuno o ambedue i coniugi o un terzo possono
costituire un fondo patrimoniale “destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in
pubblici registri, o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia”. L’indicazione
“determinati beni” allude a un patrimonio che, dunque, come indicato, diviene un
patrimonio destinato.
A tale proposito è intervenuta anche la Corte di Cassazione
1
affermando che “La
costituzione del fondo patrimoniale determina…un vincolo di destinazione…”. In quanto
patrimonio di destinazione, creato per sopperire ai bisogni della famiglia, esso è
configurabile come patrimonio separato che si distingue da quello di coloro i quali hanno
dato vita al fondo.
Quanto alla natura del fondo patrimoniale nonché del suo atto costitutivo, in
dottrina è in atto un vivace dibattito.
Fondamentale circa la natura dell’istituto in sé è quanto affermato dalla Corte di
Cassazione
2
. La Suprema Corte, infatti, dopo aver incluso il fondo patrimoniale nell’ambito
delle convenzioni matrimoniali, ne afferma la natura di atto tipicamente gratuito, non
soltanto quando il fondo venga costituito da un terzo o uno solo dei coniugi - in cui l’effetto
della gratuità è reso evidente dalla disposizione dell’art 168 c.c. che attribuisce i beni
conferiti nella proprietà comune dei coniugi - ma anche quando entrambi i coniugi
1
Cass.civ. 29 Novembre 2000, n.15297 in Mass.Giur.it
2
Cass.civ. 15 gennaio 1990, n.107 in Giur.it
8
conferiscano al fondo beni già di proprietà comune, rinunciando in modo gratuito alle
facoltà insite nel diritto di proprietà in favore della famiglia.
Tale orientamento è rimasto immutato anche in numerose successive sentenze della
Corte
3
proprio perché, come evidenziato dalla Corte stessa, in nessun caso sussiste alcuna
contropartita in favore del costituente o dei costituenti.
Tale qualifica di gratuità non può nemmeno essere esclusa sostenendo che i
coniugi, con la costituzione del fondo patrimoniale, adempiono un obbligo giuridico ovvero
quello di far fronte alle esigenze della famiglia, in quanto l’obbligo dei coniugi di
contribuire ai bisogni della famiglia non comporta come necessitata conseguenza quello di
dare vita al fondo patrimoniale laddove tale istituto ha finalità ulteriori e diverse
4
.
Tutto ciò però non ha come conseguenza automatica la riconduzione dell’atto
costitutivo del fondo patrimoniale nell’ambito degli atti di liberalità in quanto, di tale
istituto, è fondamentale la funzione di provvedere ai bisogni della famiglia che, in quanto
tale, non comporta necessariamente il presupposto dell’“animus donandi”.
Questa ricostruzione come evidenziato da alcuni autori
5
, anche se molto diffusa,
non viene condivisa da tutta la dottrina
6
. Sebbene non possa escludersi che, con riferimento
concreto ad una determinata fattispecie, la costituzione del fondo patrimoniale possa
assumere carattere di liberalità, occorre senz’altro verificare, nel concreto, caso per caso, le
singole fattispecie, onde individuarne l’eventuale liberalità .
Aspetto fondamentale dell’atto costituivo del fondo patrimoniale è che vincolando
determinati beni per far fronte ai bisogni della famiglia si prescinde dalla causa, come può
3
Cass.civ.18 Marzo 1994, n.2604, in Nuova giur.civ.comm.; Cass.civ. 25 Luglio 1997, n.6954, in Foro it.;
Cass. Civ.22 Gennaio 1999,n. 591, in Foro it.
4
Cass.civ. 18 Marzo 1994, n.2604, in Nuova .giur.comm.; Cass.civ. 20 Giugno 2000, n. 8379, in Giust.civ.;
Cass.civ. 8 Settembre 2004,n.18065, in Giust.civ.; Cass.civ.2 Febbraio 2006, n.2327, in Banca dati del Foro
it.
5
G. SORRENTINO, Il fondo patrimoniale su beni futuri altrui ed in corso di acquisizione, in Riv. Not. 2012
6
T.AULETTA, Il fondo patrimoniale in Commentario Shlesinger, Giuffrè, Milano, 1992 pag.55;
C.M.BIANCA, Diritto Civile, 2, Diritto civile, 2, La famiglia. Le successioni, Giuffrè, Miliano, 2005,
pag.145ss.; B. GRASSO, Il fondo patrimoniale, in Tratt. Dir. Priv. P.RESCIGNO, Utet, Torino, 1982, pag.
390 ss.
9
essere la causa donandi proprio perché con la costituzione del fondo si intende realizzare un
interesse della famiglia ed è questa la sua giustificazione.
Alla luce di questo, far rientrare l’atto costitutivo del fondo patrimoniale nella categoria
delle donazioni oscurerebbe la vera funzione e il reale scopo del fondo patrimoniale.
1.2 Presupposti e beni oggetto del fondo.
Presupposto fondamentale o condizione di efficacia affinché si possa costituire un
fondo patrimoniale è la necessaria esistenza di una famiglia fondata sul matrimonio.
Pertanto, non sarà possibile costituire un fondo patrimoniale in stato di vedovanza
ovvero a seguito di divorzio. In caso di scioglimento della famiglia è possibile mantenere in
vita il fondo patrimoniale solo se vi sono figli ancora minorenni, fino al raggiungimento
della maggiore età dell’ultimo. In caso invece di separazione personale dei coniugi, il fondo
patrimoniale resta in vita non essendo la separazione causa di scioglimento del vincolo
matrimoniale.
La normativa dell’art.167 c.c. laddove afferma che “la costituzione del fondo può
essere fatta anche durante il matrimonio” sembrerebbe considerare il matrimonio come una
circostanza eccezionale in cui costituire il fondo e non come fondamentale presupposto.
Come evidenziato dal Notaio Avv. Giuseppe Sicari in un convegno sul tema
7
, se
non ci fosse stato questo inciso nessuno avrebbe dubitato sulla possibilità di costituire una
fondo patrimoniale in costanza di matrimonio; tuttavia, se il comma in esame non ha
dissipato un dubbio ha comunque dato risposta ad una domanda che invece ha ragion
d’essere: ragionando a contrario si ricava che il fondo patrimoniale può essere costituito
anche prima del matrimonio. Il fondo patrimoniale, infatti, si può costituire anche prima
della celebrazione del matrimonio, ma in tal caso la sua efficacia si intende sottoposta alla
condizione di celebrazione della stessa.
7
Il convegno, dal titolo “Strumenti di tutela del patrimonio”, che si è tenuto il 15 Novembre 2013, è stato
organizzato dalla “Tomirex International llc”.