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LA FREE PRESS: NON SOLO UNA METEORA
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Introduzione
Sembrava un‟enorme macchina in grado di macinare milioni di lettori
in poco tempo. Ha suscitato entusiasmi non solo in base alla sua
affermazione negli ultimi quindici anni, ma anche per i contributi
benefici che avrebbe apportato alla libertà d‟espressione, alla difesa
dello stato di diritto, al pluralismo dell‟informazione e, addirittura, al
mondo stesso della comunicazione giornalistica, per mezzo di un
prodotto in grado di risolvere i problemi di una stampa troppo distante
dalla gente “comune” e troppo vicina invece al mondo demagogo
della politica e dell‟alta finanza.
Soprattutto, sembrava poter crescere a dismisura senza mai fermarsi.
Invece, alla fine, lo smisurato incremento è imploso.
Non nel senso di aver ottenuto un grosso successo come medium tanto
che i suoi contenuti raggiungono gli utenti in maniera implosiva, al
pari della televisione; piuttosto come un‟onda che con violenti spruzzi
(ad esempio la crescita che ha toccato il 200% nel 2000) corre
schiumosa verso la riva per poi scaraventarsi sopra e inesorabilmente
ritrarsi di nuovo verso l‟oceano.
La free press è in crisi.
Oggi questo “oceano” è diventato un “limbo dei dannati”, dove volano
in cerchio le anime dei 154 giornali gratuiti falliti dal 1999 fino ad
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Quello corrente è un periodo in evoluzione. Questa ricerca è stata condotta servendosi dei dati
raccolti fino al settembre del 2010. Pertanto la situazione, dati gli innumerevoli fenomeni
ruotanti intorno alla stampa gratuita, potrebbe cambiare radicalmente in un futuro prossimo
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oggi, in quella strage che Piet Bakker, considerato il maggior esperto
del settore, ha definito “un bagno di sangue”.
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Sono tempi duri anche per la stampa gratuita. Per colpa della
pubblicità che non arriva, per colpa della saturazione del mercato che
invece arriva troppo presto - ossia con sole poche testate presenti in un
paese - per colpa dei costi non sempre sostenibili. Basti pensare che
dal 2009 è praticamente impossibile aprire nuove testate sia per i
nuovi editori che per i grandi gruppi già pienamente affermati nel
settore delle comunicazioni, mentre le maggiori società nel campo
della free press vengono pian piano smontate delle loro edizioni,
prima fra tutte Metro International.
Un disastro che non è stato previsto da nessuno, perché nessuno
avrebbe mai scommesso sulla debolezza della stampa gratuita.
La crisi mondiale del novembre 2008 è giunta all‟improvviso, e
questo è certo. Ma un settore che abbia delle strutture solide, un ampio
raggio di diffusione e un passato tutto in salita, come la free press fino
a soli due anni fa, e che inoltre sia ormai stimato come un fenomeno
strutturante del nostro tempo, forse avrebbe perso pochi soldati, e
sarebbe rimasto un mercato glorioso.
Solo che, in mezzo alle voci chiassose delle statistiche col segno “più”
dei periodi precedenti, probabilmente erano in pochi quelli che
avevano avvertito le prime scosse di un terremoto devastante.
Le prime scariche sono le ingenti perdite del 2007. La seconda è la
crescita di appena il 5% nel 2008, che è un incremento ponderoso per
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Free press: nel 2009 un “bagno di sangue” (per la gioia dei monopoli), 3 febbraio 2010, su
www.lsdi.it
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qualunque altro settore editoriale “ma preoccupante per quello che era
abituato a crescite annue del 20, 30% e oltre”.
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Silvia Garambois - una professionista che ha vissuto il fenomeno della
free press dall‟interno - a proposito della velocità con cui la crisi si è
manifestata afferma: “Era un vero e proprio momento di boom. Il
congresso si teneva a Madrid, e in quel periodo in Spagna erano
presenti 33 testate nazionali. La situazione, ottimale, aveva toccato
anche l‟Italia. Semmai il problema era quello della saturazione del
mercato, c‟erano troppe testate”.
33 testate, quelle spagnole, che ora sono diventate il 50% in meno, un
dato importate, visto che nella penisola iberica la stampa gratuita è
stata accolta con una vivacità maggiore rispetto a molti altri paesi
europei.
La saturazione del mercato ha causato una sorta di “selezione della
razza” che oggi sembra essersi conclusa, dato che nei primi otto mesi
del 2010 hanno chiuso soltanto tre testate.
Eppure gli introiti continuano a scendere, e i prezzi delle inserzioni sui
quotidiani gratuiti, già di per sé bassi, sono ulteriormente diminuiti
dagli editori pur di evitare il fallimento.
Saranno giuste queste strategie? E in particolare quella di svendere un
prodotto, anche a costo di non retribuire i propri giornalisti, sperando
in tempi migliori?
Il passato “glorioso” della free press non è servito affatto a salvarla da
un declino che probabilmente non è provvisorio.
La crisi ha innescato un effetto opposto: la nave era così carica che è
affondata più velocemente degli altri settori, e le operazioni di
salvataggio consistono nel gettare in mare i carichi non più tollerabili,
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Lorenzo Scheggi Merlini, “Tutti Giornalisti”, Edizioni Kappa, Roma 2009, pp. 87-97
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tra cui anche qualche marinaio; si sta parlando del taglio delle edizioni
e della sospensione degli stipendi per intere redazioni, com‟è
avvenuto, dal luglio di quest‟anno, per il corpo redazionale di EPolis.
Non si tratta certo della previsione di una scomparsa della stampa
gratuita dal panorama dei nuovi media, ma di un ridimensionamento
che sembrava inesorabile e che non ha esitato a raccogliere tutto ciò
che gli spettava.
A seguire il “boom” di dimensioni mastodontiche è stata una crisi
direttamente proporzionata, che ha creato una sorta di effetto
boomerang contro la quantità sproporzionata delle testate non soltanto
europee, ma anche americane.
Questa tesi punta a illustrare la crisi della free press, presentando
anche i vari punti di vista, talvolta opposti, dei direttori e degli esperti
del settore.
Ci interrogheremo anche su quali siano state le mancanze da parte dei
quotidiani tradizionali e le necessità del pubblico che hanno permesso
l‟affermazione della stampa gratuita in tutto il mondo, giacché, se in
precedenza aveva lo scopo di diffondere il medium della carta
stampata attirando nuovi lettori, è diventata invece l‟unica stampa
consumata nella dieta mediatica di moltissimi utenti.
Spiegheremo inoltre che cosa sia la free press, dove e soprattutto come
è nata, e quali siano state le tappe storiche che hanno portato, dal 1995
fino al 2006, al successo in tutto il mondo.
Il fenomeno, nato negli Stati Uniti nella seconda metà del secolo
scorso ma sviluppatosi negli anni novanta in Europa, si è dilatato in
tutto il mondo in pochi anni, con una rapidità febbrile.
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Metro, il primo esemplare “evoluto” della sua specie, è passato in soli
cinque anni da un bilancio di 3,6 milioni di dollari a 98 milioni, e si è
diffuso ovunque diventando una vera e propria multinazionale.
Ha importato il fenomeno della free press anche in Italia, dove è stato
seguito da due dei maggiori gruppi editoriali della penisola, Rcs e
Caltagirone, i quali hanno risposto all‟ allora neo-concorrenza svedese
con prodotti competitivi, ognuno con le sue caratteristiche e i propri
legami con il mondo dei New media.
La free press italiana si è poi evoluta ulteriormente, dando vita ai
“gratuiti” di seconda generazione, che hanno affrontato una sfida più
ardua, proponendo dei giornali decisamente più approfonditi e
professionali, in grado perfino di entrare in competizione con quelli
tradizionali.
Intanto la stampa gratuita è cresciuta negli anni, rafforzandosi fino a
diventare “un fenomeno mondiale consolidato del nostro tempo”
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, e
ha avvertito la necessità di dotarsi di una struttura organizzativa a
livello internazionale, scaturita nel “Primo congresso mondiale della
stampa gratuita” tenutosi dal 30 settembre al 2 ottobre del 2008, che
però non si è mai ripetuto.
In questa sede, la free press verrà poi messa a confronto con la stampa
tradizionale, per capire se questa “rubi” lettori ai quotidiani classici,
chi siano i lettori di free papers e quali sono le differenze redazionali e
strutturali fra i due tipi di stampa.
Sarà insomma valutata l‟importanza della free press non solo in base
al successo economico, ma anche alle innovazioni che ha portato nel
panorama dei mezzi di comunicazione e in particolare
all‟informazione giornalistica. Perché si tratta di un fenomeno
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Ibidem
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“ingombrante” che non può passare inosservato data l‟ampiezza del
successo.
Bisogna però tener conto del fatto che quello della stampa gratuita è
un settore strettamente connesso al mondo della finanza e del mercato.
Se vanno giù i maggiori titoli bancari, seguiti dai vari settori
industriali e poi dalle piccole e medie imprese – per quanto riguarda la
free press, gran parte della pubblicità arriva dalle iniziative
imprenditoriali locali -, si tirano dietro anche i quotidiani gratuiti che
“carburano” grazie a queste.
Le inserzioni pubblicitarie sono l‟unica fonte di guadagno dei free
papers, e non sono una fonte inesauribile: “Non dobbiamo [...]
scordare che in ogni paese c‟è a disposizione soltanto una data somma
per la pubblicità”
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, come afferma Stephan Russ-Mohl, direttore
dell‟OEG.
Infine, osserveremo la free press dall‟interno, ascoltando direttamente
le voci dei direttori e dei giornalisti, i quali possono spiegarci, meglio
di chiunque altro, quali siano state le strategie per rispondere alla crisi,
e da tutto ciò otterremo le risposte alla domanda che più ci interessa.
La stampa gratuita è un fenomeno temporaneo?
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Free press, una meteora destinata ad implodere, 21 ottobre 2008, su www.swissinfo.ch