4
Introduzione
Nel Serapeum di Menfi, entro un muro a semicerchio che si trova di
fronte a una delle estremità del cosiddetto viale delle sfingi, sono state
ritrovate undici statue, la cui datazione precisa è incerta, ma che
risalgono sicuramente al periodo tolemaico: di queste undici statue le
quattro poste nella metà orientale dell'emiciclo raffigurano Talete,
Eraclito, Platone e Protagora1. Nell'individuare una sorta di canone dei
grandi filosofi del tempo passato, da affiancare a quello dei poeti, le
cui statue si trovano nella metà occidentale dell'emiciclo, i dotti
alessandrini a cui fu assegnato tale incarico vollero scegliere il più
saggio dei sette sapienti, lo sbadato naturalista di Mileto che già
Aristotele aveva indicato come il primo filosofo; l'altero e superbo
pensatore di Efeso, detto l'Oscuro; l'aristocratico filosofo delle idee,
l'allievo di Socrate e il maestro di Aristotele; e infine il primo sofista,
l'uomo che aveva fatto del suo sapere una ricchezza.
Diogene Laerzio racconta che Protagora di Abdera “fu il primo a
dire che su ogni oggetto ci sono due ragionamenti contrapposti che
applicò anche, per primo, al dialogo [...] fu il primo a distinguere i
tempi del verbo, a spiegare la potenza del momento giusto, a istituire
gare dialettiche, a fornir sofismi agli amanti di contese; e astraendo dal
pensiero sottilizzò sulla parola”2; è stato quindi il primo maestro di
dialettica, così che Timone di Fliunte ha potuto scrivere: “Protagora
attaccabrighe, maestro nel disputare”3. La tradizione antica è concorde
1
Le undici statue sono state rinvenute per la prima volta durante la serie di scavi
condotti a Menfi dall'egittologo francese F. Mariette nel 1851-54. Lasciate in situ,
sono state nuovamente coperte da cumuli di sabbia, finché, nel 1938, non è iniziata
una nuova spedizione archeologica, ben presto interrotta dallo scoppio della seconda
guerra mondiale. Solo nel 1950 le statue sono state scoperte definitivamente.
Nonostante il nome di Protagora sia scritto con l'omicron al posto dell'omega,
l'identificazione non è mai stata posta in dubbio dagli studiosi. Per queste notizie cfr.
Lauer-Picard [1955] e Schefold [1957].
2
Diogene Laerzio IX 51-52 = DK6 80.A.1. Per la traduzione di questo passo, come
di tutti quelli tratti da Die Fragmente der Vorsokratiker di H. Diels e W. Kranz (ad
eccezione dei passi platonici), utilizzo il testo dell'edizione italiana curata da G.
Giannantoni; cfr. Diels-Kranz [1952].
3
Diogene Laerzio IX 52 = DK6 80.A.1.
5
nell'attribuire a Protagora questa preminenza nell'arte del discorso, ma
assegna al pensatore di Abdera anche un altro, nelle intenzioni meno
lusinghiero, primato: Filostrato dice infatti che il sofista “fu il primo a
farsi pagare le lezioni, e a introdurre questa usanza tra i Greci”4 e
Diogene Laerzio conferma che “fu il primo ad esigere un compenso di
cento mine”5. Platone ironizza in più di un'occasione sui compensi che
i sofisti pretendevano dai loro ricchi allievi e sulle fortune che così
avevano accumulato: nel Menone, in particolare, Socrate dice che “da
solo, Protagora ha guadagnato più danaro da questa sapienza che non
Fidia, il quale, in modo così splendido, ha scolpito opere magnifiche,
ed altri dieci scultori”6. La Suda riporta un soprannome che già i suoi
contemporanei gli avevano affibbiato: “Lovgo" e[mmisqo"”, Discorso-a-
pagamento7.
All'inizio del dialogo che Platone dedica al filosofo di Abdera,
questi dichiara che tanti prima di lui hanno praticato la sofistica, chi
attraverso la poesia, come Omero, Esiodo e Simonide, chi attraverso
riti e vaticini, come Orfeo e Museo, e chi attraverso la musica e la
ginnastica, ma non lo hanno dichiarato apertamente per le invidie che
questa professione fatalmente suscita: “Un forestiero che va nelle
grandi città e in esse persuade i giovani migliori a lasciare la
compagnia degli altri, sia dei familiari sia degli estranei, sia dei più
giovani sia dei più vecchi, e a frequentare lui solo per poter diventare
migliori, appunto in virtù della sua compagnia, deve essere molto
cauto. Intorno a queste cose nascono invidie, inimicizie e ostilità non
certo piccole”. “Io - conclude con una punta d'orgoglio Protagora - ho
preso una strada completamente opposta a quella seguita da costoro:
ammetto apertamente di essere un sofista e di educare gli uomini”8.
4
Filostrato Vite dei sofisti I 10,4 = DK6 80.A.3.
5
Diogene Laerzio IX 52 = DK6 80.A.1.
6
Platone Menone 91d = DK6 80.A.8. Per il testo e la traduzione di tutti i passi
platonici di questo studio cfr. Reale [1991].
7
Suda s.v. Protagora.
8
Platone Protagora 316c-317b = DK6 80.A.5.
6
Scrivere la storia di quei pensatori che la tradizione accomuna sotto
l'etichetta di sofisti è un esercizio che presenta due ostacoli che è
difficile da superare: prima di tutto dei sofisti non è rimasta alcuna
opera completa, ma solo una serie di frammenti, su cui i filologi e i
filosofi si affannano per cercare di darne una qualche interpretazione;
in secondo luogo le notizie che ci sono su di loro dipendono in gran
parte dalla scuola platonica che si è caratterizzata, almeno in una
prima fase, proprio per l'ostilità verso i sofisti e il modello educativo,
culturale e politico di cui essi erano interpreti. Va riconosciuto che
Platone è riuscito ad attribuire al termine sofisthv", che prima di lui
aveva un significato positivo e poteva essere attributo
indifferentemente di Omero, dei sette sapienti o del dio Prometeo, un
senso negativo che è giunto fino all'età moderna; basti pensare al
significato peggiorativo che nella lingua italiana è stato assunto
dall'aggettivo sofistico e dal sostantivo sofisticazione.
L'immagine del sofista come retore ciarlatano, mercenario della
parola, corruttore della moralità, è passata, grazie a Platone e al suo
allievo Aristotele, nel pensiero storico: ai sofisti non è stato
riconosciuto un ruolo nella storia della filosofia, se non come oggetto
degli attacchi, ora duri e diretti, ora sottilmente ironici, del filosofo
ateniese. Nel Sofista platonico sono riportate diverse definizioni del
termine: il sofista è indicato di volta in volta come “un cacciatore di
giovani ricchi, [...] un importatore ed esportatore di cognizioni che
interessano l'anima, [...] un venditore al minuto di nozioni prodotte in
proprio, [...] un atleta nell'arte della lotta fatta con i discorsi”9 e la
sofistica è definita “l'imitare l'arte che produce contraddizioni, parte
simulatrice dell'arte di produrre opinioni, del genere che produce
apparenze sulla base della capacità di produrre immagini, sezione non
divina ma umana dell'attività produttiva, cioè quella parte che fa
meraviglie nei discorsi”10. Più sbrigativamente Aristotele definisce la
sofistica “una sofia apparente, non reale; e il sofista è uno smerciatore
9
Platone Sofista 231d-e = DK6 79.2.
10
Platone Sofista 268c-d.
7
di sofia apparente, non reale”11. Sofista era diventato per gli antichi
l'appellativo con cui attaccare e denigrare un filosofo avversario:
Isocrate chiama sofista lo stesso Platone12 e Luciano dà del sofista al
figlio del falegname di Nazareth13.
Questo giudizio sui sofisti ha comportato come prima conseguenza
la loro esclusione dal novero dei filosofi e quindi l'eliminazione delle
loro opere dalle raccolte e dai compendi commissionati dalla scuola
aristotelica, che sono stati la fonte principale per la filosofia ellenistica
e per la tradizione dossografica. Per i pensatori cristiani, poi, i sofisti
erano non solo pagani, ma anche maestri di menzogna e quindi la
condanna a loro riservata è stata ancora più severa. L'influenza
negativa di Platone e di Aristotele si è fatta indubbiamente sentire nel
Medioevo e anche nell'Umanesimo, pur in un generale clima di
riscoperta dei filosofi greci: non credo sia un caso che sia Protagora
sia Gorgia non vengano citati tra gli “spiriti magni” che Dante incontra
nel Limbo né rappresentati da Raffaello nella Scuola di Atene.
A rivalutare il pensiero dei sofisti è stato G.W.F. Hegel che li ha
inseriti nella sua visione dialettica della filosofia greca; per il filosofo
tedesco, dopo la tesi dei naturalisti ionici, che hanno inteso la ragione
universale sotto forma delle sue determinazioni naturali, i sofisti
hanno rappresentato l'antitesi, paladini del criterio della soggettività,
in attesa della sintesi fornita dai grandi sistemi di Platone e di
Aristotele14. Il prezzo che i sofisti hanno dovuto pagare per la loro
riabilitazione postuma è stato la riduzione e la semplificazione dei
temi da loro affrontati al relativismo gnoseologico e la mancanza di
qualsiasi distinzione tra i vari pensatori. A questo hanno contribuito E.
Zeller e W. Nestle, impegnati nelle loro opere a mettere in ombra le
11
Aristotele Elenchi sofistici I 165a21 = DK6 79.3.
12
Cfr. Isocrate Orazioni V 12. Per la traduzione delle orazioni di Isocrate cfr. Marzi
[1991].
13
Cfr. Luciano Sulla morte di Peregrino 13. Per la traduzione delle opere di Luciano
cfr. Longo [1976].
14
Cfr. Hegel [1833-36]. Per il filosofo tedesco tutto il periodo che va da Talete ad
Aristotele costituisce il primo momento, la tesi, di uno sviluppo dialettico e storico
più ampio, che ha l'antitesi nelle scuole dell'età ellenistica e la sintesi nel
neoplatonismo.
8
differenze tra la prima e la seconda generazione di sofisti e a
presentarli come una scuola compatta15. A questa tesi si è opposto G.
Grote che ha sottolineato come l'unico tratto comune dei sofisti sia
costituito in realtà dalla loro professione di insegnanti a pagamento16.
Allo storico inglese risale l'immagine tradizionale dei sofisti come
esponenti di una sorta di illuminismo greco: questa immagine si
ritrova ad esempio in W.K.C. Guthrie che ha intitolato il terzo volume
della sua storia della filosofia greca The Fifth Century
Enlightenment17.
In generale si può dire che nell'Ottocento i sofisti sono stati studiati
in funzione di ciò che è venuto dopo, e quindi di Platone e di
Aristotele, e comunque sempre con un giudizio di valore negativo, più
o meno esplicito. Nel nostro secolo tale prospettiva è mutata, c'è stata
una rivalutazione complessiva dei temi e delle discussioni del
movimento sofistico, non si è ritenuto di dover adottare per forza uno
schema di tipo hegeliano per considerare il loro ruolo all'interno del
pensiero greco, si sono cercate le influenze positive dei sofisti sul
pensiero platonico ed è stata prestata particolare attenzione al loro
contributo alla pedagogia e alle scienze della comuncazione; a
dimostrazione di questo spirito riporto una considerazione di W.
Jaeger, citata da N. Abbagnano: “I sofisti sono un fenomeno così
necessario come Socrate e Platone; questi, anzi, senza di quelli sono
affatto impensabili”18.
Anch'io ritengo che non si possa parlare in maniera generica di una
scuola filosofica dei sofisti, ma che ogni pensatore debba essere
studiato nella sua autonomia. L'obiettivo di questo lavoro è di fornire
un quadro, che spero sia il più esauriente e chiaro possibile, del
15
Cfr. Zeller [1844-52] - la cui sesta edizione, del 1920, fu curata da W. Nestle - e
Nestle [1940].
16
Cfr. Grote [1846-56].
17
Cfr. Guthrie [1969].
18
Questi brevi paragrafi non hanno certo la pretesa di fare una storia completa degli
studi sulla sofistica. Per una introduzione a questo tema cfr. Kerferd [1981] pp. 13-
24 e Abbagnano-Fornero [1986] p. 88, da cui ho preso lo spunto per queste
considerazioni.
9
pensiero di Protagora, anche se ovviamente non mancano diversi
riferimenti ad altri sofisti e più in generale all'ambiente intellettuale di
Atene nella seconda metà del V secolo avanti Cristo. Infatti la filosofia
di Protagora deve essere esaminata e compresa alla luce del clima
politico e culturale della città negli anni dal 450 al 43019, i vent'anni
che hanno preceduto lo scoppio della guerra del Peloponneso e la
morte di Pericle, il tempo in cui la povli" di Teseo è diventata “la scuola
della Grecia”: infatti in questo periodo si sono ritrovati nella città,
seppur in momenti diversi, tutti i più importanti pensatori del mondo
greco, sono giunti da Elea Parmenide e Zenone, dalla Sicilia Gorgia, e
poi Anassagora da Clazomene e Melisso da Samo, e da Abdera
Democrito e Protagora.
Ad Atene Anassagora osservava con un nuovo spirito critico i
fenomeni del cielo, Sofocle componeva le sue tragedie, Fidia scolpiva
le statue che dovevano ornare il Partenone, Erodoto faceva pubbliche
letture delle sue storie di viaggi e il giovane Socrate conversava con i
suoi concittadini per cercare la saggezza; Pericle, che guidava con
giudizio la città, poteva affermare con legittima soddisfazione che la
costituzione democratica garantiva il diritto di partecipare alla vita
politica e la libertà di parola non a pochi, ma a tutti gli Ateniesi.
Protagora ha conosciuto bene questi uomini e ben presto ha scelto
Atene come sua seconda patria, assumendosi il compito, certo ben
retribuito, di insegnare agli Ateniesi l'arte politica, la politikh; tevcnh.
Del filosofo di Abdera sono state messe in luce di volta in volta le
teorie linguistiche o l'abilità retorica, le tesi gnoseologiche o
l'agnosticismo religioso, il pensiero politico o l'antropologia. Io ho
cercato di cogliere tutti questi aspetti e alla fine di questo lavoro conto
di dimostrare che l'interesse predominante di Protagora è stato lo
studio della povli", dei modi in cui questa si forma e funziona, e di
come devono essere educati gli uomini che in essa vivono.
Il primo capitolo è dedicato alla vita del sofista, al suo modo di
insegnare, alle sue opere e all'analisi delle fonti antiche che recano
19
Tutte le date di questo lavoro, salvo diversa indicazione, si intendono avanti
Cristo.
10
testimonianze delle sue teorie. Nel secondo capitolo passo a esporre i
tratti generali del suo pensiero metafisico, gnoseologico ed etico,
studiando i frammenti e cercando di collocare questa filosofia nello
sviluppo del pensiero ionico del V secolo. Nel terzo capitolo affronto
il pensiero politico di Protagora: dapprima, attraverso un ampio
confronto con i pensatori e gli artisti suoi contemporanei, analizzo la
sua posizione sul dibattito novmo"/fuvsi", poi, il cosiddetto mito di
Protagora permette di esaminare le sue idee sul progresso e la civiltà e
sulla democrazia e l'educazione. L'attività di legislatore di Protagora è
l'oggetto del quarto capitolo, in cui cerco di mostrare come
quest'attività si accorda con la sua esposizione teorica. Infine nel
quinto capitolo descrivo il sistema costituzionale di Atene e in
particolare l'ideologia democratica periclea, mostrandone la
sostanziale aderenza alla filosofia politica del sofista.
Nel filosofo di Abdera non si sono mai disgiunti l'interesse
teoretico, l'impegno come educatore e la partecipazione alla vita
politica: Protagora è stato un sofista, il primo a professarsi tale, e ha
insegnato la sua straordinaria abilità oratoria ai rampolli delle più
importanti famiglie di Atene, così che fossero pronti a intraprendere la
carriera politica; è stato legislatore di una città della Magna Grecia e
ha dato una giustificazione ideologica del regime politico democratico
che ha caratterizzato la vita ateniese di quegli anni. Protagora è
insomma un filosofo che si è sporcato le mani: un uomo che ha avuto
nelle vicende di Atene un ruolo anche politico, nel senso più ampio
del termine, dal momento che la sua filosofia è servita come base per
l'ideologia dell'Atene democratica, mirabilmente condensata da
Tucidide nella sua ricostruzione dell'epitaffio di Pericle per i caduti del
primo anno della guerra del Peloponneso. Protagora e la sua filosofia
si sono identificati con quel regime politico, così che quando, mentre
egli era ancora vivo, si è delineata netta la crisi del modello politico
ateniese e più in generale del sistema delle povlei", anche la sua
filosofia è entrata in crisi.
Socrate, difendendosi nel 399 dall'accusa di empietà, ha detto ai
suoi giudici che “una vita senza ricerche non è degna per l'uomo di
11
essere vissuta”20: la città poteva ordinargli di combattere ed egli
avrebbe obbedito, poteva condannarlo a morte ed egli avrebbe
obbedito, ma non poteva ordinargli di smettere di filosofare. Anche
Protagora è stato accusato di empietà, alcuni anni prima di Socrate;
purtroppo non è rimasta testimonianza della sua apologia, che è stata
certo un capolavoro dell'arte oratoria, anche se non gli ha evitato la
condanna. Protagora - i lettori mi consentano questa licenza - deve
aver ricordato con orgoglio, e con imprudenza, ai cittadini che lo
dovevano giudicare, in quegli anni ormai ostili alla democrazia
periclea e certo sospettosi verso quello straniero abile con le parole, la
sua amicizia con Pericle e la parte che egli aveva avuto nella
fondazione di Turî; deve aver citato passi delle sue opere, in cui è
scritto che gli uomini sono uguali, perché a tutti sono state donate
aijdwv" e divkh; deve aver detto che credeva in Atena, madre e patrona
della città, e soprattutto ricordato che tutta la sua vita era stata spesa a
insegnare agli uomini, magari anche ad alcuni di quelli che si
accingevano a condannarlo, a essere cittadini migliori: tutte le sue
giustificazioni non si sono allontanate dall'orizzonte cittadino.
Protagora avrebbe ben potuto dire che una vita senza povli" non è
degna per l'uomo di essere vissuta.
20
Platone Apologia di Socrate 38a.
12
CAPITOLO I
La carriera di un sofista
Protagora è nato non più tardi del 485 ad Abdera, una città della
Tracia famosa per aver dato i natali a due filosofi e per la stupidità dei
suoi marinai1.
La scarsità di notizie porta gli studiosi a fare delle ipotesi molto
discordanti riguardo alla cronologia della vita di Protagora. A.E.
Taylor e J. Burnet arrivano a retrocedere la data di nascita del filosofo
fino al 500, mentre diversi altri storici, a partire da E. Geist, la
pongono tra il 483 e il 480. A. Capizzi crede che Protagora sia nato tra
il 490 e il 487, basandosi soprattutto sul fatto che nel Protagora di
Platone egli dichiara di poter essere il padre di tutti i presenti: essendo
Socrate nato nel 469, lo studioso italiano ne deduce che il sofista deve
essere nato almeno una ventina d'anni prima; questa frase va presa con
beneficio di inventario, dal momento che Platone nel dialogo ironizza
sulla figura del maestro e sui suoi modi dottorali: l'affermazione di
Protagora non è nulla di più che un segno di paternalistica civetteria.
M. Untersteiner considera come data più probabile il 486-85. Anch'io
sono di questo parere: prima di tutto Platone afferma che Protagora è
morto all'età di settant'anni - la notizia che sarebbe vissuto fino a
novant'anni, riportata da Diogene Laerzio, senza dichiarare la fonte,
non è fededegna; ritengo poi che il processo per empietà, in seguito al
quale il sofista è morto, si sia svolto nel 415 piuttosto che nel 420 o
nel 411, come sostiene la maggioranza degli studiosi. Da questi due
elementi ricavo che la nascita di Protagora sia da porre nel 4852.
Anche le notizie sulla sua condizione sociale e sulla sua educazione
sono scarse e contrastanti. Secondo una tradizione che risale a
Epicuro, era figlio di Artemone, faceva il facchino e mentre era
impegnato a legare un fascio di legna con particolare perizia, lo vide
1
Cfr. Luciano Come si deve comporre un'opera storica 2.
2
Cfr. Platone Menone 91e = DK6 80.A.8, Diogene Laerzio IX 55 = DK6 80.A.1,
Taylor [1911], Burnet [1932], Geist [1827], Capizzi [1955], Untersteiner [1949].
13
Democrito che ne apprezzò l'abilità, lo prese con sé, lo fece diventare
suo scrivano e lo introdusse alla filosofia3. Questa tradizione è sorta
probabilmente in ambiente abderita per istituire un qualche
collegamento tra i due grandi pensatori della città. La notizia di un
discepolato di Protagora alla scuola di Democrito si scontra con la
cronologia dell'atomista che è fornita da Apollodoro e che è
generalmente accettata dagli studiosi, secondo la quale Democrito
sarebbe nato nel 4604. Un rapporto di influenza reciproca nel pensiero
dei due filosofi c'è sicuramente stato ed è in più occasioni testimoniato
dagli antichi; secondo F. D'Amato è addirittura Democrito che deve
essere considerato discepolo di Protagora; M. Untersteiner sostiene la
tesi dell'influenza reciproca dei due pensatori, mentre W. Uxkull e I.
Lana ritengono che nella formazione di entrambi abbia avuto un ruolo
determinante il pensiero di Leucippo, anche senza che si fosse
necessariamente stabilito un diretto rapporto di discepolato5.
Secondo un'altra tradizione, giunta attraverso Filostrato, Protagora
era figlio del ricchissimo Meandrio, potente signore della Tracia,
amico e alleato del re Serse; proprio in forza di questa amicizia Serse
permise che il giovanissimo Protagora fosse educato presso i Magi:
infatti questi sapienti potevano accogliere nella loro scuola degli
stranieri soltanto su autorizzazione del Gran Re6. Questa influenza
orientale è molto sospetta, si trova in un contesto complessivamente
non favorevole a Protagora e inoltre serve a sottolineare l'empietà del
sofista, che sarebbe appunto retaggio dell'educazione dei Magi. W.
Schmid, per giustificare il sorgere di questa tradizione, sottolinea che
per i Greci l'ateismo era qualcosa di difficile da comprendere e quindi
veniva in genere connesso con il mondo orientale. M. Untersteiner
invece dà qualche credito a questa notizia biografica: Serse è stato ad
Abdera nel 480, quando Protagora, secondo la sua cronologia, poteva
3
Cfr. Esichio Scolî alla Repubblica di Platone 600c = DK6 80.A.3.
4
I. Lana dimostra in maniera definitiva la validità delle notizie di Apollodoro su
Democrito; cfr. Lana [1950b].
5
Cfr. D'Amato [1931], Untersteiner [1949], Uxkull Gyllenband [1924], Lana
[1950a].
6
Cfr. Filostrato Vite dei sofisti I 10,1-2 = DK6 80.A.2.
14
avere cinque/sei anni ed essere quindi in grado di raccogliere i primi
insegnamenti dei maestri persiani7. Sicuramente si può dire che la
posizione geografica di Abdera, uno degli scali più importanti
dell'Egeo settentrionale, ponte tra il mondo occidentale e quello
orientale, ha influito sulla filosofia di Protagora, e in particolare sul
suo relativismo.
Protagora è giunto ad Atene per la prima volta negli anni attorno al
455 per esercitare la sua arte di professore di retorica, dopo aver
passato alcuni anni, almeno secondo una notizia riportata da Epicuro,
a insegnare a leggere e a scrivere ai contadini nei villaggi8.
Quando Protagora si faceva chiamare sofista a questo termine non
era ancora associato nessun significato negativo. Sofista era chiunque
fosse in grado di svolgere una tevcnh; qualsiasi artigiano, maestro o
inventore poteva essere chiamato in questo modo. Sofisti erano, ad
esempio, un cuoco o un allenatore di cavalli o un uomo che
pronunciava compianti funebri dietro compenso9. Nel circolo pericleo
Protagora era il sofista dei discorsi, così come Fidia lo era della
scultura, Damone della musica, Diogene di Apollonia della medicina.
Credo sia necessario a questo punto spiegare attraverso quali forme
si svolgeva la professione di sofista. Ippia racconta: “Sono solito
recarmi, dalla mia patria Elide ad Olimpia, al raduno solenne dei
Greci, quando si celebrano le Olimpiadi e lì, nel santuario, mettermi a
disposizione, sia per pronunciare, a richiesta, qualcuno dei discorsi
precedentemente preparati, sia per rispondere a chiunque su qualsiasi
argomento voglia interrogarmi”10. L'ejpivdeixi" è una pubblica
conferenza che un sofista teneva individualmente. Gorgia si esibiva
nel teatro di Atene11 e, secondo una tradizione, sia Gorgia sia Ippia
andavano vestiti di porpora, all'uso dei rapsodi12. Diogene Laerzio
dice che sia Protagora sia Prodico “guadagnavano leggendo discorsi
7
Cfr. Schmid [1929-48], Untersteiner [1949].
8
Cfr. Diogene Laerzio X 8.
9
Cfr. Luciano Del lutto 20.
10
Platone Ippia minore 363c-d.
11
Cfr. Filostrato Vite dei sofisti I 1 = DK6 82.A.1a.
12
Cfr. Eliano Storia varia XII 32 = DK6 82.A.9.
15
da loro composti”13. Socrate conferma indirettamente l'attività di
conferenziere di Protagora, dicendo che il sofista di Abdera “sa tenere
lunghi e bei discorsi [...], ma sa anche rispondere brevemente quando
gli si rivolga una domanda, e, quando è lui che fa la domanda, sa
aspettare e ricevere la risposta”14. Protagora è stato infatti il primo a
introdurre la gara dialettica, uno scontro tra due sofisti dinanzi a un
pubblico in cui ognuno degli interlocutori cercava di avere la meglio e
di persuadere gli spettatori della verità delle proprie tesi.
Nel Protagora il sofista e Socrate si scontrano, a tratti anche
aspramente, in una contesa dialettica. Socrate a un certo punto la
interrompe per chiedere che Protagora si attenga alla regola delle
domande e delle risposte brevi e non si lanci in lunghi discorsi,
difficili da seguire e quindi da confutare; questi allora risponde: “Io ho
già sostenuto gare di discorsi con molte persone, e, se avessi fatto ciò
che tu chiedi, cioè se avessi discusso nella maniera in cui l'avversario
mi chiedeva di discutere, non sarei risultato migliore di nessuno, e il
nome di Protagora non sarebbe corso sulla bocca dei Greci”15. Nel
corso della discussione i due campioni cercano di sfruttare le proprie
armi migliori. Nel dialogo sono descritte in maniera precisa le varie
tecniche o per far irritare l'avversario e quindi costringerlo a scoprirsi
o per prendere tempo in un momento di difficoltà: sembra di assistere
a una gara di fioretto, anche se Socrate preferisce paragonare lo
scontro dialettico all'incontro di due boxers16. Per i sofisti le
conferenze e le gare dialettiche erano un ottimo sistema per farsi
conoscere e apprezzare dai potenziali clienti.
Le lezioni, individuali o a gruppi di allievi, costituivano per
Protagora, come per gli altri sofisti, l'attività principale, il mestiere di
cui vivere. “Dice Aristotele che [...] da Protagora furono composte e
13
Diogene Laerzio IX 52 = DK6 80.A.1.
14
Platone Protagora 329b = DK6 80.A.7.
15
Platone Protagora 335a.
16
In Protagora 339e, dopo l'applaudito discorso del sofista sui versi di Simonide,
Socrate racconta: “Io, sulle prime, come colpito da un abile pugilatore, vidi tutto
abbuiarsi e provai un senso di vertigine udendo queste sue parole ed il coro di
applausi”.
16
scritte trattazioni su temi di carattere generale, che ora si chiamano
luoghi comuni”17: si tratta di schemi di discorsi, di brani-tipo, espressi
per lo più in forma antitetica, che Protagora svolgeva durante le
lezioni e gli allievi dovevano poi imparare a memoria e utilizzare in
esercitazioni pratiche condotte sotto gli occhi del maestro18. Le lezioni
si potevano anche svolgere come una contesa dialettica e quindi
prevedere un fitto scambio di domande e risposte tra il maestro e un
allievo, a cui seguivano prove tra gli allievi. Eudosso ricorda che
Protagora “aveva insegnato ai discepoli a biasimare e a lodare la
medesima persona”19.
La tradizione ostile, a partire da Platone, biasima i sofisti per il
fatto che vendevano il proprio sapere. Anche i poeti e i medici
ricevevano un compenso per i loro servizi di natura intellettuale, ma
non per questo subivano la censura dei loro contemporanei20. La vera
immoralità, per l'aristocratico Platone e quindi per la tradizione che da
lui prende spunto, era il fatto che i sofisti vendevano il proprio sapere,
cioè l'abilità a parlare in pubblico e la capacità di partecipare alla vita
politica, a chiunque, senza alcuna distinzione, se non quella della
ricchezza.
Ho riportato all'inizio di questo studio la notizia di Diogene Laerzio
secondo cui Protagora è stato il primo sofista a richiedere un onorario
17
Cicerone Bruto 12,46 = DK6 80.B.6.
18
I due libri delle Antilogie raccoglievano questi discorsi-tipo. Dello stesso genere
sono L'encomio di Elena e La difesa di Palamede di Gorgia, i discorsi contenuti
nelle Tetralogie di Antifonte e l'anonimo Dissoi;; lovgoi.
19
Stefano di Bisanzio s.v. [Abdhra = DK6 80.A.21. Da notare che J.P. Dumont
traduce “la même chose”; cfr. Dumont [1969].
20
La mercificazione della poesia è sancita da Pindaro all'inizio della Seconda
Istmica, del 470: “Anticamente, o Trasibulo, gli uomini che salivano sul carro delle
Muse con in mano la nobile lira, prontamente lanciavano i loro canti dolci come il
miele in onore degli adolescenti. [...] La Musa non era allora dedita al guadagno né
era una mercenaria. I canti soavi di Terpsicore allora non erano ancora in vendita.
Ora invece essa prescrive di osservare quel detto dell'argivo, vicinissimo alla verità,
che dice: "Denaro, denaro è l'uomo!"”. Per questa traduzione cfr. Canfora [1986]. In
Erodoto III 131 si parla invece del medico Democede che dopo un soggiorno di un
anno nell'isola di Egina, “nel secondo anno lo prendono a pubbliche spese gli
Egineti, dietro compenso d'un talento; il terzo anno, gli Ateniesi per cento mine; il
quarto anno Policrate per due talenti”. Per la traduzione delle Storie di Erodoto cfr.
Annibaletto [1956].