3
I. La riflessione sociologica sul fenomeno migratorio
La disciplina della sociologia delle migrazioni, seppure marginalmente, ha costituito un
settore rilevante di studi e di ricerche all‟interno della tradizione sociologica, dagli autori cosiddetti
“classici” fino ai più vicini alla realtà contemporanea. Con l‟obiettivo di avere gli strumenti per
“conoscere , comprendere e spiegare un fenomeno così vasto e complesso come quello delle
migrazioni”
1
ci proponiamo di studiare sia gli approcci tipici alla disciplina, da intendersi come
punti di riferimento per chiunque voglia intraprendere un‟analisi del fenomeno, sia le più recenti
teorie sul tema.
Il fatto sociale centrale messo a fuoco dalla sociologia delle migrazioni è quello della mobilità
umana nello spazio e il mutamento che quest‟ultima genera nelle relazioni sociali, nei modelli
socioculturali di vita e nell‟ambiente umano. Le migrazioni sono definibili come fatti sociali
globali, estremamente complessi che “rappresentano l‟esito dell‟incontro, spesso sinergico, di
molteplici fattori che coinvolgono frequentemente almeno quelli di ordine sociale, culturale,
economico e psicologico.”
2
E‟ per questo che Pollini e Scidà
3
affermano che se le migrazioni
rappresentano “una fonte non secondaria del mutamento sociale” ne sono allo stesso tempo un
effetto.
Lo studio delle migrazioni ha visto nel corso del suo sviluppo storico, l‟affermarsi di diversi sistemi
di teorie che hanno tentato di spiegare e di comprendere il fenomeno in questione da diversi, e non
necessariamente contrapposti, punti di vista.
1.Approcci tipici sulla mobilità umana nello spazio
1.1. Approccio socio-economico di Marx
Sebbene, come vedremo, il fenomeno delle mobilità umane è sempre stato presente, sotto diverse
forme, nella storia, è solo dalla metà dell‟ „800 che comincia ad essere oggetto di osservazioni
generali di carattere scientifico che, direttamente o indirettamente, lo riguardano.
1
POLLINI G., SCIDA‟ G., “Sociologia delle migrazioni e della società multietnica”, Franco Angeli, Milano, 2002, pag.
42
2
POLLINI G, SCIDA‟ G., op. cit. pag. 15
3
POLLINI G, SCIDA‟ G., op. cit. pag. 16
4
Nella sua teoria, Karl Marx non analizza il fenomeno migratorio nel complesso, quanto piuttosto il
suo carattere espulsivo e forzato (parla infatti di “emigrazione forzata”
4
). Le migrazioni risultano
essere la via d‟uscita, forzata appunto, per l‟espulsione dell‟eccedenza di popolazione generata dalla
pressione esercitata dalle forze produttive. Marx dunque individua la causa principale delle
migrazioni (interne), nella sfera economica dell‟organizzazione sociale capitalista, la quale genera
impoverimento e disoccupazione della forza lavoro e relega ampie porzioni di quest‟ultima a
divenire “sovrappopolazione”.
La posizione di Marx nei confronti delle migrazioni risulta ambivalente, in quanto da un lato egli
riconosce la loro utilità come fonti di ricchezza
5
ma dall‟altro ne evidenzia gli effetti negativi sia
umani che sociali.
6
1.2. Approccio geografico-sociale di Ravenstein
Ravenstein nel 1885 scrisse la prima edizione de “The laws of migration”
7
nel tentativo di
confutare la tesi secondo cui nessuna regolarità universalmente valida potesse essere riscontrata nei
comportamenti umani, attraverso l‟osservazione dei movimenti migratori. Le sue leggi risultarono
dunque essere una vera e propria osservazione di una serie di uniformità tendenziali, incentrate sulla
variabile “distanza”.In generale,è bene ricordare, Ravenstein si riferisce sempre alla migrazione
interna o intra-europea.
1.3. Approccio morfologico-sociale di Durkheim
Durkheim considera i movimenti migratori non come fatti sociali in senso stretto , dunque dotati di
proprietà sui generis, osservabili e spiegabili mediante la sociologia generale, bensì come fenomeni
propri dell‟ambito di quella che definisce “morfologia sociale”
8
. Durkheim si riferisce alla
morfologia sociale come a una branca o un settore della sociologia in senso lato che ingloba anche
la fisiologia sociale e la sociologia generale; la definisce
9
come una scienza che studia il substrato
sul quale è basata la vita sociale, intendendo per substrato le caratteristiche del territorio occupato
da una data popolazione, il volume, la densità della popolazione, le modalità di trasporto e le reti di
comunicazione, come anche i tipi di confine tra un insediamento e l‟altro.
4
MARX K. “New York Daily Tribune”, 3722, 22 Marzo 1853, trad. it., Ed. Riuniti, Roma, 1982, vol. XI, pp. 548-554 in
POLLINI G., SCIDA‟ G., op. cit. pag. 43
5
“sorgente fondamentale di ricchezza”cfr. MARX K. op. cit. in POLLINI G., SCIDA‟G., op. cit. pag. 44
6
“nella società si va operando una rivoluzione silenziosa, alla quale dobbiamo piegarci, […] le classi e le razze, troppo
deboli per dominare le nuove condizioni di vita, devono soccombere” cfr. MARX K. op. cit. in POLLINI G., SCIDA‟
G., op. cit. pag. 44
7
RA VENSTEIN E. G., The laws of migration, in “Journal of the Royal Statistical Society”, 2 June 1885, pp. 241-305
8
Per una definizione approfondita di “morfologia sociale” vedi GALLINO L., “Dizionario di sociologia”, UTET, 2006
9
DURKHEIM E., “Morphologie sociale” in “L‟Année Sociologique”, Sixième Sections, Paris, 1899, pag. 520-521 in
POLLINI G., SCIDA‟ G.,op. cit. pag. 48
5
La prospettiva durkheimiana inserendosi all‟interno del quadro dei coevi studi di carattere
geografico, demografico e anche antropogeografico (vedi Ratzel ) si concretizza come un approccio
multidisciplinare allo studio del fenomeno migratorio.
Durkheim viene anche a stabilire una legge relativa alle migrazioni, che definisce “legge meccanica
dell‟equilibrio sociale”, sostenendo che “è impossibile che i popoli più forti non tendano a
incorporare i più deboli , come i più densi si riversano in quelli meno densi”
10
. Egli vuole mettere in
evidenza l‟effetto sociale delle migrazioni, esaminate come una vera e propria mobilità delle unità
sociali, la cui diretta conseguenza è l‟indebolimento delle tradizioni e il mutamento sociale.
1.4. Approccio relazionale formale di Simmel
Simmel, all‟interno della prospettiva della “sociologia formale” pone le premesse per una
sociologia delle migrazioni, incentrata sulla forma sociologica di un solo tipo di migrante: lo
straniero. Lo definisce come colui che “oggi viene e domani resta”
11
per mostrare il duplice aspetto
di mobilità e di sedentarietà che il migrante porta con sé. Lo straniero si inserisce in una cerchia
sociale a cui prima non apparteneva, e contemporaneamente, rispetto a questa cerchia, si colloca in
una posizione di vicinanza e lontananza. Lo straniero, secondo Simmel, non si configura come una
posizione sociale, uno status che si acquisisce migrando, ma rappresenta una vera e propria forma di
relazione sociale che si estrinseca anche nel particolare rapporto di tensione che con lui intrecciano
coloro che stranieri non sono.
1.5. Approccio politico-sociale di Weber
Nella sua teoria sociologica Weber non si occupa esplicitamente del tema delle migrazioni, ma
quest‟ultimo diventa centrale in due scritti che hanno come oggetto generale la questione relativa
alla condizione dei lavoratori agricoli nella Germania ad Oriente dell‟Elba [Die Verhältnisse der
Landarbeiter im ostelbischen Deutschland] del 1892 e lo Stato nazionale e la politica economica
tedesca, in un saggio del 1895. Nel primo Weber analizza il fenomeno migratorio come
„immigrazione‟, concentrando la sua attenzione sulle modifiche della struttura del mercato del
lavoro delle grandi proprietà terriere in Germania orientale e studiando l‟incremento dei lavoratori
stagionali, accompagnato da una diminuzione relativa o persino assoluta della forza lavoro
10
DURKHEIM E., “La divisione del lavoro sociale”, 1893, trad. it. Ed. di Comunità, Milano ,1971 in POLLINI G.,
SCIDA‟ G. op. cit. pag 48
11
SIMMEL G., Excursus sullo straniero, in Sociologia (Berlino 1908), Milano 1989, cap. IX in GALLINO L.,
Dizionario di Sociologia, UTET,Torino, 2006
6
permanente. Inoltre Weber mette in risalto la composizione di questa nuova classe di lavoratori
stagionali, in maggioranza polacchi, “attratti” dalla coltivazione della barbabietola da zucchero. Egli
ritiene che il fenomeno non abbia esclusivamente carattere economico, ma anzi soprattutto sociale,
culturale e politico, e per questo intende risolvere almeno tre questioni rilevanti, ai fini dell‟analisi
del processo migratorio:
Le cause dell‟immigrazione dei lavoratori agricoli polacchi verso la Germania orientale;
Le ragioni dell‟emigrazione-immigrazione visti dalla prospettiva del lavoratore polacco;
Gli interventi di politica economica e sociale adottati al fine di risolvere i problemi che
l‟immigrazione suscita.
Weber individua le cause dell‟immigrazione verso la Germania, nell‟interesse economico dei
proprietari terrieri tedeschi a preferire un quadro stagionale piuttosto che un quadro fisso,
permanente, e ad assumere lavoratori stagionali polacchi. E a questo proposito evidenzia come gli
interessi economici dei latifondisti, fattore di richiamo dei lavoratori stranieri, siano in evidente
contrasto con l‟interesse nazionale della Germania e mettano a rischio la sua cultura, che egli
mostra come minacciata da una possibile “invasione slava”.
12
Infine Weber ritiene che le cause e le motivazioni del fenomeno migratorio, come le sue
conseguenze, siano strettamente legate alla politica sociale ed economica nei riguardi di esso.
Emerge quindi una combinazione dello strumento di conoscenza intellettuale e scientifica, di
carattere avalutativo, con il carattere valutativo di una presa di posizione a proposito della soluzione
dei problemi che il fenomeno sociale in questione pone e suscita.
1.6. Immigrato ed economia capitalista: l’ approccio di Sombart
Werner Sombart fu il primo a porre, senza mezzi termini, la questione riguardante la figura
dell‟immigrato inseritosi nella vita economica del paese ospitante, e giunto addirittura a conquistare
la posizione strategica di imprenditore. Sombart difatti identifica nell‟immigrato, nell‟esule, nello
straniero, “il fulcro di ogni mutamento sociale ed economico”
13
, proprio per la sua non
appartenenza alla maggioranza, solitamente conformista e tradizionalista, ma al contrario per il suo
distinguersi da essa, ponendosi come una voce fuori dal coro e uno stimolo al mutamento.
Nel suo “personale progetto migratorio”
14
, lo straniero (osservato da Sombart come prodotto di
un‟emigrazione d‟èlite) mostra una mentalità e un atteggiamento che lo predispongono, piuttosto
12
WEBER M., “ Die Verhältnisse der Landarbeiter im ostelbischen”,1892, trad. it. A cura di ROVELLI R., Tendenze di
sviluppo nella situazione dei lavoratori agricoli ad Est dell’Elba, Edizioni Coneditor, Catania in POLLINI G, SCIDA‟
G. op. cit. pag 55
13
Ibidem pag. 57
14
Ib. pag. 58
7
che alla partecipazione attiva alla vita pubblica, al coinvolgimento nei meccanismi di mutamento
economico volti a sovvertire le vecchie regole del mondo tradizionale degli affari.
1.7. L’approccio umanistico di Thomas e Znaniecki
Tra il 1918 e il 1920 Thomas e Znaniecki misero a punto quello che può essere a tutti gli effetti
considerato un pilastro della sociologia (per il metodo investigativo adottato dagli autori) ma ancor
di più un classico della sociologia delle migrazioni: The polish peasant in Europa and America.
15
I due autori analizzarono la condizione dei contadini polacchi, sia nel loro contesto di origine sia nel
contesto di arrivo, in ordine a sette temi ritenuti fondamentali ( famiglia, matrimonio, classe sociale,
comunità, vita economica, religione e superstizione, interessi teorici ed estetici).
Al termine della loro analisi, Thomas e Znaniecki individuarono tre tipi di atteggiamenti
riscontrabili tra i migranti, nei confronti dei valori e il loro conseguente comportamento:
Il tipo “filisteo”, ovvero l‟individuo chiuso ermeticamente nel culto dei valori tradizionali e
non intenzionato ad abbandonarli;
Il tipo “bohémien”, ovvero colui che riesce ad abbandonare i valori a cui è stato socializzato,
vive alla giornata ed è dunque caratterizzato da forte insicurezza;
Il tipo “creativo”, ovvero l‟individuo che riuscendo a combinare i propri valori tradizionali
ai nuovi propostigli dall‟ambiente urbano, accumula nuove esperienze e risulta autonomo.
L‟approccio „umanistico‟ di Thomas e Znaniecki si caratterizza anche per l‟introduzione della
prospettiva d‟analisi di genere tipologico che si differenzia da quella nomotetica di Ravenstein e
Durkheim.
1.8. L’approccio ecologico di Park
L‟approccio di Robert Ezra Park al tema della migrazioni e in particolare a quello delle relazioni tra
“razza e cultura” è desumibile da una moltitudine di scritti, tra saggi e articoli dedicati al tema.
V ogliamo ricordare in particolare il saggio “Human migration and the marginal man”, pubblicato
in “American Journal of Sociology” (pagg. 881-893) nel Maggio 1928 , nel quale Park pone
almeno due questioni rilevanti: la relazione esistente tra migrazione e mutamento sociale, nel senso
che la prima può essere individuata come una delle condizioni che danno vita al secondo;e il legame
tra migrazione e struttura della personalità, nel senso che la prima induce una determinata
configurazione o posizione sociale e un determinato carattere psichico della seconda. Partendo dal
primo punto, Park prende le mosse dalla cosiddetta “teoria catastrofica” della civiltà, secondo la
15
THOMAS W.I., ZNANIECKI F., “The Polish Peasant in Europe and America”, University of Chicago Press, 1918-
1920.
8
quale “la civiltà medesima fiorirebbe alimentandosi delle differenze delle razze e delle culture”
16
e
in questa prospettiva la migrazione diventa una delle condizioni dello sviluppo della civiltà. Il
motivo è individuato da Park nella migrazione come strumento di contatto e fusione, come anche di
conflitto e di tensione, tra i popoli e le loro culture. In riferimento a questo infatti, uno dei problemi
che le migrazioni (come immigrazioni) pongono è quello dell‟integrazione o, come Park si riferisce
ad essa, il problema di “stabilire e mantenere un ordine politico in una comunità che non ha alcuna
cultura comune”
17
. Park elabora un modello in cui mostra i quattro processi principali di relazioni
fra culture e gruppi diversi, al di fuori dei quali è individuabile quella situazione nella quale
ciascuno non stabilisce con gli altri alcun tipo di rapporto di comunicazione o di scambio simbolico.
I quattro processi sono:
1. Il processo biologico di amalgama (amalgamation): riguarda semplicemente l‟incrocio e la
fusione delle diverse razze umane, mediante unioni miste;
2. Il processo sociale di accomodamento (accomodation): è il processo di aggiustamento
temporaneo, con l‟obiettivo di prevenire o ridurre le situazioni di conflitto e a mantenere una
certa base di sicurezza nell‟ordine sociale per individui e gruppi che sono caratterizzati da
interessi divergenti;
3. Il processo sociale di assimilazione (assimilation): è rappresentato, secondo Park, dalla
metafora del melting pot, il crogiuolo risultante dal processo per mezzo del quale la cultura
di una comunità è trasmessa ad un cittadino “adottivo”. Attraverso l‟assimilazione gli
individui ed i gruppi acquisiscono le memorie, i sentimenti e gli atteggiamenti di altri
individui e gruppi e vengono incorporati in una comune vita sociale e culturale;
4. Il processo culturale di acculturazione (acculturation), di cui Park si occupa molto poco, è
incentrato sull‟uso del linguaggio come medium di trasmissione culturale tra individui e
gruppi di provenienze diverse.
Dal punto di vista degli sviluppi ulteriori, gli approcci tipici di Ravenstein, Thomas e Znaniecki e di
Park hanno tutte e tre dato luogo a vere e correnti di pensiero e, nel caso di Park, a vere e proprio
scuole sociologiche come ad esempio la cosiddetta “scuola di Chicago”.
18
16
POLLINI G, SCIDA‟ G., op. cit. pag. 60
17
PARK E. R. ,POLLINI G. SCIDA‟ G. op. cit. cfr INSERIRE
18
Due sono le osservazioni fondamentali che stanno alla base degli approcci e dell‟analisi della scuola di Chicago: (1)
l‟immigrazione è un processo che implica il passaggio da una comunità rurale, monoculturale, tipica del paese di
origine, ad una comunità urbana, essenzialmente multiculturale del paese di arrivo;(2)gli immigrati entrano nella società
di arrivo al gradino inferiore della scala sociale, sia da un punto di vista economico che di status.
9
L‟approccio ecologico di Park oltre ad aver trovato continuità negli studi contemporanei e
successivi della stessa Scuola di Chicago, ha anche aperto la strada agli studi concernenti la
condizione sociale dell‟ “uomo marginale”.
10
2. Analisi strutturale del fenomeno migratorio
19
2.1. Le cause dei movimenti migratori
Analizzando i movimenti migratori, come fenomeno sociale complesso in cui molteplici sono gli
attori e diversificati i contesti e le loro caratteristiche, diventa indispensabile e centrale la ricerca
delle cause che producono e orientano suddetti movimenti. Proprio da qui si è sviluppata una
consistente letteratura che, fin dal XX sec. ha tentato di costruire modelli teorici che spiegassero,
applicando criteri molto diversi, le cause alla base degli spostamenti umani.
L‟eterogeneità del fenomeno ha reso difficile l‟elaborazione di teorie omogenee e sistematiche e per
questo possiamo individuare due grandi filoni che esprimono posizioni distinte e a tratti antitetiche:
la prospettiva macrosociologica, che assegna il primato alle forze esterne (economiche,
politiche, culturali) che vengono studiate come cause motrici degli spostamenti;
la prospettiva microsociologica, la quale invece partendo dall'individuo lo definisce come
un attore razionale che assume delle decisioni volte alla massimizzazione del proprio
benessere.
Tra le due possiamo infine individuare un meso-livello, di recentissima elaborazione che, nel
tentativo di superare i limiti delle precedenti prospettive, si colloca a metà strada tra teorie macro e
micro.
2.2. Spiegazioni macrosociologiche
2.2.1. I fattori di spinta
Una delle visioni più comuni e radicate, ma non per questo più efficaci, delle migrazioni è quella
che le connette a cause strutturali che, colpendo il sistema appunto nella sua struttura, operano a
livello mondiale e sono legate principalmente al paese di provenienza. Per cause strutturali
intendiamo la povertà, la disoccupazione, le guerre, le carestie, le catastrofi naturali, i regimi
oppressivi, le persecuzioni delle minoranze, che possono spingere un numero crescente di individui
19
Nella trattazione di questo paragrafo faremo riferimento ai seguenti testi: AMBROSINI M., “Sociologia delle
migrazioni”, Il Mulino, Bologna, 2005; ZANFRINI L. “Sociologia delle migrazioni”, Laterza, Bari 2004; POLLINI G.,
SCIDA‟ G., “Sociologia delle migrazioni e della società multietnica”, Franco Angeli, Milano, 2002.
11
a lasciare il proprio paese e a sceglierne un altro che sia caratterizzato da una maggiore stabilità
politica, economica e sociale.
I demografi si riferiscono a questa visione sostenendo che le migrazioni siano caratterizzate dai
cosiddetti push and pull factors (fattori di spinta e di attrazione). Sotto questo punto di vista le
migrazioni sono principalmente emigrazioni, ovvero i fattori di spinta (dunque il sottosviluppo, la
miseria, l‟oppressione) sono la discriminante principale e lo spostamento diventa una fuga alla
ricerca di un “sistema” migliore.
Sono addirittura state sostenute delle tesi idrauliche, per esempio per spiegare i flussi migratori tra
la sponda Nord e Sud del Mediterraneo, secondo le quali gli spostamenti di persone da un luogo ad
un altro seguono regole simili a quelle dei vasi comunicanti (dunque in seguito alla cosiddetta
pressione migratoria, potrebbero avvenire “travasi” di popolazione, solo in ragione degli squilibri
demografici tra due aree).
Altre teorie macrosociologiche affondano le proprie radici nella teoria marxista
20
della dipendenza
che interpreta le migrazioni come effetto delle disuguaglianze geografiche nei processi di sviluppo.
O ancora le teorie strutturaliste del cosiddetto sistema-mondo, secondo cui la crescente
globalizzazione delle comunicazioni e degli scambi incrementa i legami tra le diverse aree del
pianeta e dunque favorisce gli spostamenti della popolazione, secondo uno schema fondato sulla
divisione internazionale del lavoro e degli scambi ineguali, che dà vita ad un mondo suddiviso in
centro e periferia (dove naturalmente la migrazione avviene da quest'ultima verso le aree di centro o
di semi-periferia). Anche in questo caso le migrazioni sono viste come il risultato di diverse
condizioni di vita, con evidenti disequilibri a discapito di alcune aree del pianeta e a beneficio di
altre, e specificatamente dell'esercizio di un vero e proprio dominio delle seconde sulle prime.
Le obiezioni mosse alle teorie macrosociologiche sono state numerose, e tutte hanno a che vedere
con l'impostazione di fondo delle teorie stesse. Non si può negare che le differenze economiche,
politiche e sociali tra le diverse aree del pianeta esistano e giochino un ruolo fondamentale, ma
queste stesse dinamiche non possono spiegare tout court il perchè degli spostamenti umani. Basta
riflettere sul fatto che se così fosse, i movimenti migratori dovrebbero essere prevedibili e
circoscritti a spostamenti dalle aree più arretrate a quelle più avanzate (secondo queste teorie
risulterebbe illogico se non impossibile il fenomeno migratorio dalla Tunisia alla Sicilia al centro
del nostro studio).
Inoltre le suddette teorie analizzano i fenomeni migratori tralasciando del tutto la figura del
migrante che risulta essere un soggetto passivo, privo di potere decisionale, in balia di eventi e
cause a lui superiori che determinano le sue decisioni presenti e future.
20
cfr. Cap. I §1.1
12
Infine, già all‟interno della prospettiva macrosociologica, evidenziamo un limite che ritroveremo
anche in altre elaborazioni teoriche e che risulta essere una delle lacune più evidenti degli studi sul
fenomeno migratorio: vengono quasi del tutto tralasciate le politiche degli Stati in tema di
migrazione, nonostante siano proprio quest‟ultime ad aver inciso sul meccanismo push-pull di cui
sopra, impedendo, spesso, che si verificasse uno spostamento in seguito alla pressioni di fattori di
spinta (o di attrazione) per l'esistenza di barriere (legali, istituzionali) che ne impedivano la
realizzazione.
2.2.2. Teorie della domanda
Affine alle teorie macrosociologiche sul fenomeno migratorio, per condividere con esse la visione
dei flussi migratori come fenomeni strutturali (quasi del tutto slegati dalla volontà e dall‟arbitrio dei
singoli soggetti) è la teoria esposta da Piore
21
nella metà degli anni 70 e definita Teoria dualistica
del mercato del lavoro. Quest‟ultima si inserisce nel filone di teorie sul fenomeno migratorio che
tende a spiegarlo sulla base della domanda di lavoro povero. Sostiene difatti che il funzionamento
delle economie dei paesi sviluppati sia strettamente legato al fabbisogno di manodopera immigrata;
in particolare Piore sostiene che la necessità di condizioni di lavoro dignitose, salubri, tutelate
politicamente e socialmente, richieste e rispettate nella maggior parte dei Paesi industrializzati, ha
come diretta conseguenza l‟esigenza di scaricare su un‟altra componente del sistema, e quindi su
altri lavoratori, il peso delle incertezze generate dallo stesso sistema capitalistico. Questo porta alla
creazione di un duplice segmento all‟interno del mercato del lavoro: il primo, composto da
lavoratori dignitosamente retribuiti e protetti dai sindacati, è appannaggio dei lavoratori con una
forza contrattuale maggiore (essenzialmente maschi adulti nativi); il secondo, composto da
lavoratori che ricoprono mansioni degradanti, mal retribuiti, precari o poco tutelati, è invece
appannaggio delle fasce sociali più deboli che si inseriscono nel mondo del lavoro
momentaneamente o che ne sono stati esclusi da sempre (donne, giovani e popolazione proveniente
dalle aree rurali). Risulta evidente come proprio in questo secondo segmento, si inserisca la
manodopera immigrata, caratterizzata allo stesso tempo da una sorta di ascetismo lavorativo,
combinato con situazioni estreme di oppressione, sfruttamento e insicurezza. La mancata
rivendicazione delle medesime condizioni lavorative spettanti al “segmento privilegiato” dello
schema di Piore è dovuta alle caratteristiche stesse del lavoro immigrato: provvisorio e strumentale,
per lo meno nella prima fase di immigrazione. Per questo motivo le società avanzate necessitano,
senza possibilità di scampo, della manodopera immigrata sulla quale, dunque, esercitano una vera e
21
PIORE M.J. , “Birds of passage: migrant labor in industrial societies” , 1979 in AMBROSINI M., “Sociologia
delle migrazioni”, Il Mulino, Bologna, 2005.