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INTRODUZIONE
Il presente lavoro ha come argomento il fenomeno dell'immigrazione irregolare in
Italia e in Europa con particolare riferimento alla salvaguardia della vita umana in mare.
L’attività viene descritta sia attraverso riferimenti giuridici nazionali ed
internazionali, riportando le Convenzioni e i Trattati che hanno portato alla nascita delle
istituzioni internazionali e sia attraverso le esperienze personali maturate nel settore
dell’immigrazione irregolare.
Nonostante i progressi, ancora oggi assistiamo a tragedie che vedono come tragica
conseguenza la perdite di molte vite umane a seguito del mancato rispetto delle norme
sulla salvaguardia della vita umana in mare.
Partendo dalla storia degli anni cinquanta fino ai giorni nostri, abbiamo assistito a
movimenti di popolazioni sia a livello nazionale ed internazionale, i Paesi che inizialmente
erano di migrazione sono diventati d'immigrazione
1
.
La notevole estensione costiera, la posizione al centro del Mediterraneo,
l’appartenenza all’Unione europea, concorre a fare dell’Italia una protagonista assoluta
delle questioni internazionali.
Il transito dei migranti presenta aspetti di grande drammaticità nel Mediterraneo,
poiché le migrazioni via mare comportano seri rischi per la vita umana a causa delle
modalità con le quali il trasporto avviene.
E’ ormai accertato che le organizzazioni criminali transnazionali controllano e
lucrano su tutta la filiera degli spostamenti del migrante, dalla partenza, la detenzione nei
centri di “smistamento” sulle coste nord africane, all’imbarco su navi “madre” dalle quali i
migranti sono poi trasbordati su piccole e inadatte imbarcazioni, dirette verso le coste dei
Paesi europei.
Il territorio italiano è particolarmente esposto alle ondate migratorie, la posizione
geografica d'immediata vicinanza con i paesi extraeuropei dell’area balcanica, collegati via
mare con paesi a rischio come l’Albania, il Montenegro e la Turchia, favorisce l’arrivo dei
migrati.
I canali di transito comunemente utilizzati dai migranti sono: il canale di Sicilia, il
Mar Ionio, lo stretto di Gibilterra e dopo il crollo della Siria, attraverso la Turchia, Grecia,
Macedonia, Serbia e Ungheria.
(1) Giordano A, Movimenti di popolazione : una piccola introduzione, Ed. Luiss University Press, 2015,
Roma, p.78.
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Strettamente connessa al problema immigrazione è la questione dei rifugiati,
particolare rilevanza, in tale prospettiva, assumono la Convenzione ONU sullo status
giuridico dei rifugiati
2
e la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo
3
che impongono il
divieto di respingimento dello straniero in un paese o territorio nel quale possa correre il
rischio reale di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani e degradanti
4
, come il
caso Hirsi Jamaa ed altri c. Italia, con cui, fu accolto il ricorso presentato da cittadini
somali e eritrei, in questo caso la Corte stabilì che il loro trasferimento verso la Libia da
parte delle autorità italiane avvenne in violazione dei diritti previsti dalla CEDU.
I poteri esercitabili nelle fasce di mare a contrasto dell’immigrazione irregolare,
sono stati fissati dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS)
5
adottata a Montego Bay (JA) nel 1982, considerata il trattato del diritto internazionale del
mare, secondo cui i poteri dello Stato costiero si estendono in fasce di mare inversamente
proporzionale alla distanza dalla costa: acque interne, mare territoriale, zona contigua e
acque internazionali.
Allo scopo di migliorare e coordinare i soccorsi marittimi, la convenzione di
Amburgo del 1979 ha istituito le aree S.A.R.
6
, la cui responsabilità è stata assegnata agli
Stati che si affacciano sul Mar Mediterraneo.
Sul piano umanitario, l’esempio più notevole d’intervento è stato dato proprio
dall’Italia, mediante l’operazione Mare Nostrum
7
, lanciata in conseguenza della tragedia
avvenuta al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013 che causò più di 350 morti.
E’ stata un’operazione, durata fino alla fine del 2014, conforme ai principi
dell’Unione europea che ha visto impiegati uomini e mezzi di varie amministrazioni, in
una porzione molto ampia del Mediterraneo; ingente è stato il numero d'interventi effettuati
e di vite umane salvate.
(2) Firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 e ratificata dall'Italia con Legge 24 luglio 1954, n.722
(3) La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a
Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dall'Italia con Legge 4 agosto 1955 n. 848, è un trattato
internazionale volto a tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali in Europa, cui hanno aderito 47
paesi, 28 dei quali sono membri dell'Unione Europea (UE).
(4) L'obbligo di non respingimento è previsto altresì dall'articolo 22, par. 8 della Convenzione Americana sui
Diritti Umani e dei Popoli del 1981, firmata a Nairobi il 28 giugno 1081.
(5) La UNCLOS, firmata il 10 dicembre 1982 ed entrata in vigore il 16 novembre 1994 è stata recepita in
Italia con legge 2 dicembre 1992, n. 689
(6) International Convention on Maritime Search and Rescue, adottata il 27 aprile 1979, entrata in vigore il
22 giugno 1985, 1405 UNTS, n. 23489.
(7) Giordano A, Movimenti di popolazione : una piccola introduzione, Ed. Luiss University Press, 2015,
Roma, p.86
3
L'operazione Mare Nostrum dopo alcune polemiche è stata sostituita
dall'operazione “Triton”
8
, che presenta caratteristiche diverse, gestita e finanziata
dall'Unione Europea con il coinvolgimento di “Frontex
9
”.
Infatti, all’Agenzia Europea “Frontex” è stata affidata la vigilanza delle frontiere
esterne sia terresti che marittime dell’Unione europea, per migliorare e garantire il
coordinamento delle azioni intraprese dai singoli Stati.
Diventata operativa nel 2005, l’Agenzia ha condotto operazioni “congiunte” svolte
ai confini meridionali dell’Unione, in particolare nel Mar Mediterraneo.
Le operazioni congiunte assistono gli Stati richiedenti, come Italia, Grecia e
Spagna, ove il flusso dei migranti ha rischiato di mettere in crisi il sistema dell’intero
Paese.
Nell’ultimo capitolo sono state descritte con esperienze personali, la partecipazione
ad alcune operazioni congiunte Frontex, nazionali ed estere.
Le operazioni descritte sono la “Triton” in ambito nazionale, svolta lungo le coste
della Puglia, Calabria e Sicilia, e la Poseidon Sea
10
nelle acque del Mar Egeo in Grecia.
Le missioni Poseidon, sono iniziate nel 2006 quando la Grecia chiese aiuto
all’Unione europea per contrastare il flusso dei migranti che giungevano dai Paesi del
Medio Oriente e dal Nord Africa, l’Unione accolse la proposta e iniziarono le operazioni
congiunte.
Attualmente l’operazione Poseidon a seguito della sua rilevanza è diventata una
missione permanente, in quanto a causa del conflitto che ha colpito la Siria, intere
popolazioni sono fuggite dalla guerra, attraversano la Turchia fino a giungere in Grecia.
Qui i migranti raggiungono un luogo sicuro, l’Europa, dove le Convenzioni
internazionali impongono principi secondo i quali una persona non può essere respinta in
un Paese nel quale vi siano fondati motivi di ritenere che la sua vita o libertà sarebbe in
pericolo a causa della razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo
sociale o opinioni politiche.
(8) Informazioni sul sito: http://www.ilpost.it/2015/02/11/differenza-mare-nostrum-triton/
(9) Giordano A, Movimenti di popolazione : una piccola introduzione, Ed. Luiss University Press, 2015,
Roma, p.73
(10) Informazioni sul sito:http://frontex.europa.eu/news/frontex-and-greece-agree-on-operational-plan-for-
poseidon-rapid-intervention-yiSxga
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Primo capitolo
ASPETTI DEL FENOMENO NELL’EUROPA COMUNITARIA
1.1 I modelli migratori in Europa dal 1950 al 1990
Negli ultimi anni il ruolo dell'Italia nell'ambito delle migrazioni internazionali è
cambiato, da Paese di partenza a Paese di arrivo dei flussi migratori.
Questo cambiamento, comune ad altri paesi mediterranei, ha avuto importanti
conseguenze per l'economia e ha provocato problemi sociali ed economici che richiedono
soluzioni appropriate.
Per i paesi europei il secondo conflitto mondiale ha rappresentato un importante
punto di svolta nella storia delle migrazioni internazionali.
Infatti, anche se prima del conflitto la presenza straniera aveva già raggiunto in
alcuni paesi valori consistenti (il 15,4% della popolazione in Svizzera nel 1914, il 7% in
Francia nel 1931)
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, è nel secondo dopoguerra che, grazie al contributo di una serie di
fattori, si assiste a una rapida crescita del fenomeno in quasi tutti i paesi dell'Europa
occidentale.
Gli anni ‘50 e ‘60 sono il periodo d'oro delle migrazioni europee per lavoro
12
:
crescita economica e piena occupazione determinano in molti paesi squilibri quantitativi
tra domanda e offerta di lavoro, che si ritiene vantaggioso colmare “importando”
lavoratori.
Quindi, in questi anni le migrazioni sono prevalentemente da domanda.
Le attività in cui gli immigrati riescono a trovare lavoro sono spesso quelle
industriali.
Specie la grande industria attrae lavoro e all'immigrazione si tende a dare un
carattere congiunturale e temporaneo, in relazione ai bisogni dei mercati del lavoro.
I lavoratori immigrati hanno perciò un ruolo complementare rispetto ai nazionali,
com'è stato dimostrato da vari studi.
Il modello che si afferma è quello tedesco e svizzero del “lavoratore ospite”,
passato alla storia con il termine “Gastarbeiter”
13
.
(11) Monferrini M., L'emigrazione italiana in Svizzera e Germania nel 1960—1975. La posizione dei partiti
politici, Roma, Bottacci Editore, 1987, tabelle alle pp. 16 e 58
(12) Berti F e Valzania A, Le nuove frontiere dell’integrazione, ed. FrancoAngeli, Milano,2010, p..23
(13) Giordano A, Movimenti di popolazione : una piccola introduzione, Ed. Luiss University Press, 2015,
Roma, p.58, 59, 67, 68.
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Sono le stesse imprese a creare le condizioni per la permanenza degli immigrati
costruendo interi quartieri per alloggiarli; e i lavoratori stranieri restano fortemente legati al
gruppo proveniente dal paese di origine attraverso la catena migratoria, grazie alla quale
avviene l'inserimento sociale.
Si calcola che dal 1950 al 1972 i sette paesi europei d'immigrazione abbiano
assorbito una migrazione netta di 6,3 milioni di unità: è per l'Europa occidentale il risultato
dell'avvenuta trasformazione da area d'emigrazione ad area d'immigrazione
14
.
L'Italia partecipa attivamente a questo processo di trasferimento di forza-lavoro
verso l'Europa centrale e settentrionale.
L'emigrazione è, infatti, la scelta che il governo italiano fa per riequilibrare il
rapporto tra popolazione e risorse.
Risalgono a questi anni gli accordi bilaterali per la mobilità dei lavoratori, sono così
stipulati con la maggior parte dei paesi europei d'immigrazione: nel 1946 con Francia e
Belgio
15
per il trasferimento di 50.000 minatori italiani in Belgio, nel 1947 con Svezia
16
e
Gran Bretagna, nel 1948 con Svizzera e Lussemburgo
17
e nel 1955 con la Germania
18
.
In questi paesi sono realizzati studi per calcolare il vantaggio economico che deriva
dalla presenza degli immigrati, nell'esplicita condizione di assenza dei familiari del
lavoratore.
Questi studi valutano positivamente l'apporto degli stranieri al mercato del lavoro
nazionale, ma in pochi anni la situazione cambia profondamente.
Infatti, nel 1973 e nel 1974, a causa delle crisi petrolifere, nel timore che gli
stranieri potessero insediarsi stabilmente sui propri territori, gravando così sui bilanci dello
Stato con un pesante aumento degli oneri sociali del welfare, si ha una svolta importante
nelle politiche d'immigrazione dei paesi europei con l'adozione di provvedimenti per
ridurre gli ingressi e favorire i rientri.
(14) Bettin G. e Cela E., L’evoluzione storica dei flussi migratori in Europa e in Italia, Rapporto di Ricerca
realizzato nell’ambito del progetto PRIN “Piccoli comuni e coesione sociale: politiche e pratiche urbane
per l'inclusione sociale e spaziale degli immigrati", Venezia, 2014, p.8.
(15) Protocollo Italo-Belga firmato a Roma il 23 giugno 1946 e aggiornato il 26 aprile 1947;
(16) Accordo concluso a Roma, fra l’Italia e la Svezia il 19 aprile 1947 relativo all’emigrazione di operai
italiani in Svezia.
(17) Accordo tra la Svizzera e il Lussemburgo sullo scambio di stagisti Concluso il 20 ottobre 1948
Entrato in vigore il 20 ottobre 1948.
(18) L’Accordo fra la Repubblica italiana e la Repubblica federale di Germania per il reclutamento ed il
collocamento di manodopera italiana nella Repubblica federale di Germania fu pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n.205, del 17 agosto 1956, 3004-3015.
6
L'effetto principale di queste politiche è di stabilizzare le popolazioni immigrate pur
limitandone la crescita: l'immigrazione può essere considerata permanente e definitiva
anche nei paesi in cui era sempre stata considerata temporanea.
Del resto, già alla fine degli anni '60 i lavoratori stranieri costituiscono per i paesi di
immigrazione una necessità strutturale
19
, e le stesse dimensioni raggiunte dalle popolazioni
straniere sono ormai tali da determinare, di per sé, la trasformazione della migrazione
temporanea per lavoro in migrazione permanente.
Alla fine degli anni '80 (1989) la popolazione straniera costituisce il 15,6% della
popolazione totale in Svizzera, 1'8,9% in Belgio, il 7,3% in Germania, il 6,8% in Francia
ed il 5,4% in Svezia
20
.
Mentre, all'inizio del decennio, i tradizionali paesi d'emigrazione dell'Europa
meridionale iniziano a sperimentare consistenti flussi d'immigrazione dal Terzo Mondo.
Ciò determina due tipi diversi d'immigrazione: da una parte quella delle alte
qualifiche, di dimensioni limitate, ben regolamentata, favorita generalmente dai paesi
d'arrivo e senza problemi d'inserimento e adattamento; dall'altra quella più estesa che va a
collocarsi in aree particolari del mercato del lavoro, spesso in attività ai margini del
mercato ufficiale, nei settori e nelle mansioni dove il confine tra "regolare" e "irregolare" è
più incerto (lavoro domestico, pesca, edilizia, piccola industria ecc.).
Minoritario è l'inserimento nel settore industriale, al contrario di quanto avveniva
nelle migrazioni degli anni '50 e '60.
In questa situazione la forza lavoro straniera non svolge più una funzione di
riequilibrio quantitativo dei mercati del lavoro, ma qualitativa, dato che va a ricoprire i
vuoti che, in una situazione lontana dalla piena occupazione, si manifesta in specifici
comparti lavorativi.
Il risultato complessivo è la riduzione delle possibilità d'inserimento e di
miglioramento delle condizioni di vita dell'immigrato rispetto a quelle che caratterizzavano
i flussi migratori internazionali degli anni ‘50 e ’60.
Negli ultimi anni con lo sviluppo dell'economia e delle tecnologie si attua un
"doppio svantaggio" per gli immigrati stranieri.
(19) Corti P., Storia delle migrazioni internazionali, Editori Laterza, Bari, 2003.
(20) Racioppi F. e Rivellini G., La demografia per le aziende e la governante locale, Edizioni Nuova Cultura,
Roma, 2013.
7
Gli stessi sono penalizzati dalla crescita delle capacità informative dei sistemi
economici avanzati, poiché possiedono ridotte capacità di decodificazione ed emissione di
segnali coerenti sia nei confronti del mercato del lavoro, sia all'interno del tessuto sociale,
il che comporta un primo svantaggio nell'effettuazione della ricerca di lavoro, inoltre casi
emblematici sono rappresentati dalle difficoltà di riconoscimento dei titoli di studio degli
immigrati.
21
In questa fase i costi sociali dell'immigrazione aumentano, poiché sono riconosciuti
i vari diritti civili, primo tra tutti quello del ricongiungimento familiare.
Gli studi realizzati in questi anni non sono più ottimisti sull'impatto
dell'immigrazione sulle economie occidentali, ed evidenziano la predominanza delle
conseguenze sociali dell'immigrazione sui benefici economici.
Negli ultimi decenni, nei Paesi europei si è realizzata una differenziazione dei
modelli migratori e delle fasi nel processo d'integrazione degli immigrati.
Questo dipende dal fatto che vi sono Paesi di tradizionale vocazione
all’immigrazione, si trovano a gestire l'inserimento di comunità insediate da qualche
tempo, composte prevalentemente da nuclei familiari, già arrivate alla seconda generazione
e provenienti in maggioranza da ex-colonie o da aree di tradizionale interscambio; altri, tra
cui l'Italia, si tratta di affrontare l'emergenza, ossia di approntare gli strumenti normativi,
come pure di predisporre le strutture primarie di accoglienza, oltre che di pianificare un
equilibrato inserimento nel tessuto economico, sociale e culturale del Paese ospitante di
lavoratori stranieri provenienti da aree geograficamente e culturalmente non omogenee.
Si possono comunque riconoscere diversi approcci generali al problema
dell'integrazione, i modelli di riferimento fondamentali sono quello britannico e olandese,
detto a tendenza pluralista, da una parte, e quella francese, detto a tendenza
assimilazionista
22
, dall'altra.
La caratteristica principale del modello britannico e olandese (pluralista) è il
riconoscimento dell'eterogeneità etnica e razziale della società, poiché conseguenza dei
flussi immigratori, scopo delle politiche che fanno riferimento a questo modello, è la
riduzione o 1'eliminazione delle ineguaglianze sociali ed economiche di cui sono vittime le
popolazioni di origine immigrata, salvaguardando al tempo stesso la complessità etnica e
razziale della società.
(21) Il doppio svantaggio. Cittadini stranieri disabili.
Informazioni sul sito http://www.accaparlante.it/il-doppio-svantaggio-cittadini-stranieri-disabili
(22) Berti F e Valzania A, Le nuove frontiere dell’integrazione, ed. FrancoAngeli, Milano,2010, p..23
8
La filosofia che sottende invece al modello francese (assimilazionista) è opposta
alla precedente e si basa sul principio di assimilazione più che integrazione delle
popolazioni straniere, la Francia fornisce l'esempio più tipico, poiché ha storicamente
perseguito in modo esplicito una politica di mantenimento dell'omogeneità culturale
nazionale.
L'elemento più rilevante di questa politica è stata la promozione dell'eguaglianza
totale dei diritti per gli immigrati tramite l'acquisizione della nazionalità francese da parte
degli stranieri.
Recentemente, anche quest'approccio ha provocato tensioni razziali e proteste da
parte delle seconde generazioni di immigrati, che manifestano la volontà di salvaguardare
le loro specificità etniche e culturali.
Dal 1993 sono state introdotte in Francia una serie di riforme volte a rendere più
difficile l'ottenimento del permesso per entrare e soggiornare legalmente sul territorio
francese e con le leggi Pasqua del 24-29 agosto 1993, imporrà ai minori nati in Francia da
genitori stranieri l’obbligo di manifestare esplicitamente la volontà di acquisire la
nazionalità francese al compimento della maggiore età.
Queste iniziative legislative hanno a loro volta innescato nuovi conflitti.
Le leggi Debrè del 24 aprile 1997 si spingono ancora oltre, stabilendo la possibilità
di ritirare il passaporto agli stranieri in situazione irregolare o di registrare le impronte
digitali dei richiedenti, un permesso di soggiorno
23.
Esiste anche un terzo approccio, a metà tra i due descritti, tipicamente riscontrabile
nell'esperienza della Germania che fino a pochi anni fa considerava gli immigrati come
“lavoratori ospiti” (Gastarbeiter), sottintendendo che la permanenza dei lavoratori stranieri
dovesse essere considerata come temporanea
24.
Le politiche d'integrazione si limitavano dunque al periodo di permanenza, anche se
l'atteggiamento delle politiche verso gli immigrati è recentemente cambiato, sussistono
ancora evidenti limiti al processo d'integrazione totale essendo, ancora molto difficile
l'acquisizione della nazionalità tedesca.
Il federalismo della Germania rende possibile la coesistenza di politiche mirate
all'assimilazione (anche culturale) degli stranieri con altre mirate a preservarne l'identità
culturale.
(23) Cesareo F., Ventesimo rapporto sulle migrazioni 1994–2014, ed. FrancoAngeli,Milano, 2014, p.240
(24) L’immigrazione selettiva della Germania.
Informazioni sul sito http://www.ilpost.it/2014/08/12/immigrazione-germania/