2
Destra significa invece mirare tendenzialmente a inquadrare
l’individuo in comunità “naturali” rassicuranti, a collocare i gruppi in un
ordine sociale organizzato gerarchicamente, a creare strutture decisionali
stabili, sottratte alla disponibilità sia del singolo che della società, in
quanto derivate da assiomi preordinati e intangibili. L’idea centrale
unificante è costituita dal presupposto della naturale disuguaglianza degli
uomini, a sostegno del quale vengono avanzate ragioni sostanzialmente
sovrarazionali.”
E continua (in questo confermando quanto appurato da molti autori – in
primis Ignazi –) affermando che sebbene i programmi dei partiti politici e
dei movimenti sociali tentino di superare questa tradizionale
articolazione bidimensionale dello spazio politico e, anzi, spesso si
rifiutino di dichiararsi come appartenenti ad uno dei due schieramenti, i
concetti di destra e sinistra – seppur mutevoli a seconda del contesto
storico – consentono ancora l’identificazione di mentalità, persone,
gruppi, idee e obiettivi politici all’interno di questo sistema di
classificazione.
3
Lo schema destra-sinistra, conferma Ignazi, continua ad essere il più
efficace elemento distintivo delle coordinate politiche per l’opinione
pubblica dei paesi europei e questo principalmente perché il mondo
politico è complesso ed è difficile orientarsi senza coordinate chiare e
semplici: le etichette di destra e sinistra servono proprio a semplificare
le opzioni offerte dal mercato politico e questo è tanto più necessario
quanto più è complesso il sistema partitico.
4
3
Willibald I.HOLZER La destra estrema Trieste 1999, Asterios Editore, p.29
4
Piero IGNAZI L’estrema destra in Europa Bologna 1994, Il Mulino, p.13
3
1.2 – ESTREMISMO DI DESTRA, CONSERVATORISMO, RADICALISMO.
Se si interpreta l’estremismo di destra, in riferimento ad alcune sue
componenti cruciali, come una varietà estrema del conservatorismo si può
assumere quale criterio decisivo di differenziazione la posizione che essi
assumono di volta in volta nei confronti dello specifico stadio di
democratizzazione già raggiunto o sul punto di consolidarsi in un
determinato momento storico. Partendo da questo assunto, Fetscher
ritiene che l’estremismo di destra sarebbe riconoscibile innanzitutto dal
suo giudizio reazionario nei confronti del processo di democratizzazione,
giudizio basato su modelli romanticizzati del passato.Sarebbe proprio il
desiderio di smantellare persino i livelli di democratizzazione già
legittimati a costituire la differenza cruciale tra estremismo di destra e
conservatorismo democratico il quale, invece, mirerebbe più che altro a
ottenere un cauto evolversi dello status quo, anche se storicamente esso è
spesso scivolato, soprattutto nelle sue manifestazioni meno democratiche,
nella Realpolitik di estrema destra.
5
Se da una parte l’importanza attribuita in tempi più recenti alla libertà
individuale e alla dignità umana distingue indubbiamente il
neoconservatorismo dai suoi antecedenti storici, dall’altra non
bisognerebbe sottovalutare il fatto delle coincidenze programmatiche, dei
parziali punti di contatto e dei potenziali campi di collaborazione attuali
tra destra democratica ed estrema destra
6
. Ne è un esempio il caso
italiano dove la formazione e la successiva salita al governo della
coalizione di destra, il Polo delle Libertà, vede una coalizione dove le
destre di ispirazione radicale hanno un peso notevole e compongono,
come ha ricordato più volte Silvio Berlusconi, “un’alleanza di valori
condivisi”. Lo stesso vertice del Partito Popolare Europeo, svoltosi a
Berlino nel gennaio 2001, ha evidenziato la quasi totale scomparsa del
vecchio mondo “centrista”, a vantaggio invece di una definizione di
destra politica che può andare tranquillamente da Kohl fino a Forza Italia
e comprendere, per estensione, anche gli alleati più radicali del
5
Iring FETSCHER Rechtes und rechtradikales Denken in der Bundesrepublik, in Rechtradikalisums, a cura di Iring
Fetscher, Frankfurt am Main 1967, pp.11-29
6
Willibald I.HOLZER La destra estrema Trieste 1999, Asterios Editore, p.31
4
Cavaliere. Si tratta, evidentemente, di un cambio di clima politico che
conduce ad una idea di “destra plurale” che non vuole annullare o
amalgamare forzatamente le differenze esistenti ma le sottopone ad una
lettura comune, senza barriere interpretative che hanno ormai sempre
meno senso.Uno spazio di senso comune alle destre fondato – come
vedremo più specificatamente in seguito – in particolare su nodi tematici
quali l’identità, regionale o nazionale, l’immigrazione, la famiglia,e la
cosiddetta “questione della sicurezza”.
7
Questa molteplicità di
convergenze parziali o totali a livello ideologico o programmatico,
sostiene Holzer, che finiscono per confluire nel comune scetticismo verso
le spinte sociali all’emancipazione e alla democratizzazione e nella
tendenza a dare priorità a visioni di tipo nazionalistico, consentono agli
estremisti e ai populisti di destra di inserire senza difficoltà nelle proprie
argomentazioni qualche filone tratto dal pensiero neoconservatore,
mentre i movimenti della destra conservatrice, spaventati dai successi
elettorali dei gruppi di destra che fanno loro concorrenza, si sentono
incoraggiati a estremizzare le proprie posizioni. L’assottigliarsi della
linea di demarcazione tra i due viene così acuito da questo scambio
reciproco nelle posizioni di ciascuno.
8
Secondo le analisi di Eike Henning
9
, di fronte a queste molteplici
sfaccettature e sovrapposizioni di contenuti, la differenziazione attuale
tra neoconservatorismo ed estremismo di destra dovrebbe partire
innanzitutto dall’aspetto della violenza come orientamento all’azione. Al
giorno d’oggi gli esponenti della politica neoconservatrice
confiderebbero di preferenza in forme di violenza strutturale, le quali
prometterebbero prospettive di successo più sicure rispetto all’uso diretto
della violenza nei suoi vari modi, i cui esiti sono più incerti, e che
richiedono un maggior impegno personale. Questa seconda variante,
invece, pare stia nuovamente prendendo piede negli ambienti di estrema
destra.
7
Guido CALDIRON La destra plurale Roma 2001, Manifestolibri, pp.9-11
8
Willibald I.HOLZER La destra estrema Trieste 1999, Asterios Editore, p.32
9
Eike HENNING Konservatismus und Rechtsextremismus in der Bunderepublik: Fragen der Berührung und
Abgrenzung, in Konservatismus – Eine Gefahr für die Freiheit? A cura di Eike Hennig/Richard Saage,
Monaco/Zurigo 1983, pp.299-317
5
Nelle ali estreme dello schieramento politico esistono posizioni che
non riconoscendosi nelle finalità, nei valori, nelle istituzioni che
governano la comunità politica, ne rifiutano anche le regole di fondo e
rivendicano una loro radicale modifica
10
.Tale rivendicazione può
assumere forma meramente teorico-dottrinale, ad opera di gruppi o
cenacoli che si occupano soprattutto di riflessione culturale e
dell’elaborazione di universi sistematici di ideologia e Weltanschauung;
ma può anche assumere la forma di attività concreta, caratterizzata dalla
visione dei rapporti politici in termini di alternative radicali, dal rifiuto
degli obiettivi graduali o parziali, nonché del negoziato e del
compromesso con “gli altri” – non ritirandosi neppure di fronte alla
violenza. La distinzione tra i due ambiti (teoria e prassi – elaborazione
concettuale e militanza politica) è spesso, soprattutto nel caso
dell’estremismo, volutamente labile.
11
Gli fa eco Holzer tracciando un identikit dell’estremista di destra:
“Appellandosi a un diritto superiore e/o alla natura, che dovrebbero far
apparire ineluttabile il necessario – a suo dire – mutamento del sistema,
l’estremista scende in campo contro il potere vigente, forte della
consapevolezza soggettiva di possedere la verità assoluta, e della
certezza della salvazione che gliene deriva. Anche quando tenta
accomodamenti legalistici, nella scelta dei mezzi da impiegare
l’estremista è guidato quasi esclusivamente da considerazioni di
opportunità e di efficienza politica, e, pur oscillando tra approvazione
della violenza terroristico-rivoluzionaria e azioni propagandistiche e
agitatorie non violente, resta comunque sempre disponibile a ricorrere,
per imporsi, a metodi violenti e a manipolazioni demagogiche. In questi
processi dinamici coloro che predicano e coloro che praticano la violenza
sono contigui l’uno all’altro; il confine tra militanza abituale, quale è
tipica di molti circoli giovanili neonazisti, e azioni terroristiche, in cui il
contenuto di violenza dell’ideologia si esprime fattivamente, è
permeabile e fluido.”
12
10
S.BELLIGNI Estremismo in N.Bobbio, N.Matteucci, G.Pasquino Dizionario di politica, Torino 1983, Utet
11
Franco FERRARESI (a cura di) La destra radicale, Milano 1984, Feltrinelli Editore, p.15
12
Willibald I.HOLZER La destra estrema Trieste 1999, Asterios Editore, pp.37-38
6
La conclusione di Holzer è categorica: l’intimo legame tra le due
correnti è costituito da quell’”alleggerimento della democrazia” che si
nasconde dietro il topos neoconservatore della ingovernabilità dei sistemi
basati su una ampia democratizzazione e dietro la concezione
dell’estrema destra di una politica intesa come potere decisionista dello
stato forte.E’ proprio qui che andrebbero ricercati quei futuri punti
d’incontro in cui, nel caso di un aggravarsi drammatico della crisi
sociale, gli interessi politici dei due potrebbero allearsi nuovamente.
Va peraltro evidenziata la probabilità di una evoluzione di questo tipo
se si guarda al grande riscontro sociale di alcuni elementi ideologici di
estrema destra a causa della centralità e dell’attualità che li vede
protagonisti.
Alcune analisi empiriche dimostrano che alcune concezioni ideologiche
di estrema destra – diffuse dai mass-media – vengono sostenute più o
meno apertamente anche da parte delle élite politiche e scientifiche di
ogni colore politico, con il risultato che alcune di queste concezioni
acquistano un’aura di grande autorità politica o scientifica. Inoltre,
concezioni quali etnocentrismo o xenofobia non sono affatto limitate
all’estrema destra o ai conservatori ma sono presenti – sia pure con varia
intensità – in tutti i raggruppamenti politici e sociali delle moderne
società industriali.
13
Se il problema del confine tra conservatorismo ed estremismo di destra
rimane comunque aperto e continuerà facilmente a costituire oggetto di
indagine per la futura ricerca, il problema della definizione di
radicalismo di destra mostra aspetti forse ancora più fumosi.
Holzer tenta di spiegare la nascita e l’evolversi dell’uso improprio – e
oramai sostituitesi a quello di estremismo – del termine radicalismo.
14
“Nella tradizione dell’Illuminismo borghese, soprattutto nei paesi
neolatini e anglosassoni, il termine radicalismo, usato per la prima volta
in campo politico nell’Inghilterra della seconda metà del Settecento stava
ad indicare all’origine un rigoroso approfondimento e allargamento delle
concezioni liberaldemocratiche dello stato e della società.
13
Ibidem pp.33-34
14
Ibidem pp.35-36
7
Questo radicalismo borghese,… che nello spirito dell’Illuminismo e
della Rivoluzione francese combatteva per i diritti di partecipazione
politica e per le libertà civili, contestava alle radici il dominio
dell’Ancien régime. Solo nella lingua tedesca questo termine, usato in
seguito dalle élite politiche dominanti dello stato autoritario sia
guglielmino che asburgico anche contro il movimento operaio, si sarebbe
caricato di quell’ambivalenza e di quella connotazione negativa, per cui,
nel linguaggio comune, avrebbe finito per essere considerato
l’equivalente di estremismo.”
“Il termine estremismo, invece, utilizzato soprattutto nel mondo
angloamericano intorno alla metà dell’Ottocento per indicare il monismo
e l’intransigenza nel conflitto politico, ha mantenuto in tedesco, dove
radicalismo sta ad indicare più o meno la stessa cosa, una certa
indeterminatezza. Man mano che venivano recepite alcune fondamentali
ricerche americane, l’uso del termine estremismo si è andato diffondendo
anche nelle scienze sociali tedesche, dove a partire della metà degli anni
Settanta ha iniziato progressivamente a sostituire il concetto di
radicalismo per definire i movimenti antidemocratici”.
Che i due termini vengano indifferentemente usati anche nella
letteratura italiana è desumibile da molte ricerche e monografie
sull’argomento. Lo stesso Ferraresi che nella sua ricerca “La destra
radicale” intende circoscriverne la definizione scrive:”Si è deciso di
utilizzare, per questo volume, la dizione “destra radicale” (“radicalismo
di destra”), oltre che per omogeneità con l’uso internazionale…, per la
sua ampiezza e capacità di comprendere, in via generale, le culture di
tipo autoritario (antiegualitario), gerarchico, anti- o a-razionalistiche,
periodicamente riemerse nel corso di questo secolo, soprattutto in
corrispondenza delle crisi delle politiche riformiste.”
15
Caratteristiche
queste, come vedremo oltre, che costituiscono in via di principio i
riferimenti ideologici di un più generico estremismo di destra.
Ad oggi la letteratura italiana si riferisce spesso con il termine
radicalismo di destra più specificatamente al periodo dell’eversione nera,
dello stragismo e dello spontaneismo armato che contraddistingue un
15
Franco FERRARESI (a cura di) La destra radicale, Milano 1984, Feltrinelli Editore, p.12
8
determinato periodo storico del nostro paese a cavallo tra i primi anni
‘70 e la metà degli anni ’80.
Chi si spinge oltre e fornisce una definizione molto circoscritta di
destra radicale è il politologo Piero Ignazi
16
che argomenta come la
mitologia politica della destra radicale prenda a prestito alcuni cardini
della tradizione storica pre-rivoluzionaria – in primis l’organicismo e la
gerarchia, l’ordine naturale e la disuguaglianza – e li proietti in un
mondo nuovo che non può essere il calco idealizzato dell’Ancien régime.
In questa accezione il criterio distintivo della “destra radicale”
riguarderebbe una ben precisa Weltanschauung: il rifiuto del mondo
moderno.
Ignazi prosegue “…adotteremo il termine destra radicale in senso molto
restrittivo, ad indicare soltanto quella componente che “rifiuta il mondo
moderno” sulla scorta delle teorizzazioni evoliane
17
. La destra radicale è
quindi una componente decisamente minoritaria dell’estremismo di
destra: vi ricadono piccoli gruppi, il più delle volte organizzati come
sette chiuse, spesso dedite alla violenza, al gesto esemplare, avvolte in
una visione del mondo complottistica e spesso a-razionale, votate alla
ricerca di capri espiatori da punire, tant’è che l’antisemitismo è
praticamente un basso continuo di queste organizzazioni; i gruppi
terroristici sono infatti una variante interna al microcosmo della destra
radicale.”
E’ tuttavia necessario ammettere che, fatta salva la particolare
ideologia che Ignazi riconduce alla destra radicale, molte delle
caratteristiche che egli attribuisce a questo particolare tipo di destra sono
oggi facilmente riscontrabili in gruppi, movimenti e persino partiti
politici – più o meno istituzionalizzati - che rientrano genericamente in
un più ampio concetto di estremismo che riconduce a sé la summa delle
più rilevanti concezioni ideologiche della moderna destra.
16
Piero IGNAZI L’estrema destra in Europa Bologna 1994, Il Mulino, pp.38-39
17
Julius Evola (Roma, 1898-1974) rintraccia nei valori della “Tradizione” quei valori guerrieri e gerarchici, eroici e
ideali ereditati da una antica tradizione ariana e indoeuropea di derivazione nordica. Questi valori hanno trovato
parziale espressione in alcuni momenti alti della civiltà (l’Impero romano, il Medioevo ghibellino, il Sacro romano
impero) ma sono stati sconfitti dal liberalismo, dall’economicismo e dall’egualitarismo. Il mondo moderno è quindi
un mondo di decadenza al quale ci si può opporre solo con la testimonianza, la vita esemplare. Evola fu un isolato,
culturalmente e politicamente; i suoi rapporti con il fascismo e poi con il Msi sono sempre stati burrascosi. Tuttavia
ha esercitato un fascino enorme nei confronti di intere generazioni di estremisti di destra in Italia e in Europa –
inclusa la subcultura giovanile dei naziskin - dai quali è stato universalmente riconosciuto come un “maestro”.
9
1.3 – PROFILI E ORIENTAMENTI IDEOLOGICI DELL’ESTREMA DESTRA
Per affrontare nel modo migliore una analisi socio-politica della
subcultura Skin che non forzi questo complesso ed eterogeneo fenomeno
entro panni politici stretti o inadeguati, la definizione di cosa si intenda
per estrema destra sarà attuata condensando – attraverso un processo di
astrazione – gli elementi caratterizzanti fino a formare un idealtipo à la
Weber dell’estremismo di destra. Si tratta quindi di tracciare un quadro
concettuale improntato alla massima generalizzazione e concepito nel
modo più aperto possibile evitando, in questo modo, di erigere
immotivate barriere o filtri riguardo il passato storico ma anche di
mantenere aperto il corpus concettuale verso possibili – e aggiungerei
probabili – sviluppi evolutivi futuri della realtà politico-sociale.
Proporre una analisi dei moderni movimenti e partiti di estrema destra
riconducendoli sic et simpliciter ai fascismi storici non solo è
estremamente riduttivo e inadeguato ma rischia di lasciare senza risposta
molti aspetti, mentalità e orientamenti dell’agire propri di questa
ideologia che possono essere compresi solo nel contesto socio-politico
attuale delle moderne società industriali. Questo discorso vale per i paesi
– come Germania, Italia, Austria - dove il nazionalsocialismo ha lasciato
una impronta storica e politica sostanziale e profonda ma, a maggior
ragione, focalizzarsi sul rapporto con i fascismi storici diventa
addirittura imbarazzante in quei casi – ad esempio Stati Uniti, Francia o
Gran Bretagna – in cui difficilmente si può parlare di tradizioni fasciste
assurte al potere in passato e ciò nondimeno non si può negare la
presenza , sia nella storia che nella attualità, di significative correnti e
organizzazioni di estrema destra. Il concentrarsi selettivamente sui
fascismi storici impedisce di guardare all’ampiezza di quella gamma di
tradizioni e correnti alternative – prefasciste o fasciste antagoniste – da
cui gli attuali tentativi dell’estrema destra continuano a trarre stimoli
importanti e intralcia anche un pieno riconoscimento di come i movimenti
moderni tentino, soprattutto attraverso l’integrazione di nuovi elementi,
di discostarsi sempre di più dalla tradizione fascista.
10
Holzer , recependo appieno la portata di questi cambiamenti, afferma:
“Come infatti si intuisce già dall’esempio del Partito
nazionaldemocratico in Germania (NPD), ma anche dagli sforzi per
acquisire credibilità del Front National, del Msi con la sua evoluzione in
Alleanza nazionale, dei Republikaner e del Partito liberale in Austria
(FPÖ), il successo delle forze elettorali di estrema destra in Europa è
legato attualmente proprio alla loro capacità di “superare” un passato
così compromettente, di staccarsi pian piano da continuità sia personali
che programmatiche con i fascismi storici, e – pur continuando a mandare
segnali che rassicurino in modo credibile sul loro legame tuttora integro
con la tradizione – di portare avanti l’inevitabile adeguamento alla
mutata situazione della società industriale.”
18
A questo proposito è
illuminante una recente dichiarazione del segretario del partito Msi
Fiamma tricolore, Pino Rauti, al Corriere della Sera che, annunciando il
suo imminente abbandono della segreteria del partito, afferma: “Sono
vecchio, appartengo al passato, perciò mi faccio da parte.”… “ Il
bipolarismo impone di essere realisti. Da soli ci si logora e basta.
Dobbiamo stringere accordi elettorali con il centrodestra se vogliamo
contare. Io rappresento un riferimento storico che potrebbe essere di
ostacolo alle alleanze. Allora le trattative con il Polo le facciano i
giovani.
19
Data la presenza, all’interno dell’estrema destra, di un’ampia gamma di
gruppetti, forze elettorali e interessi editoriali controversi, è evidente
che la grande eterogeneità di programmi politici in concorrenza tra di
loro, che vanno dalle idee di ordine autoritarie e conservatrici, a quelle
nazionaliste-rivoluzionarie, fino a quelle razziste e neonaziste, renda
assai arduo tracciare un filo ideologico che le raggruppi tutte. Ciò
nonostante alcune concezioni ideologiche di fondo, che quasi tutti i
movimenti di estrema destra condividono, costituiscono un humus comune
dal quale questi movimenti attingono a piene mani allo scopo di
“costruire” i propri fondamenti ideologici.
18
Willibald I.HOLZER La destra estrema Trieste 1999, Asterios Editore, pp.24-25
19
Tratto dal Corriere della Sera del 8 febbraio 2002, Rauti:lascio, il futuro è con il Polo, M.Ne.