INTRODUZIONE
Nella società moderna ogni cosa è in evoluzione, assume
un'altra forma, è oggetto di dibattito televisivo, politico e
culturale; è così che un fenomeno secolare come il
femminicidio, la cui nascita risale al sistema patriarcale, assume
un'altra veste diventando l’ordine del giorno di campagne
mediatiche e talk show; tutti ne parlano ma nessuno sa cos’è.
Analizzando le origini, le evoluzioni, le normative vigenti in
materia, i contesti nel quale esso si produce, il presente lavoro si
propone di far chiarezza su un fenomeno così tanto dibattuto
e così poco conosciuto. È opportuno chiarire immediatamente
che il femminicidio non è un semplice neologismo, utilizzato
come femminile di omicidio, ma si configura come una
categoria di analisi socio criminologica nella quale si vuole
ricomprende qualsiasi crimine di matrice misogina e sessista,
qualsiasi atto violento sul genere femminile. Infatti, il
femminicidio, termine coniato dalla femminista Diana Russell
all’inizi degli anni 90, indica qualsiasi forma di violenza di
genere, qualsiasi atto crudele perpetrato sulla donna “in quanto
donna”. Non tutte le uccisioni di donna sono femminicidi, e
femminicidi non sono soltanto le uccisioni di donna.
“Femminicidio è stata la caccia alla streghe, è la persecuzione delle donne
lesbiche, sono le mutilazioni genitali femminili, è l’aborto selettivo in Cina,
sono le vedove bruciate insieme al marito morto in India, le donne indù
2
acidificate dalla famiglia del marito per la dote poco consistente.
Femminicidio è la violenza domestica esercitata da padri, padroni, mariti,
partner e fidanzati, ex, che silenziosamente uccide e fa suicidare milioni di
donne nel mondo, è la morte vivente di quelle donne che subiscono abusi in
famiglia e non riescono più a riprendere una vita normale”.
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La diffusione di questo fenomeno è a livello globale, in quanto,
configurandosi come il frutto della violenza di genere, si insinua
nelle istituzioni fondanti di qualsiasi società: famiglia, religione,
Stato.
Nel terzo millennio nonostante, dichiarazioni, trattati, organi
costituiti ad hoc e carte costituzionali che sanciscono la parità fra
i sessi in modo formale e sostanziale gli Stati non riescono a
garantire alle donne un diritto primario ed universale come il
diritto alla vita.
Secondo le teorie più recenti al riguardo, infatti, il femminicidio
è un crimine di lesa umanità, si configura come frattura dello
Stato di diritto ed è favorito da un clima di impunità generale.
A livello internazionale il femminicidio è stato riconosciuto
come crimine di Stato anche dalla giurisprudenza: nel 2009 la
Corte interamericana per i diritti umani nella sentenza “Campo
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Spinelli B. “Femminicidio. Dalla denuncia sociale al rinascimento giuridico
internazionale”, FrancoAngeli, Milano, 2008.
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Algodonero” condannò lo Stato messicano per non avere
ottemperato all’obbligo, sancito nazionalmente e
internazionalmente, di tutela e protezione delle vittime e lo
ritenne responsabile in modo diretto per la morte di tre giovani
donne, il quale corpo straziato e senza vita fu rinvenuto in un
campo di cotone.
Recentemente il femminicidio è stato fatto oggetto di materia
di legge, tramite modifiche al codice penale, nella maggior parte
dei Paesi latinoamericani: un traguardo raggiunto dopo anni di
lotta incessante da parte di associazioni di femministe, familiari
delle vittime scomparse e Ong.
Parte del mio lavoro è dedicato all’analisi dei contesti nei quali
vengono commessi questi crimini, prendendo spunto dal caso
mediatico del Messico ed in particolare Ciudad Juarez:
diventato famosa sia per la brutalità con cui milioni di giovani
donne, a partire dagli anni novanta fino ai giorni nostri, furono
stuprate, torturate e uccise e i quali corpi vennero gettati nel
deserto, sia per il clima di impunità generale che ha permesso la
legittimazione di questi crimini.
Tuttavia le statistiche ci dimostrano come Ciudad Juarez
rappresenti solo la punta di un icerberg, di una situazione
dilagante in tutto il Sud America; emblematico è l’esempio del
Guatemala, Paese distrutto da dieci anni di guerra civile, dove il
4
corpo della donna è utilizzato come “territorio di conquista” da
parte delle “maras”: le bande criminali locali.
Lo studio dei dati, delle legislazioni e dei contesti di
femminicidio in Sud America è stato propedeutico alla
comprensione della diffusione e delle caratteristiche dello
sviluppo del fenomeno in Italia.
La situazione nel nostro bel Paese non è molto diversa da
quella Sud Americana, l’unica differenza è che il governo
italiano si nasconde dietro il fatto che la maggior parte di questi
crimini vengono commessi dentro le mura domestiche e perciò
non prevedibili e non evitabili e di conseguenza nemmeno
degni di essere oggetto di materia di ricerca e di studio.
Infatti, il materiale utilizzato proviene molto spesso da ricerche
condotte da volontarie dei centri antiviolenza o dagli organismi
internazionali, come il recente e famoso rapporto della relatrice
speciale Rashida Manjoo presentato all’ Onu nel Giugno del
2012; è avvilente osservare come manchino dati e statistiche
ufficiali sul tema.
Nella parte conclusiva di questo capitolo, mi propongo di
dimostrare la “colpevolezza” della società e delle istituzioni
italiane, dimostrando come la mancanza di un approccio
adeguato al tema sia stata la causa della morte di molti giovani
donne. Il femminicidio è acclamato dalla stampa come
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“emergenza”; vi dimostrerò, nel corso della trattazione, come
sia in realtà un problema sociale di scala nazionale, europea e
mondiale e di come sia doveroso trattarlo in quanto tale.
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CAPITOLO PRIMO
L’origine dei termini di Femminicidio e
Femminicidio.
Sommario:
1.1. L’antecedente al Femminicidio: la violenza di genere; 1.2.
Nozione di Femmicidio/Femminicidio; 1.3. L’evoluzione del
termine; 1.3.1. Il Femminicidio. La prospettiva di Diana
Russell; 1.3.2. Il femminicidio: una violenza istituzionale;
1.3.2.1. La commissione speciale messicana sul femminicidio;
1.4. La classificazione del femmicidio/femminicidio.
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1.1. L’ANTECEDENTE DEL FEMMINICIDIO:
LA VIOLENZA DI GENERE.
La violenza femminicida è la forma estrema di una violenza di
genere e su un genere: le donne. La violenza di genere si
configura come un fenomeno specifico e distinto da tutti gli
altri. Il termine costituì una vera e propria rivoluzione
copernicana nell’ambito degli studi sulla violenza nei confronti
delle donne . Esso viene introdotto all’interno di un discorso
giuridico, politico e filosofico promosso dalla femministe negli
anni 70.
In quegli anni si ribaltò il concetto di violenza sulle donne,
puntando al riconoscimento di una violenza con una precisa
connotazione “sessuata” e legando il problema alla
strutturazione delle relazioni fra uomini e donne nella società.
Si introduce il genere come indice di lettura della violenza ed il
potere come aspetto determinane di tale fenomeno. Il concetto
“genere”, inteso come costruzione sociale, viene adottato nelle
ricerche, negli studi e finalmente la donna viene vista non come
un “oggetto“ a disposizione dell’uomo, ma con una sua propria
identità specifica. Le violenze da esse subite, pertanto, sono
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violenze con una connotazione precisa, che nascondo un
bisogno latente di potere e controllo sulla classe femminile.
Nel 1975 l’Onu dichiara la violenza sulle donne come il reato
più diffuso al mondo, ma solo nel 1993 con la Dichiarazione
sull’eliminazione della violenza contro le donne, si da ampio
spazio e riconoscimento alla categoria di genere.
Leggiamo, infatti, all’art 1 della suddetta dichiarazione: “Ai fini
della presente Dichiarazione l'espressione "violenza contro le
donne" significa ogni atto di violenza fondata sul genere che
abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come
risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o
psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la
coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga
nella vita pubblica o privata”
2
.
Nella Dichiarazione, l’Onu riafferma i vari diritti della donna
(alla vita, all’uguaglianza, alla libertà e alla sicurezza) e descrive
gli ambiti e le categorie in cui è compresa la violenza di genere:
violenza fisica sessuale e psicologica che si produce in
ambito familiare, incluse le percosse, gli abusi sessuali delle
bambine nel luogo domestico, la violenza legata alla dote, lo
2
Onu, Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, 20/12/1993.
9
stupro da parte del marito, le mutilazioni genitali femminile
e tutte le altre pratiche tradizionali dannose per le donne, la
violenza non maritale e la violenza legata allo sfruttamento;
violenza fisica sessuale e psicologica che avviene all’interno
di una comunità, incluso lo stupro, abuso sessuale, molestia
a intimidazione sessuale nel posto di lavoro, negli istituti
educativi e altrove, il traffico delle donne e la prostituzione
forzata;
violenza fisica sessuale o psicologica che è condotta o
perpetrata dallo Stato, ovunque essa accada
3
.
Tali violenze hanno una matrice comune; come abbiamo
sottolineato precedentemente, esse, infatti, sono “la
manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali
tra uomini e donne, che ha portato alla dominazione e alla
discriminazione contro le donne da parte degli uomini e ha
impedito il pieno avanzamento delle donne, e che la violenza
contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per
3
Onu, Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, Art 2.
10
mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione
subordinata rispetto agli uomini”.
4
Al fine di comprendere un processo storico che ha portato
all’avanzamento dell’uomo e alla sottomissione della donna,
occorre analizzarne i percorsi e i contenuti. “E’ accaduto, nella
storia dell’Occidente e dell’Oriente, che le società fossero
organizzate in modo conforme ad un ordine patriarcale,
dominato dalle figure maschili che hanno esercitato un potere
di esclusione sul genere femminile. E’ accaduto che uomini,
monarchi, generali,papi, presidenti, banchieri ecc. abbiano
gestito ogni ambito di potere nella sfera pubblica. E’ accaduto
nella storia dell’Occidente e non solo, che un soggetto di genere
maschile abbia dato forma simbolica, nella cultura, nell’arte, alla
società, al proprio punto di vista, proponendolo come
universale e neutro
5
”. Tale esclusione e prospettiva
androcentrica consente che la donna venga solo considerata in
nome della funzione sociale che riveste, rendendola
controllabile, un oggetto sul quale imporre il proprio potere.
Uno dei grandi apporti alla teorie femminista fu, precisamente,
4
Onu, Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, 1993,
Preambolo.
5
Bourdie P. il dominio maschile, Editore Feltrinelli, 1998, p.40.
11
la definizione di patriarcato. Nel celebre saggio “The Subject of
Woman“ scritto da John Stuart Mill nel lontano 1869, ma
ancora attualismo, l’autore ci spiega di come il patriarcato sia la
forma di dominio e di tirannia più forte di tutte le altre, in
quanto: «Si può asserire senza esitazione che il carattere di
nessun’altra categoria di servi è stato così completamente
snaturato dalla relazione con i padroni. Vi sono popoli che
sono stati vinti e schiavizzati e hanno subito per certi aspetti
una repressione più violenta: ma tutto ciò che di loro non è
stato schiacciato sotto un tallone di ferro, è in genere
sopravvissuto e, se ne ha avuto la minima possibilità, si è
evoluto naturalmente. Diversamente è per le donne: una coltura
di serra calda ha forzato le loro attitudini naturali a beneficio
dei loro padroni.
6
» e di come esso abbia mantenuto ben saldo
il suo potere anche grazie a quelli che lui chiama “ massici e
assillanti interventi” ovvero l’educazione: “Tutte le donne sono
allevate, fin dalla tenera infanzia, nella credenza che l’ideale del
loro carattere è completamente opposto a quello dell’uomo:
invece di volere da sé e di controllare le proprie azioni, devono
6
Mill S.J., La servitù delle donne, Traduzione di Anna Maria Mozzoni, Editore
R. Carraba, Lanciano,1926, p. 32.
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sottomettersi e cedere al controllo altrui. Tutte le morali dicono
loro che questo è il dovere delle donne, e tutti i sentimentalismi
correnti dicono che la loro natura è vivere per gli altri, fare
completa negazione di sé, non avere altra vita all’infuori dei
loro affetti. E per “loro affetti” intendono solo quelli che le
donne sono indotte a nutrire per l’uomo a cui sono legate e per
i figli, i quali costituiscono un legame addizionale e irrevocabile
tra una donna e un uomo
7
:”
D’altronde, anche le religioni hanno supportato tale modello
maschilista, ideologicamente e storicamente. La donna viene,
infatti, descritta sempre come un essere subalterno all’uomo
.Nessuna religione difende la libertà individuale della donna:
Eva è creata da una costola di Adamo
8
, viene creata perché
“non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto”
9
. La Genesi
offre una descrizione dettagliata della condizione della donna
difendendo tale asimmetria dei ruoli fra i due generi. Infatti,
dopo il peccato originale (del quale è colpevole la donna), le
7
Mill S.J., la servitù delle donne, p. 3.
8
“Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo”,
Genesi 2,22, op. cit.
9
Genesi 2, 18.
13
caratteristiche dell’uomo e della donna sono differenti : l’uomo
deve procurasi il cibo
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mentre la donna è caratterizzata dalla
condizione di madre e dall’attrazione-sottomissione verso
l’uomo
11
.
Ma è nelle stessa immagine di Dio che risiede l’elemento più
patriarcale; essa è fonte di violenza perché sotto le spoglie del
padre-padrone si è aggiunto recentemente un peggiorativo
ulteriore padre-padrone-maschio. “E’ stata proprio la nuova
cultura delle donne–femminile o femministe partendo dalla
loro situazione storica e concreata a mostrare, da una parte
quanto l’immagine di Dio sia fondamentale per la
sottomissione della donna all’uomo, e, dall’altra, quanto questa
immagine che schiaccia violentemente la donna sia non
soltanto patriarcale ma espressamente maschilista. Le violenze,
dunque, che hanno sporcato la storia delle religioni avrebbero
la loro radice in una immagine patronale, patriarcale, ma anche
maschilista di Dio, lo si chiami pure Allah o JHWH
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.”
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“Il suolo… Con dolore ne trarrai il cibo… con il sudore del tuo volto mangerai il
pane”, Genesi 3, 17-19.
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“Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo
marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà”: Genesi 3, 16.,
12
Gentiloni F. La violenza nella religione ., a cura di studio Lexis, Edizioni
Gruppo Abele , Torino , 1991, p. 67.