4
stipulare accordi con altri istituti al fine di migliorare la propria posizione
sul mercato.
In quest’ottica verranno analizzate le fusioni tra imprese bancarie,
all’interno del secondo capitolo, prendendo spunto anche da acquisizioni già
realizzate nell’ultimo decennio.
Soffermarsi sulle esperienze passate può essere utile al fine di
comprendere meglio gli effetti di tali operazioni e per constatare se nella
fase post-acquisizione, si siano verificati mutamenti sostanziali nella
strategia perseguita dall’impresa, e ciò sarà analizzato nel terzo capitolo, nel
quale, mediante semplificazioni di alcune esperienze, sarà possibile cogliere
tali cambiamenti.
Portare a termine una operazione di fusione non vuol dire solo accrescere
le proprie dimensioni, ma avere anche la possibilità di reperire maggiori
informazioni da poter impiegare nella realizzazione di un nuovo portafoglio
prodotti.
L’innovazione di prodotto può quindi costituire una strategia adottata dal
nuovo gruppo. Poiché in una acquisizione uno o più istituti perdono la
propria identità per fondersi in un’altra, occorre verificare chi sono i veri
beneficiari dell’intero processo e soprattutto se ne potranno usufruire anche
i clienti.
Da queste considerazioni ne deriva l’obbligo, per ogni istituto di credito,
di tenere sempre alto il livello di interazione con i propri clienti, poiché se
da un punto di vista formale accrescere le proprie dimensioni può
considerarsi un buon meccanismo per ottenere economie di scala, d’altra
parte il vantaggio competitivo e il successo sostanziale di un istituto di
credito dipendono dalla capacità di riuscire a mantenere un efficiente
rapporto con i propri utenti. Lo sforzo, quindi, che deve fare il management
bancario è quello di ricercare opportuni strumenti al fine di mantenere
elevati livelli di efficienza, senza trascurare una adeguata offerta di prodotti
che possano soddisfare i bisogni della clientela.
5
CAPITOLO PRIMO:
Il Sistema Bancario: profili normativi e contesto
competitivo
1.1 L’evoluzione normativa: dalla legge Bancaria del
1936 al nuovo Testo Unico.
L’attività bancaria viene tradizionalmente considerata sotto un doppio
profilo: quello privatistico, consistente nei negozi posti in essere
nell’esercizio dell’attività imprenditoriale propria delle banche, e quello
pubblicistico, articolato nelle varie forme di controllo della pubblica autorità
cui soggiace il sistema creditizio.
1
I due profili, ancorché caratterizzati da reciproche interdipendenze,
hanno subito nel tempo un’evoluzione differente: mentre il diritto dei
contratti e delle obbligazioni assunte dalla banca è ancora in gran parte
regolato dalle norme del Codice Civile, con adeguamenti introdotti da
alcune leggi speciali, il diritto dei controlli è stato per contro caratterizzato
da una serie di interventi legislativi volti ad adeguare la disciplina del
credito all’evoluzione economico-istituzionale dell’ordinamento.
2
La necessità di introdurre un efficace apparato di controllo sul sistema
creditizio italiano è emersa nel periodo tra le due guerre, in seguito al
verificarsi di una serie di dissesti bancari, che in molti casi portarono a veri
e propri fallimenti delle istituzioni stesse, con effetti negativi sulla fiducia
dei risparmiatori.
Da un regime sostanzialmente liberista, senza alcuna regolamentazione,
si passò progressivamente ad un regime di controlli che, in un’ottica di
tutela del risparmio, aveva come principale obiettivo la prevenzione dei
1
Desiderio L., Molle G., “Manuale di diritto bancario e dell’intermediazione finanziaria”, quinta edizione,
Milano, Giuffrè, 1997, p. 3 e ss.
2
P. Bontempi, Diritto bancario e finanziario, Giuffrè, 2002 p. 6
6
dissesti bancari, mediante l’imposizione di regole di condotta, di divieti e di
misure cautelari di diversa natura
3
.
Titolare della funzione di vigilanza sulle aziende di credito per garantire
l’osservanza di tali regole era la Banca d’Italia, nel frattempo divenuta
l’unico istituto di emissione.
Il sistema così delineato nella seconda metà degli anni venti, dimostrò
tuttavia la sua inadeguatezza di fronte al ripetersi di dissesti bancari.
La reazione dell’ordinamento arrivò con il r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375
(c.d. legge bancaria, convertito nella legge 7 marzo 1938 n. 141) che ha
costituito, sia pure con i vari interventi di adeguamento succedutisi nel corso
del tempo, l’impianto normativo portante del sistema creditizio italiano,
conservando vigore per quasi cinquanta anni
4
. La legge bancaria intendeva
realizzare una piena tutela del risparmio in via indiretta, vigilando cioè sul
suo impiego in forma creditizia
5
, allo scopo di ridare fiducia al sistema
bancario e favorire così l’accumulazione del risparmio.
Questi obiettivi vennero raggiunti in primo luogo attraverso la creazione
di un sistema fortemente rigido, con una scansione puntuale delle tipologie
degli intermediari in due categorie: le banche propriamente dette, che
concedevano credito a breve termine (credito ordinario) a fronte di una
raccolta prevalentemente a vista, e gli istituti di credito speciale, che
concedevano finanziamenti a media-lunga scadenza, a fronte di una raccolta
basata sull’emissione di obbligazioni.
6
Nell’ambito di ciascuna categoria venne inoltre previsto un variegato
panorama di tipologie di intermediari (c.d. pluralismo istituzionale),
secondo una concezione funzionale del credito.
7
In altre parole, fino a non molto tempo fa, le prestazioni delle banche
italiane sono state caratterizzate dalla forte dipendenza da un unico
3
Cenderelli E., “L’attività bancaria, aspetti normativi e istituzionali”, vol. 1, Torino, Giappichelli, 1995, p.
195; e Ruta G., “Lineamenti di legislazione bancaria, Roma, Bancaria”, 1975, p. 40.
4
Guarino G., “Il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia tra la storia e il futuro” in
“La nuova disciplina dell’impresa bancaria”, vol. 1, Milano, Giuffrè, 1996, p. 32.
5
Desiderio L. Molle G., “Manuale di diritto bancario e dell’intermediazione finanziaria”, p. 16.
6
Costi R., L’ordinamento Bancario, Bologna, Il Mulino 1994, p. 42;
7
Cassese S., “La preparazione della riforma bancaria del 1936 in Italia”, Economia e Credito, 1975, p. 19.
7
segmento d’attività; quello dell'intermediazione creditizia che, tra l'altro, era
esercitato in situazione di limitata concorrenzialità.
La situazione, a ben vedere, era, infatti, caratterizzata da forti barriere
all'ingresso del mercato creditizio di altri operatori, sia bancari
internazionali sia operatori non bancari, oltre che da una domanda non
ancora matura tale da spingere verso una significativa innovazione del
sistema.
Facevano da corollari a siffatta impostazione il principio della
separatezza tra banca e industria, che vietava alle banche di detenere
partecipazioni in imprese industriali, e i penetranti poteri ispettivi e
normativi delle autorità pubbliche di vigilanza (originariamente ripartiti tra
il Comitato dei Ministri, presieduto dal Capo del Governo, e l’Ispettorato
per la difesa del risparmio e la tutela del credito, guidato dal Governatore
della Banca d’Italia) estesi non solo all’attività di raccolta del risparmio ma
anche a quella di esercizio del credito, dichiarate entrambe “funzioni di
interesse pubblico”
8
.
E’ importante sottolineare che la legge bancaria indicava solamente i
criteri generali di intervento in relazione agli obiettivi da raggiungere,
rimettendo ai singoli atti amministrativi emanati dalle autorità la loro
concreta attuazione.
Si è parlato dunque di “disciplina elastica” del settore del credito
9
in
quanto essa permetteva in ogni momento l’adeguamento della normativa
alle mutevoli esigenze del settore.
La legge bancaria lasciava dunque ampi spazi di intervento alle autorità
creditizie nella direzione del comparto bancario italiano, che diventava
progressivamente un settore caratterizzato dalla costante presenza dello
Stato, sia sotto il profilo soggettivo, dal momento che la quasi totalità degli
intermediari era direttamente o indirettamente in mano pubblica, sia sotto il
profilo normativo, visti i pregnanti poteri delle autorità.
Il sistema delineato dalla legge bancaria risultava pertanto accentrato e
improntato su un’ottica fortemente dirigistica
10
. Caduto il regime fascista, si
8
Castaldi-Clemente, “I controlli di vigilanza sugli enti creditizi”, Rivista bancaria, n.8, 1981, p. 798
9
Ruta G., “La disciplina dell’attività bancaria”, Economia e Credito, 1975, p. 80.
8
assiste a un “ridimensionamento dell’intervento pubblico”, che punterà
soprattutto sugli elementi tecnici piuttosto che su quelli politici
11
.
Nell’ottica di completamento del mercato comune, la Comunità Europea
diede il primo vero impulso all’ammodernamento della legislazione
bancaria dei Paesi membri attraverso l’emanazione di due importantissime
direttive.
L’obiettivo era quello di armonizzare i sistemi legislativi dei vari stati
aderenti alla Comunità al fine di costituire un unico mercato dei capitali.
Si rendeva però necessaria l’eliminazione delle differenze più sensibili
tra le legislazioni nazionali per favorire l’integrazione dei diversi sistemi
bancari, ampliando in tal modo il mercato di riferimento. Tutto questo
avrebbe fornito agli operatori nuove opportunità di sviluppo e aumentato
l’efficienza complessiva del sistema bancario grazie al maggior livello di
competitività introdotto nel settore
12
.
Considerate appunto le rilevanti differenze normative dei diversi Stati, il
legislatore comunitario abbandonò sin dall’inizio l’idea della
“armonizzazione totale”, che avrebbe comportato la sostituzione integrale
delle norme nazionali con quelle comunitarie, optando per il criterio
alternativo della “armonizzazione minima”, il quale prevede che la
legislazione comunitaria faccia da cornice alla norme di diritto interno
fissandone i contenuti minimi essenziali. A tal proposito il più duttile
strumento della Direttiva venne ovviamente preferito al Regolamento in
quanto la prima vincola gli stati cui è rivolta “per quanto riguarda il
risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali
in merito alla forma e ai mezzi” (art. 249 Trattato CE – ex art. 189).
13
Lo scenario nazionale è cambiato negli anni successivi per effetto degli
interventi legislativi che hanno reso possibile la nascita di un mercato
bancario europeo.
10
Cenderelli E., “L’attività bancaria, aspetti normativi e istituzionali”, frase citata a p. 199.
11
Lamanda C., “L’evoluzione della disciplina del controllo sul sistema creditizio dalla legge
bancaria ad oggi”, Quaderni di ricerca giuridica, n.12, 1986, Roma, Banca d’Italia, p. 9.
12
Cenderelli E., “L’attività bancaria, aspetti normativi e istituzionali”, periodo ricavato da p. 46.
13
Nascimbene B., “Comunità e Unione Europea, codice delle Istituzioni”, in Codici comunitari, collana
diretta da Bruno Nascimbene, Torino, Giappichelli, 1999.
9
L’ambizioso progetto di creare un mercato interno, comune a tutti gli
Stati aderenti, è definito come “uno spazio senza frontiere nel quale è
assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei
capitali”.
14
È evidente l’ampia portata di tale concetto, e le conseguenze sono state
ovviamente di notevoli dimensioni, soprattutto per il sistema bancario
italiano, il quale , alle soglie degli anni novanta presentava caratteristiche
prevalentemente pubbliche, con bassa concentrazione, scarsa
internazionalizzazione, inadeguatezza patrimoniale e ristretta capacità
reddituale.
A questo scopo la Commissione Europea è intervenuta emanando alcune
direttive in materia bancaria, al fine di armonizzare i sistemi legislativi dei
vari stati aderenti alla Comunità per costituire un unico mercato dei capitali.
Si rendeva quindi necessaria l’eliminazione delle differenze tra i vari
ordinamenti creditizi con lo scopo di offrire nuove opportunità di sviluppo e
aumentare l’efficienza complessiva grazie al maggior grado di
competitività.
Tale progetto è stato attuato per mezzo di due importanti direttive di
coordinamento in materia bancaria e creditizia: la prima, n° 780, fu emanata
il 12 dicembre 1977 e si occupava “del coordinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso all’attività
degli enti creditizi e il suo esercizio
15
”; la seconda direttiva, n° 646, fu
emanata il 15 dicembre 1989 ed ha fissato notevoli elementi di novità, quali
il riconoscimento del carattere d’impresa all’attività bancaria, nonché il
principio di despecializzazione del credito.
Il numero rilevante di provvedimenti normativi man mano cresciuti
intorno all’originaria legge bancaria del ’36, nonché le numerose Direttive
comunitarie e i relativi provvedimenti di recepimento nel diritto interno,
avevano creato, sin verso la metà degli anni ottanta, la radicata convinzione
14
“Libro bianco” pubblicato dalla commissione il 14 giugno 1985, nel quale sono analizzati gli effetti della
eliminazione delle varie barriere esistenti alle frontiere. Il Libro Bianco auspicava, in sostanza, la totale
abolizione dei controlli in tutti i settori entro il 1992.
15
Parillo F. “Direttive comunitarie e implicazioni sul sistema creditizio italiano”, in Credito Popolare, n.
11/12, 1992.
10
della necessità di una vasta opera di coordinamento di tutta la legislazione
vigente.
Lo stesso Governatore della Banca d’Italia nel 1985 dichiarò “utile una
aggiornata esposizione organica della legge bancaria”.
16
I processi di integrazione e di unificazione dei mercati che ne sono
derivati hanno “sconvolto” la tradizionale struttura delle imprese bancarie,
le quali sono state per lunghissimo tempo “protette” dal loro assetto
essenzialmente pubblicistico.
L’adesione dell’Italia al progetto di integrazione europea ha sancito
l’avvio dei processi di privatizzazione e di concentrazione.
Il percorso seguito è stato lungo e difficoltoso, specialmente per il
mercato bancario italiano, il quale non era mai stato minacciato da pressioni
competitive. Aprirsi verso l’Europa significava, infatti, eliminare le barriere
ed esporsi ad un confronto con le imprese straniere.
La privatizzazione trasferisce ai privati il rischio d’impresa e consente di
curare quelle inefficienze che hanno caratterizzato il sistema bancario
italiano in termini di costi e di aumentare, in tal modo, la produttività.
17
L’evoluzione, però, non poteva trovare totale compimento in tali
meccanismi e negli anni successivi il processo di concentrazione bancaria,
che si è verificato nel nostro paese mediante la fusione di diversi istituti di
credito, ha colmato in parte le differenze storicamente esistenti tra le banche
italiane e quelle dei principali paesi europei.
Le operazioni di privatizzazione
18
e di fusione hanno consentito agli
istituti di credito di diventare più efficienti e di aumentare le proprie
dimensioni per poter sostenere la concorrenza delle banche straniere, in
particolare di quelle europee.
All’inizio degli anni novanta, di fronte alla prospettiva di recepimento
della seconda Direttiva di coordinamento, la stratificazione delle norme di
legge era tale da far ritenere che fosse ormai improcrastinabile la redazione
16
“Considerazioni Finali” del maggio 1986, p. 23
17
Giovanni Palmerio “Politica economica” G.Giappichelli Editore-Torino 1996, p. 230
18
Privatizzazione avviatasi mediante la legge n. 128 del 30 luglio 1990, nota come legge amato-carli.
11
di un testo unico, atto ad aggiornare, razionalizzare e restituire organicità
alla legislazione creditizia.
Le rilevanti innovazioni inducevano, quindi, il legislatore a delegare il
governo all’emanazione di due decreti
19
al fine di recepire la II direttiva
CEE in materia bancaria e di dettare un testo unico di tutte le disposizioni
legislative.
Tale delega è stata attuata mediante l’emanazione di due decreti
legislativi:
• D.Lgs. 14 dicembre 1992, n. 480 di adeguamento della legislazione
nazionale alla II direttiva CEE;
• D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (testo unico in materia bancaria e
creditizia) che riordina l’intera disciplina degli istituiti bancari.
La nuova legge bancaria emanata in attuazione della delega contenuta
nella legge comunitaria costituisce un momento di sintesi della precedente
legislazione bancaria, abrogando, con i suoi 162 articoli, circa 1400 norme
contenute in più di 130 provvedimenti legislativi e realizzando così
un’opera definita di vera e propria “civiltà giuridica”.
20
Il Testo Unico però non ha solo coordinato e razionalizzato il precedente
impianto normativo ma, in conformità con il contenuto della delega
legislativa, ha introdotto rilevanti modifiche all’ordinamento esistente,
adeguando la disciplina vigente alle prescrizioni della seconda Direttiva di
coordinamento.
La delega conferita al Governo per l’attuazione della Direttiva non
prevedeva quindi solo l’eliminazione degli ostacoli all’applicazione dei
principi comunitari, ma aveva invece un contenuto positivo, prefigurando
una riforma legislativa che permettesse anche alle banche italiane il
concreto esercizio dell’attività bancaria in condizione di tendenziale parità
con i concorrenti comunitari.
19
La prima direttiva è stata recepita nel nostro ordinamento con il D.P.R. del 27 giugno 1985, n. 350.
20
Castaldi G. “Il testo unico bancario tra innovazione e continuità” p. 3