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INTRODUZIONE
La presente tesi compilativa studia le cause in cui il fenomeno della devianza giovanile
affonda le proprie radici, individuando i fattori di rischio che ne condizionano la
nascita e lo sviluppo. L’obiettivo finale è quello di evidenziarne l’eziologia
multifattoriale, in cui variabili di tipo individuale predisponenti si intersecano con
condizioni ambientali, che ne favoriscono l’espressione a livello psichico e
comportamentale.
Il fenomeno è inquadrato come un processo socioculturale dinamico di
etichettamento in un dato periodo storico, e, dunque, altamente soggetto a variabilità
e continui mutamenti. Ne risulta che una determinata condotta non sia definita deviante
in modo oggettivo e aprioristico, ma in base, invece, alla società all’interno della quale
si estrinseca, poiché in ciascuna vigono regole e norme proprie. In tale processo
emerge automaticamente la centralità del ruolo svolto dalla comunità di appartenenza,
che, in base alla reazione all’atto deviante commesso, può offrire aiuto alla persona, o,
al contrario, provocare in essa conseguenze irreversibili, facendole interiorizzare un
“io deviante”.
La questione è trattata con particolare riguardo alla percezione adolescenziale
del mondo. Si fa, dunque, un excursus su come la persona interpreti e viva la realtà
che la circonda in questa fase delicata dello sviluppo, tra incertezze e voglia di mostrare
al mondo adulto, al quale ancora non sente di appartenere, le proprie abilità e
competenze. Viene descritto il senso di angoscia e di disagio provato, e che molto
spesso, in extremis, risulta essere esso stesso alla radice di condotte devianti e
delinquenziali. Ancora una volta, quindi, si sottolinea l’importanza della società, che
in questa fase dovrebbe fornire supporto morale e sociale al ragazzo, per fare in modo
che egli si senta parte di qualcosa, integrato in una comunità e sostenuto nel suo
percorso di scelte di vita.
Vi è poi una descrizione dell’epidemiologia del fenomeno in Italia e, pertanto,
le caratteristiche di diffusione nella popolazione, in rapporto alle varie fasce di età e
alla tipologia di comportamento deviante. Le notizie sono state desunte dalle statistiche
del Dipartimento della Giustizia Minorile dell’anno 2022.
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Facendo riferimento alle teorie bio-antropologiche, psicologiche e
sociologiche, si analizzano, infine, le motivazioni alla base dei comportamenti del
giovane, frutto della combinazione di disagi e conflitti interiori, caratteristiche
biologiche e ambiente sociale in cui egli vive.
In questo contesto è esaminata con particolare attenzione la funzione
dell’ambiente familiare. La famiglia, essendo la prima comunità all’interno della quale
la persona cresce e fa le prime esperienze di vita, risulta fondamentale per
l’interiorizzazione delle norme sociali e morali. Il bambino, in base a ciò che gli si
insegna e a ciò che osserva, impara a comportarsi in un determinato modo piuttosto
che in un altro. La sua condotta futura - e di conseguenza anche gli eventuali atti
devianti e trasgressivi - è altresì determinata dal tipo di attaccamento che ha sviluppato
con le figure genitoriali, e dal tipo di stile educativo che i suoi genitori hanno utilizzato
nei suoi confronti.
Viene poi trattato il ruolo delle esperienze infantili avverse, secondo lo studio
“CDC-Kaiser Permanent ACE”. Tali esperienze, se accumulate nel tempo, e
specialmente durante la prima infanzia, possono provocare delle conseguenze
irreversibili, segnando l’individuo per tutta la vita. Esse si suddividono in 3
macrocategorie, ovvero: abuso, abbandono e disfunzione familiare. Si citano, in
particolare, le conseguenze finali delle ACE in termini di abuso (alcol, droghe e fumo)
e di manifestazione di disturbi psicopatologici e di varie patologie mediche.
Il ruolo svolto dal gruppo dei pari nello sviluppo dell’identità deviante è un
altro degli aspetti individuati. Si dà particolare importanza alla trasformazione dei
legami nel passaggio dall’infanzia alla fase adolescenziale, in cui la famiglia cessa di
essere la fonte di sostegno e di bisogno primario della persona, assumendo un ruolo di
secondo piano rispetto, invece, alla relazione con i coetanei. Dall’analisi condotta
emerge l'importanza di un ambiente funzionale ai bisogni dell'individuo - che variano
in ogni fase della vita - ed in particolare, a quelli della fase infantile, quando le
esperienze possono tradursi in conseguenze negative irreversibili.
Si approfondisce, infine, l’aspetto psicologico del soggetto deviante,
sottolineando l’individuazione di determinate componenti di vulnerabilità individuale,
sia biologiche che psicologiche, le quali risultano essere spesso dei detonatori di
comportamenti esternalizzanti, quali appunto, gli atti di delinquenza.
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Gli esempi riportati sono due: la disregolazione emotiva e le distorsioni cognitive.
La disregolazione emotiva - che sta anche alla base di diverse psicopatologie
come ad esempio l’ADHD, la depressione, o i disturbi d’ansia – è intesa come scarso
monitoraggio e incapacità di modificare degli stati emotivi in atto, traducendosi poi
anche nel disadattamento psicosociale della persona alle regole e alle norme della
società.
Le distorsioni cognitive, invece, vengono descritte come tecniche di auto-
giustificazione, per proteggere sé stessi da emozioni negative, derivanti dall’aver
commesso o dal voler commettere atti devianti e delinquenziali.
Viene dato, infine, risalto al ruolo della resilienza - un adattamento positivo di
fronte e nonostante le avversità - che risulta essere un fattore protettivo e di resistenza
contro questa tipologia di condotta.
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CAPITOLO 1: ANALISI E DIFFUSIONE DEL FENOMENO DELLA
DEVIANZA GIOVANILE
1.1. Definizione e descrizione del concetto di devianza
Il fenomeno della devianza giovanile è un problema che, a partire da circa la metà del
secolo scorso, ha attirato l'attenzione di numerosi esperti, in particolare quelli che si
occupano di scienze sociali. La tematica è, infatti, strettamente correlata a questioni
che prevedono il coinvolgimento non solo del soggetto deviante, ma anche del contesto
sociale in cui egli agisce e, quindi, sia il livello intrapsichico che quello inter-personale.
Seguendo questa logica, le ricerche svolte si suddividono in ricerche di base, che hanno
lo scopo di analizzare il fenomeno di per sé, attraverso lo studio delle sue cause e delle
sue ripercussioni a livello micro e macro sociale, e ricerche applicative, finalizzate alla
promozione di interventi di prevenzione e trattamento degli attori coinvolti.
E’ fondamentale, in premessa, porre una definizione di “devianza”.
Questo termine assume diverse sfumature di significato, legate alla molteplicità
degli approcci impiegati per interpretare tale fenomeno.
La definizione più semplice di devianza, tenendo conto del concetto di
anormalità statistica, la considera quale caratteristica, o comportamento, che si
discosta dalla media che assumono i soggetti
1
. Questa definizione, tuttavia, è molto
generica, infatti rientrerebbero in tale accezione tutte le “minoranze”, che, con gli
atteggiamenti trasgressivi non hanno nulla a che fare, ad esempio: persone con gli
occhi azzurri, o con i capelli rossi, i mancini ecc
2
.
Un’altra definizione, meno semplicistica e più diffusa, è quella che considera
la devianza espressione di una patologia. Analogamente all’impiego di quest’ultimo
termine nel settore medico, per cui l’organo, quando è funzionante è definito sano,
mentre quando è malfunzionante è considerato patologico, la devianza sarebbe il
prodotto di una malattia mentale, di cui il comportamento deviante rappresenterebbe
il sintomo. I medici, in particolare gli psichiatri, in passato, ogni qualvolta che un
1
Cavallo M., Ragazzi senza. Disagio, devianza, delinquenza, Mondadori Bruno. Torino, 2002.
2
Becker H.S., Outsiders: Studies in the Sociology of Deviance. New York, The Free Press of Glencoe,
1963; trad. it Outsiders: studi di sociologia della devianza, Meltemi Editore, Milano, 2017.
7
soggetto mostrava una qualche disfunzione rispetto ad un comportamento definito
“normale”, etichettavano tale condizione come malattia mentale: “ne consegue che
l’agorafobia è una malattia dal momento che nessuno dovrebbe essere spaventato dagli
spazi aperti; l’omosessualità è una malattia perché l’eterosessualità costituisce la
norma sociale; il divorzio è una malattia perché è l’espressione del fallimento
matrimoniale” (Howard S. Becker, 2017)
3
.
Seguendo questa prospettiva, diversi sociologi definiscono “devianza”
l’insieme dei processi che tendono a ridurre la stabilità di una società e quindi la
possibilità che questa sopravviva. In accordo con tale pensiero, all’interno della società
ci sono, quindi, caratteristiche funzionali, che ne promuovono la stabilità, e
caratteristiche disfunzionali – devianza - che invece la minacciano
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L’ultima definizione di “devianza”, la più diffusa e condivisa, è quella che la
contrappone alla “conformità”, descritta a propria volta quale:
“Il risultato dell’adattamento individuale alla cultura del gruppo, per cui il
singolo, orientandosi verso i valori basilari della società, si adegua e accetta nel
concreto sia le mete culturali e i fini condivisi nel gruppo, sia i mezzi istituzionalizzati
e ufficialmente sanciti per conseguirli”. (Enciclopedia Treccani)
5
.
Ne consegue che deviante è un comportamento che vada ad infrangere e che
disobbedisca a tutto quell’insieme di norme, regole e valori che, invece, sono condivisi
da una determinata società in una determinata epoca storica
6
. “La devianza nasce
dall’incontro tra un comportamento non adeguato e la reazione sociale conseguente,
che cambia a seconda delle norme disponibili in un luogo e in un tempo determinato,
in quanto ciò che è tollerato in un’epoca può essere rifiutato in un’altra e viceversa”
(A. Gherardini et. al 2014)
7
.
I comportamenti devianti sono, dunque, profondamente relativistici e, di
conseguenza, il fenomeno della devianza minorile è un processo sociale in continuo
3
Becker H.S., ult.op.cit
4
Becker H.S., ult.op.cit
5
Definizione di: Conformità, Enciclopedia Treccani
6
Ponti G., Merzagora Betsos I., Compendio di Criminologia, Raffaello Cortina. Torino, 2008
7
A. Gherardini A., Verrastro V., De Risio A., Ferrara M.P., Bombino M.T., Devianza, tra sviluppo e
trasgressione in “Quale Psicologia”, n. 3, 2014.