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etica opera nel nostro paese, con quali strumenti, quali obiettivi si propone e qual è il
grado di conoscenza che gli investitori hanno di questo settore.
Importante, affinché gli investitori facciano scelte consapevoli, è il livello e
l’ampiezza di informazione che questi ricevono dalle banche e, in relazione a ciò,
uno strumento che si sta sempre più diffondendo nella pratica è il bilancio sociale
che dà informazioni non tanto economiche, quanto sulla reale operatività aziendale e
sull’impatto delle azioni in ambito sociale, ambientale, nei rapporti con dipendenti,
clienti, fornitori.
E’ proprio l’informazione e la responsabilità delle proprie azioni alla base della
finanza etica: l’investitore vuole conoscere i soggetti a cui affida il proprio denaro,
sapere quali sono le loro attività, sapere come il proprio risparmio sarà utilizzato; le
banche sanno che con questa trasparenza hanno la possibilità di instaurare un
rapporto più solido e duraturo con i propri clienti e che, rispettando le regole di
responsabilità sociale d’impresa (CSR), godranno di una migliore immagine
aziendale e tutto ciò comporta maggiori possibilità di sviluppo, di crescita e anche di
profitto. La Corporate Social Responsibility sta divenendo “il nuovo modo di
operare” perché conviene su tutti i fronti, porta benefici ed è necessario che tutto ciò
diventi la norma e non l’eccezione.
Nella seconda parte di questo lavoro saranno esaminati in termini qualitativi e
quantitativi i vari strumenti offerti sul nostro mercato e sarà fatto un rapido accenno
al caso della banca etica sorta proprio per rispondere al fabbisogno finanziario delle
organizzazioni non profit e che nel corso degli anni ha esteso la sua operatività anche
ad altri soggetti offrendo solo strumenti etici.
Nell’ultima parte saranno esaminate le informazioni rilevabili dai bilanci sociali di
un campione di banche rappresentativo del panorama nazionale e, in particolare,
l’intervento delle stesse a favore della collettività e della comunità internazionale. Le
banche prese a campione sono: i gruppi Unicredito, Intesa (e, in particolare, la Cassa
di Risparmio di Biella e Vercelli che, a differenza del gruppo, redige il Bilancio
Sociale), San Paolo IMI, Capitalia, BNL, BPU (e, in particolare, Banca Carime che
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redige un proprio BS), MPS (e, in particolare, Banca Agricola Mantovana che redige
un proprio BS), Banca Popolare Italiana, Banca Popolare dell’Emilia Romagna,
Antonveneta, Banca Lombarda e Piemontese, Bipiemme, Deutsche Bank, Credem,
Banca CR Firenze (e, in particolare, CR di Pistoia e Pescia e CR di Orvieto che, a
differenza del gruppo, redigono il BS), Carige, Banca Popolare di Vicenza,
Findomestic Banca, Credito Valtellinese, Banca Sella, Mediolanum, Banca Popolare
di Sondrio, Banca delle Marche, Banca Italease, Veneto Banca, Banco di Desio e
della Brianza, Banca Etruria, le Casse di Risparmio di Ferrara, di Rimini, della
provincia di Asti, della provincia di Teramo, di San Miniato, di Cento, le banche
popolari di Bari, di Intra, di Puglia e Basilicata, Pugliese, dell’Alto Adige, del Lazio,
Unipol Banca, Unibanca, Meliorbanca, Banca Agricola Popolare di Ragusa, Banca di
Credito Popolare, Banca Monte Parma, Bancapulia, Banca del Piemonte, le BCC
Cassa Padana, Roma, Garda, di Bologna, Pordenonese, Romagna est, Valdarno,
Inzago, di Cesena e Ronta, dell’Alta Brianza, di Fano, di Filottrano,
dell’Agrobresciano, Banca Etica, Banca della Marca.
Successivamente sono esaminati singolarmente gli strumenti etici oggi a disposizione
degli investitori italiani e i relativi grafici che, quasi per tutti, mostrano il confronto
tra le performance del fondo e del benchmark, anche per sfatare l’opinione di chi
crede che i primi abbiano delle performance molto più basse dei secondi.
Anche se l’orizzonte di riferimento è molto ridotto, vista la giovane età di questi
strumenti, più volte hanno dimostrato di “cavarsela” allo stesso modo se non anche
meglio dei classici.
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PARTE PRIMA
BANCHE CSR E FINANZA ETICA
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CAPITOLO 1
UNA FINANZA ALTERNATIVA: LA FINANZA ETICA
1.1 Introduzione
E’ molto difficile dare una definizione di cosa è etico e di cosa non lo è. L’etica è un
modo di agire, di fare scelte, è quella capacità che permette all’individuo di fare
scelte appropriate che portano beneficio non solo a se stesso, ma anche alla società in
cui egli vive. L’etica è parte costituente del buon funzionamento del mercato, mira a
recuperare maggiore attenzione verso la cura dell’essere rispetto a quella
dell’interesse. (F. Capriglione, 1997)
L’uomo come persona, aperto alle relazioni con una pluralità di soggetti, ricerca per
natura non solo il proprio bene individuale, ma il bene dell’ambiente in cui vive,
della sua famiglia, della sua impresa, della comunità. Se ha responsabilità
dirigenziali, amministrative, politiche e vive con pienezza la sua responsabilità allora
ricerca anche il bene degli altri. (A. Fazio, 2003)
1.2 Le origini
L’etica è diventata in tempi recenti argomento di riflessioni e di dibattito più attenti
che in passato per tre motivi principali.
La prima ragione si ricollega alla sempre maggiore importanza della finanza nel
mondo economico, dove la creazione di moneta finanziaria, cioè strumenti e titoli di
credito di debitori pubblici e privati, la loro rapida negoziazione e circolazione nei
mercati, i profitti che ne conseguono, gli investimenti speculativi e i forti spostamenti
di ricchezza, hanno conferito all’attività connotati funzionali autonomi, che vanno
molto al di là del tradizionale ruolo attribuito alla finanza: quello di strumento
fluidificante dell’economia.
La seconda ragione si collega alla liberalizzazione dell’attività finanziaria,
all’eliminazione di vincoli normativi, divieti e controlli. Il fenomeno della
deregulation fa sì che si ampli il terreno governato da modi e regole di
comportamento spontaneamente generati dai soggetti operanti nella finanza stessa.
La terza ragione sta nella crescita dei rischi, individuali e collettivi connessi
all’attività, alla facilità con cui le speculazioni sui titoli e sulle monete possono
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portare a impoverimenti collettivi contro l’arricchimento di pochi soggetti, alla
frequenza di frodi, favorite dal proliferare delle offerte di finanza di fronte ad una
domanda cospicua e impreparata nelle scelte ed avida nelle attese di profitto.
E sono questi aspetti ad aver fatto capire come la ricerca dell’etica finanziaria deve
avere risposte legislative dagli stati e dalla cooperazione internazionale. (F. Battino,
2000)
La finanza etica nasce nel ‘900 negli Stati Uniti per motivi di ordine religioso: per
dare risposta ai risparmiatori che volevano gestire i propri risparmi secondo i principi
della propria religione. Molte Chiese non ritenevano moralmente valido depositare
e/o investire il risparmio in attività non “costruttive” o socialmente “disdicevoli”.
Da tale presa di posizione nasce nel 1928, con lo strumento dei fondi comuni, il
Pioner Fund per il quale i criteri d’investimento erano solo negativi. (R. Milano,
2001)
E’ alla fine degli anni ’60 che compaiono sul mercato i primi investimenti
socialmente responsabili: gli investitori prendono coscienza del fatto che le loro
scelte di investimento non sono rivolte solo a mettere a frutto dei capitali, ma sono
anche uno strumento di intervento nella società. Nell’ambito della finanza etica
vengono impiegati adeguati mezzi finanziari nella consapevolezza che non si giunge
ad una perdita di ricchezza, ma si realizza un progresso sul piano della crescita
complessiva del sistema: ad esempio, si giunge all’espansione di attività che, anche
se per natura legate alla disponibilità di capitali, non esauriscono la loro funzione in
un mero contesto di produttività essendo finalizzate a rivalutare la dimensione umana
che è alla base di ogni realtà.
In quegli anni la finanza etica è intesa come quella parte della finanza che sostiene
economicamente soggetti meritevoli per il settore di attività, per le finalità
perseguite, per il modo di operare. Ci si riferisce, prevalentemente, alle
organizzazioni non profit, enti caratterizzati dall’obbligo della non distribuzione
degli utili a favore dei membri dell’associazione o della fondazione (che non vuol
dire mancanza di utili!) e dal perseguimento di fini solidaristici intesi come priorità
data all’interesse generale rispetto a quello dei singoli e destinazione dell’attività a
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favore di categorie di soggetti deboli. Ma per svolgere queste attività c’era bisogno di
adeguate forme di sostegno finanziario.
Da tempo erano stati avvertiti i limiti della beneficenza, insufficiente rispetto alle
esigenze di portata nazionale e da questo sono scaturite indagini volte ad esaminare
proposte di finanza etica coinvolgendo il settore creditizio. In questo ambito si
colloca anche l’esame di nuovi tipi di rapporti tra intermediari e privati.
Il flusso di risorse finanziarie richieste non può trovare risposta nelle forme di
investimento tradizionalmente intese, ma è necessaria la partecipazione dei soggetti
privati che in essi intervengono. (F. Capriglione, 1997)
Negli anni ’90 vi è una crescita dei fondi etici e nello stesso periodo nascono centri
di ricerca e fondazioni che offrono informazioni e garanzie sulle imprese che
vogliono adeguarsi a standard etici ed ecologici. Un esempio è dato dalla società
Eiris (Ethical Investment Research Service), nata a Londra nel 1983, che pubblica
una guida annuale con informazioni specifiche e una griglia di criteri etici cui
un’impresa deve attenersi per essere inserita nel portafoglio di un fondo.
La finanza etica non rifiuta i meccanismi di base della finanza (intermediazione,
raccolta, prestito, efficienza), ma si propone di riformularne i valori di riferimento: la
persona sul capitale, il progetto sul patrimonio, l’equa remunerazione sulla
speculazione. Tommaso d’Aquino afferma che la società si basa sulla giustizia e
sulla verità. Sostiene come necessaria la giustizia commutativa che, in termini
economici, vuol dire “scambio equo”: quando si acquista qualcosa il compenso deve
essere giusto; la società si fonda anche sulla giustizia distributiva, sulla
partecipazione di tutti ai frutti dell’attività economica secondo criteri di equità.
Giustizia distributiva non vuol dire, però, “egualitarismo”, ma deve essere una
giustizia di tipo “proporzionale” basata sull’idea della commisurazione del compenso
agli sforzi e ai meriti. Una società giusta deve garantire la possibilità di accesso ai
beni materiali e morali da parte di tutti attraverso l’impegno e il lavoro. (A. Fazio,
2003)
Una distinzione che deve essere fatta è tra finanza etica e finanza eticamente
orientata. La prima opera a sostegno del settore non profit con strumenti finanziari