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INTRODUZIONE 
 
L’espansione nei mercati esteri risulta essere oggi una priorità per tutte le 
imprese che intendono restare competitive. Tale esigenza si manifesta in modo più 
o meno marcata, a seconda dell’azienda e del settore che viene preso in considera-
zione. 
La necessità avvertita dalle imprese, di ampliare il proprio orizzonte com-
petitivo, è frutto dei cambiamenti che si sono verificati a livello globale: il crollo 
della cortina di ferro, la caduta del muro di Berlino, la successiva apertura dei 
mercati dell’Est Europa e dei mercati asiatici, l’accelerazione dell’innovazione 
tecnologica, l’aumento del costo delle materie prime, la concorrenza a livello glo-
bale e le maggiori esigenze della società che costringono le aziende a crescere a 
ritmi vertiginosi. Tutto questo ha contribuito a  ricercare dei nuovi metodi creativi 
capaci di migliorare l’elasticità gestionale delle imprese. 
Le nuove sfide della globalizzazione e le problematiche dell’attuale crisi 
economica hanno ampliato tale necessità e hanno riportato alla ribalta il tema dei 
distretti produttivi e delle reti d’imprese su tutti e tre i livelli dell’ordinamento: lo-
cale, nazionale ed europeo. In passato, sono state realizzate cospicue ricerche e 
studi sul modello del distretto industriale italiano e su come questo è risultato es-
sere il più efficace ed efficiente a rispondere alle crisi petrolifiche degli anni ’70.  
Il tessuto economico italiano è contraddistinto da piccole e medie imprese 
sottocapitalizzate, rispetto alle quali il sistema reticolare si pone come la risposta 
alla crisi economica e al contempo permette loro di essere attori principali nella 
globalizzazione. 
Inoltre, una parte dell’imprenditoria italiana ha compreso che per riuscire a 
competere nelle mutate esigenze del mercato mondiale è necessario comportarsi 
da grandi, senza però perdere l’individualità e le caratteristiche, che solo una più 
piccola realtà produttiva è in grado di offrire. È dunque, necessario mettersi in-
sieme per collaborare, così da potersi presentare al mercato forti di competenze, 
risorse e capacità che da soli non avrebbero potuto sfruttare, potendo quindi rea-
lizzare prodotti tecnicamente innovativi e complessi.
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L’obiettivo di tale lavoro, è analizzare il modello di collaborazione forma-
le che è stato oggetto di una regolamentazione normativa
1
 e illustrare come il con-
tratto di rete può essere impiegato come strumento per la crescita delle piccole e 
medie imprese.  
In particolare, si vogliono evidenziare i diversi benefici derivanti dalla 
scelta di aderire ad una rete di imprese, in particolare di carattere fiscale e legati al 
raggiungimento di una migliore posizione competitiva dell'impresa sul mercato 
interno ed internazionale, ma si vuole sottolinearne anche gli svantaggi e gli ele-
menti necessari per costituirla.   
L’analisi effettuata vuole principalmente verificare se questo peculiare si-
stema di collaborazione tra imprese possa effettivamente costituire un modello in-
novativo, pronto quindi a rispondere alle complesse richieste manifestatesi nel 
mercato globale. I primi dati provenienti sulle reti di imprese sono favorevoli, in-
fatti, grazie alla maggiore competizione, e grazie a benefici fiscali, i contratti di 
rete aumentano e cresce il numero delle imprese coinvolte. 
Il processo di sviluppo appare procedere in modo spontaneo in più aree del 
Paese come testimoniano anche le cronache dei giornali. A tale strumento ricorro-
no sia le grandi che le piccole e medie imprese al fine di competere sul mercato 
globale e ottimizzare i costi di acquisto per potenziare la ricerca e lo sviluppo. I 
settori interessati da questo nuovo strumento sono molteplici ma quelli che ne 
hanno fatto maggiore uso fino ad ora sono i segmenti di punta del Made in Italy.   
Per alcuni, le relazioni reticolari servono per integrare le vecchie relazioni 
distrettuali, che non scompaiono, ma, nel mondo di oggi spesso queste sembrano 
offrire legami deboli o meccanismi di coordinamento non sempre idonei ed effi-
caci. 
Si deve precisare che la rete di impresa non è un distretto, ma può trovare, 
in tali sistemi produttivi locali, l’habitat ideale al fine di riprodursi ed estendersi 
anche al di la dei tradizionali confini territoriali finora battuti dagli imprenditori 
italiani. 
                                                      
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 La regolamentazione è stata attuata mediante l’emanazione dell’articolo 42 della Legge 122 del 
luglio 2010 (conversione del decreto legge numero 78 del 31 maggio 2010 “misure urgenti in ma-
teria di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”).
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Il distretto industriale è, infatti, una forma di collaborazione e di produzio-
ne diversa dal sistema reticolare . 
Negli anni passati, i distretti hanno rappresentano una delle fondamenta 
del vantaggio competitivo italiano con pregi e difetti, ma, nell’ultimo decennio, ha 
palesato alcuni segnali di debolezza.     
Nel primo capitolo di questo lavoro si analizzano le principali cause della 
globalizzazione e i mutamenti del mercato dovuti a tale fenomeno, inoltre si ana-
lizzano le ragioni della crescita esponenziale dei BRIC e i possibili scenari futuri.  
Nel secondo capitolo si illustrano le motivazioni che spingono le aziende a 
cooperare e alcune tipologie di collaborazione, in particolare ci si è soffermati sul 
fenomeno distrettuale italiano e, a seguito di una breve analisi dei principali con-
tributi dottrinali attinenti al distretto industriale, si evidenzia l’importanza storica 
di questo modello aggregativo, che ha contribuito in maniera rilevante al successo 
del Made in Italy. 
Il terzo capitolo illustra le motivazioni che spingono le imprese a stipulare 
un Contratto di Rete con la necessità di uno schema aggregativo che non implichi 
limitazioni territoriali, giuridiche e o di prodotto e i benefici derivanti 
dall’adesione al network. 
Nel quarto capitolo si analizza uno degli aspetti più importanti per le a-
ziende, in particolare per le PMI: l’accesso al credito; in particolare si evidenzia le 
maggiori possibilità che le aziende hanno attraverso la rete di impresa e si illustra 
come gli istituti di credito effettuano la valutazione per il merito creditizio delle 
reti.  
Il quinto capitolo presenta un analisi sull’andamento dei contratti di rete e, 
inoltre, un caso aziendale di successo: le tre reti d’imprese realizzate da Gucci.  
Le reti sono state realizzate attraverso la stipula di tre contratti, riguardanti 
la filiera della pelletteria, borsetteria e valigeria, che ha visto come sponsor la casa 
di moda fiorentina. Tale accordo risulta essere perfetto per lo studio della rete 
d’impresa come strumento per sostenere l’internazionalizzazione, dato che lo sco-
po principale qui perseguito da Gucci è proprio quello di favorire la permanenza 
dei propri fornitori nel mercato globale.
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Infine, al termine del lavoro si descrivono alcuni strumenti complementari 
che possono agevolare l’internazionalizzazione delle reti d’impresa soprattutto nei 
Paesi considerati maggiormente a rischio.
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CAPITOLO I 
 
LA GLOBALIZZAZIONE E IL MERCATO 
GLOBALE 
1. La globalizzazione e le sue cause  
La globalizzazione, pur essendo un fenomeno fortemente contestato da più 
di un decennio
2
 è un processo inevitabile essendo conseguenza della diffusione 
delle innovazioni tecnologiche, specie nel campo della telematica, e della libera-
lizzazione degli scambi, dei movimenti di capitali e dei fattori produttivi. 
Da un punto di vista generale la globalizzazione può essere definita come 
la crescente integrazione tra paesi e mercati, che porta alla creazione in un unico 
mercato globale. 
Il termine globalizzazione inizia ad essere adoperato dai mass media a par-
tire dagli anni ’90 del secolo scorso, per indicare un insieme assai ampio di feno-
meni connessi con la crescita dell’integrazione economica, sociale e culturale tra 
le diverse aree del mondo.  
Il fenomeno dell’integrazione internazionale, però, si è sviluppato a partire 
dalla seconda metà del XIX secolo ed è stato interrotto più volte, in particolare 
nella prima metà del Novecento dalle guerre mondiali e dalla Grande depressione, 
ed è ripreso nella seconda metà del XX secolo con rinnovato vigore. Rispetto alle 
tendenze prevalse prima dello scoppio della Grande Guerra, tuttavia, la globaliz-
zazione che contraddistingue il secondo dopoguerra presenta caratteri di differen-
                                                      
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 La rete no-global venne alla ribalta con le manifestazioni e disordini scoppiati a Seattle nel 1999 
in occasione dell’assemblea dei paesi membri della WTO.  No-global è un  movimento variegato 
di gruppi e associazioni che contestano il processo di globalizzazione, considerato come fonte di 
inaccettabili iniquità tra Nord e Sud del mondo e all’interno delle singole società nazionali. I suoi 
militanti pongono in particolare sotto accusa il potere delle multinazionali e le politiche seguite dal 
FMI e dalla WTO.
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za e di novità: quest’ultima è stata contraddistinta da una forte crescita del com-
mercio internazionale e dei movimenti dei capitali stimolati dalle misure delle li-
beralizzazioni degli scambi progressivamente introdotte nel corso degli anni suc-
cessivi.  
Le cause che hanno generato il fenomeno della globalizzazione sono mol-
teplici. Tra le più rilevanti, vi sono: la progressiva liberalizzazione degli scambi 
commerciali e dei movimenti internazionali di capitali, la deregulation dei sistemi 
economici, la  dissoluzione del blocco sovietico, le evoluzioni delle tecnologie fra 
queste ultime meritano una menzione in particolare, quelle relative ai trasporti e 
alle telecomunicazioni, infatti la maggiore facilità degli spostamenti e dei contatti 
tra le persone, in termini di rapidità, efficacia e costo ha determinato una delle 
condizioni base della globalizzazione. La comunicazione in particolare è stato il 
fattore più potente che ha spinto il fenomeno in esame perché ha consentito di rea-
lizzare una rete di informazione permettendo di annullare le distanze spaziali. I-
noltre, le innovazioni tecnologiche hanno determinato una generalizzata riduzione 
del ciclo di vita dei prodotti. 
 
2. Effetti della globalizzazione sui sistemi economici e sulle a-
ziende 
Gli effetti della globalizzazione sui sistemi economici e sulle aziende sono 
numerosi. Da un lato la globalizzazione spinge le singole economie verso la spe-
cializzazione delle produzioni, l’ottenimento di economie di scala e la riduzione 
dei costi offrendo un incremento delle potenzialità di crescita dell’economia mon-
diale nel suo complesso
3
, ma l’altra faccia della globalizzazione dei mercati sono i 
rischi di un mondo sempre più interdipendente e in particolare una concorrenza 
sempre più agguerrita tra i competitor che arriva anche alla trasgressione non solo 
dei diritti del lavoratore, conquistati con dure lotte nel XX secolo ma addirittura 
alla violazione dei diritti umani sanciti dalla convenzione di Parigi del 1948. Inol-
                                                      
3
 Acocella N., ”Politica Economica e Strategie aziendali”, Ed. Carocci, Roma, Luglio 2008
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tre, dalla forte interdipendenza dei mercati consegue che le società vengono in-
fluenzate da situazioni di crisi sviluppatesi in tutte le parti del mondo; questo è 
dovuto senz’altro anche alle nuove tecnologie che permettono di comunicare da 
una parte all’altra del globo velocemente.  
Conseguenza diretta di tutto ciò è che la singola azienda può scegliere di 
operare contemporaneamente in più mercati anche distanti tra loro, ha un più am-
pio ventaglio di strategie di inserimento attuabili in ciascuno di essi e la possibilità 
di creare un legame tra le esperienze attuate nei singoli Paesi con un approccio 
globale all’internazionalizzazione aziendale.  
Le imprese che vogliono essere competitive nel mercato globale dovranno 
dotarsi di strutture semplici e flessibili per poter rispondere al meglio alle esigenze 
dell’ambiente esterno. 
La globalizzazione sta ridisegnando i rapporti di forza esistenti sulla base 
degli spostamenti della localizzazione produttiva, determinati dal gioco competi-
tivo mondiale delle imprese, le quali si muovono in funzione del potere di attra-
zione esercitato dai nuovi mercati in particolar modo Asia e America Latina. 
L’errore principale che fino ad ora è stato commesso con il fenomeno della 
globalizzazione è stato l’assenza di un governo mondiale e questo ha fatto sorgere 
un capitalismo disorganizzato, perché non c’è una potenza egemone e un ordine 
internazionale, né economico né politico all’altezza. 
Una prima risposta alla globalizzazione deve venire da parte degli Stati 
nazionali i quali, devono collaborare per rendere chiaro che la globalizzazione non 
può significare lasciare tutto in mano alle forze del libero mercato, ma al contrario 
vi è la necessità di una corretta regolamentazione internazionale condivisa da tutti, 
di convenzioni e istituzioni internazionali. 
Non c’è una via di uscita nazionale dalla trappola della globalizzazione. 
Un‘istituzione come l’Unione Europea ed inoltre l’attuale crisi finanziaria potreb-
bero ristabilire la priorità della politica, la capacità di azione sociale ed economica 
per gli stati che cooperano. Sostanzialmente, un’Unione Europea forte potrebbe 
impiegare il suo potere come la più grande potenza commerciale del mondo per 
introdurre riforme effettive verso i propri membri ma che poi sarebbero recepite 
anche all’esterno.