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Introduzione
“Nel nostro Paese i rapporti fra finanza statale e finanza locale sono
rimasti avvolti nell’incertezza e nell’empirismo dall’unità fino ad oggi;
dominati da una costante, cioè dalle lotte per far rispondere risorse scarse
alla tumultuosa sollecitazione di bisogni disparati e crescenti, lotta risoltasi
sempre col sacrificio della finanza e dell’autonomia locale”
Questo è quello che Arena C., economista e professore di scienza delle
finanze, ha affermato nel celebre trattato di Finanza Pubblica del 1963. Il
dibattito del XIX secolo, fra conservatori e democratici, era incentrato
sull’approvazione del modello francese piuttosto che di quello britannico. Il
primo basato sul controllo del potere centrale sugli organi di Governo locale
tramite dei funzionari che facevano capo ai vari rappresentanti del Governo;
il secondo caratterizzato da ampi spazi nel campo amministrativo e
giudiziario lasciati all’iniziativa delle comunità locali.
In Italia, il nuovo stato unitario si caratterizzò per il forte centralismo e tale
rimase fino al 1948 con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana,
che introdusse nell’ordinamento italiano le Regioni quale nuovo soggetto
politico.
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Da quel momento, il ruolo delle regioni ha subìto un processo evolutivo
articolato in almeno quattro fasi:
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1) Dal 1948 agli anni Settanta con una parziale inattuazione della
Costituzione relativamente all’ordinamento regionale;
2) Dagli anni Settanta fino all’inizio degli anni Novanta, caratterizzata
da un debole sviluppo del regionalismo e forti aspettative;
3) Dagli anni Novanta, l’accelerazione dello sviluppo del regionalismo
con un processo di federalismo amministrativo che ha permesso la
devoluzione dei poteri dal centro alla periferia;
4) L’approvazione della legge costituzionale 3/2001, la Riforma del
Titolo V della Costituzione, proseguita con la sua tortuosa attuazione
che ha messo in luce un federalismo che da una parte della dottrina è
stato discusso con vari ricorsi alla Corte Costituzionale.
Tale riforma ha avviato un processo, che al termine della XVI legislatura
era ancora lontano dall’essere completato, per la ridefinizione degli assetti e
delle potestà fiscali tra amministrazione centrale e autonomia territoriali.
Il tema della finanza regionale e locale è scandito dalla normativa
intervenuta, quasi annualmente per tutto il periodo, sul Patto di stabilità
interno per poter realizzare gli obiettivi di finanza pubblica derivanti
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“Il federalismo fiscale” E. Pföstl (2008) APES srl, Roma
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dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea, in presenza di vincoli
sempre più stringenti sia sui saldi finanziari che sul versante della spesa.
Dopo un ampio confronto tra lo Stato, le Regioni e gli enti locali in ordine
al riassetto dell’ordinamento finanziario e contabile delle autonomie, e dopo
quasi un anno di iter parlamentare, è stata approvata la legge 5 maggio
2009, n. 42, con una delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione. Con il complesso sistema
della standardizzazione dei costi e dei fabbisogni, la legge assicura, per le
Regioni il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni, e
per gli Enti Locali le funzioni fondamentali.
Nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale, il nuovo assetto
dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie delineato dalla
legge è incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata e
sull’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa a Comuni,
Province, Città Metropolitane e Regioni.
Per quanto concerne l’indebitamento delle Regioni e degli Enti locali, al
fine di ridurre e almeno fermare il crescente indebitamento delle Regioni e
degli Enti Locali, secondo una tendenza già evidente nella legislatura
precedente, sono state introdotte diverse misure di contenimento del debito
degli enti medesimi.
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Nell'ultimo anno di legislatura, sul punto è intervenuta anche una
disposizione della legge costituzionale 1/2012: con essa l'art. 119 della
Costituzione è stato modificato nella parte relativa all'indebitamento e si è
rinviata la disciplina delle modalità di indebitamento degli enti territoriali
ad una ulteriore fonte normativa, poi costituita dall'articolo 10 della legge n.
243del 24 dicembre 2012.
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L’esperienza spagnola invece, con la Costituzione del 1978, già attribuisce
alle Comunità autonome un’ampia autonomia politica, dovendo rispettare le
forti differenziazioni economiche-sociali e politiche e la presenza di etnie o
nazioni diverse da quella maggioritaria (castigliana) all’interno del Paese.
Per questo motivo di doveva prevedere un elevato livello di autonomia sul
piano delle competenze tributarie e delle risorse finanziarie. La
Costituzione spagnola non ha definito però a priori l’esatta mappa
dell’assetto territoriale, fatto che ha influito sul sistema di finanziamento
delle stesse Comunità autonome, visto che in quel dato momento era quasi
impossibile definire un sistema chiuso di finanziamento delle autonomie
locali non conoscendo a priori come si sarebbe concluso il processo storico
iniziato con la Costituzione democratica.
L’evoluzione delle norme costituzionali ha portato a una revisione
dell’organizzazione territoriale dello Stato, con la conseguente creazione di
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“Il punto sull’attuazione del federalismo fiscale” (a cura di) A. Iacoviello, ISSIRFA- CNR, Febbraio
2013
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diciassette Comunità autonome e di due città autonome (Ceuta e Melilla)
insieme ad una ripartizione del potere politico e amministrativo fra centro e
periferia.
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La ripartizione dei poteri, di conseguenza, si basa sulla distinzione tra le
responsabilità di competenza esclusiva dello Stato o delle Regioni
autonome (relativamente al potere legislativo), i poteri congiunti fra questi
(inerenti al potere legislativo e regolamentare) e le competenze concorrenti
in cui sia lo Stato che le Regioni autonome possono intervenire. I conflitti
fra autorità sono risolti dalla Corte Costituzionale.
Per quanto riguarda, invece il finanziamento alle Comunità autonome, la
“Legge Organica 22 Settembre 8/1980 di Finanziamento delle Comunità
Autonome” (LOFCA), ne pone le basi dato che la Costituzione spagnola ne
aveva disegnato solo una cornice lasciando, quindi, ampia libertà di
manovra al legislatore. La LOFCA è stata recepita anche dagli Statuti
autonomistici dando vita a un sistema omogeneo delle competenze
finanziarie pur lasciando il modello di finanziamento ancora incompleto.
Non è stata ancora introdotta, infatti, una disciplina definitiva di sistema di
federalismo fiscale. Alcune Comunità come la Catalogna, sono riuscite ad
ottenere livelli di autonomia finanziaria maggiori, mentre altre si sono
accontentate di sistemi più dipendenti dallo Stato centrale.
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“Federalismo fiscale learning by doing: modelli comparati di raccolta e distribuzione del gettito
fra Centro e Periferia” (a cura di) A. De Petris, 2010, Wolters Kluwer Italia srl, Roma, pag. 31
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Ad oggi, le fonti di finanziamento delle Comunità autonome in Spagna
sono i tributi propri, i tributi ceduti e i trasferimenti con la possibilità di
istituire contributi e tasse speciali. Sono previsti strumenti posti a garanzia
della solidarietà, sancita dal comma 1 dell’art. 158 Cost., per evitare che le
diseguaglianze regionali in termini di reddito e ricchezza si traducano in
altrettante diseguaglianze nella qualità della prestazione dei servizi pubblici
essenziali.
Le comunità autonome di Navarra e dei Pesi Baschi adottano dei regimi
“forali” che possono essere paragonati per l’Italia al regime finanziario
particolare di cui godono le Regioni a statuto speciale. Queste due
Comunità si procurano, quindi, direttamente la maggior parte delle risorse
finanziarie, mentre sono loro a trasferire allo Stato ogni anno una certa
quantità di risorse per le spese generali dello Stato centrale, il tutto in base
ad accordi specifici.
Quindi in Spagna il concetto fondante di uno Stato composto da Comunità
autonome, in concomitanza con lo sviluppo molto dinamico delle
autonomia speciali tutt’altro che concluso, ha fortemente aumentato anche
la responsabilità autonoma delle Regioni per il loro finanziamento.
Nonostante ciò la Costituzione tiene fermo l’obbligo di garantire anche la
perequazione fra regioni ricche e povere.
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La sfida del federalismo è trovare il giusto equilibrio tra solidarietà ed
efficienza, evitando che il federalismo fiscale accentui in modo irreparabile
le differenze territoriali, ossia ovviando al rischio di un indebolimento della
perequazione e permettendo al contrario una competizione fiscale tra
amministrazioni territoriali.
La differenza, in tale ambito, che troviamo fra Italia e Spagna consiste nel
fatto che in quest’ultima la contrapposizione forte fra enti economicamente
forti e deboli forma un fenomeno diffuso a “macchia di leopardo”
4
, mentre
in Italia lo Stato è “diviso” in due parti dal punto di vista dello sviluppo
economico e strutturale fra nord e sud. Sembra emergere un carattere
asimmetrico del federalismo fiscale e quindi nasce la consapevolezza di
promuovere assetti decentrati asimmetrici anche a seguito del trasferimento
di competenze a livelli substatali di governo. In Paesi come la Spagna,
questi processi sono storicamente asimmetrici, mentre in altri l’asimmetria
è divenuta necessaria, come per esempio in Francia e Germania.
Nel mio lavoro di tesi analizzo, nei primi due capitoli, dapprima gli aspetti
generali del federalismo, e poi affronto uno studio più approfondito del
modello italiano. I successivi due capitoli, invece, sono dedicati al modello
spagnolo; questi ultimi, in lingua spagnola, data la natura di tesi comparata
4
“Federalismo fiscale. Una sfida comparata” (a cura di) F. Palermo, E. Alber, S. Paolari (2011)
CEDAM, pag xiv
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con tutorato in territorio iberico,
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sono il risultato di un mese di ricerche
nell’Università di Valladolid, nella Comunità Autonoma di Castilla y León,
in Spagna.
Infine, nel capitolo quinto, che è stato anche tradotto in lingua spagnola,
confronto i due modelli analizzandone vantaggi e svantaggi, analogie e
differenze. L’ultimo paragrafo del suddetto capitolo è riservato alle mie
valutazioni finali.
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Nel periodo di ricerca tesi in Spagna, durato dal 1/10/2013 al 31/10/2013, ho potuto usufruire
del prezioso supporto della Professoressa María José Prieto Jano, vice decana de la Universidad
de Valladolid.