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Stati e di organi sub-statali. Si tratta di un principio che nasce dal pensiero sociale
cattolico originariamente a difesa delle "comunità naturali" care a quella tradizione di
pensiero (famiglia, comunità locale, ecc.). Ma è tutta la tradizione di pensiero pluralista,
nelle sue varie componenti, a partire almeno da Tocqueville, ed essere impregnata di
quello che potrebbe costituire il principio centrale del pluralismo: il self-government dei
corpi sociali e istituzionali della società contro al centralismo dello Stato. Non è scorretto
quindi vedere il lobbismo, come altre tendenze, come manifestazione attuale di queste
istanze di autonomia della società civile.
La nozione di lobby attiene a discipline diverse: sociologia, politica, diritto,
economia, storia ed è un’attività di influenza che si esercita attraverso la comunicazione,
lo scambio politico, le decisioni legislative e di informazione. Chi conosce le
informazioni ha un potere di superiorità rispetto agli altri che debbono decidere. Il politico
non è solo un soggetto passivo dell’attività di lobbying, ma a volte diventa anche attivo,
quando è egli stesso a ricercare e sollecitare le informazioni che gli sono necessarie per
decidere. La capacità comunicativa dei rappresentanti lobbisti, oltre che alla affidabilità
delle informazioni apportate, è una risorsa politica fondamentale che pur non producendo
direttamente decisioni politiche, potenzialmente può incidere sul funzionamento del
processo decisionale. Il lobbista costituisce inoltre una risorsa importantissima per i
contributi alle campagne politiche ed informative. Il suo scopo consiste nell’attirare
consenso stimolando l’opinione pubblica a proprio favore contro determinate cause o
particolari programmi. L’attività di lobbying è costosa, richiede programmazione, risorse
umane e responsabilità. I rappresentanti discutono apertamente, approvano o dissentono
dall’azione dei centri decisionali, hanno dei forum aperti di discussione (i think tanks
americani), promuovono campagne di opinione e quando lo ritengono necessario
mobilitano l’opinione pubblica. E’ un’attività in team che cura, inquadra, allinea in un
certo campo le competenze, le regole e le modalità che possano coordinare i percorsi
migliori per la difesa e la promozione dell’interesse.
Succede poi che alcune pratiche di lobbismo vadano al di là della legittima
rappresentanza di interessi, come ad esempio informazioni distorte sul possibile impatto
di proposte legislative, campagne di comunicazione di massa pro o contro una
determinata causa e possibili conflitti di interesse nel caso in cui vengano formulate
proposte da parte di coloro che beneficiano del sostegno finanziario proveniente dal
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sistema politico in cui operano. La Commissione europea si occupa da lungo tempo dello
studio e dell’applicazione di misure idonee per regolamentare l’attività di lobby, affinché i
lobbisti agiscano in totale trasparenza. Tali misure sono volte innanzitutto ad eliminare
episodi di clientelismo e in secondo luogo a mostrare ai cittadini europei l’apporto che i
gruppi d’interesse forniscono alle istituzioni, chi rappresentano, qual è la loro missione e
come vengono finanziati. Si è giunti oggigiorno ad un sistema volontario di registrazione,
gestito dalla stessa Commissione, con chiari incentivi alla registrazione da parte dei
gruppi di interesse ma vi sono chiare intenzioni di proseguire con questo processo di
ufficializzazione dei gruppi d’interesse. La Commissione incoraggia i gruppi a redigere il
proprio codice di condotta. Sono state tuttavia poco rafforzate le misure in merito alle
pratiche di lobbismo che si ritiene vadano al di là della legittima rappresentanza di
interessi. Molte di queste organizzazioni hanno già esperienza in questo campo e di
conseguenza sono nelle migliori condizioni per stabilire e far rispettare un tale codice. Ma
in realtà le associazioni e il loro staff, detengono intrinsecamente un ruolo fondamentale
nel regolare, moderare, moralizzare il gioco, lavorando sulla necessità di una deontologia
professionale. Il gioco è così complesso e si presta a tanti e sfuggevoli abusi, da
consigliare di puntare più sui regolatori sociali che su quelli legali - o piuttosto su una
giudiziosa commistione di entrambi.
Il rapporto tra gruppi e Commissione risale ai tempi della Comunità economica
europea (CEE, 1957) e ancor prima della Comunità del carbone e dell’acciaio (CECA,
1951). La Commissione necessita dei gruppi d’interesse entro le sue modalità tecnico-
funzionali, i gruppi d’interesse colmano un endemico vuoto d’informazione nella fase
cruciale in cui germinano le proposte. E’ stato dimostrato quanto l’integrazione europea
derivi anche dalla relazione tra gli interessi organizzati e le istituzioni centrali dell’UE e in
particolare di come derivi dal reciproco interesse di entrambe le parti nel trasferimento di
competenze ad un livello sempre più europeo. In questo contesto gli interessi pubblici e
privati, sostentati dalla Commissione, agiscono in qualità di forze al di sopra degli Stati
Membri al fine di cercare soluzioni a livello europeo per questioni particolari.
Il lobbying non è che la forma tecnica di una concezione pluralista della politica. È,
più precisamente, la trasposizione alla politica della concorrenza e dei suoi principi, in
aggiunta ai partiti e a complemento delle forme di rappresentanza elettiva che i partiti
assicurano. Dà così libero sfogo alle forze organizzate della società cui riconosce pieno
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diritto d’incidere sulle politiche pubbliche; sotto questo profilo riflette ed enfatizza
anziché correggere le asimmetrie di potere nella società. Al contempo, non tollera in linea
di principio rendite ed accessi privilegiati, lottizzazioni e posti riservati. Il lobbying puro
s’ispira ad una cultura aperta, opposta a quella del clientelismo.
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CAPITOLO I
IL LOBBISMO: LA FACCIA POLITICA DEI GRUPPI D’INTERESSE
1.1. Il fenomeno lobbistico. Una prima descrizione
In una società libera si formano numerosi gruppi accomunati dal fine di esprimere
gli interessi dei propri membri, e come tali non sono antagonisti rispetto alle istituzioni
ma ne rappresentano un complemento poiché agevolano il flusso delle informazioni
sull’attività governativa e consentono ad opinioni assai diversificate di esprimersi al
meglio.
Con il termine lobby si suole così sintetizzare l’insieme delle tecniche e attività
finalizzate alla rappresentanza d’interessi particolari presso le istituzioni chiamate a
governare i contesti socio-economici. Lobby od organizzazione lobbistica indica il gruppo
portatore dell’interesse o della causa da tutelare; lobbista, il personale interno o esterno
all’organizzazione attraverso cui si attua la rappresentanza1. In particolare, secondo
Sartori il lobbying è definibile come processo piuttosto che come organizzazione2. Un
processo per mezzo del quale i rappresentanti dei gruppi d’interesse, agendo da
intermediari, portano a conoscenza dei legislatori, dei decision- makers, i desideri dei loro
gruppi. Il lobbismo è quindi la faccia politica dei gruppi d’interesse, una volta che
decidano di perseguire finalità pubbliche, mutandosi da associazioni private in gruppi
volti all’azione politica. Nella sua forma tipica, consiste nella rappresentanza stabile e
riconosciuta degli interessi, non in contatti episodici fatti per conto di mandanti occulti. E
tale rappresentanza, insieme alla funzione di formazione della domanda politica, assume
un rilievo cruciale nella dinamica del sistema. Infatti, riveste un ruolo più che centrale nel
processo decisionale la consultazione da parte delle istituzioni comunitarie di gruppi
organizzati portatori di specifici interessi settoriali e di un puntuale know how. E’ proprio
questo vitale apporto sia d’informazione sia di domanda politica a fornire sostentamento
al sistema comunitario. Secondo la teoria cibernetica, un sistema, in un’ottica di lungo
1
Graziano 2002: 22
2
Sartori 1960
8
periodo, implode se alimentato da soli withinputs (auto- alimentazione), mentre il
quotidiano e specifico apporto d’input da parte dei gruppi d’interesse fa sì che si produca
quel vitale feedback necessario per il buon funzionamento nonché per la sopravvivenza
del sistema stesso3.
La natura degli interessi rappresentati e le competenze di ciascun’istituzione
determinano le modalità ed i contenuti dell’attività di lobby. L’Unione Europea (UE) è
costituita da istituzioni che interagiscono tra loro per definire ed implementare le politiche
di governo per le quali i singoli Paesi europei hanno scelto di delegare la propria sovranità
in un’ottica di cooperazione capace di assicurare uno sviluppo sostenibile. L’attività di
lobby è nata nello stesso momento in cui sei governi europei, cinquant’anni fa, decisero di
coordinare le proprie attività legate all’industria del carbone e dell’acciaio. Ci sono circa
diecimila persone che attualmente lavorano a Bruxelles con l’obiettivo di influenzare le
decisioni adottate a livello di UE. Tutte le maggiori istituzioni europee hanno introdotto
dei codici di condotta per governare le loro relazioni con i lobbisti e questi ultimi hanno
definito una serie di linee-guida, una sorta di codice deontologico, che molte società di
consulenza e di lobby hanno sottoscritto. I codici in questione mirano a garantire il
massimo della trasparenza dei lobbisti nel loro lavoro affinché non siano utilizzati
strumenti illeciti per perseguire i propri obiettivi. Il problema risiede nell’enforcement di
norme che sembrano ben formalizzate, ma che spesso mostrano il limite di non essere
vincolanti e d’essere soggette a diverse possibilità di interpretazione.
Il lobbista è ogni individuo dipendente o ingaggiato da un cliente con compenso
finanziario o altro, per più di un contatto lobbistico, purché tali contatti lo impegnino per
una quantità minima (20 per cento) del tempo di lavoro prestato al cliente4. Il lobbista può
quindi essere un dipendente o impiegato dell’associazione per cui lavora o un consulente
esterno ingaggiato per una o più campagne. Il cliente può a sua volta assumere la veste di
una «persona» oppure di una coalizione di gruppi, ove per persona s’intende un’impresa,
associazione, Governo statale (nella struttura federale statunitense) o autorità locale. Il
lobbista si divide poi in due distinte figure professionali: i cosiddetti in- house lobbysts o
3
Papisca e Mascia 2004
4
Lobbying Disclosure Act, USA 1995, sez.3 “Definizioni”
9
lobbisti interni, da un lato; i lobbisti esterni o indipendenti, dall’altro, in genere inquadrati
in studi legali o di consulenza. Per il rapporto organico che lo lega al gruppo, il lobbista
interno tende ad essere più efficace ed ascoltato; ma è regola che vale forse più a
Bruxelles che a Washington.
Il lobbying si configura come comunicazione politica. Si distingue dalla Pubbliche
relazioni per il bersaglio (decisori e autorità pubblica e non la generica opinione e il
mercato) e per le finalità (atti dell’autorità politica).
1.2. I soggetti protagonisti
I rappresentanti di interessi si relazionano principalmente con la Commissione
europea, il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo, in funzione del ruolo
che ognuna di queste istituzioni gioca nel processo decisionale. La Commissione, per
mezzo delle proposte, avvia il processo legislativo, vigila sulla corretta applicazione della
legislazione comunitaria da parte degli Stati membri, gestisce il bilancio dell’UE che
finanzia i progetti implementativi delle politiche comunitarie, negozia accordi
commerciali e di cooperazione con Paesi terzi ed è responsabile della politica della
concorrenza, sorvegliando i mercati ed il comportamento delle imprese. All’interno del
Consiglio dell’Unione europea i Governi dei singoli Paesi definiscono gli obiettivi
politici, coordinano le politiche nazionali e compongono le divergenze che esistono tra
loro e le altre istituzioni. Il Parlamento europeo, quale istituzione rappresentativa dei
cittadini europei, costituisce il fondamento democratico della Comunità. Per garantire alla
Comunità la piena legittimazione democratica, esso partecipa al processo legislativo
comunitario ed esercita il controllo politico sulle altre istituzioni della Comunità a nome
dei cittadini. Con l’entrata in vigore del trattato sull’Unione Europea di Maastricht (1°
novembre 1993), il Parlamento europeo è passato da un ruolo esclusivamente consultivo
ad uno di cosiddetta “codecisione” in alcuni ambiti della legislazione comunitaria,
ponendosi su un piano di parità con il Consiglio. Ruolo che è stato rafforzato dal trattato
di Amsterdam (entrato in vigore il 1° maggio 1999) quando lo strumento della
codecisione, andando oltre quanto stabilito a Maastricht, ha preso il posto della procedura
di consultazione in ambiti rilevanti quali il mercato interno e la salute pubblica ed ha
sostituito la procedura di cooperazione che veniva applicata per materie quali la politica
dei trasporti, l’ambiente e l’utilizzo del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.
Per rappresentare interessi, esistono diverse attività svolte dalle organizzazioni che
10
se ne occupano: dalla distribuzione di materiale istituzionale all’incontro diretto con chi
ha un ruolo rilevante nel processo decisionale. Mentre nel Consiglio e nella Commissione
vi sono funzionari con un buon background di settore, è utile ricordare che il Parlamento
europeo non è un organo composto da tecnici (l’art. 189 – ex art. 137 – del Trattato
stabilisce che il Parlamento europeo è composto da rappresentanti dei popoli degli Stati
riuniti nella Comunità). La distribuzione asimmetrica delle informazioni e la mancanza di
esperienza diretta nel settore di chi dovrà prendere le decisioni, legittima chi rappresenta
gli interessi ad assicurarsi che innanzi tutto vi sia una consapevolezza diffusa
dell’esistenza di un’organizzazione che sostenga determinate istanze. L’associazione
europea dei produttori di automobili, ad esempio, è solita inviare con cadenza bimestrale
una rivista nella quale vengono pubblicati i risultati dei cosiddetti crash-test per valutare
la sicurezza delle automobili più vendute. L’eurodeputato ha così la possibilità di
identificare “chi fa che cosa” e tiene in evidenza la rivista rispetto a molta altra posta
istituzionale per il contenuto utile che essa può fornire. Oltre alla semplice rivista, le
Regioni europee e le associazioni agricole, ma non solo, sono solite organizzare eventi
negli ambienti istituzionali giusto per fare conoscere la propria realtà. Dalla fase
dell’approccio generale si passa a quella dell’intervento specifico. Non necessariamente la
prima deve precedere la seconda. Quando il Parlamento europeo deve occuparsi della
“lettura” di una direttiva o più in generale della parte di una procedura normativa europea,
le questioni diventano più specifiche, rivolgendosi ad un ambito più ristretto di soggetti.
Questo è il caso di regolamentazioni inerenti a determinati settori. Il Parlamento europeo,
prima della votazione finale in sede di sessione plenaria, dibatte e vota testi normativi che,
introducendo dei cambiamenti, vanno a ledere gli interessi di alcuni soggetti a vantaggio
di altri (i miglioramenti perfettamente paretiani sono rari da realizzare). Nella maggior
parte dei casi, la produzione normativa europea (sono solitamente esclusi i servizi di
interesse generale) cerca di ridurre quelle barriere alla concorrenza che hanno protetto
poche imprese, per aumentare i benefici della comunità (ovvero dei cittadini, degli utenti
o dei consumatori). Ad esempio, aprire il settore nazionale delle telecomunicazioni agli
operatori ha ridotto i prezzi per gli utenti (a beneficio, quindi, della maggioranza del
Paese) ed ha permesso agli operatori di chiudere il bilancio in utile. Sembra quindi che le
scelte che dovrebbero essere adottate dal Parlamento europeo dovrebbero essere
univocamente identificabili.