6
Nel terzo capitolo verranno esposte le teorie più accreditate a livello internazionale
sull’abbandono universitario, prendendo in considerazione la Teoria interazionalista di
Tinto, lo Student Attrition Model di Bean, la Teoria del comportamento pianificato di
Ajzen e il Social action engagement della Hurtado.
Il quarto capitolo è relativo al successo universitario e verranno proposte alcune delle
strategie per promuovere il successo e la retention degli studenti e, quindi, per contrastare il
drop-out
3
.
Infine, il quinto capitolo contiene un’analisi empirica svolta, attraverso il metodo CATI
(Computer Assisted Telephonic Interview), da me e dagli altri supervisori del Centro LID
(Laboratorio Indagini Demiscopiche) dell’Università Statale di Milano, volta a conoscere le
caratteristiche degli abbandoni della Facoltà di Scienze Politiche (in particolare, dei corsi di
laurea in Organizzazione e Risorse Umane e in Scienze dell’Amministrazione), anche
attraverso un confronto con gli studenti iscritti.
La tesi si chiude con delle conclusioni e un commento finale sul percorso da me intrapreso.
3
Durante il presente elaborato, verranno spesso indicati alcuni termini legati al drop-out:
• Retention: è la partecipazione continuativa dello studente ad un corso, programma, istituzione (che
ha come obiettivo l’apprendimento), fino al suo completamento.
• Attrition: è la diminuizione, rispetto alla quantità iniziale, del numero di studenti di un corso,
programma, istituzione.
• Persistence: è il risultato delle decisioni dello studente di continuare a partecipare al corso,
programma, istituzione.
• Stop-out: gli studenti che abbandonano l’Università ma successivamente si ri-iscrivono (sono diversi
dai drop-out veri e propri, che invece non torneranno più all’Università ).
Fonte: DEOSNEWS (2004). A Model for Sustainable Student Retention: A Holistic Perspective on the
Student Drop-out Problem with Special Attention to e-Learning. Retrieved 25 August, 2007 from:
http://www.ed.psu.edu/acsde/deos/deosnews/deosnews13_5.pdf
7
-CAPITOLO 1-
LA RIFORMA UNIVERSITARIA
1.1 Premessa
L’Università italiana è sempre stata caratterizzata da fenomeni quali una eccessiva durata
degli studi, una rigidità dei percorsi didattici, un elevato tasso di abbandoni ed una marcata
non coincidenza tra formazione universitaria e qualifiche richieste nel mercato del lavoro
(Broccolini, 2005)
4
.
Il fenomeno del drop-out e del fuoricorsismo rappresentano una caratteristica permanente
del nostro sistema universitario, che si è accentuata in seguito alle trasformazioni della
normativa regolante gli accessi all’istruzione superiore; entrambi questi fenomeni vengono
percepiti come segnali di disfunzione ed inefficienza della didattica universitaria, essendo
espressione dell’incapacità del singolo Ateneo di trattenere studenti e di condurli alla
conclusione del proprio percorso di studi in tempi regolari.
In questo capitolo introdurrò il tema della Riforma Universitaria (DM 509/99)
approfondendo le sue caratteristiche e i suoi obiettivi e presenterò le considerazioni di
diversi autori rispetto alla Riforma e all’impatto che essa ha avuto sul mondo universitario,
con particolare riferimento al fenomeno degli abbandoni, ai tempi di laurea e alla domanda
di formazione.
Rispetto a questi tre punti, citerò alcune ricerche che hanno fornito dati utili a capire se la
Riforma abbia funzionato o meno: l’indagine compiuta da Almalaurea nel 2007
5
(relativa
alla situazione dei laureati in Italia); la ricerca del CNVUS (Comitato Nazionale per la
Valutazione del Sistema Universitario)
6
del 2006 sullo stato del sistema universitario
4
Broccolini C. (2005). Una prima valutazione degli effetti della riforma universitaria: il caso dell’Università
Politecnica delle Marche. Quaderni di ricerca, 244. Università Politecnica delle Marche (Dipartimento di
Economia).
5
Almalaurea (2007). Profilo dei laureati 2006: I laureati dell’Università Riformata. Retrieved 5 July, 2007
from http://www.almalaurea.it/universita/profilo/profilo2006/.
6
CNVSU (2006). Settimo Rapporto sullo Stato del Sistema Universitario. Retrieved 25 August, 2007 from
http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11341.
8
italiano; i dati esposti da Fasanella (2006)
7
rispetto al fenomeno del drop-out in Italia;
infine, l’indagine di Broccolini (2005)
8
che indaga il fenomeno dell’abbandono
nell’Università Politecnica delle Marche.
1.2 La Riforma 509/99: le principali caratteristiche
La Riforma nasce dal “Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli
Atenei”, uscito il 3 novembre 1999
9
.
Primo obiettivo della Riforma è la realizzazione dell’autonomia didattica.
Ciò significa che le Università disciplinano gli ordinamenti didattici dei propri corsi di
studio nel loro regolamento didattico di Ateneo. L’ordinamento didattico determina in
concreto il nome e gli obiettivi formativi dei titoli di studio, il quadro generale delle attività
formative da inserire nei curricula, i crediti assegnati a ciascuna attività formativa e le
modalità della prova finale per il conseguimento del titolo.
Il secondo obiettivo della Riforma è la convergenza del sistema italiano di istruzione
superiore verso il modello europeo delineato dagli accordi europei della Sorbonne di Parigi
(25 maggio 1998) e di Bologna (19 giugno 1999)
10
, che propongono l’individuazione di
un’area europea nell’ambito della formazione universitaria (EHEA, European Higher
Education Area).
Tali accordi si proponevano di costruire, entro il primo decennio del 2000, uno spazio
europeo dell’istruzione superiore, articolato essenzialmente su due livelli principali di
studio e finalizzato a realizzare la mobilità internazionale degli studenti e la libera
circolazione dei professionisti e a favorire il riconoscimento internazionale dei titoli di
studio. La Riforma prevede infatti una nuova articolazione dei titoli di studio:
7
Fasanella, A., Tanucci, G. (2006). Orientamento e carriera universitaria. Milano: Franco Angeli.
8
Broccolini, C. (2005), op. cit., pp.7.
9
MIUR (2000). Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli Atenei. Retrieved 15
June, 2007 from http://www.miur.it/regolame/1999/adqGU.htm.
10
Successivamente, si sono svolti gli incontri di Praga (18-19 maggio 2001) e di Berlino (18-19 settembre
2003).
9
• la laurea triennale, con l’obiettivo di assicurare allo studente un’adeguata
padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l’acquisizione di
specifiche conoscenze professionali;
• la laurea specialistica, con l’obiettivo di fornire allo studente una formazione di
livello avanzato per l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti
specifici;
• il master universitario, annuale, di I e II livello;
• la specializzazione, in applicazione di specifiche direttive dell’Unione europea e in
particolare nell’area degli studi sanitari;
• il dottorato di ricerca.
Il terzo obiettivo della Riforma è una profonda revisione della didattica universitaria, che
diventa più concentrata sulle esigenze dello studente. Lo strumento per la revisione del
tradizionale impianto didattico dei corsi è il credito: i crediti formativi universitari
rappresentano la quantità di lavoro di apprendimento, compreso lo studio individuale,
richiesto ad uno studente in possesso di adeguata preparazione iniziale. A un credito
corrispondono 25 ore di lavoro per studente; i crediti corrispondenti a ciascuna attività
formativa sono acquisiti dallo studente con il superamento dell’esame o di altra forma di
verifica del profitto. Il riconoscimento totale o parziale dei crediti acquisiti da uno studente
ai fini della prosecuzione degli studi compete alla struttura didattica che accoglie lo
studente.
Ora andremo a vedere nello specifico quali sono gli obiettivi e i capisaldi della Riforma.
Il sistema universitario italiano, come accennato in precedenza, presenta una serie di limiti:
uno scarso numero di laureati (il più basso d’Europa); un’elevata incidenza di abbandono;
un’eccessiva discrepanza tra la durata effettiva degli studi ed il numero di anni previsto
dagli ordinamenti didattici; inoltre, la struttura della formazione universitaria, fino ad ora, si
è prestata ben poco alla personalizzazione del corso di studio al fine di favorire le
inclinazioni dello studente o alla preparazione di questo ultimo all’ingresso nel mondo del
lavoro. Gli obiettivi della Riforma universitaria sono quindi tesi a:
• contenere i tempi di compimento del percorso di studio e limitare gli abbandoni;
• integrare la preparazione tradizionale della didattica universitaria, con un approccio
formativo innovativo, volto a consentire una professionalizzazione più marcata dei
piani di studio;
• articolare su più livelli, tra loro integrati, il sistema di studi universitario (formula
del 3+2) in modo da favorire l’aggiornamento costante sia degli studenti sia dei
10
professionisti (master, corsi di specializzazione, corsi di perfezionamento, dottorato
di ricerca);
• stimolare gli interscambi culturali a livello nazionale e internazionale attraverso
l’introduzione di un sistema dei crediti avente valenza in ambito internazionale.
I corsi di studio strutturati secondo questa nuova concezione sono in vigore dall’anno
accademico 2001/2002; le singole Università/Facoltà hanno previsto norme transitorie per
il periodo di convivenza tra i vecchi ordinamenti e quello previsto dalla Riforma.
Riassumendo, le principali novità della Riforma universitaria riguardano:
- l’introduzione del sistema dei crediti: l’Università italiana si uniforma al sistema di
Trasferimento Europeo dei Crediti Accademici (ECTS); adotta un sistema di
valutazione e di vincoli fondato su moduli e crediti.
- il passaggio al sistema del "3+2": con l’attuazione della Riforma il percorso di
studio universitario è strutturato su due livelli principali tra loro successivi e su altri
percorsi formativi ad essi integrativi o collaterali; con tale struttura si dovrebbe
raggiungere una concreta uniformità tra i titoli di studio e la loro valenza, conseguiti
nei diversi Stati europei.
- l’autonomia universitaria: l’autonomia universitaria consente agli Atenei di avere la
libertà di darsi uno statuto, un’autonomia amministrativa e finanziaria e un
autonomo ordinamento dei corsi di studio. Tale autonomia mette ciascuna
Università nelle condizioni di proporre un’offerta formativa conforme alle esigenze
di ricerca e di formazione provenienti dalla società e dal territorio di influenza dei
singoli Atenei.
- le classi dei corsi di studio: con l’introduzione della Riforma sono state individuate
numerose classi che includono corsi di studio omogenei per livello, per obiettivi
formativi qualificanti e per attività formative.
11
1.3 La Riforma universitaria alla resa dei conti
Il sistema universitario italiano ha recentemente sperimentato una significativa
trasformazione che ha comportato una rimodulazione del percorso formativo universitario
(Broccolini, 2005)
11
.
La modifica dei titoli di studio universitari ha mirato principalmente a ridurre la durata dei
corsi di laurea ed il tasso di drop-out, a coniugare una preparazione metodologico-culturale
(da sempre prerogativa della didattica universitaria con un approccio formativo più
innovativo, che consenta una maggiore professionalizzazione del percorso di studi), a
rendere più flessibili le scelte dei singoli studenti, aumentandone l’autonomia nella
definizione dei propri percorsi formativi e la mobilità nazionale ed internazionale,
attraverso l’introduzione del sistema di crediti formativi.
L’Università italiana si è trovata nella condizione di dover avviare quindi un processo di
ristrutturazione della propria organizzazione, di valutazione della qualità, di ideazione di
opportuni controlli di gestione e di programmi di sviluppo.
Ora presenterò alcune dimensioni (la domanda di formazione universitaria, il drop-out, i
tempi di laurea) per capire meglio quali siano stati i cambiamenti portati dalla Riforma, nel
sistema universitario italiano, citando i dati delle ricerche menzionate nella premessa a
questo capitolo.
1.3.1 La domanda di formazione universitaria
Osservando l’andamento dal 1980 al 2005 relativo ai principali indicatori della domanda di
istruzione universitaria
12
emergono alcune considerazioni (CNVSU, 2006)
13
.
Il numero totale di iscritti all’Università mostra una tendenza alla stabilizzazione: negli
ultimi tre anni accademici il numero totale di iscritti si è attestato intorno a 1.800.000. Di
questi, 518.000 sono del vecchio ordinamento e i restanti 1.302mila del nuovo.
11
Broccolini, C. (2005), op. cit. pp.7.
12
Nel 2006 l’indagine promossa dal CNVSU ha mostrato lo stato del Sistema Universitario attraverso i suoi
Rapporti di ricerca annuali. Nel presentare i principali risultati del rapporto del 2006, il CNVSU ha voluto
dare attenzione alla Riforma degli ordinamenti didattici attivata con il DM 509/99 e implementata con le
attività di monitoraggio da parte del MIUR (Ministero dell’Università e della Ricerca) e del Comitato
nazionale per la valutazione del sistema universitario.
13
CNVSU (2006), op. cit., pp.7.
12
Inoltre, dall’anno accademico 2001/02, di avvio generalizzato della Riforma, sono
aumentati gli immatricolati, che hanno raggiunto un massimo di circa 338mila unità
nell’anno accademico 2003/04, per poi diminuire nuovamente nell’anno accademico
2004/05, attestandosi intorno alle 332.000 unità.
In coincidenza con l’applicazione della Riforma è aumentata considerevolmente la
proporzione di “maturi” della scuola superiore che proseguono gli studi iscrivendosi
all’Università, che è passata dal 62,3% nel 2001 al 72% circa nel 2002, per poi stabilizzarsi
su valori intorno al 74% nel 2005.
Nel 2004/05 delle circa 332.000 nuove matricole soltanto poco più di 4.800 scelgono un
corso del vecchio ordinamento ancora attivo: si tratta dei corsi in “Scienze della formazione
primaria” (mai trasformati) e di alcuni corsi di laurea in “Giurisprudenza” (che hanno
mantenuto il vecchio ordinamento).
Mentre all’inizio del periodo considerato il rapporto tra iscritti al vecchio e iscritti al nuovo
ordinamento era di circa 70% contro il 30%, nell’anno accademico 2004/05, la situazione è
pressoché capovolta.
Analizzando nel dettaglio l’incremento della domanda di formazione universitaria, si
evidenzia un altro fenomeno: continua ad essere rilevante la proporzione di studenti che si
iscrivono per la prima volta ad un corso universitario dopo uno o più anni dal
conseguimento della maturità e che vengono attratti dai nuovi corsi di studio universitari
dopo aver esperito percorsi lavorativi. Nell’anno accademico 2002/03 gli immatricolati che
avevano conseguito il diploma di maturità almeno 3 anni prima raggiungeva quasi il 24%,
per poi scendere nuovamente ed attestarsi sul 17% circa; questo ha ovviamente fatto
aumentare l’età media alla immatricolazione. Il fenomeno sembra in via di diminuzione o
almeno di ridimensionamento, in quanto, in seguito alla Riforma, un numero minore di
giovani che hanno conseguito il diploma di maturità ha deciso di intraprendere un’attività
lavorativa.
E’ probabile che l’introduzione di ulteriori elementi di flessibilità nei curricula formativi,
come quelli esistenti in altri Stati, porti nei prossimi anni a nuove variazioni nella
composizione per età degli studenti universitari. Per esempio, la possibilità di iscrizione a
tempo pieno oppure a tempo parziale consentirà allo studente di scegliere il regime di
impegno che meglio risponde alle sue esigenze, sia che intenda dedicare la totalità del
proprio tempo allo studio, sia che intenda affiancare ad esso altre attività. Tale
cambiamento inciderà sui profili per età degli studenti, profili che condizioneranno, a loro
volta, la durata effettiva dei corsi di studio.