Il fenomeno ecstasy: una subcultura del popolo della notte. Serena Granata
Tesi di diploma in Servizio sociale A.A.1999/2000
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particolare in quanto, come dice Robertson, “la sociologia ci invita a
guardare l’ambiente che ci è familiare come se lo vedessimo per la prima
volta. Ci permette di avere un’immagine nuova di un mondo che
abbiamo sempre dato per scontato”
1
essa però “offre anche una finestra
sul mondo più ampio che sta oltre la nostra esperienza immediata,
guidandoci in aree della società che altrimenti avremmo ignorato o mal
compreso”
2
. La sociologia “ci dà la possibilità di renderci conto che
esistono punti di vista diversi dal nostro, di comprendere come si
realizzano e, in questo processo, di comprendere meglio noi stessi, i nostri
atteggiamenti, la nostra stessa vita”
3
.
Perciò ho deciso di analizzare il fenomeno ecstasy utilizzando come
modello di interpretazione la sociologia della devianza.
L’ipotesi di fondo è che il fenomeno ecstasy possa essere considerato una
subcultura del popolo della notte, all’interno del quale, si postula,
esistono diverse subculture giovanili legate ai diversi sottogeneri della
musica house. Un’altra ipotesi, forse più azzardata e più difficile da
convalidare considera invece il fenomeno ecstasy come una forma di
devianza.
Il testo si articolerà in cinque capitoli ognuno dei quali esporrà un
aspetto di questo fenomeno.
Il primo cercherà di tracciare una descrizione della condizione giovanile,
collocandola all’interno del paradigma della complessità sociale;
quest’ultima sembra infatti essere una delle caratteristiche peculiari
dell’attuale società e sembra avere degli effetti e delle conseguenze
1
Robertson I., Sociologia. Ed. Zanichelli Bologna, 1997, p.4
2
Ibidem p.4
3
Ibidem p.4
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rilevanti sulla vita degli individui e, in un certo senso, rende più sfumato
il confine tra giovani e adulti, nonché quello tra devianza e normalità.
Rispetto alla condizione giovanile si prenderà in considerazione come i
giovani si relazionano con i punti di riferimento più significativi di questo
periodo della vita, quali la famiglia, la scuola e il gruppo dei pari. Si
considereranno le modalità di impiego del tempo libero, il rapporto con i
mass media - sempre più presenti nello scenario giovanile - e
l’orientamento nei confronti dei valori e rispetto al mondo del lavoro,
che il più delle volte è osservato dall’esterno più che vissuto in prima
persona.
Nel secondo capitolo si darà un definizione della devianza e si
richiameranno alcuni concetti sociologici strettamente correlati ad essa:
il controllo sociale, l’etichettamento e la carriera deviante. Infine si
andranno a considerare alcune teorie sociologiche che potrebbero
spiegare il fenomeno ecstasy come forma di devianza e come espressione
della complessità sociale.
Nel terzo capitolo verranno trattati gli aspetti significativi del fenomeno
ecstasy: si descriverà la sostanza, se ne sottolineeranno peculiarità ed
effetti desiderati, la specificità del consumatore e dei contesti in cui è
stata ed è ancora oggi assunta e il traffico di MDMA. Tutto ciò solo dopo
aver chiarito cosa si intende identificare utilizzando l’espressione
fenomeno ecstasy.
In secondo luogo si cercherà di chiarire quali sono gli elementi che
consentono di classificare, dal punto di vista sociologico, la
tossicodipendenza come forma di devianza.
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Infine si analizzerà l’allarme sociale legato al fenomeno ecstasy, lanciato
dall’opinione pubblica a seguito dell’episodio tragico di cui è stato vittima
un adolescente pochi anni fa, trovato morto fuori da una discoteca a
seguito di complicazioni sorte a causa dell’assunzione di MDMA.
Si cercherà di spiegare perchè tale emergenza si sia avvertita a distanza
di quasi dieci anni dalla prima morte in Italia per ecstasy e nonostante
alcuni professionisti avessero già lanciato da qualche anno questo
allarme.
Si descriverà poi il processo di demonizzazione delle discoteche e la
reazione del popolo della notte all’accaduto e all’ampia trattazione dello
stesso da parte dei media, nonché un effetto strano di questo allarmismo:
l’emergere e l’ufficializzazione della subcultura dell’ecstasy.
Nel quarto capitolo il fenomeno ecstasy verrà trattato come subcultura
del popolo della notte. Inizialmente si definirà il concetto di subcultura
dalla prospettiva sociologica e di seguito si esporranno i vari aspetti che
caratterizzano la subcultura dell’ecstasy.
Si delineerà dapprima il capitale subculturale, costituito da un
determinato genere musicale, la musica house, da un particolare stile di
abbigliamento, da una serie di valori e di riti propri.
Si proseguirà poi descrivendo il tempo in cui questa subcultura emerge: la
notte; in questo paragrafo si spiegherà il significato antropologico della
notte nella nostra società, per i giovani ed infine per il popolo delle
discoteche e per quello dell’ecstasy.
Nell’ultimo paragrafo si analizzeranno i contesti tipici di ritrovo del
popolo della notte e di quello dell’ecstasy: le discoteche, in particolare
quelle di tendenza, gli afterhour e i rave parties.
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L’ultimo capitolo invece cercherà di analizzare il fenomeno ecstasy come
problema sociale. Inizialmente si metteranno in rilievo alcuni bisogni,
difficoltà e disagi che potrebbero spiegare il ricorso all’ecstasy come
stampella per poter condurre una vita normale in una società complessa
ed esigente.
In secondo luogo si sottolineeranno i rischi di vario ordine legati al
consumo di ecstasy - spesso associato a quello di alcolici e di altre
sostanze - e i danni che la sostanza stessa può provocare.
Infine si cercherà - sulla base di una piccola inchiesta condotta
all’interno di alcuni servizi della Lombardia - di delineare in che termini
il fenomeno ecstasy è o dovrebbe essere oggetto di intervento dei servizi
socio-sanitari.
Tutto ciò mettendo in particolare rilievo quali sono le peculiarità del
ruolo, dei compiti e degli interventi propri dell’assistente sociale
all’interno del servizio sociale comunale e del Ser.T. rispetto allo stesso
fenomeno.
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1. La condizione giovanile all’interno della complessità
sociale.
1.1 Il paradigma della complessità sociale
“Il termine complessità indica l’esistenza di un problema relativo al
controllo”, all’osservazione e spiegazione “di situazioni in cui non è
possibile conoscere tutte le connessioni esistenti tra soggetti e tra le
relazioni”
4
.
L’introduzione del concetto di complessità nelle scienze ha messo in crisi
il metodo classico che enfatizzava la causalità lineare e la razionalità
mezzi-fini; la nozione di complessità infatti ha una valenza problematica
nel senso che, sia nel linguaggio comune che nel vocabolario scientifico,
essa si configura come una parola-problema in quanto esprime
l’incapacità e la difficoltà di definire e di mettere in ordine le idee in
vista dell’analisi di un fenomeno o di una situazione.
Il paradigma della complessità tuttavia non è legato ad un particolare
oggetto di analisi ma “al modo stesso di descriverlo: come struttura o
come processo [...] come funzionamento interno o come comportamento
esterno”
5
4
Pardi F., Complessità in De Marchi F., Ellena A. e Cattarinussi B. (a cura di)
Nuovo dizionario di Sociologia Ed. Paoline Cinisello B., 1987, p.421
5
Negri N.,Ricolfi L., Sciolla L., Complessità Sociale e identità. Introduzione al seminario. In
AA.VV., Complessità sociale e identità. Problemi di teoria e di ricerca Ed. FrancoAngeli Milano,
1983, p.17
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10
Zocchi del Trecco
6
, riprendendo Cesareo, sottolinea il fatto che “oggi la
parola complessità costituisce inoltre una sorta di termine-simbolo della
società contemporanea”, possiamo quindi parlare di complessità sociale.
Essa può essere descritta come “eccedenza culturale”
7
, “diversificazione
caotica dei processi di socializzazione [...], moltiplicazione dei codici, dei
segnali e dei modelli”
8
. Queste caratteristiche delineano la a-centralità
del sistema sociale odierno nel quale convivono più sistemi di valori,
anche discordanti tra loro.
La società complessa è quindi caratterizzata dalla convivenza,
compresenza di ordine e disordine senza che uno prevalga sull’altro, anzi
l’uno è funzionale all’altro e viceversa.
La nozione di complessità sociale può essere interpretata in due modi:
uno che ne sottolinea il senso di ricchezza, di aumento delle possibilità, di
“con-fusione creativa e creatrice”
9
; l’altro che ne evidenzia le
caratteristiche negative come la mancanza di un sistema di valori
condiviso, il problema della governabilità del sistema, la difficoltà di
scelta da parte dell’individuo.
La complessità sociale infatti crea dei problemi nella costruzione
dell’identità personale in quanto l’uomo è continuamente sollecitato a
scelte, delle quali spesso non conosce esattamente l’esito. “Nella società
complessa sembra […] che molti o talvolta qualsiasi criterio sia
utilizzabile per scegliere […] senza che ciò comporti necessariamente una
6
Zocchi del Trecco A.M., Norme e complessità sociale in Studi di Sociologia
n°1/1997 Univ. Cattolica Milano, p.83
7
Negri N., Ricolfi L., Sciolla L., op.cit. p.22
8
Bertelli B., Neresini F., Complessità sociale, devianza e controllo In Studi di
Sociologia n°1/1988 Univ. Cattolica Milano, p.47
9
Ibidem p.47
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11
valutazione positiva o negativa da parte della maggioranza degli altri
membri della società”
10
.
Un altro effetto che si ripercuote sull’identità è la pluralizzazione del sé, “il
problema di scelta dell’attore non è configurabile semplicemente come
incertezza, ma diventa conflitto fra <<mondi>>”
11
, fra contesti che
hanno sistemi o gerarchie valoriali diversi, se non discordanti.
“L’esperienza della pluralità dei mondi sociali relativizza, agli occhi
dell’individuo moderno, ognuno di essi. Di conseguenza l’ordine
istituzionale subisce una certa perdita di realtà. […] L’esperienza che
l’individuo ha di sé gli appare [di conseguenza] più reale dell’esperienza
che ha del mondo sociale oggettivo”
12
Possiamo quindi considerare l’autoreferenzialità e l’individualismo come
effetti della complessità sociale: “l’individuo ricerca il suo
<<appiglio>> nella realtà dentro di sé piuttosto che al di fuori”
13
;
infatti in mancanza di una gerarchia di valori condivisa dal gruppo e in
assenza di una socializzazione coerente ed efficace, “l’unica possibilità che
resta al soggetto è quella di far capo a se stesso e […] di scegliere in base
a ciò che personalmente ritiene più opportuno o doveroso, più utile o più
piacevole”
14
.
10
Barbero Avanzini B., Minori, giustizia penale e intervento dei servizi
Ed.FrancoAngeli Milano, 1998, p.24
11
Negri N., Ricolfi L., Sciolla L., op.cit., p.23
12
Berger B., Berger P., Kellner H., La pluralizzazione dei mondi della vita. In Sciolla L. (a cura di),
Identità. Percorsi di analisi in sociologia. Ed. Rosenberg&Sellier Torino, 1983, p.180
13
Ibidem p.180
14
Barbero Avanzini B.,op.cit., p.25
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12
Secondo Sciolla nelle attuali società occidentali avanzate e complesse si
è sviluppato a dismisura “il “polo” individualizzante dell’identità”
15
e
contemporaneamente si sono indebolite le fonti di identificazione
collettiva, ciò ha creato una condizione di squilibrio o di equilibrio
altamente instabile, che richiede sforzi notevoli da parte degli individui e
dei gruppi per ripristinarlo; significa quindi che “un numero crescente di
persone cercherà di compensare la mancanza di radici e di identificazioni
indiscusse con sostituti”
16
. E’ per questo motivo che oggi si assiste al
recupero di identità collettive forti (basti pensare ai movimenti etnici o
religiosi fondamentalisti) che, “insieme alla nostalgia delle origini, reca
con sé la coscienza infelice della loro irraggiungibilità”
17
.
Un altro effetto della complessità sociale è la perdita e la vanifica del
senso dei riti di passaggio, momenti importanti che scandiscono le tappe
della vita e che in un certo senso riducono la stessa complessità e il
disorientamento che ne deriva. Nella società attuale - pur esistendo - i
riti non hanno carattere imperativo e vincolante: tutto può essere
differito e il significato rituale è arbitrario. Questa perdita rende quindi
ancora più difficile e individualizzato il corso della vita del soggetto.
Si può quindi affermare che l’identità all’interno della complessità sociale
è continuamente in crisi, è aperta, essa infatti, oltre a non avere un
percorso predefinito, non è stabile perché mai completamente definita:
mentre vi sono indubbiamente alcuni tratti dell’individuo che si
stabilizzano una volta conclusa la socializzazione primaria, “l’individuo
15
Sciolla L., Identità e trasmissione dei valori. Un problema di generazioni. In Ansaloni S., Borsari
M. (a cura di), Adolescenti in gruppo. Costruzione dell’identità e trasmissione dei valori. Ed.
FrancoAngeli Milano, 1993, p.68
16
Ibidem p.68
17
Ibidem p.68
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13
moderno è, ciononostante, peculiarmente <<incompleto>> quando
incomincia la sua vita adulta. In questa […] non soltanto mostra una
grande capacità oggettiva a trasformare l’identità […] ma anche una
consapevolezza soggettiva ed una grande prontezza nell’affrontare tali
trasformazioni. […] Questa qualità dell’<<apertura>> […] genera
delle tensioni psicologiche e rende l’individuo particolarmente
vulnerabile”
18
.
Considerando il paradigma della complessità sociale non è semplice
distinguere l'area della normalità da quella della devianza, per questo è
più funzionale parlare di area della normalità contrapposta a quella
dell’emarginazione. Suddividendo in tal modo la società infatti si può
meglio mettere in luce che “in un sistema sociale ad elevata complessità,
dove la norma tende a diventare più flessibile e meno rigidamente
determinata, l’idea di devianza va incontro ad una perdita di significato
derivante dalla polverizzazione dei confini che la separano dalla
normalità;[…] tuttavia la dissolvenza teorica del concetto di devianza
non corrisponde alla scomparsa di quest’ultima sul piano
fenomenologico: la devianza rimane un <<fatto sociale>>”
19
.
L’area della normalità è costituita da individui che in generale rispettano
le norme sociali, in essa tuttavia è presente la devianza, anche se non
raggiunge livelli considerevoli come nell’area dell’emarginazione. Chi
appartiene alla normalità infatti ha dei diritti e in un certo senso dei
privilegi; come direbbe Merton, dispone di più mezzi ed è quindi meno
portato a deviare, e nel caso devii egli non viene automaticamente
18
Berger B., Berger P., Kellner H.,op.cit., p.179
19
Bertelli B., Neresini F., op.cit., p.61
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14
espulso dall’ambito di appartenenza. L’espulsione avviene a seguito di un
vero e proprio processo, che si potrebbe definire - facendo riferimento a
Lemert - carriera deviante.
L’area dell’emarginazione è caratterizzata invece da individui esclusi dal
sistema dei diritti sociali e quindi, in contrapposizione con i primi, privi di
mezzi e per questo più portati a deviare, o semplicemente individui che
hanno intrapreso una vera e propria carriera deviante. Quest’area è
creata, prodotta e riprodotta dalla normalità ed è rispetto ad essa
funzionale in quanto funge da capro espiatorio e riduce gli effetti della
complessità sociale sull’individuo; si può affermare quindi che chi
appartiene alla normalità, guardando all’emarginazione, rafforza il proprio
Sé-normale.
“La devianza pertanto non può essere considerata alla stregua di un
accidente patologico che interferisce con la dinamica processuale del
sistema sociale e che al suo interno occupa un’area circoscritta, [essa]
attraversa orizzontalmente l’ambito delle interazioni che disegnano il
sistema sociale, l’ordine del quale non potrebbe sussistere senza il
contributo del disordine deviante”
20
.
La distinzione tra le due aree sopra descritte tuttavia non è netta, tra
l’una e l’altra c’è un ambito intermedio che si può definire border line, nel
quale convivono normalità, devianza ed emarginazione.
Un altro effetto dell’aumento della complessità sociale è la
moltiplicazione degli svantaggi che costituiscono il divario tra
emarginazione e normalità. “In un contesto altamente complesso [infatti]
le dinamiche di appartenenza, di identificazione e di acquisizione di
20
Ibidem p.53
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15
status funzionano mediante l’utilizzo di una quantità di risorse […] in
crescita esponenziale. […] La relazione attore-contesto sociale richiede,
in situazioni di elevata complessità, un dispendio di risorse sempre
maggiore per l’autodirezione da parte dell’attore, la minore disponibilità
di risorse [quindi] si può tradurre in uno svantaggio tendenzialmente
destinato ad aumentare il divario rispetto agli altri”
21
.
Nella società complessa il controllo primario, che scaturisce
dall’interazione tra gli attori sociali, diminuisce sia perché le norme
socialmente condivise sono poche sia perché è forte l’individualismo.
Il controllo sociale spesso scatta solo a livello delle agenzie preposte dal
sistema sociale stesso (controllo secondario), ciò implica che la devianza
“spicciola” rimane sommersa e quindi, in un certo senso, intraprendere
una carriera deviante può essere più semplice e meno consapevole per
l’individuo. L’etichettamento da parte della comunità infatti non ha solo
effetti stigmatizzanti, come sottolineavano i teorici della “Labelling
Theory”, ma anche un effetto deterrente rispetto ai comportamenti
devianti.
La maggiore importanza data al controllo sociale secondario rispetto a
quello primario può quindi avere effetti più pesanti sul piano
dell’emarginazione/esclusione sociale, in quanto, quando
l’etichettamento raggiunge i livelli istituzionali, si è superato il quoziente
di tolleranza, di cui parlava Lemert; tale quoziente però nelle società
complesse raggiunge livelli molto alti.
21
Ibidem p.63
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16
L’intervento delle agenzie di controllo può in questo caso avere degli
effetti stigmatizzanti tali da creare delle vere e proprie difficoltà rispetto
all’accettazione e al reinserimento sociale del deviante.
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17
1.2 La famiglia
La famiglia contemporanea è un’istituzione che presenta significativi
mutamenti dovuti all’industrializzazione, all’innalzamento del livello di
benessere economico, alla complessità sociale e ad altri fattori che hanno
caratterizzato gli ultimi tempi.
Oggi si presenta innanzitutto significativamente cambiata nel numero dei
componenti, che è diminuito sia a seguito del passaggio dalla famiglia
patriarcale a quella nucleare sia a causa del calo demografico. Inoltre essa
assume varie forme alcune delle quali ne rivelano l’instabilità, come ad
esempio la famiglia unigenitoriale a seguito di separazioni o divorzi; o la
carenza di solidarietà tra le generazioni, come ad esempio la famiglia
unipersonale caratterizzata per lo più da anziani soli.
Un altro processo subìto e agito dalla famiglia è quello di privatizzazione,
l’istituzione familiare tende a proiettarsi quindi più verso l’interno che
l’esterno, tale fattore da un lato le ha permesso di orientarsi
maggiormente verso il compito della crescita dei figli, dall’altro può
costituire il rischio di assolutizzare l’individualismo venendo meno alla
funzione di mediazione che questa istituzione ha rispetto alla società.
La famiglia appare infatti come “uno spazio libero dei valori …come una
pura comunità di affetti”
22
in contrapposizione alla società che invece
appare come una “costrizione dell’individuo”
23
all’efficienza e alla
razionalità.
22
Mancina C., La famiglia. Editori Riuniti Roma, 1981, p.53
23
Ibidem p.52
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18
Campanini sottolinea alcuni rischi circa il ripiegamento su se stessa da
parte della famiglia dicendo che tale isolamento può accrescere le
tensioni interne “sino a rendere problematica la permanenza nel tempo di
uno stabile rapporto di coppia”
24
, egli parla inoltre di una vera e propria
auto-emarginazione dalla società sottolineando che “ad una società che fa
propri i valori della razionalità, dell’efficienza, della redditività, la famiglia
sembra pretendere di contrapporre i valori dell’emotività, della
spontaneità, dell’inutilità in termini economici”
25
.
Va sottolineata tuttavia anche la crisi di legittimazione della famiglia come
agenzia di socializzazione, altre agenzie infatti sono legittimate a tale
compito dalla società e quindi entrano in concorrenza con essa. “La sua
funzione viene perciò legittimata solo dalla sua autorevolezza morale,
dalla sua competenza educativa e dalle ragioni affettive più che dal
supporto della società”
26
.
Baraldi definisce la famiglia contemporanea come “sistema sociale
definito e delimitato dall’amore”
27
intendendo con la parola amore “una
forma emotivamente vincolante ed intensa della comunicazione
interpersonale [che] considera i partecipanti come persone uniche e
specifiche alle quali viene attribuita un’importanza primaria”
28
.
L’autore sottolinea come l’amore familiare possa creare delle crisi e delle
rotture nelle relazioni intrafamiliari.
24
Campanini G., Realtà e problemi della famiglia contemporanea. Compendio di sociologia della
famiglia. Ed. Paoline Cinisello Balsamo, 1989, p.25
25
Ibidem p.25
26
Milanesi G., I giovani nella società complessa. Una lettura educativa della
condizione giovanile. Elle Di Ci Torino, 1991, p.32
27
Baraldi C., Suoni nel silenzio. Adolescenze difficili e intervento sociale. Ed. FrancoAngeli Milano,
1994, p.28
28
Ibidem p.28