V
repentini e a volte imprevedibili di un periodo storico difficile e ricco di
fermenti ed eccitazione dove l’Italia post-unitaria si misura con la crisi di fine
secolo e l’avvento della moderna società di massa.
In questo senso Orano sembra talora indicare la via allo stesso
Mussolini: colonialista, militarista e interventista nella guerra italo-turca
quando il futuro duce è ancora socialista e pacifista mentre, per quanto attiene
più strettamente al fascismo, gli si potrebbe affibbiare la definizione che
nell’Annuario della stampa italiana (1931-32) riserva al giornalista Umberto
Guglielmotti, “nato fascista prima del fascismo”
1
.
E proprio nell’ambito del suo periodo fascista, e nella fattispecie della
sua attività di giornalista e di storico del giornalismo, mira ad indagare questa
tesi, avvalendosi per la circostanza di una distinzione tanto arbitraria quanto
artificiosa. Non è del tutto legittimo, infatti, recidere nettamente l’Orano
fascista dall’Orano socialista e sindacalista degli anni giovanili.
Paolo Orano non nasce nel 1919, data d’inizio ufficiale della mia
trattazione. Nella sua adesione al fascismo e in tutta l’immensa mole di lavoro
sviluppata durante il “ventennio” sotto le forme più disparate - in qualità di
scrittore, giornalista, politico e conferenziere – non si può prescindere dalla
produzione precedente, in cui sono rintracciabili i germi, le origini e quindi le
spiegazioni di certi suoi atteggiamenti e prese di posizione futuri; tutto ciò a
dispetto di una sconnessione e una discontinuità solo apparenti.
1
P. ORANO, Il giornalismo fascista, in Annuario della stampa italiana (1931-32), p. 20.
VI
Di conseguenza sono inevitabili i continui rimandi al passato o i
richiami a esperienze pregresse, con frequenti sovrapposizioni cronologiche e
contaminazione di generi. Orano si occupa di filosofia, giornalismo, storia,
politica, arte, architettura, letteratura, storia, psicologia, sociologia, educazione
nazionale, politica estera, tuttavia il tratto saliente dei suoi scritti è un
polemismo acceso e aggressivo che lo porta ad essere in contraddizione con gli
altri, ma anche con se stesso al punto da giustificare la fortunata formula di
“Orano contro Orano”
2
o di “saltimbanco”
3
, con la quale viene indicato da
taluni avversari. Sulla sua incoerenza superficiale prevale tuttavia una sorta di
coerenza sostanziale perché “nella vita morale, come nella letteraria e in quella
filosofica, in estetica come in politica, la realtà e la verità mi si presentano e
stanno dinanzi a me come una discordia”
4
. Per sua stessa ammissione si ritiene
un “aizzatore”, una “natura testarda e malnata” che fa del carattere
essenzialmente discorde della sua indole il criterio al quale improntare la sua
filosofia di vita, al punto di giungere ad affermare - nel rivolgersi ai suoi lettori
- che “il più grande favore me lo farete restando discordi, perché il lettore più
utile è quello che, pur non potendo fare a meno di continuare a leggere, anzi
sentendosi crescere l’attenzione, viene via via diventando più avverso”
5
.
2
CARLO A. AVENATI, Confessioni di Paolo Orano, estr. da “La Stampa”, 20 gennaio 1940,
p. 3.
3
B. MUSSOLINI, Nel mondo dei Rabagas, in La Folla, N.4, 18 agosto 1912, I, firmato con lo
pseudonimo “L’homme qui cherche”.
4
P. ORANO, Lode al mio tempo, 1895-1925, Bologna, Casa Editrice Apollo, 1926, p. 15.
5
idem, rispettivamente da p. 17, 8 e 12. Si veda anche, in proposito, il volume Discordie: studi
e polemiche, Lanciano, ed. Carabba, 1915.
VII
Ad ogni modo è ragionevolmente possibile individuare alcuni leitmotiv
fondamentali, dei fili rossi che percorrono tutta la lunga carriera di letterato di
Orano e che agevolano la comprensione di alcune sue scelte, al di là di
qualsiasi contraddizione o disaccordo reale o presunto.
Il lavoro, la famiglia, “l’italianità” e, più estensivamente, la “latinità” e
la “romanità”, rappresentano dei valori assoluti e profondamente radicati, dei
punti di riferimento costanti che informano la condotta di Orano in quasi tutte
le sue manifestazioni.
Lavoratore assiduo e instancabile, conserva nel suo studio, come “opera
d’arte inspiratrice perenne, una incudine col suo martello, le sue tenaglie,
poggiata su ceppo massiccio”, “istrumento del più risolutivo sforzo dell’uomo
sulla natura” che “sublima il senso dell’azione, del lavoro, della forza”
6
.
Intellettuale eclettico e versatile, poliglotta (scrive in francese, tedesco,
inglese), autentico grafomane, le sue pubblicazioni ammontano a svariate
centinaia, inclusi i discorsi alla Camera, le conferenze, le innumerevoli
prefazioni scritte per libri di amici o conoscenti e quegli opuscoli, monografie e
raccolte antologiche che spesso non sono altro che collezioni di suoi articoli
editi in forma libresca. La sua dedizione alla “poesia del lavoro”
7
è tale e così
generalmente riconosciuta che qualcuno arriva ad auspicare per lui una
“giornata di 48 ore”:
6
P. ORANO, Il Pubblico, rivista mensile, Benozzo Editore, Padova, giugno 1935, anno primo,
N. 2, pp. 20 e 21.
7
idem, p. 20.
VIII
Ci sono creature che meriterebbero dalla sorte un premio favoloso e direi quasi
impossibile. Che la loro giornata, cioè, diventasse di 48 ore. Tanto è intensa la somma
delle prestazioni politiche e sociali di Paolo Orano, tanto il Maestro sfida serenamente
i limiti del tempo nei quali riesce a collocare una infinità di impegni, assolvendoli tutti
con esemplare puntualità e scrupolosità
8
.
Paolo Orano è anche molto legato al concetto di famiglia
9
come pilastro
della convivenza e dell’ordine sociale nonché come luogo simbolico
dell’intimità e degli affetti domestici, ma sicuramente la nozione di italianità
riveste un significato e un’interesse ancora maggiori, non privi di risvolti
importanti.
Figlio di un insigne giurista e di Maria Fiorito Berti, allevata dallo zio
Domenico Berti, ministro della Pubblica Istruzione durante il ministero
Cavour, egli riceve un’educazione ispirata ai motivi patriottici risorgimentali
che nella sua formazione classica si ammantano di suggestioni epiche afferenti
le idee universali di “romanità” e di “latinità”.
Il suo approdo al fascismo potrebbe essere stato favorito dalla
consuetudine con questo tipo di categorie di analisi, suscettibili di una
decantazione in senso nazionalistico, sostenuta e accompagnata
dall’evocazione di un passato mitico e glorioso a cui rifarsi.
L’interpretazione della “latinità”, intesa come condivisione di un ethos
e di un sostrato culturale e religioso comuni, sarebbe anche la “base sulla quale
8
L.V., Un maestro: Paolo Orano, estr. da “Il Messaggero”, giovedì 24 marzo 1938.
9
Anche se il sig. Vittorio Orano, nipote di Paolo, ricorda che il nonno forse trascurò un poco la
sua famiglia.
IX
Orano sviluppa le sue posizioni antisemite”
10
. A sostegno di un argomento così
delicato ho volutamente addotto una mole di documentazione e di
testimonianze estremamente dettagliata, ricca di confronti, parallelismi e
giustapposizioni fra saggi di autori diversi fra i quali segnalo – in particolare -
Renzo De Felice
11
, Michele Sarfatti
12
, Francesco Germinario
13
e Alberto
Burgio
14
. Un approfondimento che forse va oltre gli intenti della mia
trattazione ma la questione della razza in Orano è un argomento complesso che
lascia aperto un problema ulteriore, consistente nel giudizio etico e morale
sulla sua opera.
Nel corso del mio lavoro ho cercato di mantenere un’impostazione
fedele ai criteri di obiettività e scientificità che dovrebbero essere i presupposti
indispensabili di qualsiasi ricerca storica e, dopo oltre un anno e mezzo di
studio interamente votato all’indagine e alla conoscenza di un personaggio
10
Cfr. FRANCESCO GERMINARIO, Latinità, antimeridionalismo e antisemitismo negli
scritti giovanili di Paolo Orano (1895-1911), in BURGIO ALBERTO (a cura di), Nel nome
della razza. Il razzismo nella storia d’Italia 1870-1945. Atti del convegno di Bologna, 13-15
novembre 1997, il Mulino, Bologna 1999, p. 105-114, p. 114.
11
Di R. DE FELICE si veda, soprattutto, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Milano,
Mondadori, 1977, ma anche Mussolini il duce, pt.2: Lo stato totalitario. 1936-1940, Torino,
Einaudi, 1996.
12
M. SARFATTI, Gli ebrei nell’Italia fascista: vicende, identità, persecuzione, Torino,
Einaudi, 2000.
13
Di F. GERMINARIO si veda, soprattutto, op. cit ; pp. 105-114, ma anche Razza del Sangue,
razza dello Spirito: Julius Evola, l’antisemitismo e il nazionalsocialismo (1930-43), Torino,
Bollati Boringhieri, 2001.
14
A. BURGIO (a cura di), Nel nome della razza. Il razzismo nella storia d’Italia 1870-1945.
Atti del convegno di Bologna, 13-15 novembre 1997, il Mulino, Bologna 1999; Id. e CASALI
LUCIANO (a cura di), Studi sul razzismo italiano, Bologna, CLUEB, 1996.
X
indubbiamente controverso, posso affermare con tranquillità di trovare i
risultati soddisfacenti. Non mi sono avventurato in improbabili assoluzioni o
riabilitazioni e non ho inteso indugiare in ingannevoli toni agiografici ma
ritengo altresì che una condanna morale non mi competa e che, a distanza di
anni, sia lecito esprimere una posizione più lucida e distaccata.
Paolo Orano è stato un “sincero ma vecchio fascista”
15
, un “vero
fascista”, esponente di un fascismo di “sinistra”, “il cui militare a sinistra è
determinato dallo stare all’opposizione del regime o meglio dall’essere relegato
ai margini della direzione del partito e dello Stato”
16
; un uomo che ha sostenuto
ideologicamente il governo di Mussolini con la sua azione di propaganda
culturale, salvo poi ravvedersi e dissociarsi dal fascismo della Repubblica
Sociale e salvo scontare infine il prezzo dei suoi errori, ormai anziano e
gravemente malato, con la prigionia nel campo di concentramento alleato di
Padula che ha ospitato gli ultimi giorni della sua vita.
Uno fra i molti intellettuali del regime - parecchi dei quali passarono
indenni o quasi attraverso l’epurazione successiva alla caduta del fascismo e
all’intervento degli alleati – di cui mi sono qui occupato soprattutto per
metterne in luce il ruolo di giornalista e di professore di storia del giornalismo,
strettamente e costantemente in simbiosi con l’evoluzione della stampa durante
la dittatura mussoliniana. A questo proposito mi sono avvalso della accurata e
15
R. DE FELICE, Mussolini il duce, pt.2: Lo stato totalitario. 1936-1940, Torino, Einaudi,
1996, p. 123.
16
EUGENIO GALLAVOTTI, La scuola fascista di giornalismo (1930-1933), Milano,
SugarCo, 1982, pp. 57-58.
XI
puntuale documentazione fornita da Murialdi, Castronovo, Tranfaglia,
Legnani
17
, Isnenghi
18
, veri e propri esperti del settore, senza trascurare
l’apporto - tra gli altri - di Eugenio Gallavotti
19
, specialmente per quanto
concerne la cattedra di storia del giornalismo affidata ad Orano e la scuola
fascista di giornalismo voluta da Ermanno Amicucci.
Più in generale, per quanto riguarda il contesto storico, quasi d’obbligo
è il riferimento costante all'opus magnum di De Felice
20
, pietra miliare per
chiunque si accinga ad affrontare uno studio sul periodo fascista, ma ricordo
anche il manuale di storia sull’età contemporanea di Giardina, Sabbatucci,
Vidotto
21
, esemplare per la semplicità e la chiarezza dell’esposizione e i testi di
17
NICOLA TRANFAGLIA, PAOLO MURIALDI, MASSIMO LEGNANI, La stampa
italiana nell’età fascista, V. CASTRONOVO e N. TRANFAGLIA (a cura di), Bari, Laterza,
1980; P. MURIALDI, Storia del giornalismo italiano, Bologna, il Mulino, 1999.
18
MARIO ISNENGHI, Intellettuali militanti e intellettuali funzionari: appunti sulla cultura
fascista, Torino, Einaudi, 1979.
Id., Giornali di trincea (1915-1918), Torino, Einaudi, 1977.
19
EUGENIO GALLAVOTTI, op. cit., Milano, SugarCo, 1982.
20
R. DE FELICE, Mussolini il rivoluzionario. 1883-1920, Torino, Einaudi, 1995; Id.,
Mussolini il fascista, pt.1: La conquista del potere. 1921-1925, Torino, Einaudi, 1995; Id.,
Mussolini il fascista, pt.2: L’organizzazione dello stato fascista. 1925-1929, Torino, Einaudi,
1995; Id., Mussolini il duce, pt.1: Gli anni del consenso. 1929-1936, Torino, Einaudi, 1996;
Id., Mussolini il duce, pt.2: Lo stato totalitario. 1936-1940, Torino, Einaudi, 1996; Id.,
Mussolini l' alleato, pt.1: L' Italia in guerra, 1940-1943, Tomo 1: Dalla guerra breve alla
guerra lunga, Torino, Einaudi, 1996; Id., Mussolini l’alleato, pt.1: L’Italia in guerra, 1940-
1943, Tomo 2: Crisi e agonia del regime, Torino, Einaudi, 1996; Id., Mussolini l’alleato, pt.2:
La guerra civile, 1943-1945, Torino, Einaudi; Id., Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo,
Milano, Mondadori, 1977; Id., Sindacalismo rivoluzionario e fiumanesimo nel carteggio De
Ambris-D’Annunzio (1919-1922), Brescia, Morcelliana, 1966.
21
ANDREA GIARDINA, GIOVANNI SABBATUCCI, VITTORIO VIDOTTO, L’età
contemporanea, Bari, Laterza,1993.
XII
Gentile
22
, Mangoni
23
e Turi
24
, utili per un’adeguata conoscenza delle origini
dell’ideologia fascista e per sviscerare il rapporto tra intellettuali e potere negli
anni della dittatura. In particolare ho dedicato grande attenzione alla figura di
Mussolini e al suo rapporto con Orano in modo da evidenziare i parallelismi, le
affinità e le convergenze - molto più che episodiche o casuali – che li legano e
li avvicinano pur senza omettere, viceversa, quelle che li separano e li
allontanano.
Nel caso di Paolo Orano la cornice storica è doppiamente rilevante
poiché, nonostante la formazione e l’educazione di stampo risorgimentale può,
a tutti gli effetti, essere considerato un “uomo del suo tempo” e, in quanto tale,
inscindibile dall’ambiente e dal quadro degli avvenimenti entro i quali si snoda
la sua vicenda, umana e intellettuale.
Il suo è il tempo in cui “l’impeto dell’anima ignuda, l’abbandono
dell’essere a se stesso” e “l’istinto della vita” - “violatore e sopraffattore, tutto
certezza e quindi tutto violenza” - hanno preso il sopravvento sulla “menzogna
22
EMILIO GENTILE, Il mito dello stato nuovo dall’antigiolittismo al fascismo, Roma-Bari,
Laterza, 1982; Id., Il mito dello Stato nuovo: dal radicalismo nazionale al fascismo, Bari,
Laterza, 1999; Id., Le origini dell’ideologia fascista: 1918-1925, Bologna, il Mulino, 1996; Id.,
Storia del partito fascista, 1919-1922: movimento e milizia, Roma-Bari, Laterza, 1989.
23
LUISA MANGONI, L’interventismo della cultura: intellettuali e riviste del fascismo, Roma-
Bari, Laterza, 1974.
24
GABRIELE TURI, Il fascismo e il consenso degli intellettuali, Bologna, il Mulino,1980; Id.
(a cura di), Storia dell’editoria nell’Italia contemporanea, Firenze, Giunti, 1997; Id. Ideologia
e cultura del fascismo nello specchio dell’Enciclopedia italiana, s.n., 1979, estratto da “Studi
storici”, N.1 (1979); Id., Ruolo e destino degli intellettuali nella politica razziale del fascismo,
estratto da La legislazione antiebraica in Italia e in Europa: atti del Convegno nel
cinquantenario delle leggi razziali, Roma, 17-18 ottobre, 1988.
XIII
dalle apparenze dottrinali” e avuto ragione di tutte “le maschere della libertà” e
di tutti i “camuffamenti e travestimenti” delle formule e delle teorie sociali e
politiche
25
. La sua storia, sebbene caratterizzata da tratti distintivi peculiari e -
per certi versi - unici, è comune a molti giovani di quella generazione che ha
avuto nella prima guerra mondiale il suo centro gravitazionale e che ha trovato
nel fascismo il suo elemento catalizzatore.
Un aiuto forse decisivo nel dipanare l’intricata matassa dell’iter
intellettuale di Orano, mi è venuto da documenti autografi inediti di prima
mano, che ho avuto la fortuna di consultare direttamente grazie alla cortese
disponibilità del nipote di Orano, il sig. Vittorio (figlio del secondogenito di
Paolo, Marcello), da me personalmente rintracciato e contattato.
Si tratta di alcuni diari che Paolo Orano ha tenuto quasi
quotidianamente per quasi mezzo secolo, dei taccuini ricchi di annotazioni di
ogni genere nei quali agli appunti di genere squisitamente personale si
alternano commenti e riflessioni di carattere generale, sulla situazione politica
e sociale o su qualsiasi altro campo d’indagine che rivesta una qualche
potenziale attrattiva per l’autore. In quelle pagine, che nel corso del mio lavoro
ho scelto di indicare con la denominazione di Brogliaccio, ho scoperto un
Orano spesso alquanto diverso da quello a volte retorico e ampolloso delle
occasioni pubbliche. Oltre a fornirmi testimonianze e informazioni utili e
preziose, la dimensione psicologica in cui ho avuto la possibilità di
25
Cfr. P. ORANO, Lode al mio tempo, 1895-1925, Bologna, Casa Editrice Apollo, 1926, dalle
pp. 25-32.
XIV
addentrarmi, mi ha consentito di approfondire e di svelare alcuni aspetti
altrimenti non conoscibili mediante i canali convenzionali rappresentati dalle
fonti ufficiali. Per di più lo stesso Paolo Orano, dotato di una personalità
decisamente narcisistica ed egocentrica sino al paradosso, ha personalmente
raccolto ed incollato in appositi volumi molti ritagli di giornali dell’epoca,
avvisi, annunci, manifesti, fotografie, telegrammi, biglietti da visita, articoli,
vignette, recensioni che parlassero in qualche modo di lui e della sua attività,
nel bene e nel male, dimostrando talvolta di saper ironizzare su se stesso.
Un’accortezza che mi ha ulteriormente aiutato a districarmi all’interno
del puzzle dell’enorme quantità di materiale accumulato intorno a questo
intellettuale poliedrico, sperimentatore e forse, per qualcuno, superficiale e
discutibile, “un uomo strano, incapace d’un ordine mentale da studioso, eppure
creatore e eccitatore di cultura”
26
o, più semplicemente, una “persona colta”
ovvero – per usare le parole di Orano – una persona
che non fa della cultura un mezzo e non la limita a quella indispensabile ad una
carriera, ad una professione, ma la considera come lo scopo sostanziale della vita.
Persona colta,secondo tale accezione non errata né inadeguata, è quella che vive la
cultura. Per tutti gli altri, vita e cultura sono due mondi separati
27
.
26
GIUSEPPE BOTTAI, Diario. 1935-1944, Milano, Rizzoli, 1982, p. 323.
27
P. ORANO, Le persone colte, in “La nuova antologia”, 1 dicembre 1926. Si veda anche Le
persone colte, Roma, Pinciana, 1935.
XV
Paolo Orano immerso fra i libri nel suo studio. Probabilmente l'immagine
più adatta per sintetizzare e descrivere la sua figura di intellettuale.
1
CAPITOLO PRIMO
1. L’adesione al fascismo
Io, per conto mio, sono con lui! In nome di questa mia coscienza libera, di questa mia
obbiettività di concezioni politiche, in nome della realtà stessa che io afferro, io
accetto, o Benito Mussolini, la vostra legge, io invito il paese a dare questa prova di
nobiltà, di gravità e di condiscendenza, che è il migliore riconoscimento di voi ed il
più vivo incitamento all’opera vostra, che io credo sarà benefica per la nostra grande
Italia
1
.
È il 14 luglio 1923 e si discute alla Camera il progetto fascista di legge
della riforma elettorale, in seguito approvato, che conferisce alla lista che
ottenesse il 25% dei voti i due terzi dei seggi. Paolo Orano è tra i dieci
parlamentari membri della commissione costituita allo scopo, nominata dal
presidente della camera e presieduta dall’on.Giolitti e le parole succitate sono
quelle che concludono il suo intervento. In questo discorso Orano critica i suoi
ex compagni del Partito Socialista - della cui concezione della volontà
sindacalista Mussolini era erede - accusandoli di non saper fare la rivoluzione
e preannunciando l’ora dell’espiazione e la fine del socialismo, colpevole di
aver solo provocato una “dispersione grigia della vita sociale” e
intrinsecamente contraddittorio in quanto preparava per ogni paese un principio
diverso.
1
P. ORANO, Il Fascismo. Rivoluzione delle Camicie Nere - Lo Stato totalitario, Roma,
Pinciana, 1939, vol.2, p. 32.
2
Si tratta di un riconoscimento ufficiale all’ideologia di Mussolini,
presentato come l’uomo nuovo, forte e necessario, l’unico in grado di fare
veramente la rivoluzione e di instaurare un governo solido e autoritario, al di là
di ogni tradizionale principio democratico, il “fratello feroce e geloso nella
famiglia” fautore di nuove ed energiche alleanze, come quella tra lo stato e la
chiesa, riconosciuta come anticamente necessaria per la formazione non solo
latina ma precisamente italiana della coscienza.
È un discorso che non lascia dubbi né sull’atteggiamento, né
sull’appoggio teorico e pratico che Orano avrebbe tenuto nei confronti del
fascismo e del duce e che egli stesso definisce così:
la mia confessione politica, la pubblica consacrazione della fede, più esplicito e più
preciso dell’altro - il “discorso catapulta” - che tenni in aere di battaglia e correndo
forse qualche rischio, il 10 dicembre 1919, mentre la piazza turbinava alle porte di
Montecitorio
2
.
Il “discorso catapulta” (la definizione è sua) segna ufficialmente il suo
energico ingresso nell’agone politico
3
, sbocco naturale di un lungo percorso di
2
Ibid, p. 27.
3
Il suo esordio vero e proprio, in realtà, risale al 20 giugno 1919 ma per il clamore suscitato e
il successo riscosso il “discorso catapulta” può essere considerato il suo trampolino di lancio,
una sorta di biglietto da visita con cui Orano si impone all’attenzione di tutta la Camera. In
occasione del suo primo intervento del giugno 1921, comunque, Orano espone il programmma
del partito sardo d’azione, che ha come caposaldo il decentramento amministrativo, e auspica il
riconoscimento delle autonomie regionali da parte dello Stato, onde assicurare un regime di
maggiore benessere e di maggiore giustizia. Dalla Camera dei deputati, legislatura XXVI –
sessione 1921, 3ª seduta pubblica di lunedì 20 giugno 1921, in Indirizzo di risposta al discorso
della Corona.
3
preparazione costituito da anni di conferenze pubbliche e di accesa
propaganda interventista, fattasi particolarmente intensa in occasione della
prima guerra mondiale
4
.
Nel dopoguerra Orano si era lasciato coinvolgere nell’attività politica
promossa dal Partito dei Combattenti Sardi
5
e nel 1919 aveva pubblicato sul
“Giornale d’Italia” un appello ai sardi in cui si subordinava la rinascita
dell’isola alla capacità dei suoi abitanti di imporsi al governo centrale. Quello
stesso anno il giornale regionalista cagliaritano “Il Popolo sardo” impone la sua
candidatura a deputato nella lista cittadina degli ex combattenti e l’appoggio
autorevole di Emilio Lussu, influente uomo politico sardo poi fondatore del
Partito sardo d’azione, di ispirazione autonomista, gli garantiscono l’elezione
che la stampa popolare e radicale aveva fortemente osteggiato, facendo leva sul
suo contestato libello del 1896, La Psicologia della Sardegna, ripubblicato
proprio allora
6
.
4
Orano, infatti, aveva già sostenuto una vivace campagna interventista dalle colonne del
periodico “La Lupa” , da lui fondato e diretto in occasione della guerra italo-turca del 1911- 12.
5
Suo padre era di origini sarde e ciò spiega il suo deciso interessamento per questa terra anche
se Paolo nacque a Roma e amava definirsi un “sardo-piemontese”: un “romano senza dialetto,
senza accento dialettale”, che si sente di casa “a Trapani come a Zara, o a Nuoro; a Torino
come a Imola”, ma senza “cupola, né paese”, di una “italianità assoluta, ma estraneità
regionale” (estr. da una nota inedita riportata in CAMILLE MALLARMÉ, Un pensatore
geniale: Paolo Orano, in “L’Eloquenza”, a. XXXVIII, marzo-aprile 1948, N. 3-4, pp.137-154,
cit. p. 138).
6
P. ORANO, La psicologia della Sardegna, Roma 1896, Cagliari 1919. Si tratta di un’opera
ritenuta offensiva e denigratoria nei confronti dell’isola per la sua mancanza di rispetto verso i
valori tradizionali e la sua impostazione considerata razzistica . Per maggiori dettagli cfr. il
cap. VI di questo lavoro e, in particolare, le pp. 289 sgg.