5
PREMESSA
Le storie …. Rappresentano
continui tentativi […] dell’umano
lasciarsi tentare, appunto, da ciò
che non si conosce e su cui si
vorrebbe poter indagare, poter
dire, poter immaginare. Tutte le
storie prendono il via dal bisogno
di andare oltre un mondo che
venga inteso tutto già dato… […]
Tutte le storie si occupano, non a
caso, ostinatamente, di un caso
particolare, che in se stesso, anche
quando è paradigmatico, finisce
per rimanere irripetibile ed
eccezionale, così come lo sono, del
resto, tutte quante le vite e le
esperienze se osservate da vicino,
con cura, curiosità, attenzione,
anziché dall’alto di ogni
generalizzazione.
(Giorgia Grilli)
L’idea di analizzare e studiare a fondo la piccola collezione di
letteratura per l’infanzia, che qui cercherò di descrivere, è emersa
casualmente, quando, in un giorno imprecisato di alcuni anni fa,
animata dalla necessità di riordinare la cospicua biblioteca di
famiglia, iniziai a sfogliare le pagine di alcuni libri che non avevo
mai visto prima e che mia suocera, Maria Rao, scomparsa da alcuni
anni , aveva posto, molti anni or sono, con grande cura, all’interno
di grandi scatole poste nei tre palchetti bassi di una delle sette
6
librerie di famiglia per il timore che gli oltraggi, causati dall’usura
del tempo e da fattori meccanici, potessero danneggiarli
ulteriormente.
Fui attratta subito dalle belle immagini che corredavano le
poesiole, le filastrocche, le cantilene e le ninne nanne scritte su quei
libri ma, iniziando a leggere, mi accorsi che il contenuto delle
storielle narrate con ritmo cantilenante era un po’ distante da quello
di tante storielle che avevo avuto occasione di leggere nel periodo
della mia infanzia e tanto distante, soprattutto, dalle storie che si
scrivono attualmente. Alcune di queste antiche filastrocche le trovai
addirittura inquietanti.
Un albo, edito da Antonio Vallardi probabilmente agli inizi del
’900, Quadretti e macchiette, attirò la mia attenzione, soprattutto la
prima filastrocca accompagnata da immagini dai colori tenui che
descrivono pienamente il fatterello, con tanto di coniglio che,
infagottato dentro una palandrana verde, in groppa a un somaro,
assiste stupito a ciò che accade: «Dondolati, Baby, che ti sostiene il
ramo; quando soffierà il vento dondolerà la culla. Quando il ramo si
romperà, la culla cadrà e colla culla cadranno Baby ed il ramo».
Incuriosita, continuai a leggere: «C’era un ometto che possedeva un
fucile i cui proiettili eran di vero piombo. Egli andò al ruscello prese di
mira un’anatra e svelto la colpì proprio nella testa». E ancora: «L’oca
passeggia di qua e di là. Vede la bambina - che trascina il fratellino
tirandogli la gamba. - L’oca giudiziosa sa che gli fa male - ma non glielo
può dire».
1
Queste filastrocche potrebbero derivare con molta
probabilità dalle più antiche nursery rhymes,
2
di matrice popolare
inglese, dal gusto un po’ noir, in seguito tradotte in italiano e
adattate, a mo’ di ninne nanne, per i più piccini. Ed è evidente che,
in questo passaggio dall‘inglese all‘italiano, hanno perso, oltre alla
1
Io penso che, oggi, scrivere racconti, per piccini, che possano rivelare quel lato oscuro rappresentato
dalla cattiveria e dall’aggressività insita o trasferita nei bambini, oppure che riescano a focalizzare
l’attenzione anche visiva sul manifestarsi di eventi dagli esiti un po’ catastrofici, probabilmente, porebbe
essere considerato in funzione antipedagogica
2
Sorte nella prima metà del ’700 in Inghilterra, ad opera di Mary Cooper che per prima ne compose la
raccolta dal titolo Tommy Thumbs’ Pretty Song Book, alla quale seguì The top book of all, for little masters and
misses, furono in voga ancora per tutto l‘800 e i primi decenni del ‘900.
7
loro originaria cadenza ritmata e rimata, anche il loro autentico
messaggio, poiché le nursery rhymes, come osserva Carlo Marini:
«erano composizioni o storielline in rima (filastrocche, ninne nanne,
indovinelli rimati) che venivano cantate o recitate ai bambini nella
nursery e che essi ripetevano, divertiti dal ritmo e dalle assonanze
[…]. Il più delle volte, all’interno della [nursery rhime], vengono
accostate parole in modo da creare un nonsense, e attraverso
stratagemmi linguistici (raddoppiamenti di sillabe per esempio), si
stuzzica la fantasia del bambino e lo si incanta con giochi di
ripetizioni e intrecci di suoni».
3
Un altro albo, molto particolare, catturò ancora la mia attenzione,
Tama e Matsù, illustrato con magnifici disegni che ricreano
atmosfere tipiche del lontano Giappone, dove leggiadre fanciulle
abbigliate rigorosamente all’orientale, si inseriscono in paradisi
idilliaci. Immerse fra conche colme d’acqua, circondate da fiori e
alberi, esse parlano con i pesci, con gli uccelli, giocano con le
farfalle e danzano leggere al suono di qualche melodioso
strumento.
Questo albo propone una serie di filastrocche, ciascuna con un
proprio titolo. In alto sulla pagina che reca l’ultima filastrocca,
questa senza titolo, spicca l’immagine di un drago che un pittore,
sontuosamente vestito, ha appena finito di disegnare, mentre tre
fanciulli ammirano l’opera che quasi prende vita davanti ai loro
occhietti stupefatti. La filastrocca così recita: «Nel Giappone c’è un
pittore Che ne fa d’ogni colore. Ei dipinge mostri immani E i bambini stan
lontani Con gli occhietti spalancati, Seriamente spaventati. Questo mostro
suol mangiare Chi lo vuole rimirare. E più il bimbo è piccolino E più grato
è il bocconcino. Così dice quel pittore Che ne fa d’ogni colore. Come sente
la Mimosa La notizia spaventosa Strilla forte e piange ed urla E non vede
ch’è una burla. É davvero un gran minchione Quel bambino del
Giappone». Gradualmente mi immersi in questa amena lettura,
cercando di tornare con il pensiero indietro negli anni, sforzandomi
3
Carlo Marini, “Gli albori della letteratura per l’infanzia”, in Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, di
Angelo Nobile, Daniele Giancane, Carlo Marini. Brescia: La scuola, 2011, pp. 37-42.
8
di ricordare il mio mondo di fiabe dimenticato da ormai troppo
tempo e non nascondo che fui assalita da una struggente nostalgia.
Non mi dilungherò oltre sugli altri albi che descriverò quasi tutti
più avanti, ma tenterò adesso di analizzare i diversi approcci che si
possono tenere accostandosi alle fiabe, privilegiando quello
adottato dai bambini.
Per gli adulti, i libri per l’infanzia fanno parte di un mondo ormai
diverso e perduto per sempre. L’approccio al mondo favolistico, da
parte di questo pubblico di lettori, si regge quasi esclusivamente
sulla memoria. Essi, tentando di aller à la recherche du cont de fée
oublié et perdu, poiché hanno perso la chiave d’argento, capace di
aprire i cancelli della fantasia e del sogno, che il Randolph Carter
Lovecraftiano, già all’età di trenta anni, non trovava più,
dimenticata da tempo chissà in quale buia soffitta della sua mente,
spesso si basano sul ricordo sbiadito di storie che hanno letto in
passato ed è rilevante il senso di nostalgia che li pervade, nel
rievocare una realtà che sembra molto remota.
Non è così per il ragazzo che si è allontanato dall’infanzia e da
pochissimo ha lasciato la stagione dell’adolescenza. Questi, sembra
sviluppare un approccio completamente opposto, poiché si sente
quasi infastidito da una realtà che definitivamente ha abbandonato
per calarsi finalmente in un affollato mondo di/e per adulti.
Ma osserviamo l’approccio maggiormente interessante, quello
magico degli infanti.
Sulla percezione dei fanciulli posti dinanzi al narratore che
introduce il racconto al suono affabulatore - o al testo che riproduce
il segno grafico ammaliante - del C’era una volta, oppure Molti anni
or sono viveva in…etc., non ci si è mai soffermati abbastanza. Invece
è proprio questo il momento incantato in cui nasce, non il mondo
trascorso del c’era, ma un mondo parallelo del c’è che nella mente
dei bambini sempre e ancora ci dovrà essere, con un desiderio di
storie infinite che mai dovranno aver fine e che magicamente
introducono in quell’altro dove e in quell’altro quando, che Stephen
King, in una fiaba per adulti, The black tower, mirabilmente propone.
9
Si lancia un ponte sulle isole sospese che non ci sono, ma che si
vivono in maniera più reale del reale, perché i fanciulli vogliono
quella realtà, sono affamati di quella realtà fantastica e coinvolgente
che la fiaba offre. C’è bisogno di fiaba. C’è bisogno del meraviglioso
che sta nella fiaba. C’era una volta e il sipario si apre sugli scenari di
un altro tempo, di un altro luogo e arriva il momento della
sospensione, quella pausa che si tramuta in un viaggio iniziatico
che permette di raggiungere quell’altrove tanto lontano dalla realtà,
ma sempre desiderato. E la fiaba continua anche quando il racconto
finisce e i contorni e le trame si dilatano. Le fiabe si sognano
perfino, a dimostrazione che la loro dimora può essere ovunque,
anche nell’inconscio dove si arricchiscono di nuovi particolari.
Lo stupor infantile, quella sorta d’istupidimento che cattura anche
gli adulti posti davanti all’improbabile, all’irreale, è di tutt’altra
natura e contiene la consapevolezza che la data cosa che solitamente
non avviene nella vita quotidiana, può accadere in una dimensione
altra, con una sua altrettanto tangibile realtà parallela a quella di
tutti i giorni: la dimensione della fabula, dove tutto è vero.
Un fenomeno che nelle fiabe è del tutto normale e anzi costituisce
una delle sue componenti fondamentali, è la metamorfosi. Anna
Antoniazzi osserva che: «Le fiabe conoscono da sempre esseri
dall’aspetto umano, ma dai trascorsi in altre forme e sostanze […].
Per statuto la fiaba e la letteratura per l’infanzia, nella loro
accezione più ampia, si occupano di metamorfosi: al loro interno
tutto si modifica, si trasforma, cambia aspetto e natura. Ogni
confine, compreso quello apparentemente invalicabile tra organico
e inorganico, tra ciò che vive e ciò che è inerte, diviene sfumato, e
quasi scompare per lasciare spazio a mondi metaforici e altamente
significativi ancora in gran parte da scoprire e interpretare. Si
comprende bene allora come, al di là di ogni paradosso, quando si
parla di narrazione…. declinata col termine infantile, tutto venga
messo in gioco e ogni certezza, lungi dal diventare dogma, sublimi
10
in qualcosa di diverso, di nuovo e stupefacente».
4
E la fine del racconto - sia la più ovvia che accomuna tante fiabe,
come, lunga è la foglia, stretta è la via, dite la vostra che ho detto la mia,
oppure, e vissero felice e contenti e simili, sia le brevi formule che
compaiono alla fine delle favole esopiche e presenti anche nelle
fiabe di Perrault, nelle favole di La Fontaine, etc., che propongono
in chiave moralistica il loro significato quasi sempre ambiguo e
molto nascosto (ma la morale della fiaba non è forse la stessa
fiaba?) - riconduce ad un reale non del tutto ancora concretizzato.
Dopo la conclusione apparente del racconto, la realtà di sempre che
si svela a tratti, malgrado sia presente ancora il fantasma
dell’atmosfera estraniante di quel viaggio nell’altrove, porta le tracce
di quella favola che sappiamo ritornerà sempre e comunque.
I bambini oltre ad ascoltare e immaginare, guardano le immagini
e leggono i testi. Scrive Milena Bernardi in un suo interessante
saggio sulla letteratura invisibile: «La potenza della lettura bambina,
dell’ascolto e dell’immersione nelle pagine illustrate […] dà un
apporto decisivo, e quasi completamente clandestino, al farsi del
percorso evolutivo di ogni infanzia […]».
5
E Antonio Faeti scrive a
tal proposito: «É ben vero, però, che si è poco riflettuto su come
leggono davvero i bambini, sul rapporto autentico che si crea tra
loro e certe narrazioni […]. Riflettere sull’impatto che certe storie e
certi libri possono provocare in un’infanzia e in una giovinezza è
basilare per l’educazione e per i processi che la lettura e la
letteratura mettono in atto nel corso delle età giovanili».
6
Le prime letture dell’infanzia non si dimenticano, anzi
continuano ad esercitare nel corso della vita una loro valenza e una
notevole carica simbolica. Lo scrittore svizzero Peter Bichsel
asserisce che quello che leggiamo da piccoli sta all’origine
dell’immaginario di noi grandi. Ancora Milena Bernardi osserva:
«La fascinazione, il rapimento, la seduzione, l’ingovernabile
4
Anna Antoniazzi, “Le nuove frontiere della narrazione”, in La letteratura invisibile. Infanzia e libri per
bambini, a cura di Emy Beseghi e Giorgia Grilli, Roma: Carocci, 2011, pp. 184-188.
5
Milena Bernardi. “Zone outsider nella marginalità della Grande Esclusa”, ivi, pp. 87-92.
6
Antonio Faeti, La prateria degli asfodeli. Bologna: Bononia University Press, 2010. p. 16.
11
curiosità della scoperta che germogliano nel rapporto che si
instaura tra libri-storie-figure e bambini aprono porte e scrigni
segreti che l’infanzia altrimenti non scorgerebbe […] o non avrebbe
occasione di incontrare al di fuori della forma straordinaria della
metafora letteraria».
7
Le illustrazioni costituiscono un eccezionale catalizzatore di
attenzione e di rapimento. Sono affascinanti metafore. Interpretano,
traducono e, nello stesso tempo, introducono uno dei tanti possibili
significati e, facendo questo, prendono posizione tra i tanti sensi di
significato della storia, costruendola con i simboli e i miti presenti
nell’immaginario infantile e in base alle relative categorie mentali
dello strano personaggio che le ha create. Il segno tracciato con
maestria sulla pagina riflette sì lo spirito del tempo, ma soprattutto
il mondo simbolico esistente nella mente del loro autore.
L’interpretazione sia orale che disegnata, non è mai neutra come
non è neutra neanche la fabula in se stessa. Quando non c’è il
narratore che fa immaginare le storie, ci sono le immagini che
riescono a narrare le storie e spesso i fanciulli si addentrano e a
volte si perdono consapevolmente in queste immagini creando
realtà parallele.
***
Già nel 1658, quasi quarant’anni prima che les contes de fées écrits
vedessero la luce e anticipando di quattro secoli quella dimensione
conosciuta come pedagogia della narrazione, così vicina alla
letteratura per l’infanzia, il pedagogista e teologo moravo Jhoannes
Amos Komenski,
8
consapevole della necessità della
rappresentazione figurativa come supporto per l’apprendimento,
rifletteva sulla necessità di comporre libri con figure, per i bambini
7
Milena Bernardi, IL cassetto segreto. Letteratura per l’infanzia e romanzo di formazione. Milano: Unicopli,
2011.
8
Meglio conosciuto con il nome latino Comenius.